COVID ECCETERA BIS

A proposito di coprifuoco, di cui si è parlato nel post precedente

E a proposito di provvedimenti intelligenti

Qui la prova che è tutto autentico

E sempre a proposito di provvedimenti intelligenti

Perché loro sono buoni e si preoccupano per noi

Hanno un grande senso di responsabilità

Si preoccupano di farci lavorare

E sanno meglio di chiunque altro come risolvere i problemi dei cittadini

Ma soprattutto è bello vedere la discontinuità rispetto al catastrofico governo precedente

Ed è inoltre confortante sapere che c’è chi fa il tifo per noi

Se poi fra di voi ci fosse qualcuno che ha l’orrendissima abitudine di scopare, ecco alcuni utilissimi consigli

rubato qui

Poi, naturalmente, parlando di covid bisogna parlare anche di vaccini, e qui mi sa che a qualcuno dovremo dare un grosso dispiacere:

ricordando comunque che è sempre meglio non fidarsi troppo

Stiano comunque tranquilli gli amici lombardi:

E a proposito di Israele

E dato che dopo “covid” il titolo dice “eccetera”, proseguo con un altro paio di extra, iniziando con una nobile citazione poetica

proseguendo con la messa in guardia contro un pericolosissimo vizio

continuando con una saggia considerazione storica

Passando per un tema di scottante attualità (e mai un cane che abbia l’idea di metterci un po’ di ghiaccio sopra

Rubato qui.

E concludendo con una rievocazione del bel tempo che fu

barbara

FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, PARTE QUARTA E (FORSE) PENULTIMA

Oggi mi occupo esclusivamente di scienza, ossia di cose che io, sulla base del buon senso, dico da sempre e che adesso dice – e documenta – anche la scienza.

Sottovalutati gli effetti negativi del lockdown e il terrorismo mediatico. Parla il dottor Samadi

di Daniele Meloni, 1 Set 2020

Il dottor David Samadi, americano cresciuto nella comunità ebreo-persiana di Teheran prima di essere costretto alla fuga dalla Rivoluzione Islamica del 1979, è a capo della Chirurgia Robotica presso l’Ospedale Lenox Hill ed è una delle voci che più si è distinta per ragionevolezza e competenza in questi mesi in cui la crisi legata alla pandemia del coronavirus ha diviso l’America e la sua politica come non mai. Atlantico Quotidiano lo ha intervistato.

DANIELE MELONI: In passato, quando il presidente Trump ha suggerito che il coronavirus avrebbe potuto essere eliminato dai raggi UV, i media hanno ridicolizzato le sue frasi e lo hanno deriso. Di recente abbiamo visto che non era una cosa del tutto peregrina. Perché gli esperti stanno cambiando idea?

DAVID SAMADI: L’uso degli ultravioletti per eliminare i virus e i batteri è roba vecchia di cent’anni, non è nulla di nuovo negli ospedali. Ha ottenuto un buon successo nel combattere l’influenza H1N1 e altri coronavirus come il SARS-CoV e il MERS-CoV, così ora c’è un rinnovato interesse nel loro utilizzo in posti come le scuole, i ristoranti e gli uffici, per ridurre la trasmissione del virus. La gente vuole tornare alla normalità e abbandonare la “nuova normalità” post-Covid. Le ricerche si stanno attivando riguardo alla possibilità di installare unità di raggi UVF per decontaminare l’aria negli spazi pubblici e anche la possibilità di utilizzare un’altra onda di raggi chiamata UVF-222 o Far-UVF che si crede possa avere meno effetti sulle cellule umane. Credo che questi dispositivi abbiano un grande potenziale per l’eliminazione di virus come il Covid-19 e sono la nostra più grande speranza per tornare alle nostre vite pre-Covid.

DM: Molte persone hanno visto solo gli aspetti positivi del lockdown ma la realtà è che ha avuto un effetto terribile sull’economia e sulle persone. Pensi che gli aspetti sociali e psicologici del lockdown siano stati sottovalutati?

DS: Sì, certamente. La pandemia è diventata una crisi sia epidemiologica sia psicologica. All’inizio il focus era su chiudere tutto e mettere in quarantena quante più persone possibile con l’intento di non affollare gli ospedali con i pazienti del coronavirus. Le intenzioni erano buone ma deleterie sul lungo termine. In una società libera il lockdown non può che avere effetti negativi sulla psiche delle persone. I media hanno diffuso paura e negatività costantemente, ripetendo le varie misure di precauzione (indossate le mascherine, lavatevi le mani, distanziatevi) senza alcuna menzione degli aspetti legati alla salute mentale. E i dati che abbiamo ci raccontano di un aumento di suicidi, utilizzo di alcool e droghe, molestie e crimini. Vivere in isolamento cambia la vita e inficia il benessere di ciascuno di noi. Ora ci si sta occupando anche di questo ma avremmo dovuto essere vigili sin dall’inizio, calibrando meglio i messaggi. Soprattutto quelli mediatici.

DM: Come si uscirà dalla pandemia?

DS: Nessuno può dirlo con certezza. Il Covid-19 è un nuovo coronavirus, non sappiamo come e quando se ne andrà. In passato le pandemie legate alla suina o all’H1N1 sono durate dai 12 ai 36 mesi. Anche se ora siamo molto più preparati nelle cure del Covid-19 rispetto all’inizio della sua diffusione, c’è ancora molto da imparare riguardo a esso. Credo che nel 2021 ci sarà un vero e proprio progresso riguardo alla lotta al virus. Il modo più semplice per uscire dalla pandemia è legato all’immunità di gregge. Questa si ottiene in due modi: o lasciando il virus circolare naturalmente nella maggioranza della popolazione e facendo sì che si sviluppino anticorpi che porterebbero all’immunità. Purtroppo, con questo metodo si rischia un numero di vittime molto elevato e la nostra società non è disposta a tollerarlo. Oppure si può uscire dalla pandemia grazie allo sviluppo di un vaccino efficace contro il virus. In questo modo si raggiungerebbe l’immunità di gregge più velocemente e con meno vittime. Una volta che il vaccino è sviluppato si tratterebbe solo di calibrare la sua distribuzione e la graduatoria delle persone che dovrebbero essere vaccinate per prime.

DM: Pensi che il coronavirus abbia esposto la presenza di un problema di fondo della sanità americana? L’Obamacare è servito a qualcosa?

DS: Sicuramente il nostro sistema sanitario ha dei problemi, ma voglio rilevare che come Paese l’America tutte le volte che si è trovata di fronte a problemi monumentali ha sviluppato delle soluzioni creative e all’avanguardia, ampliando il suo know-how nel sistema sanitario. Lo scoppio della pandemia ha colto di sorpresa tutti, non solo l’America. I problemi avuti qui legati alla mancanza di camici, guanti e mascherine per gli operatori sanitari, quella dei ventilatori nei reparti di terapia intensiva e la dipendenza dalla Cina in farmaci come gli antibiotici e l’aspirina sono stati evidenti. Dobbiamo far sì che la produzione di questi elementi fondamentali per combattere il Covid torni sul suolo americano. Un altro problema è legato alla telemedicina e alle leggi ormai fuori dai tempi che la regolano. L’Affordable Care Act – meglio conosciuto come Obamacare – ha manifestato tutti i suoi difetti. Non è un’assicurazione sanitaria sul modello europeo che copre tutte le persone: per molti la sanità rimane off-limits o comunque troppo onerosa. Specialmente per la working class, che avrebbe dovuto beneficiare al massimo dall’Obamacare. (qui)

Questo secondo articolo lo metto nella versione del traduttore automatico, per chi ha qualche problema con l’inglese; l’originale lo trovate qui.

Un nuovo studio mostra che i blocchi di COVID-19 sono 10 volte più letali del virus stesso

Di Debra Heine •31 agosto 2020

I blocchi di COVID-19 hanno ridotto la durata della vita degli americani molto più del virus stesso, ha scoperto un nuovo studio che apre gli occhi.
Secondo lo studio, commissionato da Revolver News, i blocchi del Coronavirus sono dieci volte più mortali per i cittadini americani rispetto all’attuale virus COVID-19 e hanno devastato la stabilità finanziaria e sociale a lungo termine.
Attingendo agli studi economici esistenti sugli effetti sulla salute della disoccupazione, lo studio Revolver ha cercato di quantificare il danno netto dei blocchi in termini di una metrica nota come “anni di vita” e ha confrontato quel numero con quante vite saranno state salvate dal blocchi.
… Abbiamo scoperto che si stima che 18,7 milioni di anni di vita andranno persi negli Stati Uniti a causa dei blocchi del COVID-19. L’analisi dei dati comparativi tra le nazioni mostra che i blocchi negli Stati Uniti hanno probabilmente avuto un effetto minimo nel salvare anni di vita. Utilizzando due diversi gruppi di confronto, stimiamo che i blocchi di COVID-19 negli Stati Uniti abbiano risparmiato tra un quarto e tre quarti di milione di anni di vita.
Il notiziario ha affermato che i risultati dello studio confermano che “le misure di blocco del COVID-19 che gli americani hanno dovuto sopportare per la maggior parte del 2020 rappresentano una delle misure politiche più drammatiche, consequenziali e dannose intraprese nella storia di questa nazione. “
I risultati sono a dir poco sbalorditivi e suggeriscono che i blocchi finiranno per costare agli americani oltre 10 volte più anni di vita quanti ne risparmieranno dal virus stesso.
I blocchi sono stati ampiamente accettati fin dall’inizio come precauzione temporanea per rallentare la diffusione del virus e salvare vite umane, ma con il passare del tempo, molte persone hanno notato un doppio standard in termini di applicazione, con regole diverse per gruppi diversi in base a criteri politici. affiliazione. Man mano che emergono nuovi dati che mostrano che il virus è meno letale di quanto inizialmente pensato, gli americani che hanno subito gravi conseguenze economiche si sentono sempre più ribelli.
I media hanno costantemente diffuso cattive notizie sul virus, provocando paura e panico tra la popolazione, ma come ha recentemente ammesso il New York Times, il conteggio giornaliero dei casi annunciato dal MSM è stato estremamente impreciso.

Anche il conteggio dei decessi del corononavirus è stato enormemente gonfiato.
Dati recenti dei Centers of Disease Control and Prevention (CDC) indicano che solo un numero minuscolo di americani è morto a causa del solo coronavirus.
Un’analisi dei decessi tra il 2/1 e il 22/8 2020 ha rilevato che solo il 6% dei decessi per COVID-19 negli Stati Uniti si è verificato in persone senza comorbidità.

[A questo proposito, come ho sempre fatto, anche qui faccio forte obiezione sulla faccenda del “solo virus”. Anch’io, quasi settantenne con una leggera ipertensione, verrei classificata come “morta con”, ma se non mi casca una tegola in testa, seguendo l’andamento famigliare mi aspettano ancora 20-25 anni di vita. E resta il fatto che raramente ci si ammala e si muore per un’unica causa (non viene il tumore ai polmoni solo per il fumo, non viene la cirrosi epatica solo per l’alcol, l’ipercolesterolemia non viene solo dall’alimentazione e l’ictus non viene solo dall’ipercolesterolemia), per cui non vedo perché questa precisazione debba essere fatta per il covid]

Il presidente Trump ha chiarito che si oppone a ulteriori blocchi devastanti, sottolineando nel suo recente discorso alla Convention nazionale repubblicana che hanno avuto un effetto devastante sulla vita di molti americani.
“Il costo della chiusura di Biden sarebbe misurato in aumento di overdose di droga, depressione, dipendenza da alcol, suicidi, attacchi di cuore, devastazione economica, perdita del lavoro e molto altro. Il piano di Joe Biden non è una soluzione al virus, ma, piuttosto, è una resa al virus “, ha dichiarato Trump.
Il candidato presidenziale democratico Joe Biden, nel frattempo, ha indicato che imporrebbe ulteriori blocchi se gli “scienziati” gli dicessero di farlo.

E infine questo delizioso articolo in cui si contempla il primo guru della pandemia, Roberto Burioni, eccellente virologo ma che pretende di occuparsi anche di campi in cui non è competente e, come il famoso ofelè milanese, quando non fa el so mesté toppa di brutto, fa previsioni cinofalliche che i fatti smentiscono, insomma, per dirla in buon italiano, spara cazzate a raffica; si contempla, dicevo, Roberto Burioni beccato a fare del terrorismo mediatico, presentando dei dati in modo tale da farli sembrare l’esatto contrario di quello che effettivamente dicono, e quando un lettore glielo fa notare, che cosa fa? Elimina democraticamente la critica e, ancor più democraticamente, banna l’importuno critico. Requiescat.

barbara

FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, PARTE PRIMA

Immaginiamo per esempio

Immaginiamo per esempio che qualcuno decida di verificare quanti alunni con difficoltà di apprendimento sono presenti nella scuola italiana. Si mette a punto un test e si parte con la verifica, una classe al giorno. E ogni giorno risultano uno o due alunni con un qualche tipo di difficoltà. Ad un certo momento ci si rende conto che di questo passo non si finirà mai, e si passa a fare 10 classi al giorno, e gli studenti con difficoltà diventano 10-20. Poi si passa a 100 classi, con 100-200 casi. Mille classi al giorno, e i giornali titolano: ogni giorno da mille a duemila ritardati in più nelle scuole italiane”. Trascurando il fatto che non sono in più, sono solo stati rilevati dalla verifica del giorno. E non sono aumentati gli alunni col problema: sono aumentate le verifiche. E soprattutto non sono ritardati, hanno solo qualche problema, per esempio uno ha scarsa capacità di memorizzazione, un altro è un po’ negato per la matematica e così via.

Questo modo di procedere può dare un’idea di uno degli imbrogli (uno dei tanti) a cui stiamo quotidianamente assistendo nell’osceno circo covidiano. E se si volesse la prova inoppugnabile di quanto stiano barando, la possiamo trovare proprio nelle discoteche e affini, festeggiamenti del Napoli compresi, feste dell’Unità comprese,

con affollamenti, ammucchiamenti, avvitamenti avvoltolamenti limonamenti vari misti. A parte il gioco sporco che più sporco non si può di autorizzare ad aprire le discoteche e poi chiamare idioti e incoscienti quelli che ci vanno, cioè praticamente così


… ma siamo statti tuti cativi e Giuseppi ci punira (rubato qui)

(che se davvero i nostri illuminati governanti pensano che ammucchiarsi in una discoteca sia fonte di pericolosissimo contagio, non sarebbero da sbattere in galera tutti dal primo all’ultimo e buttare via la chiave per procurata epidemia per averne autorizzato l’apertura?), a parte questo, dicevo, se i ragionamenti catastrofisti avessero un miliardesimo di microgrammo di fondamento, a quest’ora, a fronte di centomila tamponi al giorno, dovremmo avere ogni giorno decine di migliaia di nuovi positivi, migliaia di nuovi malati, centinaia di nuovi pazienti in terapia intensiva e, minimo, decine di morti, mentre in realtà alla data del 29 agosto sono stati trovati poco più di un migliaio di positivi (NON nuovi positivi: semplicemente soggetti trovati positivi alla verifica, che NESSUNO SA quando e in quale circostanza siano diventati positivi), poco più di un migliaio di ricoverati con sintomi, un’ottantina in terapia intensiva (in tutto, non nuovi di oggi) e un morto. Che cosa significano questi numeri? Una cosa sola: che stiamo ormai raggiungendo la famosa immunità di gregge, che dovrebbe essere l’obiettivo da perseguire da parte di chiunque abbia a cuore la salute della popolazione. E qual è la cosa più ragionevole da fare in queste circostanze? Una sola: lasciare che il virus circoli e vada a procurare una benefica immunizzazione al maggior numero possibile di persone. Teniamo presente tra l’altro che ad alzare mostruosamente il numero dei “positivi”, c’è un’aberrazione esclusivamente italiana, ossia l’obbligo del doppio tampone negativo prima di dichiarare guarito il paziente, il quale, in virtù di questa assurdità, continua ad arricchire le tabelle dei positivi, e vengono costrette a mesi di reclusione persone perfettamente sane e assolutamente non contagiose, dato che la contagiosità si limita ai primi giorni (qui). Un’altra buffonata è quella dell’abbassamento dell’età dei contagiati. Ora, a inizio epidemia, a chi venivano fatti i tamponi? A quelli che venivano ricoverati in gravi condizioni. E chi è che veniva ricoverato in gravi condizioni? Al 90% vecchi. E, sorpresa sorpresa, la maggior parte dei “contagiati” erano vecchi. A chi vengono fatti i tamponi adesso? A quelli che tornano da viaggi e vacanze, a quelli che risultano essere stati in una discoteca in cui ha dichiarato di essere stato uno che è risultato positivo. E, sorpresa sorpresa, i “contagiati” di oggi sono nettamente più giovani di quelli di cinque mesi fa. La cosa di cui è davvero difficile capacitarsi è che ci sia gente che si beve come acqua fresca tutta questa montagna di puttanate, leggermente in contrasto con quello che affermano quelli che se ne intendono un pochino di più:

Un altro tormentone è quello della possibile mutazione: è mutato? Non è mutato? Come è mutato? Tutte domande prive di senso. Ogni virus si comporta in modo diverso, colpisce organi diversi, provoca effetti diversi, ma tutti hanno una cosa in comune: mutano praticamente a ogni singola replicazione. E in che modo mutino, ve lo faccio dire da Roberto Burioni, che sulle previsioni in merito all’epidemia, come tutti gli “esperti” che ci hanno perseguitato in tutti questi mesi, ha toppato alla grande, perché non è il suo campo, ma il virus sì, quello è proprio il suo campo specifico, e sa quello che dice.

Questo capitolo, tuttavia, ha lo scopo di spiegarvi l’intelligenza apparente dei virus, e adesso possiamo farlo, mettendo in evidenza una differenza fondamentale tra questi e le cellule umane. Le nostre cellule custodiscono gelosamente l’integrità e la sequenza del loro DNA. Quando una cellula si replica sdoppiandosi in due, anche il DNA deve essere replicato: da una singola molecola è indispensabile ottenerne due identiche. Questo processo viene portato avanti con grandissima cura da proteine che, mentre copiano la molecola del DNA, controllano momento per momento che questa replicazione sia corretta. Se si accorgono che c’è uno sbaglio, immediatamente lo correggono. I virus invece – soprattutto quando hanno un genoma fatto di RNA – sono immensamente più faciloni nel loro replicarsi. La maggior parte di loro si moltiplica molto velocemente e senza preoccuparsi troppo della fedeltà della replicazione. Mentre le cellule umane (e animali, e pure i batteri!) controllano che la replicazione sia corretta e se è sbagliata mettono le cose a posto, i virus no: replicano, e se c’è uno sbaglio pazienza. Gli scienziati chiamano questa attività di controllo «correzione delle bozze». Le cellule umane lo fanno, e la loro replicazione è quasi priva di errori; i virus non lo fanno, e sbagliano a più non posso. Qui arriva la parte più affascinante: riuscire a rendere un difetto, una debolezza, un errore la parte più efficace del proprio progetto. […] Trasformano i loro infiniti errori, dovuti alla sciatteria con la quale replicano il loro genoma, nella loro agghiacciante intelligenza. Ma come? Tutto sommato è molto semplice: la replicazione virale è la più diretta conferma delle teorie darwiniane, che si basano fondamentalmente sulla sopravvivenza del più adatto all’interno di un certo ambiente. Immaginiamo il virus della rabbia, ma in una fase iniziale della sua evoluzione, quella in cui ancora si replicava solo nelle ghiandole salivari senza causare altri effetti. A un certo punto, tra i mille errori fatti dal virus, una variante virale si è dimostrata capace di fare impazzire l’animale, rendendolo ferocissimo. Certo, questa variante è saltata fuori per caso, come infinite altre: la variante che rendeva l’animale buono, quella che lo rendeva assonnato, quella che lo rendeva affamato. Ma un animale buono, affamato, assonnato non diffonde il virus con maggiore efficienza: è il motivo per cui queste varianti si sono perse. Non hanno conferito al virus alcun vantaggio evolutivo. Al contrario la variante che ha reso il cane inferocito aveva un grande vantaggio: l’animale mordeva di più e quindi trasmetteva di più il virus. Questa variante, quindi, non solo non si è persa, ma è diventata dominante. Lo stesso vale per quella che impediva all’animale di deglutire facendo ristagnare saliva – e virus – nella sua bocca pronta al morso. La variante che faceva fare più pipì al cane, quella che gli faceva perdere il pelo, quella che gli annebbiava la vista si sono tutte perse nel nulla: anche in questo caso non conferivano alcun vantaggio. Al contrario quella che aumentava la quantità di virus si è conservata, perché gli consentiva di essere trasmesso meglio. Insomma, il virus è stupidissimo e fa miliardi di miliardi di errori, ma ha un vantaggio: il mondo esterno gli seleziona quelli che sono utili per la sua replicazione, e butta via gli altri. […] Gli errori inutili o dannosi vengono persi immediatamente, mentre quelli utili vanno avanti. […] Il virus che faceva morire di AIDS in tre mesi si è perso, mentre quello che ha lasciato i pazienti vivi, infettivi e apparentemente sani per alcuni anni è quello che ancora può contagiarci. […] Insomma, i virus sbagliano, sbagliano sempre. Ma siccome la natura seleziona per loro lo sbaglio più conveniente, alla fine fanno sempre la cosa giusta. (Roberto Burioni, Virus la grande sfida, Rizzoli, pp. 56-59)

In conclusione, dato che se muore l’ospite muore anche il virus, le varianti più aggressive si autoestinguono automaticamente perché non hanno modo di propagarsi, mentre si perpetuano le varianti più moderate, come il coronavirus che provoca il raffreddore: la legge di natura, fra tutte le mutazioni avvenute, ha selezionato quella che permette all’ospite non solo di vivere, ma anche di condurre una vita normale o quasi. E tutto dimostra che il coronavirus che provoca il covid-19 è sulla buona strada per arrivare a questo stadio. E siccome, con questa situazione, chiunque sia in grado di leggere i fatti e di conservare la propria lucidità mentale esige di essere lasciato in pace e tornare alla totale normalità, e questa è esattamente la cosa che lassù non piace proprio per niente, ecco che si gonfiano le cifre, si inventano morti inesistenti, si continua a pubblicare quella colossale pagliacciata del bollettino quotidiano di un’epidemia che esiste solo nei giochi sporchi di chi ci governa e nelle menti di chi ha introiettato il terrore e lo stato d’allerta permanente diffuso a piene mani dal regime e dalla stampa di regime, e vive come se ad ogni angolo di strada fosse in agguato il virus malefico, pronto a saltargli addosso.

Continua

barbara

SBUFALANDO SBUFALANDO

Comincio con Roberto Burioni. Recentemente è stato messo in circolazione un vergognoso video fatto di taglia e cuci di frasi di Roberto Burioni, video di cui ho immediatamente denunciato la falsità. Allora, questo è il video taroccato (cliccare su “scarica il file” per vederlo)

e questa la serie di video autentici.

E qui un sintetico riepilogo di Burioni.

Non è il momento per il “io l’avevo detto”, ma siccome vengo attaccato per una dichiarazione nella quale avrei detto “in Italia il rischio è zero” è mio dovere difendermi e rispondere.

L’8 gennaio 2020 io avvertivo che c’era un pericolo in arrivo dalla Cina.

Il 22 gennaio, in una intervista a Linkiesta, io dicevo «Le autorità europee hanno affermato che il rischio che il virus arrivi in Europa, e in particolare in Italia, è minimo. Io non sono per niente d’accordo con loro, ma spero vivamente di sbagliarmi»

Il 27 gennaio, nel programma Melog, di Radio24, dicevo “non dobbiamo far arrivare in Italia il virus, che si diffonde in maniera molto efficiente e sembra causare una malattia di una certa gravità. L’unica cosa oggi che può difenderci veramente è la quarantena, non c’è altro modo”.

Io ho fatto l’affermazione “in Italia in questo momento il rischio è zero” il 2 febbraio. In quel momento le autorità ci dicevano che in Italia il virus non c’era. La mia colpa è – dunque – quella di non avere avuto la capacità di prevedere che il virus sarebbe stato trovato diciotto giorni dopo.

Ma io sono un medico, non un veggente. E questa incapacità di predire il futuro effettivamente è un mio limite.

https://www.medicalfacts.it/2020/01/08/polmonite-cina-virus/

https://www.linkiesta.it/…/cina-virus-sars-burioni-malatti…/

https://www.adnkronos.com/…/virus-cina-burioni-puo-difender…

E passo a Sergio Mattarella. Premesso che non nutro per lui la minima simpatia. Premesso che lo ritengo personalmente responsabile del disastro che sta sconvolgendo l’Italia – e non parlo solo dell’epidemia. Premesso questo, qualcuno è in grado di spiegare per quale bizzarro motivo un canale youtube gli ha messo in bocca nel titolo la frase “Non posso neanche andare dal barbiere”?

Il prossimo, più che una bufala, è una truffa, alla quale dobbiamo fare attenzione:

E anche questa, a modo suo, è una truffa, e ancora più grave delle precedenti

E concludiamo con un sorriso, che ogni tanto ci vuole anche quello

barbara

UN PO’ DI COSE SPARSE 2

Comincio, in risposta ai negazionisti, con questo video, a proposito dei veri numeri dei morti in Italia.

 

E proseguo con questa testimonianza.

RIPORTO UN TESTO CHE MI E’ ARRIVATO: SCONVOLGENTE

A Nembro le strade quasi deserte, il traffico assente, uno strano silenzio è interrotto talvolta dalla sirena di un’ambulanza che trasporta con sé l’ansia e la preoccupazione che riempiono i cuori di tutti in queste settimane. A Nembro ciascun membro della comunità riceve continuamente notizie che non avrebbe mai voluto sentire, ogni giorno si perdono persone che facevano parte delle nostre vite e della nostra comunità. Nembro, in provincia di Bergamo, è il comune più colpito dal Covid-19 in rapporto alla popolazione. Non sappiamo esattamente quante persone siano state contagiate, ma sappiamo che il numero dei morti ufficialmente attribuiti al Covid-19 è 31.

Siamo due fisici: uno diventato imprenditore nella sanità, l’altro sindaco, in stretto contatto con un territorio molto coeso, in cui ci conosciamo l’un l’altro: abbiamo notato che qualcosa in questi numeri ufficiali non tornava e abbiamo deciso — insieme — di fare una verifica. Abbiamo guardato la media dei morti nel comune degli anni precedenti, nel periodo gennaio – marzo. Nembro avrebbe dovuto avere — in condizioni normali — circa 35 decessi. Quelli registrati quest’anno dagli uffici comunali sono stati 158. Ovvero 123 in più della media.

Non 31 in più, come avrebbe dovuto essere stando ai numeri ufficiali dell’epidemia di coronavirus. La differenza è enorme e non può essere una semplice deviazione statistica. Le statistiche demografiche hanno una loro «costanza» e le medie annuali cambiano solo quando arrivano fenomeni del tutto «nuovi». In questo caso il numero di decessi anomali rispetto alla media che Nembro ha registrato nel periodo di tempo preso in considerazione è pari a 4 volte quelli ufficialmente attribuiti al Covid-19. Se si guarda a quando sono avvenute queste morti e si confronta lo stesso periodo con gli anni precedenti, l’anomalia è ancora più evidente: c’è un picco di decessi «altri» in corrispondenza di quello delle morti ufficiali da Covid-19.

Nell’ipotesi — niente affatto remota — che tutti i cittadini di Nembro abbiano preso il virus (con moltissimi asintomatici, quindi), 158 decessi equivarrebbe a un tasso di letalità dell’1%. Che è proprio il tasso di letalità atteso e misurato sulla nave da crociera Diamond Princess e — fatte le dovute proporzioni per struttura demografica — in Corea del Sud.

Abbiamo fatto esattamente lo stesso calcolo per i comuni di Cernusco sul Naviglio (Mi) e Pesaro utilizzando esattamente la stessa metodologia. A Cernusco il numero di decessi anomali è pari a 6,1 volte quelli ufficialmente attribuiti al Covid-19, anche a Pesaro 6,1 volte. Impressionanti i dati di Bergamo, in cui il rapporto arriva addirittura a 10,4.

È estremamente ragionevole pensare che queste morti in eccesso siano in larga parte persone anziane o fragili che muoiono a casa o in strutture residenziali, senza essere ricoverate in ospedale e senza essere sottoposte a tampone per verificare che fossero effettivamente infettate con il Covid-19. Dato il calo che si è visto negli ultimi giorni dopo il picco è probabile che a Nembro si stia raggiungendo l’immunità di gregge.

Nembro rappresenta in piccolo quello che accadrebbe in Italia se tutti fossero contagiati dal CoronaVirus – Covid 19: morirebbero 600 mila.

I numeri di Nembro, inoltre, ci suggeriscono che dobbiamo prendere quelli dei decessi ufficiali e moltiplicarli almeno per 4 per avere l’impatto reale del Covid-19 in Italia, in questo momento.

Il nostro suggerimento, quindi, è di analizzare i dati dei singoli comuni in cui ci siano almeno 10 morti per Covid-19 ufficiali e verificare se corrisponde alle morti reali.

Il nostro timore è che non solo il numero dei contagiati sia largamente sottostimato a causa del basso numero di tamponi e test che vengono fatti e quindi della «sparizione» degli asintomatici dalla statistica, ma che lo sia anche — dati dei Comuni alla mano — quello dei morti.

Siamo di fronte ad un evento epocale e per combatterlo abbiamo bisogno di dati credibili sulla realtà della situazione, diffusi con trasparenza tra tutti gli esperti e le persone che con responsabilità devono gestire la crisi. Sulla base di questi dati possiamo capire e decidere cosa è giusto fare, nei tempi che la crisi richiede.

* sindaco di Nembro

** amministratore delegato del Centro medico Santagostino

25 marzo 2020 (modifica il 26 marzo 2020 | 12:13) qui.

Poi c’è la cazzata del giorno, il video che “dimostra” che il coronavirus è stato intenzionalmente fabbricato in laboratorio (se per caso qualcuno volesse sfidarmi a dimostrare che non è vero, io lo sfido a dimostrare per primo che non è vero gli specchi parlano e sanno se mia cugina è più bella o più brutta di me). Qualcuno ha detto: “Non può non essere vero: troppe coincidenze!” Ah sì? E allora cosa mi dite di questa coincidenza qui, eh?
schiaffo
E siccome una cazzata tira l’altra peggio delle ciliegie,

Ecco l’ultima scemenza.

“Il virus è una molecola proteica (DNA)”.

Se uno studente mi dice che il DNA è una proteina è morto, se me lo dice parlando di un virus a RNA come il coronavirus lo rianimo per ucciderlo una seconda volta. Altroché Johns Hopkins (qui)

Aggiungo ancora, perché è importante sapere che cosa ci aspetta, l’oroscopo della settimana
oroscopo
e un simpatico neologismo di Jean Pierre Mancini
neologismi
e concludo con questo toccante tributo ai caduti di questa ultima – e ancora in corso – guerra.

 

barbara

ROBERTO BURIONI SI È CLAMOROSAMENTE SBAGLIATO

Qualche tempo fa aveva detto: non vedo l’ora che arrivi il vaccino, prima di tutto naturalmente per poter salvare tante vite, ma anche per la soddisfazione di vedere i novax invocarlo in ginocchio. Beh, si sbagliava.

Sa, naturalmente, che c’è in giro un sacco di gente deficiente, ma ancora non ha capito quanto.

barbara

MA SE PROPRIO SI DOVESSE METTERE MALE

c’è sempre il genio che ha la soluzione pronta, chiavi in mano
anticipare
e se finiscono le mascherine, un rimedio in qualche modo si trova
difese
mentre ai francesi è andata bene, anzi, per dirla in maniera più alla mano, è andata proprio di culo
lavare
e per l’emergenza anche le scimmiette si adeguano.
Speak-No-evil-Coronavirus
Poi, dato che non di solo cazzeggio vive l’uomo, e visto che qui non avete dovuto perdere tempo, andate anche qui e qui. (Certo che se a suo tempo fosse stato raccolto il suggerimento di nominare Roberto Burioni ministro della salute, oggi non ci troveremmo in questo casino, poco ma sicuro)

barbara

ROBERTO BURIONI, I VIRUS E ALTRE STORIE

“… Carlo Urbani è un medico marchigiano di 46 anni, specialista in malattie infettive e appassionato di medicina tropicale.
Carlo Urbani
Grazie alle sue conoscenze e alle sue numerose esperienze di volontariato svolte anche per conto di Medici senza Frontiere, nel 1993 diviene consulente dell’OMS. Il 28 febbraio 2003 Carlo si trova ad Hanoi come specialista di malattie infettive presso il locale ufficio dell’OMS. In questa veste riceve una telefonata dall’Ospedale francese: due giorni prima, il 26 febbraio, avevano ricoverato un paziente cino-americano, Johnny Cheng, che presentava i segni di una brutta forma di polmonite atipica. Il paziente peggiorava rapidamente e aveva raccontato ai medici del suo precedente soggiorno a Hong Kong.
Carlo visita il paziente e mette insieme i pezzi del puzzle. Chiama immediatamente Ginevra, il quartier generale dell’OMS. Da quando il paziente è arrivato nell’ospedale di Hanoi, nel giro di una settimana quattordici persone fra medici e infermieri si ammalano della stessa forma di polmonite. Immediatamente Ginevra allerta il centro di riferimento per i virus respiratori di Manila, nelle Filippine, e raccoglie tutte le informazioni utili da Hong Kong. Nel frattempo, il Canada evidenzia il focolaio di polmonite, partito nel grande Paese nordamericano subito dopo l’arrivo del paziente che aveva soggiornato nel famigerato corridoio del Metropole Hotel.
Insomma, grazie all’allarme lanciato da Carlo Urbani la comunità internazionale si allerta e parte la caccia al virus, nel tentativo di contenere l’epidemia. Contro l’epidemia vinceremo, ma purtroppo, il gesto di Carlo Urbani passerà alla storia come un atto eroico, perché lui stesso contrarrà il virus e morirà di SARS a Bangkok il 29 marzo 2003…”

Questo è un estratto del capitolo che parla della SARS, una malattia causata da un coronavirus, tratto dal mio nuovo libro “Virus: la grande sfida” che sarà in edicola e in libreria il prossimo 10 marzo. Come vi ho detto i proventi derivanti dalle vendite di questo libro verranno devoluti a favore della ricerca scientifica sui coronavirus. Questo pensiamo di farlo attraverso la Associazione Italiana Carlo Urbani, una ONLUS nata in memoria di questo mio eroico collega. Ho già sentito la sua vedova, Giuliana Urbani, che approva convinta.
Naturalmente non sarò solo a decidere come assegnare e a chi assegnare questi premi o borse di studio. Ci sarà un board scientifico che prenderà queste decisioni: questo board sarà presieduto da Guido Silvestri, professore ordinario di Patologia alla Emory University di Atlanta. Insieme a lui ci saranno certamente Massimo Clementi (ordinario di Microbiologia e Virologia del San Raffaele), Pierluigi Lopalco (Ordinario di Igiene dell’Università di Pisa) che mi hanno già dato la loro entusiasta disponibilità. Altri se ne aggiungeranno di eguale livello e li troverete qui.
Per cui speriamo che molte persone comprino il libro, così potremo fare qualcosa di importante e concreto per la salute di tutti, nel ricordo di un eroe che ha sacrificato la sua vita per difendere gli altri da una terribile minaccia. Minaccia che è stata poi vinta, perché la SARS è infine sparita. Speriamo accada lo stesso per questo nuovo coronavirus. (qui)
Virus
Naturalmente l’ho già ordinato. Poi, per smentire le immonde insinuazioni (“instant book”, sempre sul p(r)ezzo”, “una vergogna”, “quando si dice il tempismo”, “Burioni mi fa venire la voglia di diventare antivaccinista”, “ego”, “narcisismo”) delle oche signorine e dei loro cicisbei, aggiungo quest’altro pezzo, pubblicato precedentemente.

Nel maggio dell’anno scorso avevo deciso insieme a Rizzoli di pubblicare finalmente un libro volto a spiegare la scienza, il suo fascino, il suo progresso e non a confutare i cretini.
L’argomento prescelto, ovviamente, riguardava i virus. Ero a buon punto nella scrittura quando a gennaio, esattamente l’otto gennaio, ho capito che in Cina stava succedendo qualcosa di molto grave (e l’ho scritto su Medical Facts). Per questo ho proposto a Rizzoli di velocizzare l’uscita del libro, ritenendo che il modo migliore per confrontarsi con una nuova minaccia fosse quello di fornire alla gente notizie accurate e comprensibili sui virus e sulle epidemie. Questa necessità negli ultimi giorni è diventata ancora più pressante, e l’urgenza di questo libro ai miei occhi maggiore.
La mia convinzione di sempre è che nella corretta informazione sia il segreto per vincere il pregiudizio e combattere il panico e la paura. Proprio per questo ho fatto di tutto, insieme a Rizzoli, perché questo libro potesse essere disponibile il prima possibile. Lo troverete in libreria, online (e in edicola insieme al Corriere della Sera) il 10 marzo. Tre cose devo precisare.
La prima è che ho avuto il piacere di scrivere questo libro a quattro mani con l’amico e collega Pier Luigi Lopalco, un amico e un grandissimo epidemiologo. Questo è stato non solo un onore e un piacere, ma anche l’occasione per imparare da lui cose che non sapevo e acquisire un punto di vista sulla diffusione delle malattie infettive tanto originale quanto importante per la mia formazione scientifica e culturale.
La seconda è che, grazie alla disponibilità di Rizzoli, il libro avrà un prezzo minore dei miei precedenti (15 euro invece di 18), l’ebook sarà disponibile a un prezzo ridotto e in un daily deal a 2,99 euro. L’abbiamo ritenuto doveroso considerando l’importanza dell’argomento.
La terza è che tutti i proventi che mi deriveranno dalla vendita di questo libro saranno da me devoluti a favore della ricerca scientifica sui coronavirus. A seconda dell’importo potrà essere un premio per un giovane ricercatore, una borsa di studio, dipenderà dalla cifra che sarà disponibile e vi terrò aggiornati su Medical Facts.
In giro c’è molta paura, e io penso che il miglior modo per tranquillizzare un bambino che pensa che in una stanza buia c’è un mostro è semplicemente accendere la luce. E’ quello che io e Pierluigi abbiamo cercato di fare scrivendo questo libro. Spero che vi piaccia. (qui)
Roberto Burioni
Come si può vedere, tutte le volgari insinuazioni di oche signorine e cicisbei sono altrettante pisciate – puzzolenti – fuori dal vaso. D’altra parte fra gli odiatori di Roberto Burioni abbiamo roba come Chef Rubio, Travaglio, Red Ronnie, Giulia Innocenzi, Tiziana Ferrario (“bullo e sessista”), tutti virologi ed epidemiologi di prim’ordine con al proprio attivo quattro Nobel a testa: tutti con le carte in regola, insomma, per demolirlo. Poi se vi resta ancora qualche minuto e un po’ di voglia di leggere, suggerirei di leggere questo, e poi, a proposito di epidemie e di regali che ci arrivano dalla Cina, direi che è assolutamente imprescindibile questo – per la verità è tutto il blog che merita di essere seguito, per l’interesse degli argomenti, per l’accuratezza delle indagini storiche per la (questa me la faccio approvare dall’Accademia della Crusca, che oltretutto è molto meglio di petaloso) brillanza della scrittura. Quanto al virus coronoso che è “più o meno come una comune influenza”, va guardato questo, stampato, ingrandito, appeso alla parete e tenuto costantemente sotto gli occhi.
infl vs cv
barbara

QUANDO LA POLITICA DICHIARA GUERRA A SCIENZA E SALUTE

e scienza e salute vengono sonoramente sconfitte

Coronavirus, lo strano protocollo Toscana-Cina e l’incognita che allarma ma vietato parlarne: l’Africa

Emblematica dell’uso strumentale degli scienziati e della “competenza” da parte della politica è la parabola del virologo Roberto Burioni: da idolo dei “competenti” al governo nella battaglia contro gli antivax, fino all’ultimo bambino non vaccinato, a predicatore nel deserto oggi che il professore sostiene l’isolamento come misura più efficace per impedire la diffusione del coronavirus nel nostro Paese.
Ospite in questi giorni di programmi radiofonici e noti talk show televisivi, non trova più le sponde governative del passato. Burioni è stato uno dei primi e dei pochissimi (in Italia) a dubitare, confortato da autorevoli studi, dell’affidabilità dei numeri ufficiali delle autorità cinesi e dell’Oms. Ieri ha osato denunciare come un “azzardo” sulla pelle dei cittadini la decisione della Regione Toscana di non sottoporre a quarantena i circa 2.500 cinesi che in queste ore stanno rientrando a Firenze e a Prato dalla Cina, in ordine sparso e con voli indiretti, limitandosi a mettere a disposizione un ambulatorio al quale queste persone potranno rivolgersi in caso sopravvengano dei sintomi sospetti (quindi forse quando sarà troppo tardi).
L’ambulatorio è entrato in funzione questa settimana, in uno spazio messo a disposizione dal consolato cinese grazie a un protocollo di collaborazione firmato a Firenze dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, e dal console Wang Wengang. La struttura, di proprietà di un cittadino cinese e già attiva come centro medico e diagnostico, sarà ora dedicata “anche” alla valutazione di casi di persone rientrate dalla Cina: alla prima manifestazione dei sintomi, i pazienti potranno rivolgersi al Cup e poi accedere alla struttura, dove saranno visitati ed eventualmente sottoposti al tampone faringeo per il test diagnostico di laboratorio.
Come ricorda Burioni su Medical Facts, in Cina “è in atto una gravissima epidemia, della quale è molto difficile interpretare i numeri. Quelli ufficiali sono molto poco attendibili e istituti molto autorevoli, come l’Imperial College di Londra, stimano che solo una minima parte delle infezioni (il 10 per cento, ndr) venga correttamente diagnosticato”, quindi la Regione Toscana, osserva il virologo, “decide di far correre ai suoi cittadini un rischio evitabile con un minimo disagio per pochissimi di loro”, cioè restando a casa per due settimane.
Sul suo profilo Twitter, Burioni è ancora più polemico in un botta e risposta con il presidente Rossi:

“Il presidente della Regione Toscana, che secondo me sottovaluta il rischio coronavirus, afferma che chi lo critica o è male informato o è fascioleghista. Lo stesso presidente che nella sua regione offre l’omeopatia all’interno del Sistema sanitario nazionale. Complimenti davvero”.

“Dall’omeopatia al coronavirus che è meno pericoloso dell’influenza. Con il presidente della Regione Toscana alla fine tutto torna. Sto rivalutando gli antivax, almeno non avevano responsabilità di governo”.

Il governo ha decretato l’emergenza sanitaria nazionale per il coronavirus, e nominato un commissario ad hoc, quindi appare quanto meno bizzarro che la procedura per gestire i rientri dalla Cina venga lasciata alle valutazioni delle autonomie regionali. Quanto il protocollo toscano si discosta dalle linee guida nazionali? E se non se ne discosta, che bisogno c’era di siglare un protocollo ad hoc tra la Regione e il consolato cinese?
Forse una spiegazione c’è. La “soluzione alla toscana” per questi 2.500 cinesi fa sorgere infatti un inquietante sospetto: che vi fosse un quid pro quo con il ritorno da Wuhan del 17enne italiano Niccolò, bloccato dalle autorità cinesi per alcuni giorni. Può benissimo trattarsi di una coincidenza, ma poche ore dopo il suo atterraggio a Roma, sabato scorso, il presidente Rossi e il console cinese siglavano il protocollo di collaborazione per far tornare senza obbligo di quarantena i 2.500 cinesi. Uno strumento – diciamo inconsueto – e una tempistica piuttosto sospetti.
Ma ora che le misure nei confronti di chi arriva dalla Cina sono state adottate e sembrano funzionare, il vero allarme, di cui naturalmente sembra vietato parlare, si chiama Africa. Com’è noto, il continente è ampiamente impreparato, per stessa ammissione dell’Oms, a diagnosticare ed affrontare il coronavirus. Al momento è buio pesto sulla situazione reale, ma appare davvero improbabile che non vi siano dei casi. L’Africa infatti ospita quasi un milione di cittadini cinesi impegnati nei lavori connessi alle infrastrutture e allo sfruttamento delle risorse minerarie, ed è trascorso almeno un mese e mezzo dall’esplosione dell’epidemia.
Si calcola che circa 1.500 passeggeri in arrivo dalla Cina sbarchino ogni giorno all’aeroporto Bole di Addis Abeba e da qui raggiungano altre destinazioni in Africa, come mostrano alcuni grafici del Brookings Institute.
Ad oggi, le misure adottate negli scali africani sono quelle standard, ovvero la misurazione della temperatura per i passeggeri in transito dalla Cina, ma come sappiamo non si può escludere che i sintomi comincino a manifestarsi anche diversi giorni dopo lo sbarco.
Secondo un reportage della Associated Press dallo Zambia, una delle società che opera nel Paese ha sede proprio a Wuhan e centinaia di persone hanno viaggiato avanti e indietro su quella tratta anche nelle ultime settimane, quando l’emergenza globale non era ancora stata dichiarata (fino al 30 gennaio) e la Cina minimizzava i numeri.
Il timore è che l’assenza fino ad oggi di casi positivi in Africa sia dovuta alla mancanza di test. Martedì scorso, il direttore generale dell’Oms ha annunciato che “entro la fine della settimana”, questo venerdì quindi, 40 Paesi africani avranno la possibilità di testare e diagnosticare il coronavirus. Ottima notizia, la quale però implica che fino ad oggi o a pochi giorni fa (in piena epidemia) quei 40 Paesi non fossero in grado di eseguire test.
Secondo uno studio pubblicato su The Lancet, Egitto, Algeria e Sud Africa sono i Paesi africani più soggetti ad importare casi di coronavirus, ma hanno anche i sistemi sanitari più preparati e meno vulnerabili, mentre Nigeria, Etiopia, Sudan, Angola, Tanzania, Ghana e Kenya corrono minori rischi ma sono meno preparati e più vulnerabili.
“Ho qualche perplessità che i servizi sanitari dei Paesi africani riescano a contenere il contagio”, ha detto all’Ansa la virologa Ilaria Capua. Lo scorso 14 febbraio, al meeting annuale della American Association for the Advancement of Science, Bill Gates ha avvertito che “l’emergenza sanitaria potrebbe rivelarsi estrema, se dovesse diffondersi in aree come l’Africa sub-sahariana o alcune zone dell’Asia. A quel punto, la situazione diverrebbe drammatica. Se questa malattia arrivasse in Africa, creerebbe molti più danni di quanti non ne faccia in Cina”.
La minaccia per l’Italia (e per l’Europa) è costituita anche dai flussi migratori nel Mediterraneo centrale. Se ovviamente il maggior numero di ingressi nel nostro Paese dall’Africa avviene per la via meglio controllata, quella dei voli civili, non sono tuttavia trascurabili i numeri degli sbarchi autonomi o via ong. Cosa succede se tra le centinaia di migranti trasportati ogni settimana, e spesso in un solo giorno, dalle navi delle ong anche uno solo ha contratto il coronavirus e quando sbarca non presenta sintomi?
Non bisogna dimenticare che non si tratta di Ebola, i cui sintomi non permetterebbero ad una persona infetta di avventurarsi in un viaggio come quello dei migranti che si imbarcano in Libia verso l’Italia, ma di un virus con sintomi iniziali anche molto lievi, simili a quelli dell’influenza e del raffreddore. Dato il periodo di incubazione fino a due settimane, uno o più migranti che sbarcano potrebbero essere contagiati ma presentarsi in perfetta salute ai controlli per poi ammalarsi diversi giorni dopo, chissà dove, infettando altre persone e innescando una catena di contagi a cui sarebbe difficilissimo risalire. Alcuni studi pubblicati recentemente su autorevoli riviste scientifiche indicano anche la possibilità di trasmissione del virus durante il periodo di incubazione, da persone asintomatiche o che presentano sintomi minimi, difficilmente rilevabili dai normali controlli.
Dunque, non è esagerato chiedere quali siano le valutazioni fatte in merito dal Ministero della salute e dal commissario straordinario, se e quali più stringenti misure siano state o verranno adottate, mentre il governo sta pensando, al contrario, con infelice tempismo, di smantellare i decreti sicurezza.

Federico Punzi, 20 Feb 2020, qui.

E dunque se chiedi la messa in quarantena delle persone a rischio per evitare che si inneschi una catena incontrollata e incontrollabile di contagi, sei fascioleghista. E questa è la gente pagata per governarci: il governo insediato dal nostro ineffabile signor Presidente della Repubblica per scongiurare la dittatura fascista di Salvini, che per non rischiare di essere fascioleghista attenta alla salute e alla vita dei suoi cittadini. E uno si chiede: se impedire di sbarcare (ma non di andarsene) a persone prive di documenti (più o meno come quando io non permetto di entrare in casa mia a testimoni di Geova, distributori di Giornale Comunista e paccottiglia varia) è sequestro di persona, da punire con trent’anni di galera, come si configura l’operato del signor Enrico Rossi, di professione antifascioleghista?

PS: un medico con cui ho parlato ieri mi ha detto: “Mi sono confrontato con diversi colleghi che come me hanno seguito da vicino tutta la vicenda, e siamo giunti tutti alla stessa conclusione: quello che hanno costruito in Cina non è un ospedale, bensì un’immensa camera mortuaria, dove sistemare gli ammalati più gravi e lasciarli morire isolati, perché lì non c’è niente per curare, né ossigeno per chi ha difficoltà respiratorie, né nient’altro.” Non ci avevo pensato, ma potrebbe non avere torto.

PPS: nel frattempo un paio di decine di contagiati e due morti in Iran.

barbara