OGGI ANDIAMO A CACCIA

A caccia di sciacalli, per la precisione. E guardate che bel bestiolone abbiamo beccato!

Qui la prova dello sciacallaggio

e qui tutta la documentazione.

E chiamerei sciacalli anche coloro che, sulla pelle degli ucraini che continuano a morire col continuare della guerra, invocano l’intervento diretto dell’America, ricordandoci in continuazione che anche per salvare noi dal nazismo è intervenuta l’America. E dato il livello culturale di costoro, escludo che possano ignorare che dopo Pearl Harbor gli stati Uniti hanno dichiarato guerra AL GIAPPONE, dopodiché LA GERMANIA E L’ITALIA HANNO DICHIARATO GUERRA AGLI STATI UNITI. E già falsificare la storia per i propri interessi è un gioco decisamente sporco, se poi lo si fa allo scopo di allargare una guerra fino a farla diventare mondiale e possibilmente nucleare, direi che siamo ampiamente nell’ambito dei crimini contro l’umanità.

E qualificherei come sciacallaggio anche il sostenere uno stato nazista, solo perché è comodo usarlo contro il proprio nemico personale – quello, per inciso, che riscalda le nostre case e fa funzionare le nostre industrie. E sull’anima nazista dell’Ucraina, solo chi è tanto tanto tanto in malafede può essere disposto a chiudere occhi e orecchie.

Elena Squarci

Le radici della tradizione nazista ucraina partono da lontano. In un punto ben preciso e doloroso per la storia dell’Occidente. O almeno così era un tempo. Gli ucraini furono fin da subito al fianco di Hitler, prima e durante la seconda guerra mondiale. Accolsero i nazisti come loro liberatori dal giogo sovietico e furono ben contenti di collaborare sul campo condividendo aggressioni militari a stati sovrani, come l’invasione della Polonia, e ogni genere di abominio, e crimini contro l’umanità, come le deliranti politiche antisemite e la conseguente persecuzione, segregazione ed eliminazione degli ebrei tedeschi, polacchi, insieme al resto degli israeliti europei.
Stepan Bandera, eroe nazionalista ucraino (tranne per la parte russofona) ancora oggi molto popolare, celebrato con statue e monumenti alla sua memoria, pensò di applicare il delirio nazista ‘a casa sua’ puntando all’eliminazione degli ucraini di origine russa e di tutte le minoranze presenti sul territorio – compresi gli ebrei – per la creazione di una ‘razza ucraina pura’. Cosa tuttora sentita e condivisa dalla maggioranza degli ucraini che hanno fatto finta di non vedere per otto anni, dal 2014 ad oggi, i massacri e le torture dei nazisti di Azov, nel Donbass; le 14mila vittime di cui nessuno ancora oggi vuol parlare compreso il brutale assassinio di Andrea Rocchelli, giornalista e fotoreporter freelance ucciso a Sloviansk, insieme al collega Andrej Mironov, il 24 maggio 2014, mentre documentavano le prime fasi del conflitto tra i separatisti filorussi e l’esercito di Kiev, ventidue giorni dopo la Strage di Odessa. Dentro una guerra civile che è sempre stata lì, fino ad oggi, tra massacri e orrori, ma che prima dell’invasione russa non ha mai interessato nessuno.
C’era Vitaly Markiv a capo dell’unità che presidiava la collina di Karachun da cui partirono i colpi di mortaio. Markiv ordinò prima di aprire il fuoco con le armi leggere, poi, quando Rocchelli e Mironov si nascosero in un fosso, inviò le loro coordinate alle unità dell’esercito regolare guidando il fuoco dell’artiglieria fino a colpirli, eliminando per sempre due scomodi testimoni.
Nel 2019, il tribunale di Pavia aveva condannato a 24 anni di carcere Markiv, arrestato dai Ros di Milano a Bologna due anni prima. Nel 2020 la Corte di Appello ha rovesciato la sentenza, scagionando Markiv “per non avere commesso il fatto”.
Il dicembre scorso la cassazione ha definitivamente assolto Markiv giudicando il ricorso della procura “inammissibile”.
Nel frattempo a Kiev il processo era stato interpretato come un atto di guerra contro il paese. Una visione dei fatti che ha avuto ampia condivisione dei media e dell’opinione pubblica tutta, che a quanto pare non ha mai dimenticato le sue radici filonaziste compreso il suo presidente anche se ebreo. La sentenza di assoluzione nel 2020 è stata considerata una vittoria per l’intera Ucraina. Markiv tornato nel suo paese è stato accolto come un eroe. È rientrato nella Guardia nazionale con un ruolo di spicco nel gruppo di contatto con gli eserciti Nato. Evviva!

E una volta non solo si sapeva, ma si poteva anche dire

Prova a dirlo oggi e ti ritrovi bandito da tutti i contesti sociali.

E sciacalli i membri della cricca che governa gli Stati Uniti, che ha provocato la guerra per distruggere la Russia – ma per fortuna sembra che le cose non stiano andando come avevano previsto.

Milizie armate e obiettivi russi: cosa fa acqua nei piani degli Usa

Le mosse di Biden non si stanno rivelando efficaci e la Nato ne sta risentendo
Come molti, anche noi siamo stati sorpresi sia dalla pesantezza delle sanzioni contro la Russia (fino a sequestrare i suoi bonds all’estero) sia dallo spettacolo delle forze russe “impantanate” intorno a Kiev. Abbiamo sentito di generali russi uccisi, di 300 o più carri armati distrutti, di armi nuove ed efficaci in mano agli ucraini e abbiamo visto l’incredibile successo mediatico di Zelenski in tutta Europa.
Di conseguenza, negli articoli precedenti ci siamo espressi con cautela sui possibili esiti: abbiamo evidenziato il fatto che fuori dell’Occidente la Russia non era isolata, ma anche i rischi per Putin e la Russia. Adesso però il quadro si sta delineando e proviamo allora ad evidenziare una serie di fatti che indicano come forse siano gli Usa, ancora una volta – come in Siria, Afghanistan e Iraq – ad aver sbagliato a fare i loro calcoli.

Il ruolo dei “paramilitari”

Partiamo da un ottimo reportage di Reuters del 2018 sulla guerra strisciante da anni in Ucraina tra il governo nazionalista post-Maidan e le province di etnia russa a est come il Donbass. Come si può vedere, a differenza di ogni altro paese occidentale, le forze armate ucraine sono costituite per un terzo da “paramilitari” e – come spiega Reuters – sono state dopo il 2014 armate e istruite da Usa e altri paesi Nato.
Negli anni tra il 2014 e il 2018 questa guerra strisciante è stata deludente per i nazionalisti ucraini perché l’esercito regolare soffriva di percentuali di diserzione fino all’80%, senza contare che intere unità erano passate agli indipendentisti russi. Di conseguenza, la scelta degli Usa è stata non solo di rafforzare l’esercito regolare, ma di armare le milizie nazionaliste (che già erano state finanziate con 5 miliardi di dollari per favorire il rovesciamento del governo eletto di Janukovich nel 2014).
Oggi, quindi, ci sono da 100 mila a forse 130 o 150 mila paramilitari, fuori dall’esercito ucraino, addestrati e armati. Questo è molto simile a quanto gli Usa fecero in Afghanistan contro i russi negli anni Ottanta, quando armarono anche Al Qaeda e Bin Laden stesso. Poi, con più successo, armando i kurdi contro Saddam e infine in Siria, armando e finanziando assieme a Turchia, Israele e Qatar le milizie che volevano rovesciare Assad. Nel caso della Siria in questo modo si è scatenata una guerra civile durata dal 2010 al 2019.
Questa terribile guerra è finita solo quando proprio i russi sono intervenuti a sostegno di Assad. Non è un caso che Putin questo mese abbia citato più volte il bombardamento di Raqqa da parte di Usa e Francia, che è costato più di 1600 vittime civili secondo Amnesty.
Ci sono somiglianze inquietanti tra la vicenda della Siria, un paese che era pacifico fino a quando Usa e Uk non hanno dichiarato che bisogna rovesciare Assad, e quello che è successo in Ucraina dal 2014. Prima c’è stata una insurrezione di fatto finanziata dagli Usa contro un governo eletto democraticamente, poi una guerra strisciante nelle province ad est del paese e un rafforzamento militare continuo da parte di Usa e alleati Nato, un rafforzamento che alla fine ha scatenato la reazione di Putin. La Russia è intervenuta militarmente in modo che è sembrato debole o confuso (o meglio questa è la versione che è stata data in Occidente), anche se ha in realtà occupato un’area pari all’Italia. Si sono moltiplicati i report sui successi degli ucraini e le sanzioni a tappeto contro i russi che hanno fatto pensare ad una probabile sconfitta finale. Si è ventilata persino la possibilità di rovesciare Putin.

L’altra faccia di Zelensky

Quello che però succede negli ultimi 15 giorni è che il governo Zelensky ha di fatto creato nel Paese una dittatura chiudendo non solo tutti i media e i partiti diversi da quelli di governo, ma arrestando centinaia di oppositori accusati di alto tradimento. Dieci anni di prigione ai maschi ucraini che non si presentano alla leva. Il capo della polizia è scappato all’estero, due generali sono stati destituiti, il capo del principale partito di opposizione è stato arrestato. Sono apparsi molti video, citati anche su questo sito, di torture e uccisioni a sangue freddo di prigionieri russi e molte testimonianze di caccia ai sospetti, traditori e complici dei russi. Ci sono molte testimonianze ed analisi (riportate alcune anche su questo sito) che indicano che sia i morti di Bucha sia il missile sulla stazione possano essere di provenienza ucraina. Televisioni e giornali insistono invece solo su presunti massacri commessi dai russi.

Negoziati in panne

Intanto i colloqui di pace sono finiti in un vicolo cieco e i russi impiegano ora le loro forze verso il grosso di quelle ucraine schierate a est contro le province di lingua russa, dove si combatte di continuo. A Mariupol si è combattuto casa per casa e i paramilitari del battaglione Azov sono circondati, assieme ad alcuni militari Nato con loro, secondo fonti peraltro non si sa sino a che punto attendibili. La Russia finora, come riconosciuto da esperti militari Usa, ha bombardato molto meno dei paesi Nato in circostanze simili (ci sono state più bombe nel primo giorno di invasione dell’Iraq che nel primo mese di guerra in Ucraina). Putin sostiene che la guerra è lenta per questo e che bombardando come usano gli americani potrebbe avere successi più rapidi. Ma lui non lo fa per risparmiare civili da massacri.
Ritorniamo al punto iniziale: l’esercito ucraino è composto per una grossa parte di milizie paramilitari perché era soggetto a diserzioni massicce nella guerra contro gli indipendentisti russi a est. I nazionalisti invece sono molto motivati, ma usano metodi simili all’Isis, con torture in video e caccia ai sospetti e comunque non costituiscono un esercito regolare. Ora che la guerra si sposta nelle province in maggioranza di lingua russa, i paramilitari nazionalisti si fanno dei nemici tra la popolazione con il loro fanatismo di “Slava Ukraina” (Gloria all’Ucraina) e i loro massacri. Non è difficile trovare interviste a residenti russi di Mariupol, ad esempio, che dicono che pur di liberarsi dai nazionalisti vale la pena di soffrire queste distruzioni.

Il vero obiettivo di Putin

Un conto, insomma, era se i russi avessero occupato Kiev, dove non hanno nessun supporto e un conto è se nelle province di lingua russa si scontrano paramilitari nazionalisti e l’esercito russo. Quest’ultimo offre sistematicamente ai militari regolari ucraini il ritorno alle loro case, e mostra dozzine di video a riguardo, se si arrendono. Al contrario i soldati russi hanno visto in alcuni video terribili – stile Isis – che se si arrendono i paramilitari nazionalisti li massacrano. Tutto questo ha consolidato l’esprit de corps russo. Se la guerra, quindi, continua e anzi si accerchiano le truppe regolari che Zelensky tiene davanti al Donbass è probabile che si disgreghi il fronte interno ucraino.
L’obiettivo russo non è l’occupazione di Kiev e dell’Ucraina, ma è limitato ad una porzione a sud ed est di province di lingua russa. I nazionalisti che vogliono combattere fino all’ultimo uomo con il sostegno Usa e della Nato possono col passare dei mesi perdere il sostegno del resto dell’esercito e anche della popolazione. Come abbiamo ricordato all’inizio, negli anni di guerra strisciante nel Donbass l’esercito regolare ucraino era demotivato e appunto per questo gli Usa hanno fatto ricorso alle milizie paramilitari, anche se erano ultranazionaliste e composte da fanatici. Questo schema di intervento americano è lo stesso per il quale hanno sostenuto prima Al Qaeda in Afghanistan e milizie islamiste in Siria che poi sono diventate entrambi terroristi anche antiamericani.
Putin e i russi conoscono la situazione certamente meglio dei vari Blinken, Nuland e altri strateghi di politica estera Usa che hanno creato guerre civili e disastri dalla Libia all’Iraq. Può essere quindi che i russi continuino lentamente ad avanzare ma solo nelle province di lingua russa, offrendo allo stesso tempo una via di uscita all’esercito regolare. La maggioranza degli ucraini, di lingua ucraina, se vedono che le loro città non vengono invase e distrutte e però la guerra continua, perché i nazionalisti e gli Usa (e Nato) la spingono, possono stancarsi di sopportare una tale situazione.
Può essere, insomma, che gli Usa e la Nato abbiano ancora una volta sbagliato i loro calcoli nello spingere per la sconfitta dalla Russia. E che questa, spalleggiata dalla Cina, con la neutralità di buona parte del resto del mondo, vinca alla fine una guerra che lascerà una lunga scia di morti, morti che si sarebbero potuti evitare se l’Ue invece di pensare su mandato americano ad armare gli ucraini contro i russi avesse svolto un ruolo di mediazione diplomatica tra Mosca e Kiev.
Paolo Becchi e Giovanni Zibordi, qui, con alcune immagini.

Per chi ha la memoria corta su come funziona la NATO, ecco qui un piccolo promemoria.

Per avere invece un’idea di che genere di persone sta dall’altra parte, leggete un po’ qua:

Paolo Porsia

Urgono CAMPI DI RIEDUCAZIONE per “dopo” se il 17% di questo paese persiste nell’essere PUTINISTA IRRIDUCIBILE…

Capito? I filonazisti ci stanno già preparando i campi di rieducazione per il dopo, quando per noi si apriranno due sbocchi possibili: campo di concentramento, o guerra civile. Io in campo non ci vado, e so sparare molto bene, voi fate un po’ come vi pare. Prima di chiudere, una chicca dell’ultima ora:

Zelesky: “Se città cade stop ai negoziati”

Perché finora ha negoziato a tutto spiano. Esattamente come i palestinesi, che minacciano di abbandonare il tavolo dei negoziati – al quale non si sono quasi mai seduti, e le poche volte che lo hanno fatto, hanno violato da subito gli accordi appena firmati – se Israele farà questo o quest’altro.

E adesso godiamoci questo meraviglioso pattinatore russo che interpreta un meraviglioso compositore russo che i buoni di professione hanno provveduto a boicottare in cielo in terra e in mar.

barbara

TORNO ANCORA UN MOMENTO SU SEID

Seid e il lockdown: quel che Saviano non dirà mai

Pura verità: quando ho letto che il ventenne etiope Seid Visin si era suicidato impiccandosi «a causa del razzismo» ho subito pensato… «Razzismo? Sarà l’ennesimo ragazzino che si suicida a causa delle misure “contenitive” per il COVID». Si tratta di un fenomeno, chissà perché, taciuto dai media ma ben presente a chi si occupa di salute mentale.

Poi ho letto di una sua lettera nella quale aveva scritto: «Prima di questo grande flusso migratorio ricordo con un po’ di arroganza che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, ovunque mi trovassi, tutti si rivolgevano a me con grande gioia, rispetto e curiosità. Adesso, invece, questa atmosfera di pace idilliaca sembra così lontana; sembra che misticamente si sia capovolto tutto, sembra ai miei occhi piombato l’inverno con estrema irruenza e veemenza, senza preavviso, durante una giornata serena di primavera».

L’analisi era lucida: prima dell’attuale migrazione di massa, Seid non si sentiva minimamente minacciato dal razzismo, in Italia; tuttavia, l’enorme flusso migratorio ha cambiato l’atteggiamento degli italiani nei confronti di chi è percepito come immigrato (Seid era stato adottato). Si, in effetti, il razzismo c’entrava; ma, in ultima analisi, il suo disagio poteva essere considerato una conseguenza della (pessima) gestione del fenomeno migratorio.

Sgraziate, strumentali sembravano le parole di alcuni politici; ma non del tutto fuori luogo. Lo scrittore Saviano: «Seid si è suicidato perché vittima di razzismo. Salvini e Meloni un giorno farete i conti con la vostra coscienza»; Enrico Letta: «Se puoi, scusaci. #SeidVisin»; Laura Boldrini: «Si è tolto la vita. A vent’anni. Sentiva il peso infame dello sguardo del razzismo»; Nicola Fratoianni: «Siamo un Paese che ha fallito. Siate maledetti!». [Non è un bijou quel “siamo – siate”?]

Poi, senza fretta, è emersa la verità: la lettera di Seid non era una lettera d’addio, per giustificare il suicidio. Era stata scritta alla sua psicoterapeuta tre anni fa, nel gennaio 2019. Quindi il suo suicidio, con il razzismo, non c’entra nulla. Di più. La mamma adottiva di Seid ha dichiarato: «Durante il lockdown Seid era chiuso in una stanza a Milano, 24 ore su 24. Ed è là che è iniziato il suo disagio, ha iniziato a stare male. Ha iniziato una sorta di depressione, questo isolamento di tutti, tutti i ragazzi e noi adulti. Io per prima, chiusa in casa tutto il giorno da sola cominciavo a rimuginare pensieri, cose… Immagino questi ragazzi, chiusi… Lui là ha iniziato a non stare bene. Infatti, è stato, da ottobre fino a febbraio, tutto solo. Neppure a Natale è venuto. E solo a febbraio ho iniziato a sentire che era instabile. L’ho fatto ritornare immediatamente a casa e abbiamo iniziato a seguirlo. Quindi, uno dei motivi scatenanti tutto questo inferno è stato questo isolamento dei ragazzi».

Altro che razzismo: Seid non ha retto il clima di terrore, l’isolamento forzato, lo spegnimento della vita sociale e all’aria aperta così importante per i ragazzi. La Nuova Bussola Quotidianaè stato, se non l’unico, tra i pochi media che hanno sollevato (inascoltati) questo problema.

Eppure, né Saviano, né Boldrini, né Fratoianni si sono scusati con Salvini e Meloni; nessuno ha maledetto Conte, Draghi, Speranza per l’imposizione del lockdown, né ha minacciato «un giorno farete i conti con la vostra coscienza».

A questo punto, potrà sembrare bizzarro, mi sono tornate in mente le parole di Ted Kaczynski, il celebre Unabomber, che nel suo Manifesto ha scritto: «[…] la Sinistra prende un principio morale accettato, lo adotta per suoi comodi, e quindi accusa la maggioranza della società di violare quel principio. Esempi: l’eguaglianza razziale, l’eguaglianza dei sessi, l’aiutare la povera gente, la pace come opposta alla guerra, la non violenza in generale, la libertà di espressione, l’amore verso gli animali; più essenzialmente il compito dell’individuo di servire la società e il compito della società di prendersi cura dell’individuo. Questi sono valori profondamente radicati della nostra società (o almeno della sua classe media e alta) da lungo tempo e che, esplicitamente o implicitamente costituiscono materia preminente per i principali mezzi di comunicazione e per il sistema educativo. Molti uomini di sinistra, specialmente quelli del tipo sovrasocializzato, di solito non si ribellano contro questi princìpi, ma giustificano la loro ostilità verso la società dichiarando (con qualche grado di verità) che essa non vive secondo quei princìpi» (Theodore J. Kaczynski, La società industriale e il suo futuro, § 28).

Il secondo pensiero è stato: «Sciacallaggio». Queste persone hanno usato il suicidio di un ventenne per gettare (indebitamente) un po’ di fango sugli avversari politici.

Il terzo pensiero? «Ipocrisia». L’accusa più pesante che Gesù ha rivolto a chi lo voleva morto, nel Vangelo. L’ipocrisia (da non confondersi con l’incoerenza), definita dal vocabolario Treccani on-line: «Simulazione di virtù, di devozione religiosa, e in genere di buoni sentimenti, di buone qualità e disposizioni, per guadagnarsi la simpatia o i favori di una o più persone, ingannandole». Si capisce benissimo perché l’ipocrisia sia stata così odiata da Gesù: tutto quello che l’ipocrita tocca, degrada, marcisce, si trasforma in putredine. L’ipocrisia corrompe la fiducia e quindi i legami sociali, insozza valori e virtù, alimenta cinismo e menzogna.

A costoro non importa nulla di Seid; come, negli anni Settanta non importava nulla dei proletari e degli operai, negli anni Ottanta delle donne, nei Novanta delle persone con tendenze omosessuali e, attualmente, degli immigrati. Nulla importa loro della giustizia sociale, dei diritti civili, dell’inviolabilità del corpo umano. Sono solo slogan vuoti per ottenere voti, potere, per distruggere la civiltà europea, la metafisica. Non hanno una morale, non hanno una parola d’onore, non hanno alcun freno. Prima ce ne renderemo conto, e daremo loro un nome, prima porremo un freno a questo continuo abominio.

Roberto Marchesini, 10/06/21, qui.

Niente da aggiungere: l’articolo è perfetto. Di mio dico solo che nessuno dovrebbe aspettarsi che quella feccia possa scusarsi con chicchessia: per poterlo fare bisogna prima accorgersi di essere nel torto, e per accorgersi di avere fatto un torto a qualcuno bisogna avere una coscienza.

barbara

CHI HA IL DIRITTO DI DARE LEZIONI E CHI NO

La Stampa 

«Abbiamo trovato nostro figlio impiccato e nessun messaggio vicino il suo corpo. Nessuna ultima lettera. Quello di cui tutti parlano era un post Facebook scritto quasi tre anni fa. Nostro figlio, come la sua famiglia, era a favore di qualsiasi essere vivente. In quel periodo c’era il blocco da parte del governo italiano degli immigrati in mezzo al mare. Questo provocava sofferenza in tutti noi».

Walter Visin è appena tornato dalla chiesa dove si sono celebrati i funerali del figlio: «Il mio dolore e quello della mamma – dice – non è spiegabile. E non è giusto sia strumentalizzato dalla politica italiana. No! Il nostro dolore merita rispetto».

Come è stato il suo ultimo periodo di vita?

«Brillante. Era iscritto all’Università di Milano. Si era fidanzato con Sara, una bella ragazza finlandese. Insieme avevano deciso di vivere nella sua nazione dove il Covid non era così minaccioso come da noi.. Poi da qualche mese era tornato a casa. Era tornato diverso. Ma queste sono storie private della nostra famiglia, dove nessuno in questo momento deve entrare. Perché stiamo soffrendo molto. E il nostro dolore non deve essere strumentalizzato, da nessuno».

L’intervista di Vincenzo Ammaliato è su La Stampa

Gli unici autoinvestiti di tale diritto sono, a quanto pare, gli avvoltoi. Bella, tra l’altro, quell’esibizione di pietà.

barbara

SPECCHIO, SPECCHIO DELLE MIE BRAME

dimmi, chi è il più cretino del reame?

I redattori dei bollettini quotidiani sul coronavirus?

Che tutti i giorni, ma proprio tutti tutti tutti tutti, non sia mai che il pianeta esploda se una volta se ne dimenticassero, ripetono che i numeri della Lombardia sono spaventosamente alti, che la Lombardia ha più contagiati di tutti, che la Lombardia ha più malati di tutti, che la Lombardia ha più persone in terapia intensiva di tutti, che la Lombardia ha più ricoverati di tutti, che la Lombardia ha più morti di tutti (se ne è già parlato qui) e se per caso un giorno il numero di morti è modesto ti spiegano che però forse non sono arrivati tutti i dati da tutte le province, o forse hanno cambiato criterio e non sono stati conteggiati tutti, o forse qualche medico ha sbagliato diagnosi… tutti alla caccia disperata del morto lombardo. E anche oggi… Spaventoso numero di contagiati in Lombardia! Spaventoso aumento rispetto a ieri! La Lombardia resta un caso! “Un dato che significa solo una cosa: il virus circola e quindi il dato dei contagi lombardi si abbassa solo se si fanno pochi test.” Poi provi a fare due conti e trovi che i tamponi sono stati 6,6 volte quelli di ieri e fra questi i positivi sono stati 4,78 volte quelli di ieri, cioè ieri è risultato positivo un testato su 35,7, oggi uno su 49,75, con uno straordinario decremento di 14,05. E il 18 maggio era positivo un testato su 29.

Il signor Bersani Pier Luigi?

Già smacchiatore di leopardi e pettinatore di bambole oggi esperto in densità cimiteriali (qui).
Bersani
Il futurgerundiatore?

Roberto Saviano?

“Chi rompe il negozio e ruba una Nike o un Rolex, lo fa per sottolineare il suo disperato bisogno di sentirsi integrato.”

Quindi anche  chi stupra, immagino.

PS: integrato con chi poi? Io per esempio non ho mai avuto né l’una né l’altro, e non credo di sbagliare di molto se penso di non essere l’unica.

Myrta Merlino?

Che si inginocchia di fronte al nome di un’organizzazione terroristica al servizio di loschi figuri e di giochi sporchissimi.
Myrta Merlino
Gli antirazzisti?
antirazzismo
Quelli che hanno trasformato un delinquente seriale in un santo?
Floyd

L’UCEI?

Ossia l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il cui organo ufficiale scrive

Il contagio della violenza 
Guerriglia urbana a Minneapolis dove, complice anche l’entrata in scena dei suprematisti bianchi [eh già, chi altro mai poteva essere stato], la tensione sociale è ormai alle stelle. Una situazione che, a detta degli analisti, rischia di costituire una polveriera non solo per gli Stati Uniti.
Scrive il Corriere a proposito delle proteste degli afroamericani: “Le marce, i sit-in sono onde increspate, imprevedibili. C’è chi si limita a gridare gli slogan. ‘No justice, no peace’, il più ricorrente. Ma molti ragazzi e ragazze si spingono fino al limite della provocazione [ecco, “al limite”, precisiamolo bene, che qualcuno non si vada a immaginare che arrivino anche alla provocazione vera e propria]. Premono sui cordoni degli agenti. Agitano il dito medio a dieci centimetri dalle visiere, dagli scudi [ma cattivi proprio eh?]. Fanno vibrare le transenne, le strappano dalle mani dei poliziotti. Li sfidano a usare lo spray urticante. Rispondono lanciando gavettoni”. [Noooooo! Addirittura i gavettoni! Ma non ci posso credere! Dai, ditelo che mi state coglionando]
Ad aumentare il caos l’infiltrazione di militanti dell’estrema destra [poteva forse mancare l’estrema destra, fascista nazista razzista?]. Lo scrittore André Aciman, intervistato dalla Stampa, accusa il presidente Trump di soffiare sul fuoco [qualcuno mi potrebbe cortesemente spiegare per quale bizzarra ragione l’opinione su ciò che sta accadendo di un egiziano naturalizzato americano esperto di Marcel Proust dovrebbe essere più autorevole di quella della mia fruttivendola?] e per il futuro vede scenari particolarmente cupi: “C’è questa minoranza armata di suprematisti bianchi, che vuole avvenga qualche disastro, perché così potrebbe attaccare il sistema messo in piedi all’epoca del movimento per i diritti civili. Dall’altra parte ci sono persone così arrabbiate e danneggiate, che vogliono la rivoluzione anche loro”. [Cioè, ricapitolando: ci sono questi suprematisti bianchi, persone a cui fanno schifo – proprio fisicamente schifo – negri ebrei asiatici arabi ispanici, tutto ciò che non è rigorosamente WASP insomma e questi qui sono andati a mescolarsi fisicamente alle orde di negri per fomentarli. E poi ci sono questi negri arrabbiati che dal momento che i suprematisti bianchi stanno andando a fare la rivoluzione hanno detto spettampò che ci andiamo a fare la nostra rivoluzione anche noi… no, aspe’… Prima si sono mossi i negri incazzati per il tizio negro ammazzato per motivi razziali da un poliziotto bianco mentre, sempre per motivi razziali, stavano a guardare senza intervenire i suoi colleghi: un bianco, un negro, un ispanico e un asiatico
presenti
4xFloyd
e poi i suprematisti che sono in agitazione da quando in America ci sono i diritti civili… no aspe’… prima c’erano i diritti civili e i suprematisti contrari e poi il bianco ha ammazzato il negro e allora i ne… Oddio, mi gira la testa!]

Per il politologo Marc Lazar, che ne parla con Repubblica, “non si possono escludere repliche in Europa di quella che potremmo definire ‘sindrome di Minneapolis’, laddove possono verificarsi anche da noi episodi di violenza e razzismo della polizia in zone in cui si concentra la vulnerabilità economica, sociale e, in questo ultimo periodo, anche sanitaria”. [Polizia razzista anche da noi, certo, tutti i giorni lì a sprangare e ammazzare negri dalla mattina alla sera. Meno male che in compenso abbiamo i city angels nigeriani che controllano che nessun italiano infame spacci droga, che nessun italiano scellerato vada in giro ad ammazzare ragazze, farle a pezzi e infilarle nelle valigie per farle sparire, che nessun italiano pervertito si metta a stuprare donne ragazze bambine, magari gridando Gesù akhbar…E soprattutto, tenetelo bene a mente, magari scrivetevelo così andate sul sicuro, la polizia italiana – non qualche mela marcia, no: la polizia in generale – non è che si accanisca con particolare ferocia contro i più violenti, mammancopeccappero!, no no, la nostra polizia si accanisce contro i poveri, contro le classi inferiori e contro i malati, questo fa, lo sanno tutti] Tra i paesi più esposti Lazar vede anche l’Italia.
“I negazionisti di destra”: così Repubblica presenta i gruppi di estrema destra scesi in piazza a Milano e Roma per protestare contro le misure intraprese nella lotta al Covid-19. “Militanti neofascisti, disoccupati più o meno organizzati, lavoratori imbufaliti. Un fronte – si legge – solo in apparenza disomogeneo, gravitante intorno all’ultradestra populista che, per cavalcare la protesta e soffiare sulla rabbia sociale, da un paio di mesi abbraccia deliranti posizioni negazioniste”. [E qui rinuncio a commentare, perché il mio pur ricco turpiloquio di figlia del sottoproletariato urbano non arriva a coprire tutte le necessità, e d’altra parte trovare argomenti razionali per confutare un tale delirio sarebbe come provare a dimostrare l’esistenza di Babbo Natale con le leggi della meccanica quantistica (che per la verità non so esattamente che cosa sia, però mi suona bene, vero che suona bene?].

D’altra parte ricordiamo che fin dal primo momento l’UCEI ha sostenuto a spada tratta il magnifico governo Conte bis che ci ha salvati dal fascismo di Salvini e ha posto fine alla deriva antisemita a cui Salvini ci stava conducendo, e che un giorno sì e uno no leva alti lai sul fascistissimo Victor Orban che ha instaurato la dittatura – e il cui stato è l’unico, credo, in Europa a non avere bisogno della protezione della polizia davanti a sinagoghe e scuole ebraiche. E naturalmente si sprecano anche gli attacchi a Trump. In tutto questo, beninteso, sono in buona e ricca compagnia, ma credo che loro, più di chiunque altro, dovrebbero conoscere, e ricordare, che cosa succede quando per distogliere l’attenzione dai problemi di cui si è responsabili, si fabbrica un capro espiatorio.

Parafrasando (di molto) quel tale bardo non privo d’ingegno, ci sono più cretini in terra, Orazio, di quanti ne possa sognare il più fantasioso romanziere.

barbara

SENZA SPERONARE MOTOVEDETTE

Non sale nelle navi ong. Non fa politica radical chic in televisione. Non fa il fenomeno speronando la nostra guardia costiera. Non ha bisogno di andare a parlare nei parlamenti di mezzo mondo a raccontare quanto bravo è stato e quanto razzista è l’Europa che chiude i confini. Negli ultimi anni la sua fondazione ha aiutato oltre 1 milione di bambini in Africa con oltre 26 milioni di dollari di donazioni. Ha costruito 83 scuole tra Botswana, Malawi, sud Africa, Namibia e Zambia. Ha coinvolto, nei suoi programmi, migliaia di insegnanti ed oltre 1500 scuole.

Ma lui è Roger Federer. No Richard Gere, Rakete, Saviano o amenità varie. Altro mondo. Lui è un fenomeno in tutto.

Michele Sgariglia, 12 agosto

Roger Federer
Qui qualche altra notizia.

barbara

SU AQUARIUS E DINTORNI 2

Oggi comincio con l’angolo della bontà: i buoni di professione, i moralmente superiori, quelli sempre dalla parte giusta, antifascisti, antirazzisti, antidiscriminatori, antifrontiere (magari anche antivax, che non stona mai e si porta bene su tutto): insomma, i sinistri. Di cui abbiamo tutti sentito un esemplare campione, che vi voglio riproporre:

C’è una sola cosa, fra quelle dette dal signor Albinati, che non credo neanche morta, e sono sicura di non avere bisogno di dire quale. Ho sempre sostenuto che alle due infinità di Einstein ne va aggiunta una terza: la perfidia dei buoni di professione, e ogni volta che incontro un rappresentante della categoria, la mia convinzione viene ulteriormente rafforzata: sono perfidi, cinici, maligni, malvagi, di una crudeltà sconfinata, anime nere marce putrefatte. Dante ha sbagliato a fermarsi alla quarta zona del nono cerchio: al di sotto di quella c’è una quinta zona, o un decimo cerchio, che li aspetta tutti. Poi magari andate a leggervi queste considerazioni, dal tono decisamente più pacato del mio, del solito mitico Giovanni. Del quale vi propongo anche quest’altro post di qualche giorno fa, pieno, come sempre, di ragionevoli riflessioni.

AQUARIUS

Non so come andrà a finire il braccio di ferro sulla “Aquarius”. Se Salvini fosse costretto cedere molti, fra un saltello di gioia e l’altro, direbbero: “visto? Una cosa sono le promesse elettorali, altra cosa affrontare concretamente i problemi”.

Prima lavorano per rendere in problemi insolubili, poi si fanno forti di questa presunta insolubilità. Per anni hanno lavorato per trasformare l’Italia in una sorta di terra di nessuno, nel campo profughi d’Europa, e ora fanno i saggi. Ogni commento è superfluo.

Ciò detto val la pena di fare alcune telegrafiche considerazioni, per punti.

1) L’Italia non sta violando alcun trattato, alcuna legge internazionale. Non sta scritto da nessuna parte che quelli italiani siano gli unici porti sicuri cui debbano attraccare le varie navi piene di migranti. Nessuna convenzione prevede che navi battenti bandiere tedesca o spagnola debbano attraversare mezzo mediterraneo per approdare sempre e solo in porti italiani, lasciandosi alle spalle altri porti di altri paesi. E’ addirittura successo, in passato, che i migranti si siano rifiutati di sbarcare in porti non italiani costringendo il comandante della nave che li trasportava a far rotta verso l’Italia. Questo sarebbe diritto?

2) Le navi delle ONG non effettuano, nella maggioranza dei casi, alcun salvataggio in mare. Non soccorrono dei naufraghi. Fanno servizio taxi per migranti. Si recano a pochi chilometri dalle coste libiche e lì accolgono i migranti, spesso mettendosi d’accordo con gli scafisti. Lo hanno detto alcuni serissimi magistrati, non dei pericolosi populisti.

3) La gran maggioranza delle persone trasportate nelle navi delle ONG non sono profughi. I profughi rischiano grosso per abbandonare i paesi da cui fuggono. I passeggeri delle navi ONG partono alla luce del sole, indisturbati. I paesi da cui i veri profughi fuggono molto spesso rivogliono indietro i fuggitivi, ne reclamano il rimpatrio. Quelli da cui salpano i migranti invece non vogliono che torni indietro nessuno. Li lasciano partire indisturbati poi dicono: “teneteveli”.

4) E’ triste assistere alle sofferenze di persone in mare da molti giorni. Ma non si può continuare a cedere ai ricatti morali. Il problema non sono i passeggeri della “Aquarius”. Quei passeggeri sono stati preceduti, e potrebbero essere seguiti, da decine, centinaia di miglia di altri. I finti buoni sminuzzano i problemi, li riducono ad una serie di casi isolati e lacrimevoli. Invece bisogna vedere il problema nella sua interezza e complessità, per cercare una buona volta, se non di risolverlo, almeno di renderlo meno acuto.

5) Nessuno stato può delegare a delle organizzazioni private (tali sono le ONG) la gestione di un problema assolutamente fondamentale come quello del controllo dei flussi migratori. Sarebbe come affidare la difesa ad eserciti privati o la giustizia a tribunali privati.

6) In queste ore l’Italia non sta tenendo alcun comportamento particolare. Sta facendo esattamente ciò che fanno praticamente TUTTI gli stati del MONDO. Qualcuno crede sul serio che la “Acquarius” potrebbe approdare in un porto giapponese o statunitense, o australiano? O in un qualsiasi porto europeo non italiano? Perché il signor Macron, tanto bravo nel lodare l’impegno dell’Italia sui migranti, non la fa approdare a Marsiglia?

7) L’Europa non esiste, non ha uno straccio di politica comune su un problema assolutamente fondamentale come quello del rapporto con le migrazioni. La cosa non sorprende nessuno, penso.

8) Al di la di tutti i discorsi e le polemiche una cosa dovrebbe essere chiara: non siamo di fronte ad una serie di emergenze. Quello che è in corso da anni è un autentico trasferimento di popolazioni, una migrazione nel senso storico del termine. Un fenomeno che se non bloccato o controllato seriamente ed in maniera coordinata è destinato a cambiare, e di certo non in meglio, dalle fondamenta la natura sociale, politica, economica, culturale del nostro continente.

E ora, aspettiamo l’evolversi degli eventi…

E concludo (per oggi) con un altro eccellente video del nostro giovane geniaccio Luca Donadel

(continua)

barbara

DEDICA PER IL PRIMO MAGGIO

Ricevo e pubblico

Oggi, Primo Maggio, Festa dei lavoratori, il mio pensiero è andato a Roberto Mancini,
roberto_mancini 1
il poliziotto scomparso ieri, ucciso da un tumore
roberto_mancini 2
sviluppato per aver fatto bene il proprio lavoro. Da commissario della Criminalpol, negli anni ’90 Mancini aveva indagato sul traffico di rifiuti tossici in Campania e fatto continui sopralluoghi nella Terra dei fuochi. Già nel 1996 aveva denunciato un traffico di rifiuti consistente e pericoloso, facendo nomi e cognomi delle persone coinvolte. Uno dei protagonisti assoluti di quel traffico, l’avvocato Cipriano Chianese, oggi è agli arresti domiciliari dopo che – secondo le accuse – avrebbe smaltito illegalmente rifiuti provenienti dal Nord in queste terre, costruendo così un impero economico. A Chianese sono stati confiscati beni per 82 milioni di euro; Mancini ricevette dallo Stato solo 5mila euro come indennizzo per il cancro che alla fine l’ha portato alla morte.
Oggi il tema Terra dei fuochi è scomparso dai dibattiti o affrontato con due atteggiamenti sbagliati: esagerazione isterica da un lato e sottovalutazione miope e connivente dall’altro. C’è ancora chi nega il problema e blatera di invenzioni mediatiche.
La vita di Roberto Mancini è stata una vita di analisi, ricerca e dedizione per dimostrare che il lavoro è strumento per cambiare la realtà. E’ a lui che dovremmo dedicare questo Primo Maggio.
Roberto Saviano

Credo sia giusto ricordare che oltre ai poliziotti dal manganello facile (e penso anche a Francesco Badano), e oltre ai colleghi dei poliziotti dal manganello facile che accolgono con un caloroso applauso il loro rientro in servizio, ne esistono anche altri. Roberto Mancini aveva 53 anni, era malato da dodici.

barbara

AVETE MAI BALLATO SOTTO LA PIOGGIA?

Se la risposta è affermativa, e siete qui a raccontarlo, evidentemente fate parte di una comunità cristiana. O ebraica. O buddista, o scintoista, o pagana… ma sicuramente non della religione di pace, perché lì, ecco, le cose vanno in maniera un tantino diversa.

Noor Basra e Noor Sheza avevano 15 e 16 anni. Sei mesi fa a Chilas, in Pakistan, inizia a piovere, molto, moltissimo. Loro sono per strada e iniziano a ballare sotto la pioggia. Un cellulare le riprende, ci sono bambini in strada, le ragazze sorridono. Sembra che stiano danzando sotto la pioggia per la prima volta, pochi passi di danza, molti sorrisi. Il fratellastro Khutore vede il video, per la legge islamica danzare e farsi riprendere è disonorevole (danzare con un uomo sconosciuto – non era il loro caso – è considerato “fornicazione”). Così vengono condannate a morte. Lo scorso 23 giugno, per lavare l’onore della famiglia, Khutore ha ucciso le sorellastre e la loro madre, Noshehra. Avevano solo danzato sotto la pioggia. Non osserverò mai più la pioggia con gli stessi occhi.
Roberto Saviano

http://www.faithfreedom.org/?p=4204

(Sì, lo so, siamo noi che siamo razzisti. Siamo noi che siamo islamofobi. Siamo noi che siamo imbevuti di pregiudizi e nutriti di odio. Lo so. Siamo noi.
Riposate in pace ora, sorelline, e possiate presto essere vendicate. E sia maledetta la mano che ha spento le vostre splendide vite)

Noor-Basra-Noor-Sheza
barbara