COLTIVARE IL DESERTO? MA ANCHE SÌ (1)

Di questa straordinaria caratteristica di Israele ho già ripetutamente parlato (uno, due, tre, quattro, cinque), e torno a parlare oggi, perché è un argomento che, in un mondo in cui la desertificazione avanza ovunque, non finisce mai di affascinarmi. Prendete per esempio il kibbutz Lavi, legato alla storia dei Kindertransporte. All’inizio le abitazioni erano così
Lavi 1
All’interno di questa baracca c’è una foto di quei tempi
Lavi 2
Quella che si vede nello sfondo, in mezzo al nulla, è la torre dell’acqua, questa
Lavi 3
E oggi il kibbutz si presenta così
Lavi 4
Lavi 5
Lavi 6
Lavi 7
Lavi 8
Lavi 9
Lavi 10

Oppure prendete il kibbutz Kalya, sulla riva nord del mar Morto. Il kibbutz è stato costruito in mezzo al deserto,
Kalya 1
e deserto era anche l’area occupata dal kibbutz, che dal deserto che era è stato fatto diventare così
Kalya 2
Kalya 3
Kalya 4
Kalya 5

O ancora l’avamposto del kibbutz Saad, di fronte a Gaza, in prima linea nella guerra del 1948, di qui ho già parlato qui. Dalle foto conservate all’interno della torre possiamo vedere ciò che era il kibbutz ai suoi esordi
avamposto Saad 1
avamposto Saad 2
e guardandoci intorno possiamo vedere come è oggi.
avamposto Saad 3
avamposto Saad 4

Come ci sono riusciti? In parte coi metodi che già in altre occasioni ho illustrato: scavare nel deserto fino a quando non si trova l’acqua (se si scava a sufficienza si trova sempre), con l’irrigazione a goccia, proteggendo le piantine neonate con tubi che le proteggono dai parassiti, ne conservano l’umidità e ne mantengono il microclima. In parte con altri metodi che illustrerò alla prossima puntata.
(Poi magari, visto che si è appena parlato di Golda Meir, e visto che uno dei temi più scottanti del momento è la vicenda dell’aereo della Malaysia, andate anche a leggere questa storia straordinaria)

barbara