PEDUEL (13/9)

Peduel
Peduel 1
si trova qui,
Peduel 2
oltre la “mitica” linea verde, quella che gli ignoranti della storia di Israele chiamano “i confini del ‘67” – quelli oltre i quali Israele dovrebbe ritirarsi, chiamando in causa una risoluzione Onu, la 242, che nessuno di loro ha mai letto – mentre chi la storia la conosce e ci tiene a ricordarla, li chiama “i confini di Auschwitz”. Due parole dunque per chi, traviato dalla propaganda, ignorasse e volesse smettere di ignorare, la questione della “linea verde”. Quando, nel corso della guerra di liberazione scatenata contro il neonato stato di Israele da sette eserciti arabi, Israele stava rischiando di vincere, l’intera diplomazia mondiale si è mobilitata per fermare la guerra, così come avrebbe fatto da quel momento in poi in tutte le guerre combattute da Israele, comprese le operazioni – non vere e proprie guerre – in Libano e a Gaza, in modo da impedire a Israele di giungere a una vittoria veramente schiacciante, che potesse mettere definitivamente fine alle illusioni dei suoi nemici di poterla distruggere. Accadde dunque nel 1949 che Israele fu costretta a fermarsi, e furono tracciate sulla mappa della regione le linee armistiziali, ossia quelle lungo le quali i vari eserciti si erano fermati al momento del cessate il fuoco. Quelle linee furono tracciate con una matita verde. Qualcuno potrà restare deluso dalla banalità della cosa, ma il significato di “linea verde” è tutto qui: una linea tracciata con una matita verde. Quindi questa linea è del 1949, e non del 1967, e non ha alcuna valenza politica. Avrebbe potuto averla, per iniziare da lì, dalle linee armistiziali, un negoziato per definire i confini entro cui vivere in pace, se gli arabi avessero accettato la risoluzione Onu 242, ma l’intera Lega Araba l’ha rifiutata con i famosi – per chi conosce la storia – Tre no di Khartoum (1 settembre 1967): no al riconoscimento, no al negoziato, no alla pace. Eh già: anche quella di Israele che ignora le risoluzioni Onu è una pura leggenda: Israele è stata costretta a rifiutare la risoluzione a causa del rifiuto arabo. E il motivo per cui Abba Eban, nel 1969, definì quelle linee “i confini di Auschwitz” è reso chiarissimo dagli eventi del 1967, quelli in cui Israele poté sopravvivere al nuovo attacco congiunto unicamente grazie alla decisione di prevenire i nemici, attaccando con qualche ora di anticipo: quei confini racchiudono un ghetto che rende possibile l’annientamento totale.

E torniamo ora a Peduel. A Peduel si trova quella che viene chiamata la terrazza (o il balcone) di Sharon, che è questa,
terrazza di Sharon
preceduta da questo cippo che riporta alcuni versi della Bibbia.
terrazza cippo
Qui Sharon era solito portare i politici stranieri, quelli che si riempiono la bocca con la parola “restituzione” (termine peraltro del tutto improprio, dato che fino al 1967 quel territorio era occupato – ILLEGALMENTE! – dalla Giordania, e prima della Giordania faceva parte del protettorato britannico, e prima del protettorato britannico faceva parte dell’impero ottomano. Quindi ai palestinesi potrebbe essere al massimo regalato, non certo restituito, dato che mai lo hanno posseduto). Li portava qui perché potessero toccare con mano che cosa significherebbe dare questo territorio in mano a chi non desidera altro che la distruzione di Israele: da qui si domina (leggi: si può raggiungere anche con armi relativamente poco potenti) l’intera valle
terrazza valle
Quel giorno c’era foschia, e la visibilità era molto ridotta, tuttavia si può chiaramente distinguere, di fronte a noi, Tel Aviv,
terrazza Tel Aviv
e più a sinistra Lod, con l’aeroporto Ben Gurion.
terrazza Lod
Con la foschia, e con la foto ridotta a poco più del 10% dell’originale, se non si sa dove cercare è difficile individuarla, ma in quest’altra immagine, ritagliata e lasciata alle dimensioni originarie, si può vederla chiaramente:
torre
la torre di controllo dell’aeroporto. Tutto, per così dire, a un tiro di schioppo. E qui si può avere un’idea delle posizioni e delle distanze:
distanze
una decina di miglia nel punto più stretto come si vede, da un’altra prospettiva, in quest’altra carta,
distanze 2
e in quest’altra ancora con le distanze espresse in chilometri.
topografia distanze
Regalare queste alture (esattamente come quelle del Golan) a chi non ha mai nascosto il progetto di annientamento di Israele e di tutti i suoi abitanti ebrei, sarebbe peggio che un suicidio: sarebbe un immane crimine contro l’umanità.

barbara

LETTERA APERTA AL SIGNOR BARACK HUSSEIN OBAMA

Caro signor Barack Hussein Obama,
ho sentito che si è ricoperto d’onore, l’altro ieri, a Gerusalemme, e desidero congratularmi con Lei. Ho visto alcuni spezzoni del suo discorso agli studenti, e ne ho letto le trascrizioni. Ho apprezzato, soprattutto, la sua capacità di imparare dai propri errori e non commettere gli stessi per due volte. Così, ho visto, ha imparato che il modo in cui ci si rivolge a un capo di governo è importante, e che trattarlo con ostilità, farlo aspettare, lasciarlo fuori della porta, snobbarlo in tutti i modi possibili, guardarlo con un muso lungo un chilometro
???????????????
Obama-Mubarak
Obama-re saudita
??????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????
obama-netanyahu
è controproducente; così questa volta si è presentato sorridente, amichevole, ha perfino spiegato, scherzando argutamente, che era amico anche prima, ed era solo per offrire materiale a un programma satirico che fingeva di non esserlo. Ha imparato, anche, che non è carino chiedere a Netanyahu di dare anche il c*** ai propri nemici, e dunque questa volta non glielo ha chiesto: si è limitato a chiedere agli studenti di provvedere loro a convincere Netanyahu a dare anche il c*** ai propri nemici. E poi ha studiato la storia, mi si dice. Certo, uno studio un po’ frettoloso può lasciare qualche lacuna, dare luogo a qualche confusione… Così per esempio le è accaduto di paragonare Israele agli Stati Uniti in quanto costituiti da immigrati. Ecco, lasci che le spieghi, signor Obama: non è esattamente così che stanno le cose. Perché in America, prima del 1492, non c’erano mai stati inglesi, né spagnoli, né portoghesi, né olandesi, né italiani, mentre di ebrei in Terra d’Israele ce ne sono sempre stati, fin dai tempi della Bibbia. Ininterrottamente. Aggiungerei anche che fra il cercatore d’oro francese immigrato in America e l’America, fra il minatore italiano immigrato in Belgio e il Belgio, fra la badante ucraina immigrata in Italia e l’Italia non c’è alcun legame storico; fra gli olim, ossia gli ebrei che vanno a vivere in Israele e la Terra d’Israele c’è un legame antico di millenni: basta fare un giro nei cimiteri per rendersene conto – quelli che i giordani non hanno devastato e distrutto fra il 1948 e il 1967 – o scavare un po’ sottoterra. Fra pochissimi giorni, signor Obama, sarà Pesach, la Pasqua ebraica, e lo sa che cosa si augurano gli ebrei in questa ricorrenza? Hashanà haba’a b’Yerushalayim: l’anno prossimo a Gerusalemme. Lo fanno tutti: ortodossi e reform, religiosi e laici, osservanti e inosservanti, credenti e atei convinti. Da duemila anni. E da altrettanto tempo pregano “Se ti dimentico, o Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; si attacchi la mia lingua al mio palato se non ti ricorderò” (Salmo 137, 5-6): provi un po’ a indovinare perché.
Ho notato anche, nel suo discorso, un’altra piccola “sbavatura”, signor Obama: lei ha detto che l’unica soluzione è la creazione dello stato di Palestina, e io sinceramente non capisco: perché lo va a dire agli israeliani, che lo stato di Palestina lo hanno accettato fin dal 1947, e non ai palestinesi che lo stanno pervicacemente rifiutando, con tutte le proprie forze, da almeno ottant’anni? (clic, clic, clic)
Bene ha fatto, invece, a rifiutarsi di parlare alla Knesset: essendo la sede del governo israeliano, e trovandosi a Gerusalemme, accettando di recarvisi avrebbe potuto dare l’impressione di riconoscere che Gerusalemme è la capitale di Israele, ossia che Israele avrebbe il diritto di decidere dove stabilire la propria capitale, come qualunque altro stato al mondo, il che, dobbiamo convenirne, è assolutamente inammissibile. E altrettanto bene ha fatto a rifiutare di ritrovarsi davanti gli studenti di Ariel. Perché, avendo studiato la storia, come ha dimostrato di avere fatto, avrà sicuramente imparato che quelli, in base alle norme del diritto internazionale, non possono sotto nessun aspetto essere considerati “territori occupati” (occupato era lo stato sovrano di Polonia dopo l’invasione tedesca, per esempio), bensì “territori contesi”, il cui destino finale, in base alla risoluzione 242, dovrà essere definito per mezzo di quei negoziati che da parte araba, con i “Tre no di Khartoum” sono sempre stati rifiutati. Ecco, se lei avesse accettato la presenza degli studenti dell’università di Ariel, magari anche qualcun altro avrebbe potuto accorgersi che il famoso, così frequentemente e così a sproposito invocato, “diritto internazionale” dice cose molto diverse da quelle spacciate dalla propaganda, e questo assolutamente non deve accadere. E poi, diciamolo una volta per tutte: era anche opportuno che si chiarisse chi è che comanda! È il sultano che decide quali sudditi possono entrare alla sua presenza, e non il contrario che diamine!
E di liberare Pollard, naturalmente, non se ne parla.
Ma, a parte questi dettagli tecnici, lo sa qual è la cosa che più ho ammirato di lei, signor Obama? Riguardiamo insieme questo spezzone del suo discorso:

Ecco, la cosa veramente straordinaria è la sua faccia, la sua espressione durante gli applausi. Lo sa che cosa mi ricorda? La faccia di Annamaria Franzoni quando, in un primo momento, grazie alla sua abilità di attrice (“Come sono andata? Ho pianto troppo?” – credendo che tutti i microfoni fossero spenti) era stata fatta uscire dal carcere
a.m.franzoni
Una faccia da “Visto come ve l’ho messo nel ****?” Davvero, signor Obama, devo riconoscerle delle doti di attore assolutamente straordinarie, soprattutto ricordando chi è lei:

Ma si ricordi, signor Obama: noi siamo pronti a combattere contro qualunque nemico. Da qualunque parte venga. E qualunque maschera indossi: farà bene a non dimenticarlo, signor Obama. Mai.

barbara

AGGIORNAMENTO: e questi sono i risultati ottenuti dal grande pacificatore dopo che Netanyahu si è umiliato a chiedere scusa per essersi difeso da un attacco terroristico.
AAAHHHH!!!!! Ecco com’era!

I CONFINI E ALTRE STORIE


Cari amici,
avete presente la cartina dell’Europa fra il 1919 e il ’36? Forse no, ma potete guardarla qui (http://www.tntvillage.scambioetico.org/?act=showrelease&id=156445), se vi interessa: L’Italia aveva l’Istria e un pezzo di Dalmazia, la Francia la Saar, la Polonia comprendeva un bel pezzo dell’attuale Russia e Ucraina, su cui c’era anche un po’ di Cecoslovacchia. La Germania aveva perso un pezzo di territorio a favore della Francia, ma teneva quella che oggi è Polonia occidentale e addirittura l’enclave che oggi è Russia, intorno a Kaliningrad (allora Koenigsberg)?
Giusto, sbagliato? Difficile dire, le città istriane erano italiane da sempre, A Koenigsberg erano nati Kant e Hanna Arendt… Fino al ’39, poi Hitler si annesse Austria e l’attuale Cechia (http://www.lager.it/espansione_della_germania_nazista_1936_1939.html). Nel ’45 la carta era del tutto diversa: l’Italia aveva perso l’Istria e provvisoriamente anche Trieste, la Germania tutta la parte a est della linea Oder-Neisse ma anche la Polonia aveva dovuto  arretrare di 100 chilometri i suoi confini orientali. (http://www.naturalmentescienza.it/ipertesti/1900/900figure/confini.htm).
I movimenti di popolazione furono immensi, i rifugiati decine di milioni, mescolati alle vittime della guerra e della Shoàh. Probabilmente i confini del ’29 corrispondevano meglio ai dati storici ed etnici, ma quelli del ’45 garantirono la pace e reggono ancora, a parte le divisioni interne ai paesi successive al crollo del “socialismo reale”.

Perché vi dico questo? Per affermare due principi: il primo è che a seconda della data che si sceglie come punto di riferimento i confini cambiano. La seconda è che il modo per produrre una convivenza pacifica fra nazioni che sono state nemiche, è accettare i confini risultanti dalla storia. Questo può non avvenire subito: l’Italia accettò la perdita dei territori orientali solo trent’anni dopo la fine della guerra col trattato di Osimo (10 settembre 1975).
L’importante è che se qualcuno oggi dicesse in Italia che dobbiamo riconquistare Fiume e Zara, per non parlare di Nizza e la Corsica, sarebbe preso per un pazzo pericoloso.
E così per i tedeschi che rivolessero Praga o Breslau, o per gli ungheresi che puntassero a riprendersi la Transilvania. In buona parte le popolazioni interessate si sono trasferite o assimilate. Pochi ricordano la lunga storia italiana di Nizza (che include Garibaldi) o quella di Pola e Spalato.

A questa regola, c’è un’eccezione, Israele.
Nell’opinione pubblica internazionale è passata l’idea che ci sia un confine “giusto” che separerebbe Israele e la Palestina e che questo non è quello acquisito nell’ultima guerra (quella del Kippur 1973), che comprendevano l’intero Sinai e bei pezzi dei paesi arabi circostanti, e neppure della penultima, quella del ’67, che ebbe risultati analoghi; e neppure la terzultima, quella del ’56, che portò comunque alla conquista del Sinai; ma quella del ’48-49 (http://it.wikipedia.org/wiki/Conflitti_arabo-israeliani).
Notate che tutte queste guerre, compresa quest’ultima, si conclusero con accordi armistiziali che escludevano esplicitamente che le linee del cessate il fuoco fossero confini definitivi; ma chissà perché oggi si parla delle linee del ’49 come “confini” del ’67. Notate che dall’altra parte di queste linee non c’era mai uno stato Palestinese, mai esistito da quelle parti (prima del ’48 c’era un mandato britannico finalizzato dalla Società della Nazioni alla costruzione di uno stato nazionale ebraico, prima degli inglesi, da secoli, i turchi), ma solo eserciti di stati arabi invasori (Egitto, Giordania, Siria, perfino l’Iraq…).
E notate anche che tutte le guerre di cui stiamo parlando furono guerre di aggressione e di sterminio, da cui Israele si dovette difendere: di qui l’esigenza di “confini sicuri e riconosciuti” per Israele , che la risoluzione 242 dell’Onu collega al ritiro da alcuni dei territori conquistati in guerra (non necessariamente tutti, il testo inglese della risoluzione, ponderato con cura, dice “from territories” non “from the territories” – cosa che Israele ha fatto lasciando il Sinai e Gaza.

Ultima considerazione. I nemici di israele, quelli esterni al mondo ebraico come Sergio Romano (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=44811) e anche quelli interni “pacifisti”,  partono dal fatto che i territori al di là della linea verde fossero privi di ebrei al momento della guerra del ’67.
In effetti lo erano, ma solo perché al momento della conquista giordana del ’49, gli arabi avevano proceduto a una spaventosa pulizia etnica, espellendo tutti gli ebrei non solo da Gerusalemme (“Est”, cioè la città vecchia) e da Hebron, dove stavano ininterrottamente da tremila anni, ma anche dagli insediamenti agricoli che avevano fondato molti decenni prima su zone desertiche e spopolate.
Per esempio la cintura a SudEst di Gerusalemme, chiamata Gush Etzion, che Romano vede come un’invasione programmata dal governo attuale, risale agli anni Venti del Novecento (http://en.wikipedia.org/wiki/Kfar_Etzion).

E qui di nuovo  bisogna tornare alla nostra cartina dell’Europa.
Nel 1935 la popolazione ebraica di città come Varsavia e Cracovia era intorno al 20%. Nel ’45 era vicina a zero. Qual è il termine di riferimento per discutere dell’insediamento ebraico orientale? Prima o dopo gli stermini nazisti? Lo stesso vale per Gerusalemme. Se guardate la tabella contenuta in questo sito (http://it.wikipedia.org/wiki/Gerusalemme), vedete che gli ebrei sono sempre stati maggioranza (assoluta o relativa) nella città, che significava fino alla fine dell’Ottocento solo la città vecchia e poi a lungo soprattutto questa.
Nel ’49 però d’improvviso, grazie alla bestiale e programmata violenza della legione araba (l’esercito giordano), non ci fu più un ebreo nella città vecchia e in rioni come Shimon Hatzaddik, o se volete Sheik Jarrah. Chi sopravvisse alla guerra si concentrò a Ovest, costruendo sui campi rimasti a Israele.
Poi nel ’67 gli ebrei tornarono, e alcuni recuperarono le loro vecchie proprietà grazie a lunghe cause legali, o ricostruirono i villaggi distrutti e li fecero naturalmente crescere.
Un’invasione? O piuttosto un ritorno. E infine, a proposito di questa storia: perché nessuno dice che Israele ha mantenuto e fatto sviluppare la sua popolazione araba e che invece i giordani l’hanno massacrata ed espulsa? E che l’Autorità Palestinese si propone di fare altrettanto, cioè di “espellere tutti gli ebrei” dal territorio “palestinese”?

Ugo Volli (Informazione Corretta)

Qualcosa di analogo avevo scritto, quasi sei anni fa, qui (ma non pensiate che Ugo Volli mi copi i post, neanche per sogno: semplicemente, grazie ai potentissimi mezzi messigli a disposizione dal Mossad – noi del famoso complotto demoplutotaperino, you know – mi legge direttamente nella memoria del computer. Qualche volta perfino nella mia testa). Poi magari, dato che un ripassino di storia non fa mai male, potreste dare anche un’occhiatina qui e qui.

barbara