LA PAROLA AI RIFUGIATI, PARTE PRIMA

Nel frattempo

https://t.me/letteradamosca/12844

Poi, se qualcuno fosse interessato

https://t.me/letteradamosca/12841

E infine una buona notizia

https://t.me/letteradamosca/12833

che fa seguito a quest’altra di qualche giorno fa.

Concludo con un omaggio al nostro Ludovico Einaudi

barbara

UN SILENZIO INTRISO DI SANGUE

Vi ricordate lo slogan dei pacifisti al tempo della guerra in Iraq? “Non una sola goccia di sangue per il petrolio”. Bello, vero? Ma poi, si sa, i giorni passano, i tempi cambiano, i fronti cadono, la piazza calmasi, e ci ritroviamo in un tempo in cui per un po’ di petrolio si può passare sopra non solo a fiumi di sangue, ma anche alle donne fatte a pezzi (NOTA: gli stomaci delicati prima di leggere si procurino un po’ di Maalox).

Ursula, il gas azero vale il tuo silenzio sulle donne armene fatte a pezzi?

Il grande attore francese di origine armena Simon Abkarian ha scritto questa bellissima lettera aperta a Ursula von der Leyen e uscita oggi su Le Figaro. La riproduco, perché nessun giornale italiano oserebbe mai pubblicarla. Per oltraggio alla UE? Per implicito tradimento del campo anti-Putin? Per viltà nei confronti degli sgherri della mezzaluna e dei loro crimini?

Cara signora Ursula von der Leyen,
gli artisti non possono rimanere sordi al frastuono del mondo. Come te, che occupi la prestigiosa carica di Presidente della Commissione Europea, siamo tenuti, a modo nostro, a nominarne le convulsioni per alleviarle. Quando i soldati dell’esercito azero violentano, mutilano e fanno a pezzi Gayane Abgaryan, soldatessa armena, non si pongono la questione del valore della luce, dell’ambientazione, dell’impatto delle loro “immagini”. Non fanno domande.
Un soldato sta filmando. Ha il sole alle spalle. La sua ombra si proietta sul cadavere mutilato di Gayane. Le braccia della soldatessa sono legate sopra la testa. Le sue mani non sono visibili. A torso nudo, sembra una sacerdotessa che inarca la schiena e porge un calice invisibile agli antichi dei. Una scritta nera a pennarello ne macchia la pelle bianca. Una pietra è conficcata nell’orbita sinistra, probabilmente perché ha osato prenderli di mira. L’ombra del “cameraman” si allontana, allarga l’inquadratura, vaga su altri cadaveri. Questa volta sono uomini, soldati armeni. Irriconoscibili. È un Golgota. Poi l’uomo che filma ritorna sul cadavere di Gayane. È lei il “fulcro” di quest’opera macabra. La sua pelle color marmo irradia questo triste spettacolo.
Un calcio di stivale ne fa muovere i seni nudi. Un dito sporge dalla bocca e termina con un’unghia colorata di rosa pallido. Il suo, quello di Gayane. Dove sono gli altri? Sotto la giacca? Il dito nella bocca era quello che premeva il grilletto del suo fucile? È per questo che l’hanno tagliato? Per punirla? Gayane era un cecchino. Spengo il video. Ma poi guardo di nuovo e vedo quello che non volevo vedere la prima volta. Le sue gambe non sono sepolte, sono state tagliate all’altezza del bacino. Non ci sono più, le sue gambe. Una Venere di Milo capovolta, un’opera innaturale. Perché tagliarle le gambe? Cerco di capire. Forse spingeva via con i piedi i suoi aggressori che cercavano di violentarla? Immagino le dimensioni della lama che porta all’orribile scena, poi cado sullo sguardo sconvolto di Gayané e mi arrendo.

Simon Abkarian

Nessuno scrittore può raccontare le urla che questa donna deve aver emesso mentre i suoi assassini la facevano a pezzi. Nessuno scultore potrebbe riprodurre le maschere di sofferenza che ne hanno attraversato il volto. Nessun pittore potrebbe catturare la portata del suo dolore. E poi, da dove sarebbero partiti? Dall’occhio, il dito, le gambe? Le hanno spinto qualcosa nella vagina? Se sì, cosa e con quale frequenza? Quanti erano quelli che la trattenevano durante il calvario? Tre? Quattro? Sette? L’hanno violentata dopo averle cavato un occhio? Il corpo mutilato di Gayane suscita in me domande che speravo fossero superate. Mi ritrovo a sperare nel momento finale della sua vita che la libera dal tormento. Il momento in cui la sua anima lascia il corpo e raggiunge le vette dove si annidano i suoi antenati, il momento finale in cui l’ultimo respiro le esce dalla gola tra due colpi di tosse pieni di sangue, lacrime e maledizioni silenziose.
Gli “attori” di questo sinistro “cortometraggio” mi riportano alla realtà. Sono fuori dall’inquadratura, posso solo sentire le loro voci. Non vediamo mai i loro volti, in nessun momento. Poi mi sembra di capire una frase in turco: “È una donna?”. Ridono e giocano sul registro della crudeltà e vi si applicano. Cos’altro possono fare? Dal X secolo, è lo stesso scenario che costituisce l’identità nazionale dei turco-azeri: far soffrire le minoranze, soprattutto la più simbolica di esse, le donne. Qui non ci sono parole o testi che possano mitigare la violenza inaudita che il corpo di Gayané ha subito. Le frasi improvvisate ruotano intorno a una ventina di parole; la stessa retorica razzista anti-armena, insegnata dalle scuole elementari alle superiori. Gayané è morta per difendere la sua patria. Il sole delle montagne splende sulla schiena del suo carnefice che continua a filmare.
Non possiamo vedere i volti dei suoi aggressori, sono contro luce, contro la vita. Gayane è morta mille volte, la sua tortura è l’orgoglio di questi aguzzini in uniforme. Siamo nel 2022? Se questa donna di 36 anni fosse caduta per difendere il suo Paese, avremmo il diritto di dire che conosceva i rischi. In guerra si uccide, si muore. Ma se fosse stata catturata da un esercito convenzionale che si rispetti, avremmo il diritto di aspettarci che sarebbe stata protetta dalle leggi internazionali. Ma sembra che le Convenzioni di Ginevra non siano applicabili in Anatolia, tanto meno nel Caucaso meridionale.
Quello che vediamo in questo video (ce ne sono tanti altri), cara signora Ursula, è un crimine di guerra, un crimine contro l’umanità, un crimine contro la natura che getta la ragione a coronamento dell’orrore.
Un crimine la cui storia dovrebbe essere gridata in un deserto, ma io devo esserne il triste messaggero perché sappiate cosa hanno fatto questi soldati a questa giovane donna. E continueranno. Da un punto di vista simbolico, potremmo dire che è la dittatura a calpestare la democrazia, che è la barbarie a violentare e uccidere il mondo civilizzato, e voi sareste d’accordo… oppure no. Quello che vedo in questo video sono uomini che hanno metodicamente violentato e torturato una donna fino alla morte. Una donna, una madre.
Oh, Ursula von der Leyen, non si preoccupi, non sto facendo appello al suo carattere femminile, al suo cuore o alla sua morale, ovviamente il suo pragmatismo ha avuto la meglio su tutti e tre. Proprio in questo momento, mentre state concludendo i termini del vostro accordo con l’Azerbaigian, il video in questione spopola sui social di Baku. Le riprese e la trasmissione sono un passo avanti, un “progresso” per un Paese che assume e sguazza nella sua barbarie e nel suo sadismo.

Ursula von der Leyen con Aliyev

Devi posare accanto alla tua preda, che è diventata un trofeo, prenderla a calci, oltraggiarla a morte, brandire i suoi resti, crocifiggerla sulla porta che separa i nostri due mondi. Voi fate parte di una di esse. Quale? Come il gas azero, questi video dell’indicibile circoleranno presto in Europa. Quando stringerete di nuovo la mano ad Aliyev, il vostro partner “affidabile”, con cui ridete e scherzate allegramente, non dimenticate che state firmando un patto con il peggio che la dittatura ha prodotto e che state facendo un accordo contrario alle aspirazioni democratiche dell’Europa. Così facendo, state soffocando l’omicidio di Gayané e tutti quelli che seguiranno. Lei, la cui posizione richiede un’assoluta e indiscutibile correttezza politica, è quindi complice di questa barbarie senza nome. Willy Brandt si starà rivoltando nella tomba. Che triste naufragio. Temo il giorno in cui, di disillusione in disillusione, non sarò più in grado di scrivere la parola democrazia e sarà a causa di persone come voi.
Nonostante le loro uniformi, che sono quelle di un esercito convenzionale, i soldati azeri si comportano come orde barbare. Si uniscono al campo dell’Isis. Ricorda, signora, la micidiale “messa in scena” dei jihadisti che decapitano, bruciano e lapidano uomini e donne inermi? Finché le forze curde, comprese le donne, non li hanno fermati a Kobane. C’è un solo obiettivo in questo video che questi soldati senza onore hanno “fatto”: spaventare. Provocare lo stordimento degli armeni. Farli fuggire dalle loro terre ancestrali. Gli azeri sono protetti innanzitutto dal loro personale militare. Sono la triste eco del loro generale in capo, Ilham Aliyev, che vede gli armeni come cani da scacciare. Non siamo più esseri umani, ma subumani animalizzati.
Sanno che nessun governo o ente li perseguirà. Sanno di essere l’alternativa al gas russo. Perché altrimenti rischierebbero di alienarsi la comunità internazionale, altamente selettiva? Come i loro fratelli maggiori negazionisti in Turchia, stanno perpetuando una tradizione di femminicidio che è stata ritualizzata e celebrata per secoli. E non è solo il corpo della donna che si vuole possedere e distruggere, ma il grembo stesso che dà vita e racchiude in sé la storia del popolo armeno. Il grembo materno: è lì, in questa “terra”, che vogliono piantare il loro stendardo con la mezzaluna. Le donne greche, curde, assire, yazidi, alevite e caldee lo sanno fin troppo bene, signora. Per questi uomini dalla mentalità testicolare con cui fate affari, l’atto di coraggio è la conquista e la devastazione del corpo femminile. Così soggiogato, posseduto, contaminato e sfregiato, avrebbe (secondo la loro illusione) fatto perdere al nemico onore e virilità.
È una castrazione che passa attraverso il corpo della donna conquistata, sottomessa, servile, domata, strisciante, implorante, umiliata, uccisa, massacrata. Gayane non è sfuggita al suo tempo, non è scappata, non gli ha voltato le spalle. Avanzava, armi in mano, all’indietro in questa favola chiamata Storia, che da secoli si costruisce vomitando se stessa. Il corpo di Gayané, che si oppone agli invasori, si incarna come un territorio che essi devono penetrare, conquistare, devastare. Un Paese che devono prendere con la forza, smembrare e dal quale devono cancellare ogni traccia che attesti chi era. Devono sfigurare Gayane, farle pagare la sua audacia di donna fino a renderla irriconoscibile, fino a devastarla come queste case diroccate, senza porte né finestre, senza tetti né case, come queste chiese sventrate che sono diventate parcheggi, stalle o moschee, questi cimiteri rivoltati dai bulldozer, queste khatchkar (stele) polverizzate con il martello pneumatico, questi campi che sono tornati a essere terre desolate, queste antiche città che sono state ribattezzate e rinominate in fretta e furia.
No, ai loro occhi Gayane non sarà mai abbastanza morta. Devono gioire della sua morte finché la polvere e il nulla non si contenderanno il suo nome. Signora Von der Leyen, perché non condannare questi “cortometraggi” dell’orrore che piacciono tanto ai soldati dell’esercito azero? Perché finanziate e “coproducete” il prossimo “lungometraggio”, quello che racconterà la caduta definitiva del popolo armeno? Come potete accettare una sceneggiatura così scadente? Perché lo fate? Per il gas azero? È la stessa cosa di quello russo e lei lo sa!
Pubblicata da Giulio Meotti

Già, il gas russo va sottoposto a sanzione perché Putin “invade” terre altrui, bombarda e uccide; quello immacolato dell’immacolatissimo Aliyev, invece, è praticamente acqua santa, e la limpida coscienza dei nostri burocrati non si lascerà certo distrarre da un po’ di stragi, non importa quanto vaste, non importa quanto feroci. Se poi le vittime oltretutto sono delle semplici donne, perché mai dovrebbero occuparsene? Ursula, dopotutto, è abituata a farsi lasciare in piedi, senza fare una piega, mentre gli uomini si accomodano sulle sedie d’onore: quale prova migliore del fatto che le donne, lassù, valgono meno di zero?

barbara

UN PO’ DI ATTUALITÀ POLITICA

Questa per la verità è di quasi tre anni fa, ma se dicessi che è di ieri pomeriggio nessuno se ne accorgerebbe.

Restando in casa nostra e all’attualità più attualissima, è bello sapere che abbiamo tante persone capaci di stare dalla parte giusta,

che hanno le idee giuste per fare tante cose bellissime pagate dallo stato,

perché lo stato, come tutti sanno, ha il cassetto dei soldi e, come lo zio ricco che paga il gelato a tutti i nipotini, ci regala tutto quello che vogliamo, ma soprattutto un sacco di gente con delle idee che neanche Leonardo Pico della Mirandola e Einstein insieme riuscirebbero a partorirne di così geniali

Eh? Vero che sono dei geni? Ma ci pensate a tutta la gente che sta dietro alla manutenzione e al funzionamento dei jet privati? Tutti che restano senza lavoro, ed essendo senza lavoro non pagano più le tasse, e non avendo soldi riducono drasticamente gli acquisti, così che i negozianti guadagnano di meno e di conseguenza pagano meno tasse e a loro volta… Niente, la fabbrica dei geni abbiamo, che ce li invidiano tutti, come con la gestione del covid che il mondo intero pendeva dalle labbra di Conte e prendeva lezione da noi. Che poi comunque l’idea di prendere i ricchi a randellate sulle gengive l’aveva già avuta qualcun altro, quindi i risultati non abbiamo bisogno di ipotizzarli, perché li conosciamo già per esperienza.

Anche in fatto di politica internazionale abbiamo un po’ di cose interessanti, a cominciare dalla wannabe primo ministro britannico, che oltre a essere pronta a sganciare le bombe atomiche sulla Russia vuole anche dichiarare guerra alla Cina.

Poi c’è mister “poscia più che il digiun poté il partito”

Per fortuna in mezzo a tanta desolazione qualche cervello funzionante ancora rimane

Sahra Wagenknecht 

“Siamo pronti a pagare un caro prezzo economico per la sicurezza dell’Ucraina”, ha dichiarato il ministro degli Esteri Baerbock a febbraio. Ormai è chiaro che questo prezzo arriva alla rovina personale per molti. Allo stesso tempo, le compagnie petrolifere e del gas stanno realizzando profitti astronomici. Insieme a Christian Leye, faccio il punto della guerra economica finora sul quotidiano “Die Welt” e spiego perché la fine delle sanzioni, dei negoziati di pace e dell’apertura di Nord Stream 2 non deve più essere un tabù. Le proteste “soft-washed” che mirano da sole al FDP non bastano: vanno citate le cause centrali dell’esplosione dei prezzi dell’energia, ovvero le sanzioni economiche e la rinuncia alle iniziative diplomatiche per porre fine alla guerra: https://www.sahra-wagenknecht.de/de/article/3193.%C3%B6ffnung-von-nord-stream-2-als-signal-der-entspannung-in-diesem-wirtschaftskrieg.html

E poi c’è questa cosa strepitosa: la Germania addestra i soldati ucraini e la Russia, pensate un po’, li spia! Capite che faccia tosta?! Vuole sapere che cosa esattamente fanno quelli che vengono addestrati per ammazzare i russi: roba da non credere.

La Russia spia l’addestramento dei soldati ucraini in Germania

Il servizio di controspionaggio militare ha prove [wow! Ha le prove!] che Mosca si intrufola [si intrufola! Mosca!] nelle basi tedesche, usando i droni [nel senso che i droni passeggiano fra soldati ucraini e istruttori tedeschi fischiettando con aria indifferente per non dare nell’occhio?]
Una delle misure per aiutare l’Ucraina attuate dal governo tedesco è l’accoglienza [accoglienza in che senso?] e l’addestramento dei soldati ucraini, che sono addestrati nel suo territorio a utilizzare armi più moderne e sofisticate di quella sovietica su cui contava il loro esercito.
Il servizio di controspionaggio militare ha prove che la Russia ha spiato queste sessioni di addestramento nelle basi tedesche [teribbile!], iniziata poco dopo l’invasione, utilizzando droni. Secondo un rapporto a cui ha avuto accesso il settimanale ‘Der Spiegel’, il Servizio di protezione militare (MAD) ha rilevato veicoli sospetti poco dopo l’inizio dei corsi per soldati ucraini nelle vicinanze dei siti militari di Idar-Oberstein, nella Renania -Palatinato, e Grafenwoehr, in Baviera, da dove partono le strade di accesso [ha rilevato veicoli sospetti = ha le prove?].
A Idar-Oberstein, la Bundeswehr addestra i soldati ucraini all’uso del Panzerhaubitze 2000 , mentre a Grafenwoehr i militari statunitensi addestrano gli ucraini nei sistemi di artiglieria occidentali.
Secondo il servizio di intelligence militare, le aree di addestramento sono state sorvolate più volte con piccoli droni per osservare l’attività e si sospetta negli ambienti di sicurezza che i servizi russi possano anche aver tentato di accedere ai dati dei telefoni cellulari dei soldati ucraini con scanner radio .
Lo stesso rapporto rileva che i membri dell’opposizione fuggiti dalla Russia in Germania sono potenzialmente a rischio e potrebbero essere presi di mira dai servizi segreti russi.
Lo stesso vale per i soldati russi disertori e gli agenti di sicurezza che potrebbero fuggire in Germania con il progredire della guerra.
Giovanni Ficchy, qui.

Mentre agli ucraini non serve neppure disertare per essere fatti fuori: è sufficiente ritenere che la pace sia cosa migliore della guerra.
Ora un po’ di testimonianze da Severodonetsk

E infine due parole su Gorbaciov, per il quale stanno scorrendo fiumi di parole d’amore. Era molto amato, in Italia, come peraltro era stato immensamente amato prima di lui Nikita Krusciov, il rude contadino che sbatteva le scarpe sul tavolo all’Onu (e che provava a mettere i missili a Cuba, do you remember? Mossa d’altra parte effettuata in risposta all’installazione di missili americani in Italia – ben dieci basi – e in Turchia, nelle vicinanze della frontiera russa, giusto per puntualizzare) e prima ancora, se non proprio amato, almeno in qualche misura ammirato perfino Stalin (anche dai fascisti capitava di sentire il fatidico “addavenì baffone”). In Unione Sovietica – ci sono stata due volte durante la sua presidenza – era odiato a morte, e non certo senza ragione. Solo a nominarlo, la faccia della gente si deformava. Niente, giusto per rimettere un po’ di cose al loro posto.

Infine un paio di cose di attualità non politica.

L’incredibile titolo di Repubblica sui funerali di Balocco

Il Pd ha deciso di suicidarsi, anche giornalisticamente. Non bastava la demenziale comunicazione social di “scegli”, ovviamente fra alternative o suicide o truffaldine: già così perde colpi l’ammucchiata sinistra, sempre più simile agli Wackey Races, la squinternata compagnia motorizzata di Dick Dastardly, Penelope Pitstop, Clyde e la sua banda (il Pd ciociaro) e tutti gli altri, con Blubber Letta che ovviamente guida con i piedi e sempre sull’orlo di una crisi di nervi. Ma son proprio le testate di riferimento, che il Paròn Rocco avrebbe probabilmente definito “testate de gran casso”, a dare il meglio.
Sentite come hanno titolato il racconto dei funerali di Alberto Balocco, il disgraziato imprenditore dolciario folgorato da un fulmine: “Fossano, addio ad Alberto Balocco: le lacrime si mescolano al profumo di biscotti”. Tutto vero, purtroppo, nessun fake. Ovviamente su Twitter si sono scatenati: “Il titolista è un alcolista, vero?” chiede Anna. Un altro: “Saranno state gocciole di pianto”. Un altro ancora: “Per fortuna non allevava maiali”. Molti si rifiutano di crederci, “ma è un profilo parodia?”.
Perché ne circolano alcuni, a dire il vero, sul sempre meno giornalone diretto da Molinari, che non è quello della Sambuca anche se si potrebbe essere tentati di sospettarlo. E invece no, è tutto reale, ufficiale, niente coloranti e conservanti e non serve chiamare Puente, quello che vede tutto ma all’occorrenza fa finta di niente, per certificarlo. Del resto, sulla stessa sciagura sempre Rep si era già prodotta in un altro titolo epocale: “Balocco, per gli esperti fatto accidentale”. Ora, definire accidente un fulmine che ti centra, non è pleonastico, non è tautologico, e non è neanche situazionista: è repubblichino, riferito al fondatore Scalfari. Resta solo un dubbio: ma a Repubblica, che ci mettono nei biscotti?
Max Del Papa, 30 agosto 2022, qui.

Si chiama coazione a ripetere; cominci come per gioco a fare figure di merda e poi non riesci più a smettere.
E poi quest’altro articolo, che dire osceno è dire poco.

Choc a Monza, neonata abbandonata in una scatola nel parcheggio dell’ospedale

Roma, 30 ago – Episodio sconcertante a Monza, dove una neonata è stata abbandonata nei pressi dell’ospedale San Gerardo [eccerto, sconcertante: quando mai è capitato che un neonato venisse abbandonato]. La piccolina è stata trovata in una scatola, collocata sul cofano di un auto, da un’infermiera. La donna ha immediatamente dato l’allarme, chiamando la polizia e avvertendo il pronto soccorso pediatrico. Gli agenti, giunti immediatamente sul posto, hanno poi ricostruito come l’infermiera ha trovato, fortunatamente, la neonata mentre si stava recando a lavoro [cosa sicuramente di primaria importanza].

Monza, neonata abbandonata in una scatola: le indagini della polizia

Alle 5:20 di mattina, l’infermiera, ha sentito dei gemiti e si è avvicinata al veicolo da cui provenivano, trovando la neonata avvolta in una piccola coperta all’interno di una scatola. Il personale del pronto soccorso pediatrico si è subito preso cura della bimba, risultata nata poche ore prima il ritrovamento da parte dell’infermiera, in buone condizioni di salute e dai tratti somatici ispanici. Gli agenti della questura di Monza stanno adesso indagando per ricostruire l’accaduto e rintracciare i genitori della piccola. Non è escluso che la piccola sia nata proprio nell’ospedale San Gerardo di Monza e subito dopo abbandonata dai genitori, considerato il breve intervallo di tempo intercorso tra la sua nascita e il ritrovamento da parte dell’infermiera. E’ però presto per dirlo con certezza, si attendono gli accertamenti della polizia. Nel frattempo però, siamo di fronte a un altro scioccante caso di neonato abbandonato dai genitori.

Non potrebbe essere che, molto più semplicemente, l’abbiano portata lì perché volevano essere sicuri che la bambina fosse trovata in tempi brevissimi e soccorsa immediatamente? Davvero sembra credibile che una sia in grado di scappare a poche ore dal parto? E che dopo esserci entrata ed essere stata registrata, con successiva registrazione della nascita della neonata, vada a lasciare la bambina proprio davanti a quell’ospedale lì? Trovo poi assolutamente indecente l’accostamento al caso linkato alla fine dell’articolo: sembra evidente che questa bambina sia arrivata per sbaglio a persone che non sono in grado di tenerla, e che però hanno scelto di farla nascere invece che farla macellare in utero, e di metterla in condizione di poter continuare a vivere, cosa ben diversa da chi il bambino lo ha voluto ad ogni costo, e poi lo rifiuta in quanto difettato. E mi disturba molto il tono di giudice che si mette in cattedra e sentenzia e condanna, esattamente come era avvenuto per il bambino di Brescia. Oltre a non saper fare i giornalisti, non sono capaci neppure di fare gli esseri umani.

Tiriamoci un po’ su con qualcosa di bello

barbara

COMINCIA FINALMENTE A SVEGLIARSI ANCHE L’ONU?

Report ONU accusa la parte ucraina di usare scudi umani

E’ stato pubblicato un rapporto delle Nazioni Unite secondo cui l’Ucraina usa i civili come scudi. Questo è esattamente ciò che hanno detto gli abitanti di Mariupol. Non dovrebbe meravigliare nessuno.
Rilancio di seguito la notizia come riportata da Rai News che ha ‘diluito’ la gravità tra parte ucraina e russa. Mentre la responsabilità ucraina nell’usare i civili come scudi umani nel report ONU è chiara e non dovrebbe consentire funambolismi.
Ciò che è rilevante è che il modus operanti messo in atto in questo ospizio di Lugansk, è stata la prassi a Mariupol ed in molte altre occasioni, come raccontano i testimoni.

Rai News ha riportato:
Un rapporto Onu accusa l’Ucraina: “Anche Kiev responsabile dei morti all’ospizio di Lugansk”
Pochi giorni prima dell’attacco dell’11 marzo, i soldati ucraini presero posizione all’interno della casa di cura, rendendo l’edificio un bersaglio.

Un rapporto Onu accusa l’Ucraina: “Anche Kiev responsabile dei morti all’ospizio di Lugansk” Ansa/UKRINFORM

Anche le forze armate ucraine hanno una responsabilità importante, forse uguale a quella russa, in quanto accadde, circa due settimane dopo l’inizio dell’invasione di Mosca, in una casa di cura nella regione di Lugansk, dove morirono decine di persone. È quanto ha stabilito un rapporto dell’Onu, secondo l’agenzia Associated Press. Nell’ospizio c’erano soprattutto anziani e disabili, che rimasero intrappolati all’interno, senza luce elettrica e acqua, quando i ribelli filorussi assalirono la struttura, vicino al villaggio di Stara Krasnyanka.
L’assalto provocò un incendio che intrappolò all’interno quanti erano allettati. Secondo le Nazioni Unite, almeno 22 dei 71 pazienti riuscirono a trarsi in salvo, “ma il numero esatto delle persone uccise rimane sconosciuto”. Subito dopo l’attacco, Kiev accusò Mosca di aver causato la morte di oltre 50 persone. Ora le Nazioni Unite correggono la versione, sostenendo che pochi giorni prima dell’attacco dell’11 marzo, i soldati ucraini presero posizione all’interno della casa di cura, rendendo l’edificio un bersaglio. Il rapporto dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite non arriva a sostenere che le parti abbiano commesso crimini di guerra, ma osserva che la battaglia nella casa di cura è un esempio di come possano essere usate le persone come “scudi umani” nelle aree di guerra.
fine citazione

Il report di RAI News è sbilanciato a favore della parte Ucraina. Pur evidenziando che l’esercito ucraino ha utilizzato gli anziani come scudi umani, afferma che questa responsabilità è condivisa tra le parti.
Ovviamente, se l’esercito ucraino non si fosse coscientemente installato all’interno della casa per anziani, questi ultimi non avrebbero corso alcun rischio.
E’ solo il primo riconoscimento da parte dell’ONU , ma le testimonianze video dei civili sono tantissime che riferiscono lo stesso contesto. E’ pratica comune delle forze ucraine utilizzare gli edifici residenziali facendosi scudo dei civili.
Questo avviene sopratutto in quella parte di territorio ucraino che corrisponde al Donbass, in fondo in molti casi si tratta di quegli stessi edifici che le forze stesse ucraine bombardavano. Mentre, in altri casi, si tratta di popolazioni non amichevoli con le forze governative di Kiev. Anche perché in genere è plausibile che  una bella fetta della popolazione fedele al governo ucraino, si è spostata ad ovest. Di conseguenza , il report ONU dimostra che anche nella conduzione delle ostilità l’esercito ucraino non si fa scrupolo di fare terra bruciata. Si tratta in fondo di territorio che sta perdendo e che quindi non vuole lasciare al nemico intatto. Se poi aggiungiamo che la popolazione non è stata amichevole, allora il quadro che emerge è abbastanza chiaro. Ovviamente, il nome più appropriato in questo caso sono rappresaglia e sterminio.
Quindi dire ‘è colpa di entrambi’ rivela una certa partigianeria, in questo caso inopportuna, perché non si sta parlando di chi sia l’aggressore o altro (evidentemente l’invasione del territorio ucraino, è russa), stiamo parlando invece del metodo di condurre la guerra e della preservazione dei civili e delle aree residenziali.
Al di là degli approfondimenti e delle analisi, comunque la notizia degli anziani deceduti in questa vicenda bellica è desolante. Dovrebbe bastare a indurre le parti a trovare una soluzione equa che tenga conto della realtà e delle rispettive responsabilità- Che non avvenga indica inequivocabilmente che coloro che che buttano benzina sul fuoco sono solo a parole interessati alla popolazione civile, quando – come vediamo – non conta nel raggiungimento dei target prefissati.
Patrizio Ricci, VPNews, 14 Luglio 2022, qui.

Va ricordato – e visto che non lo ricorda l’Onu lo ricordo io, che in base alle Convenzioni di Ginevra e dell’Aja sono protetti scuole, ospedali, luoghi di culto e monumenti storici, strutture civili e altri impianti che non sono usati a sostegno di attività militari. Ma ci sono delle eccezioni: una scuola, per esempio, diventa un obiettivo militare legittimo se vi sono acquartierati dei soldati. L’immunità dagli attacchi può essere persa se le persone o gli oggetti vengono usati per commettere atti che danneggiano una delle parti in conflitto.
Per il diritto internazionale umanitario, le parti in conflitto devono tenere le loro postazioni militari più lontano possibile dalle concentrazioni di civili. Anche l’uso di civili come scudi umani è considerato come crimine di guerra. L’articolo 51 del primo protocollo aggiuntivo del 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 1949 dispone che “la presenza o gli spostamenti di popolazioni civili o di singoli individui non deve essere sfruttata per rendere immuni da operazioni militari certi punti e certe zone del territorio allo scopo di evitare che vengano attaccati obiettivi militari, o di proteggere, favorire o impedire operazioni militari.” Quindi nel caso in questione la Russia ha colpito un obiettivo militare legittimo e l’Ucraina ha commesso un crimine di guerra , e altro non resta da dire.
Stesso discorso per il bombardamento di Vinnitsa.

Il Ministero della Difesa della Federazione Russa sull’attacco missilistico alla casa degli ufficiali a Vinnitsa

Il 14 luglio, le forze aerospaziali russe hanno colpito obiettivi a Vinnitsa e nella regione con missili a lungo raggio ad alta precisione. Secondo le informazioni disponibili, gli obiettivi dell’attacco erano strutture militari adiacenti alla Camera degli ufficiali di Vinnitsa, dove è stata effettuata la formazione delle unità di difesa territoriale ucraina. Un altro obiettivo era un’unità militare nella città di Gaisin nella regione di Vinnitsa, dove le forze ucraine stavano ammassando ed erano immagazzinate attrezzature militari, compresi veicoli corazzati e artiglieria forniti dall’estero.
Questo è quanto rende noto il Ministero della Difesa della Federazione Russa sull’attacco missilistico alla casa degli ufficiali a Vinnitsa:
«Il 13 luglio, missili ad alta precisione Calibr hanno colpito la casa di guarnigione degli ufficiali a Vinnitsa dove in quel momento si stava svolgendo una riunione del comando dell’aeronautica ucraina con i rappresentanti dei fornitori di armi stranieri.
Durante l’incontro, si è discusso del trasferimento all’esercito ucraino del nuovo lotto di aerei, armi di distruzione e organizzazione della riparazione della flotta aerea ucraina. A seguito dell’attacco, i partecipanti alla riunione sono stati eliminati».
LA REDAZIONE DE L’ANTIDIPLOMATICO, qui.

Ma i nostri mass media allineati e appecoronati hanno scelto, nonostante tutti gli analoghi precedenti, di credere ciecamente alla versione ucraina.
Intanto l’esercito ucraino continua a martellare, come sta facendo da oltre otto anni, i civili del Donbass.

Attacco ucraino al centro di Donetsk provoca diverse vittime civili

Le forze armate ucraine hanno effettuato un attacco di artiglieria contro il centro della città di Donetsk, causando diverse vittime, ha riferito la Difesa territoriale della Repubblica Popolare di Donetsk.
Secondo le informazioni disponibili, 2 persone sono state uccise e 3 risultano ferite.
Il leader della Repubblica Popolare di Donetsk, Denis Pushilin, ha dichiarato sul suo canale Telegram che l’offensiva è stata condotta contro una stazione degli autobus della città.
Pushilin ha citato Ruslan Yakubov, capo della rappresentanza della Repubblica presso il Centro congiunto per il controllo e il coordinamento del regime di cessate il fuoco, secondo cui l’attacco è stato effettuato con un obice M777 da 155 mm.
Il leader della Repubblica ha sottolineato che “non ci sono strutture militari nelle vicinanze”, definendo l’evento un nuovo attacco “deliberato” ai cittadini civili della RPD.
Le truppe del regime di Kiev, imbottite di armi dai paesi del blocco occidentale, bombardano regolarmente Donetsk e gli insediamenti vicini. 
Usano principalmente artiglieria calibro NATO da 155 mm. A causa degli attacchi, i civili continuano a morire. 
LA REDAZIONE DE L’ANTIDIPLOMATICO, qui.

E qui (non per stomaci delicati) un video di Vittorio Rangeloni.

E intanto il mondo intero continua a essere praticamente nelle mani di uno che arrivato in Israele scende dall’aereo e chiede con aria smarrita “What am I doing now?” e non riesce ad arrivare al centro del tappeto rosso largo un metro nonostante il cospicuo aiuto fornitogli

e continua a precipitare sempre più velocemente verso il baratro.

Ad un passo della catastrofe, la UE continua a ripetersi ‘vogliamo darla vinta a Putin?’.

Secondo quanto riferito dai media, l’Ungheria ha dichiarato lo stato di emergenza nel settore energetico. A quanto pare, questo scenario si estenderà ad altri paesi europei. In generale, non ci sono altri che presto saranno nelle stesse condizioni.
Lo stato di emergenza comporta l’introduzione di una distribuzione razionata delle risorse energetiche, la creazione di limiti di consumo e l’assegnazione di destinatari prioritari. Bene, i blackout continui sono un classico in questa situazione.
Ora tocca alla propaganda, che cercherà di trarre beneVincenzoficio alla manipolazione ed alla minimizzazione dei rischi. Questo gioco in fondo non è particolarmente necessario e faticoso. Il cittadino europeo deve ricevere un’indicazione chiara e precisa di chi è responsabile dei suoi guai. Uno sfondo ideale per accelerare le transizioni energetiche, che in precedenza avrebbero richiesto molti sforzi, approvazioni tramite i parlamenti, dibattiti pubblici problematici. Ora sarà incommensurabilmente più facile.
A proposito, questa notizia che apparentemente sembrerebbe buona per l’Ucraina, in realtà non lo è: ora che l’Europa avrà tutto il diritto di confiscare i beni russi congelati a suo favore come risarcimento del danno economico causato, la domanda è cosa rimarrà dell’Ucraina visto che Putin in persona ha detto che il rischio atomica è sempre più vicino.
Ma intanto per i “falchi” europei anche questa è una buona notizia, visto che loro rispondono con il solito ora hanno n argomento: vuoi arrenderti a Putin?
Questa corrisponde all’apice dell’idiozia, ma è ripreso da un mucchio di persone che pensano di essere ‘angioletti buoni’.
Ma non lo sono ed a questo punto lo scenario prospettato dal prof Vincenzo Costa è realistico:

(…) la logica evoluzione del conflitto non può che seguire tre stadi:
1) a breve una carneficina tra russi e ucraini, con molti soldati occidentali dislocati li come “mercenari”;
2) un ingresso nel conflitto della NATO, perché se le parole hanno un senso gli ucraini per quanto supportati non possono vincere la guerra e ad ogni aumento di aggressività Ucraina corrisponderà un incremento della risposta russa, per cui se si vuole vincere la guerra la NATO deve intervenire in prima persona e non per interposta persona usando gli ucraini;
3) il passaggio a una guerra nucleare, dapprima con l’uso di atomiche tattiche che farebbero dell’Ucraina una terra fumante e poi, se non sì rinsavisce, con atomiche di ben altra portata. 
Per arrestare tutto questo sarebbe necessario un grande movimento per la pace, che chieda e imponga sicurezza per tutti, un nuovo ordine globale, multipolare e decentrato. 
Purtroppo di questo movimento non vi è traccia, tranne le parole di Papa Francesco, che ha detto una cosa chiara: questa guerra è una guerra tra potenti,  che decidono della vita di milioni di uomini e forse del pianeta e di tutti noi, per cui a fermarla devono essere i popoli, e anche la disobbedienza  è giustificata.
Ma anche la sua voce non arriva, distorta dai media, che alzano o abbassano il volume e amplificano ciò che interessa al potere e ai potenti. 
Lentamente forse si andrà nell’ordine delle tre possibilità prima enunciate. L’inverno può essere freddo ma anche molto caldo, e l’estensione della guerra è ormai nell’interesse di troppi attori.
Tenete conto che anche nel caso di una guerra nucleare nessun dei potenti morirebbe. 
Come gli oligarchi ucraini si sono spostati in Inghilterra e in UE, salvando le loro lussuose auto, allo stesso modo gli oligarchi occidentali hanno la possibilità di trasferirsi in Africa, America del Sud e in altri posti in cui un’eventuale guerra nucleare non avrebbe effetti diretti (li avrebbe ovviamente, ma non quelli che avremmo noi). 
E ovviamente neanche Putin e i suoi oligarchi pagherebbero le conseguenze di un conflitto devastante.
A essere in pericolo sono i popoli.
Proprio per questo non è la politica a poter fermare questa follia, non è la stampa degli Agnelli che con la guerra fa affari d’oro. 
Sono solo i popoli a poterlo fare. 
Per adesso sembra siano però occupati anche loro a fare altro, tra apericena, vacanze e saldi imperdibili nei negozi. (Vincenzo Costa)
Patrizio Ricci, VPNews, 13 Luglio 2022, qui.

In mezzo a questo sfracello, almeno una nota positiva: la Lituania, a quanto pare, è stata convinta a rinunciare ai suoi deliri da superpotenza che può permettersi di dettare le condizioni al mondo intero.

[…]
L’Unione europea ha finalmente convinto la riluttante Lituania a lasciar passare i treni tra l’enclave e la Russia.
Un uno – due in controtendenza rispetto alle dichiarazioni bellicose che si intrecciano sulla guerra. Cenni di distensione che sembrano allinearsi con gli scenari di taluni analisti che parlano di un cambiamento di clima sul conflitto.
Non siamo alla fine della guerra, né, sembra, all’inizio della sua fine. Ma sicuramente siamo alla fine del suo inizio. L’Occidente, cioè, ha ormai riconosciuto che tutte le sue previsioni di una vittoria a breve termine sulla Russia, prodotta da una valorosa resistenza militare ucraina (leggi Nato) e dall’effetto devastante delle sanzioni, sono state incenerite dalla realtà.
Una realtà che ha posto anche drammatiche criticità all’altra prospettiva, stavolta a lungo termine: quella di una guerra che avrebbe logorato il paese di Putin. Anche qui la realtà dice che questa guerra sta logorando più l’Europa e tanta altra parte di mondo che la Russia.
Finite queste illusorie geostrategie, l’Occidente deve rivedere i suoi piani. Resta, certo, anche se meno assertiva, la prospettiva di logorare la Russia (né può decadere prima dell’Endgame). Ma accanto a questa iniziano a essere prese in considerazione anche ipotesi di tutt’altro segno, cioè come uscire indenni da questa trappola per topi nella quale i neocon e i leader della Nato hanno cacciato il mondo.
Se solo si pensa che il fiume di armi diretto in Ucraina doveva servire, come ripetevano e ripetono tutti gli strateghi – televisivi e non -, a portare Kiev al tavolo del negoziato da una posizione di forza, si può notare come tale prospettiva stia logorandosi anch’essa, perché la posizione dell’Ucraina si sta indebolendo ogni giorno che passa.
Si tratta, quindi, di chiudere il conflitto senza consegnare la vittoria a Putin, cosa che col passar del tempo diventa sempre più difficile.
Né le dichiarazioni dei leader ucraini sulla prossima creazione di un esercito di un milione di uomini muta la questione. È un’iperbole propagandistica, dal momento che gli eserciti non si creano dal nulla, né si possono trasformare magicamente, e in pochi giorni, dei civili in truppe d’assalto. Roba da macelleria, carne da cannone.
C’è solo da attendere, purtroppo, che l’America esca dal tunnel, anche se non si vede come. Un semplice cessate il fuoco può offrire appigli al riguardo, perché può essere rivenduto come un momentaneo stallo, così come avvenne per la guerra coreana, con uno stallo poi diventato ultradecennale. Ma anche tale soluzione presenta criticità per Washington, da superare in qualche modo.
Però va anche registrato che l’alternativa folle propria dell’opzione apocalisse, da realizzarsi tramite escalation (sul punto rimandiamo a una nota di Responsible Stratecraft), pure propugnata con fervore dai neocon e dai loro compagni di merende, al momento sembra aver perso mordente. Bene. (Qui)

Va detto, comunque, che quei poveri russi sono veramente sfigati:

perché in effetti

Certo è, in ogni caso, che per salvarci, ormai, serve proprio qualcuno capace di fare le acrobazie.

barbara

ORA CHE IL GIOCO SI FA SEMPRE PIÙ DURO

l’unica speranza di sopravvivenza della specie umana sul pianeta Terra è che Putin cominci a giocare duro sul serio, e sbaragli in una botta sola Ucraina, NATO e UE: dopodiché vivremo sicuramente in un mondo migliore.

Il sostegno incondizionato all’Ucraina semina dubbi

La Nato mostra i muscoli e al vertice di Madrid ridisegna la sua strategia volta al confronto con la Russia, mentre gli Stati Uniti inviano più forze in Europa. L’Ucraina “sarà sostenuta per tutto il tempo necessario“, è lo slogan che rimbalza sui giornali, che se, da una parte, appare una nuova dichiarazione di supporto senza limiti, dall’altra interpella.

Necessario a cosa? A raggiungere gli obiettivi della Nato, ovviamente, cioè degli Stati Uniti che ne sono i dominus, obiettivi che potrebbero essere diversi da quelli di Kiev, anche in maniera drammatica, come si sta vedendo sui campo di battaglia, dove gli ucraini sono mandati al macello – mille soldati spazzati via dal campo di battaglia al giorno – per erodere le forze della Russia.
Tale impegno “necessario” è stato deciso dai governi d’Occidente, meglio: dall’apparato militar-industriale americano e dai suoi attaché nell’amministrazione e nel Congresso Usa, contro le necessità dei popoli che essi governano e delle moltitudini del mondo, costrette a sopportare le sempre più gravi conseguenze economiche del conflitto e delle sanzioni annesse.
Così Jordan Schachtel in un articolo di The Dossier rilanciato dal Ron Paul Institute: “Le prospettive della guerra in Ucraina, finanziata dagli Stati Uniti e dalla UE, sono del tutto insostenibili, e il sostegno dato a una fazione di questa guerra tra popoli slavi sta bruciando denaro a una velocità tale da far sembrare l’avventura in Afghanistan una cosa di bassa lega”.
“L’amministrazione guidata da Volodymr Zelensky – prosegue Schachtel  – ha chiesto adesso oltre 5 miliardi di dollari al mese solo per coprire i costi del suo governo, nel quale lavorano molti burocrati, e gli stipendi dei dipendenti del governo. Si tratta di oltre 60 miliardi di dollari all’anno solo per finanziare i costi operativi del governo di Kiev, che è stato classificato negli anni passati come il più corrotto di tutta Europa” (lo scriveva anche Thomas Friedman sul New York Times del 6 maggio scorso: “L’Ucraina era, ed è ancora, un paese affondato nella corruzione”).
“Quest’ultima richiesta si aggiunge ai 100 miliardi di dollari  […] già stanziati per sostenere il suo esercito al collasso”. Tutto ciò, continua Schachtel , va considerato nell’ottica fotografata da una stupenda osservazione di Ron Paul, “gli aiuti esteri si concretizzano nel prendere soldi dai poveri del nostro paese per darli ai ricchi dei paesi poveri” (vale non solo per l’America).
“L’Ucraina sta diventando l’Afghanistan 2.0 e il suo governo dovrà affrontare la stessa sorte del governo appoggiato dagli Stati Uniti a Kabul se continuerà su questa strada costellata di spese irrecuperabili. Tutti i soldi e le forniture di armi non sembra che possano  compensare gli squilibri di un esercito scarsamente addestrato e di un paese mal governato che, ogni giorno che passa, vede approssimarsi la prospettiva di una resa incondizionata invero umiliante”.
Forse tale conclusione è troppo tranchant, ma iniziano a essere tanti a reputare che il conflitto non riservi prospettive rosee per l’Ucraina, vittima sacrificale di questa guerra per procura della Nato contro la Russia.
Tra questi, David Ignatius, che ha dato questo titolo a un articolo pubblicato sul Washington Post di oggi: “La NATO è unita sull’Ucraina. Bene, ma tante cose potrebbero ancora andare storte”.
Nella nota riprende temi consueti, cioè come il mondo stia subendo la stretta delle conseguenze economiche della guerra e come tale situazione potrebbe incrinare l’unità della Nato (peraltro garantita dalla coercizione di Washington e non da una sincera adesione a tale linea, che per l’Europa è semplicemente suicida… a proposito dello slogan in voga sulla lotta tra Paesi liberi contro Paesi autoritari).
E spiega come la Nato difetti in strategia, tanto che tutto questo sforzo potrebbe non avere un esito positivo. Infatti, “gli alleati dell’Ucraina potrebbero concludere di aver sperperato i loro attuali vantaggi e finire per perdere questo conflitto”.
Nella nota, in ogni caso consegnata alla necessità di fare di questo conflitto una guerra infinita, dettaglia problemi logistici e strategici da risolvere per evitare la disfatta. Ma non è detto che possano essere risolti.
Ancora più importante quanto scrive sulla recente crisi di Kaliningrad: “Un modo per perdere le guerre è quello di prodursi in provocazioni poco sagge. La recente decisione della Lituania di bloccare il transito verso la vicina enclave russa di Kaliningrad aveva lo scopo di far rispettare le sanzioni dell’UE, ma era ragionevole? Diversi funzionari europei e statunitensi mi hanno confidato dubbi al riguardo, dal momento che la mossa potrebbe provocare un contrattacco russo e poi un’invocazione della Lituania del patto di mutua difesa proprio dell’articolo 5 della NATO” (sul punto vedi anche American Conservative: “La Lituania Vuole Iniziare Una Guerra Con La Russia?”).
Più che probabile, se non certo, che la Lituania ha agito su suggerimento altrui, ché da sola non poteva neanche immaginare una simile boutade.
Ma al di là dello specifico, resta che il blocco di Kaliningrad non è la prima né sarà l’ultima provocazione “poco saggia” di questa guerra, che offre agli ambiti consegnati alla follia delle guerre infinite – che stanno gestendo quasi tutto il potere d’Occidente – grandi spazi di manovra, a tutti i livelli e a tutto campo. Anche per questo urge chiudere questa pazzia intraprendendo quanto prima la via del negoziato, come chiesto più volte da Kissinger. (Qui)

Tenendo però presente che Kissinger, come ha precisato il giorno successivo a quell’intervento, intende che il completo ritiro della Russia sia condizione preliminare al negoziato.
Quanto al merito della questione, è chiaro che non ci sono alternative alla resa incondizionata dell’Ucraina. E, conseguentemente di NATO e UE, che dopo la disfatta e la totale sconfessione dei loro infami progetti, dovrebbero ragionevolmente scomparire.
A proposito di Lituania e Kaliningrad, propongo un altro pezzo lucido e interessante.

Lituania e Zelensky decidono tutto? Anche no

Nel frenetico scambio di lettere tra la Commissione Europea e il Governo della Lituania, l’ultima proposta pare sia questa: la Ue farebbe un’eccezione alle sanzioni e permetterebbe alla Russia di continuare a rifornire l’exclave di Kaliningrad attraverso i 90 chilometri di territorio lituano tra la Bielorussia e, appunto, Kaliningrad, a patto che la Russia non aumenti il volume delle merci attualmente trasportate verso l’exclave. L’idea è di evitare, in questo modo, che il porto di Kaliningrad diventi lo strumento del Cremlino per importare ed esportare e alleviare il peso della guerra economica decretata da Usa e Ue. Il timore è invece che la Russia a un certo punto si stufi e, d’accordo con la Bielorussia, occupi il cosiddetto “corridoio di Suwalki”, interrompendo il confine di terra dei Paesi Baltici con il resto d’Europa e mettendo la Nato, nell’ipotesi più estrema, nella condizione di scegliere (per dirla brutalmente) se affrontare una guerra mondiale per difendere la Lituania (6 milioni di abitanti).
Al di là delle soluzioni ipotizzate di quelle che verranno eventualmente adottate per risolvere questa crisi, una cosa è chiara: piaccia o no ai saputelli dei neo-atlantismo estremo, è chiaro che l’iniziativa della Lituania di bloccare il 50% delle merci dirette verso Kaliningrad NON era stata concordata con i vertici Ue. Josep Borrell, alto rappresentante Ue per la politica estera e di difesa dell’Unione, la “coprì” subito, com’era politicamente giusto fare dal punto di vista della Ue (soprattutto di questa Ue sempre più succursale della Nato). Ma le trattative e le lettere tra Ue e Lituania (per non parlare dei borbottii della Germania, che ha registrato il suo primo deficit commerciale trimestrale degli ultimi trent’anni) dimostrano che a Bruxelles non hanno gradito, e sono preoccupati.
La domanda quindi è: la Lituania ha deciso da sola? Se così fosse, dovremmo davvero cominciare a tremare: vorrebbe dire che una minuscola porzione umana e politica dell’Unione Europea si sente in diritto di intervenire a piedi uniti (e per me in maniera sconsiderata) in una crisi che già minaccia di far saltare in aria l’Europa. Se non è così, invece, cioè se la Lituania ha agito in base a qualche “suggerimento” (per esempio degli Usa, che sono in crisi per ragioni interne, non certo perché quanto avviene in Europa li preoccupi più di tanto, o del Regno Unito, che accarezza l’idea di minare la Ue e sostituirla con altre alleanze), peggio ancora: vuol dire che nella Ue ci sono Paesi che rispondono a politiche e influenze che non sono quelle di Bruxelles. Per la verità lo sapevamo già, ma quando si gioca alla terza guerra mondiale le cose cambiano un po’.
Tutto questo sta dentro una retorica di finta umanità ma di vera dismissione delle responsabilità che nella Ue impera, anche a proposito dell’invasione russa e della guerra in Ucraina. Ogni giorno ci sentiamo dire che l’Ucraina è Europa e che questa guerra maledetta si svolge in Europa. Giusto. Ma allora perché per otto anni (dal Maidan al Donbass, dal 2014 al 2022) l’Europa non ha saputo far nulla per disinnescare un problema che col tempo poteva solo incancrenire? Perché Francia e Germania, allora spina dorsale della Ue e garanti degli Accordi di Minsk, hanno concluso così poco? Davvero ci raccontiamo che in tutto questo c’entrano solo la cattiva volontà e la perfidia di Vladimir Putin?
Ma non basta. Da mesi, di nuovo con cadenza quotidiana, sentiamo dire che devono essere gli ucraini a decidere se e quando dire basta, che dev’essere il presidente Zelensky a stabilire la condizioni della pace. Vien da chiedersi se i vari leader politici parlino sul serio. Ci diciamo che la guerra in Ucraina sta provocando una crisi mondiale, che rischia di mandare in tilt i Paesi sviluppati e ridurre alla fame quelli in via di sviluppo, parliamo spessissimo di allargamento possibile del conflitto e di bombe atomiche, e davvero pensiamo di affidare le sorti del pianeta a Zelensky e i suoi? L’Ucraina è vittima, d’accordo, ma stiamo pur sempre parlando di un Presidente che, nel caso qualcuno l’avesse dimenticato, prima della guerra aveva in patria un indice di gradimento del 20%? Se noi europei non siamo capaci di prendere in mano il nostro destino, almeno cerchiamo di smetterla con una retorica che sta diventando uno dei più insidiosi fattori di rischio di questo dramma epocale.
Fulvio Scaglione, 4 luglio 2022, qui.

Leggo che gli stati baltici sono convinti che se l’Ucraina dovesse cadere, il prossimo obiettivo saranno loro, dato che hanno anch’essi minoranze russofone; a questo rispondo con una domanda: anche loro stanno da anni opprimendo massacrando bombardando affamando e assetando le minoranze russofone? Se la risposta è sì, hanno sicuramente ragione di temere un’invasione russa, e Putin avrà dieci volte ragione a farla; se la risposta è no, evidentemente si nutrono di seghe mentali, che quasi sempre sono molto ma molto più pericolose di quelle carnali (e accecano almeno altrettanto). In ogni caso c’è da ricordare che ucraini e lituani sono sempre stati in prima fila nel fare per i tedeschi la maggior parte del lavoro sporco con gli ebrei: non stupisce che anche in quest’altra guerra si sentano così uniti.
Aggiungo questa riflessione, che mi sento di condividere in toto.

Andrea Zhok

Quando l’Ucraina sarà un deserto di rovine, smembrato tra Russia e Polonia, con milioni di profughi, mentre la recessione distruggerà quel che resta del welfare europeo e la nuova cortina di ferro sul mar Baltico ci costringerà a tempo indefinito a spendere le ultime risorse in armamenti, quel giorno e in tutti gli anni a venire, per piacere, ricordatevi di tutta la compagine di politici, opinionisti e giornalisti che nel febbraio scorso vi spiegavano come fosse un affronto inaccettabile per l’Ucraina sovrana rinunciare all’adesione alla Nato e accettare gli accordi di Minsk, che aveva sottoscritto.
Ricordatevi di quelli che hanno lavorato indefessamente giorno dopo giorno per rendere ogni trattativa impossibile, che hanno nutrito ad arte un’ondata russofobica, che vi hanno descritto con tinte lugubri la pazzia / malattia di Putin, che vi hanno spiegato come l’Europa ne sarebbe uscita più forte di prima, che vi hanno raccontato che la via della pace passava attraverso la consegna di tutte le armi disponibili, che hanno incensato un servo di scena costruito in studio come un prode condottiero del suo popolo.
Se 5 mesi fa non avessero avuto la meglio queste voci miserabili, se l’Ucraina non fosse stata incoraggiata in ogni modo a “tenere il punto” con la Russia (che tanto garantivamo noi, l’Occidente democratico), l’Ucraina oggi sarebbe un paese cuscinetto, neutrale, tra Nato e Russia – con tutti i vantaggi dei paesi neutrali che sono contesi commercialmente da tutte le direzioni – un paese pacifico dove si starebbe raccogliendo il grano, e che non piangerebbe decine di migliaia di morti (né piangerebbero i loro morti le madri russe).
Ma, mosso dal consueto amore per un bene superiore, dai propri celebri principi non negoziabili e incorruttibili, il blocco politico-mediatico occidentale ha condotto la popolazione ucraina al macello e i popoli europei all’immiserimento e ad una subordinazione terminale.
Non si pretende che reagiate, figuriamoci, ma almeno, per piacere, non dimenticate.

Assolutamente da leggere, e meditare, e magari imparare a memoria, questo articolo.

Guido Guastalla

Io non ho certezze e non esprimo giudizi morali che inevitabilmente sarebbero moralistici.
Sottopongo però questa analisi a tutti coloro che vogliono cercare di capire e non avere la verità in tasca, senza nulla concedere a chi la pensa diversamente o ha comunque dubbi!

Putin: “l’inizio della transizione verso un mondo multipolare”

L’ex comandante della NATO Philip Breedlove ha esortato l’Ucraina a far saltare in aria il ponte di Crimea. Secondo il generale, il ponte sarebbe un obiettivo legittimo per l’Ucraina. E forse non è un caso che il periodico tedesco Stern dia notizia che due soldati tedeschi avrebbero rubato armi ed equipaggiamento da alcune caserme per pianificare di far saltare in aria proprio il ponte di Crimea.
Nel frattempo le ostilità nei confronti di Mosca proseguono anche in ambito diplomatico. A Bali i ministri degli Esteri dei paesi del G20 non avrebbero scattato la tradizionale foto congiunta a causa del rifiuto di alcuni diplomatici, tra cui lo statunitense Blinken, di ritrarsi con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov che dal canto suo ha fatto sapere di non essere interessato a correre dietro agli Stati Uniti per chiedere incontri: “Se non vogliono parlare, sono affari loro e se l’Occidente non vuole negoziati, ma la vittoria dell’Ucraina sulla Russia sul campo di battaglia, allora non c’è nulla di cui parlare”, ha detto secco Lavrov affermando invece che la Russia sarebbe pronta per i negoziati con Kiev e Ankara sulla questione del grano. “Se l’Occidente desidera davvero fare uscire dall’Ucraina il grano, tutto ciò che serve è costringere gli ucraini a liberare i porti del Mar Nero dalle mine e consentire alle navi di attraversare le acque territoriali dell’Ucraina. Nelle acque internazionali la Russia, con l’aiuto della Turchia, è pronta a garantire la sicurezza di tali convogli verso il Bosforo”. Il capo della diplomazia russa ha poi abbandonato la sezione del G20 senza attendere il discorso del ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock.
Nel frattempo l’Euro per la prima volta in 20 anni scende al di sotto di $ 1,01 [nel 2008 era arrivato a 1,6038, ndb]. Il che significa che se anche le materie prime perdono valore sul mercato, con il crollo dell’euro il prezzo pagato per gli europei continua ad essere alto e l’Unione rischia di importare inflazione in una possibile situazione di recessione globale.
Per Putin anche questo è l’inizio della transizione verso un mondo multipolare. Queste le parole del capo del Cremlino: ”Se l’Occidente voleva provocare il conflitto per passare a una nuova tappa della guerra contro la Russia, allora si può dire che c’è riuscito, la guerra è stata scatenata e le sanzioni sono state introdotte. In condizioni normali sarebbe stato difficile farlo. Ma ciò su cui vorrei porre l’attenzione è che l’Occidente doveva capire che avrebbe perso sin dall’inizio della nostra operazione militare speciale, perché l’inizio dell’operazione significa anche l’inizio della rottura cardinale dell’ordine mondiale impostato all’americana. Questo è l’inizio del passaggio dall’egocentrismo liberale globalista americano al mondo davvero multipolare, un mondo fondato non sulle regole egoistiche, inventate da qualcuno per se stesso e dietro le quali non c’è niente, tranne l’aspirazione all’egemonia, un mondo fondato non sugli ipocriti doppi standard, ma sul diritto internazionale, sulla vera sovranità dei popoli e delle civiltà, sulla loro volontà di vivere secondo i propri valori e tradizioni, di costruire una collaborazione sulla base della democrazia, sulla giustizia e sull’uguaglianza. A causa della politica occidentale è avvenuta la demolizione dell’ordine mondiale e bisogna capire che fermare adesso questo processo non è più possibile. Il corso della storia è spietato e i tentativi dell’Occidente collettivo di imporre al mondo il suo nuovo ordine mondiale sono tentativi condannati al fallimento. Perciò voglio dire e sottolineare: noi abbiamo tanti sostenitori, negli stessi Stati Uniti, in Europa e a maggior ragione in altri continenti e paesi, e ce ne saranno sempre di più, su questo non c’è alcun dubbio. Ripeto, anche nei paesi che sono ancora satelliti degli Stati Uniti, cresce la comprensione del fatto che la cieca obbedienza delle élite governanti al “signore supremo” non corrisponde agli interessi nazionali, anzi, molto spesso li contraddice radicalmente. Alla fine tutti dovranno fare i conti con la crescita di questi umori nella società di questi paesi satelliti degli USA. L’Occidente, che un tempo proclamava i principi di democrazia, quali la libertà di parola, il pluralismo, il rispetto delle altre opinioni, oggi sta degenerando nell’esatto opposto: nel totalitarismo. Ha messo in moto la censura, ha chiuso i mezzi di informazione di massa, usa il sopruso e la prepotenza verso i giornalisti, i personaggi pubblici. Nonostante tutto ciò, noi non rifiutiamo le trattative pacifiche, ma coloro che le rifiutano devono sapere che più avanti si va, più difficile sarà mettersi d’accordo con noi”.

Che non posso commentare che con un convinto: Grande Putin!
E, connesso con le considerazioni di questo articolo, vorrei riproporre un brano che avevo già postato tre mesi e mezzo fa, e che mi sembra diventare sempre più attuale.

VIETNAM
di Max Hastings. È un malloppone di oltre 1000 pagine ma vale la pena di leggerlo, e comunque scorre via bene. E vale anche la pena di ricordare un paio di cose. La prima è che in quella che è passata alla storia come la sporca guerra del Vietnam di Nixon boia, l’escalation è stata iniziata da John Kennedy, democratico, e portata poi avanti dal suo vice, diventato poi presidente, Lyndon Johnson, democratico. Richard Nixon, repubblicano, quello rozzo, quello antipatico, quello col mascellone da duro, quello da cui nessuno avrebbe comprato un’auto usata, è stato quello che la guerra l’ha fatta finire. Il bilancio finale è stato di oltre 58.000 soldati statunitensi uccisi e più di 153.000 feriti. Il calcolo dei morti vietnamiti va da almeno mezzo milione fino a 4 milioni. La guerra è costata quasi 150 miliardi di dollari. I termini del trattato che ha posto fine a dieci anni di guerra sanguinosissima e alla carneficina da entrambe le parti sono gli stessi abbozzati da La Pira e Ho Chi Minh già otto anni prima. La seconda è che tutto è cominciato con l’invio di soldi, tanti tanti soldi, per sostenere governi amici, non importa quanto corrotti, poi anche armi, poi colpi di stato, anche cruenti, per sostituire i governi quando non erano più utili (il burattino Zelensky, socio e complice di Hunter Biden nei suoi sporchissimi affari e a conoscenza di tanti segreti che potrebbero renderlo scomodo, farebbe bene a ricordarsene. Sempre che lo abbia mai saputo. E sicuramente a ricordarglielo non sarà che gli scrive quei bellissimi e tanto commoventi copioni da recitare di fronte ai parlamenti mondiali). Meditate gente, meditate.

Qui, in realtà, quattro mesi e mezzo fa sarebbe potuta finire allo stesso modo, ma oggi no: prima che tutto questo cominciasse, la Russia si sarebbe accontentata del rispetto degli accordi di Minsk, che l’Ucraina ha firmato e mai rispettato; alla vigilia della guerra o a guerra appena iniziata si sarebbe potuta accontentare del riconoscimento della Crimea come appartenente alla Russia e dell’autonomia del Donbass: ma oggi? Dopo che NATO e Ucraina l’hanno costretta a mesi di guerra? A migliaia di morti? A enormi spese? Dopo che a questo prezzo ha conquistato il 20% dell’Ucraina dovrebbe accontentarsi dello stesso pezzo di pane che prima sarebbe stato gratis? Oltre a raccontarvi che è pazzo, adesso pretendete che sia anche scemo? E a proposito di chi è scemo, guardate un po’ questa:

E dopo tanto nerume, risolleviamoci un po’ lo spirito con un po’ di biancore (e con una piccola magia)

Fantasia d’inverno, Balletto Igor Moiseiev,

barbara

HANNO OCCHI E NON VEDONO, HANNO ORECCHI E NON ODONO

E qualunque cosa gli si metta davanti, continueranno e non vedere e non sentire. Mi viene in mente un’amica che a ogni attentato particolarmente feroce in Israele diceva: stavolta non possono non capire, stavolta devono vedere di chi è la colpa. E invece no, non capivano, non vedevano, non si accorgevano. Zero. E ricordo Lamberto Dini che dopo l’attentato del Dolphinarium, il primo giugno 2001, mentre gli israeliani erano ancora intenti a raccattare brandelli di carne e pezzi di cervello dei ragazzini fatti a pezzi spiaccicati su per muri, marciapiedi, finestrini di automobili, invitava entrambe le parti alla moderazione. Questi qui di oggi sono se possibile ancora peggio: questi armano chi da otto anni massacra e bombarda civili innocenti (oltre il 10% dei morti sono bambini) e intimano lo stop alla controparte. Ma veniamo agli ultimi fatti. Per cominciare vi affido al nostro Vittorio Rangeloni che vi porta a vedere l’ospedale pediatrico bombardato

Poi a Patrick Lancaster che vi ci porta dentro, nel rifugio in cui sono ammassate 200 donne tra puerpere coi bambini e prossime partorienti.

E infine ancora  a Lancaster per il  bombardamento successivo.

Anche chi non dovesse cavarsela troppo bene con l’inglese, potrà notare che quando i suoi interlocutori dicono che a bombardarli sono gli ucraini, regolarmente lui spiega che in America e in Europa dicono che a fare questo sono i russi, e la reazione degli interpellati è sempre la stessa, identica per tutti.

A proposito di Lamberto Dini, ho ripescato questo mio post di sedici anni e mezzo fa, che contiene diversi spunti interessanti.

Sul Corriere della Sera di oggi Gianna Fregonara un po’ intervista e un po’ racconta Lamberto Dini, l’uomo che possiede la risposta a tutte le domande. Innanzitutto Dini non crede che siano risolutivi «atti unilaterali da parte degli Stati Uniti o di Israele dopo le odiose dichiarazioni del presidente iraniano». Anzi, è convinto che chiedere sanzioni all’Iran da parte del Consiglio di Sicurezza «rischierebbe di spaccare la comunità internazionale di fronte a un problema così complicato come è l’Iran di Ahmadinejad». Lamberto Dini è un pragmatico, ci spiega la signora Fregonara, e ha sempre perseguito la via del dialogo con i Paesi islamici del Medio Oriente, ed è convinto che anche oggi il dialogo rimanga la migliore via d’uscita: e fin qui siamo nel campo delle opinioni, balorde finché si vuole, pericolose, quando a nutrirle è persona con responsabilità di governo, finché si vuole, ma pur sempre opinioni. Poi però il signor Dini pretende di passare ai dati di fatto: «Quando cominciammo la collaborazione economica c’era Khatami che pubblicamente riconosceva l’esistenza dello Stato di Israele e si dichiarava disposto ad accettare una pace purché andasse bene ai palestinesi» e qui non ci siamo proprio, perché il nostro, a quanto pare, ignora che Khatami, esattamente come Ahmadinejad, non ha mai pronunciato la parola Israele, ha continuato a costruire il nucleare, ha sempre scritto sui missili delle parate militari che erano destinati a Israele, ha sempre finanziato i gruppi terroristici attivi in Israele. E che dire di quando a Roma, durante una conferenza stampa, si rifiutò di rispondere a una domanda di un giornalista perché israeliano? A questo poi va aggiunto che il vero padrone dell’Iran, oggi con Ahmadinejad come ieri con Khatami, è Khamenei, la Suprema guida, e Khamenei si è sempre detto favorevole all’eliminazione di Israele e ha detto più volte che quando avranno i missili nucleari li utilizzeranno, perché se anche Israele dovesse rispondere, varrebbe comunque la pena di perdere milioni di vite islamiche in cambio della fine dello Stato di Israele. Ma di tutto questo il nostro lungimirante ex ministro degli Esteri non ha mai avuto sentore, e dunque «Abbiamo fatto un grande sforzo anche a livello di Unione Europea di convincere il governo iraniano che va bene il nucleare civile ma non hanno alcuna necessità di sviluppare ordigni nucleari. Abbiamo avuto alterni successi» anche se, bontà sua, «il dubbio sulle reali intenzioni dell’Iran non è mai cessato». Ciononostante «Durante i governi del centrosinistra i rapporti con l’amministrazione del presidente Khatami incrementarono i rapporti economici […] Finanziammo molti progetti per le infrastrutture […]». Ma adesso che Ahmadinejad ha detto quello che ha detto e nessuno si può più permettere di chiudere gli occhi, qual è la soluzione? Niente paura, all’immarcescibile la risposta non manca: «Se le parole di Ahmadinejad sono sconcertanti e tali da generare forti tensioni in Medio Oriente e nei rapporti con l’Europa e gli Usa, porre sanzioni potrebbe essere più pericoloso delle parole del presidente iraniano». Chiaro, no? E vediamo come si sia costruito quell’abito di “pragmatico” che la signora Fregonara gli attribuisce. Vi ricordate Camp David, luglio 2000? Già allora oltre il 90% della popolazione palestinese di Gaza e Cisgiordania viveva sotto amministrazione palestinese e non più sotto occupazione israeliana, e in quell’occasione Israele aveva proposto la consegna del 97% del territorio palestinese, la compensazione del 3% mancante con territori israeliani più densamente popolati da arabi e Gerusalemme est come capitale. La risposta di Arafat, come sappiamo, era stata la guerra. E che cosa suggerisce il nostro per uscire da questa situazione? Israele sta sbagliando tutto, dice: dovrebbe smettere di combattere e fare qualche proposta concreta. Vi ricordate l’attentato alla discoteca “Delfinario” di Tel Aviv, brandelli di ragazzini di tredici quattordici anni spiaccicati su per i muri? L’attentato è stato «un’atroce manifestazione di odio» scrive Dini nel suo messaggio di condoglianze al suo omologo israeliano Shimon Peres. E ora «È necessario un coraggioso e lungimirante sforzo da entrambe le parti in causa, per porre fine alla spirale di lutto e violenza, frutto di fanatismo ed esasperazione». E un anno più tardi, in un’intervista al Corriere: «Il governo Sharon sbaglia se pensa di mettere fine agli attacchi suicidi con la forza e l’occupazione militare. Finché i carri armati israeliani continuano a distruggere uomini, cose e infrastrutture, finché continuano a bruciare il futuro dei palestinesi, gli attacchi continueranno e potrebbero intensificarsi anche al di fuori della regione»Peccato che quando l’ondata di attentati era cominciata non ci fossero né carri armati, né occupazione. Anche in quel caso l’ineffabile aveva la soluzione pronta: «Una conferenza internazionale guidata da Usa, Europa e Russia, come a Oslo [che ha portato a un’impennata del terrorismo]. Alla presenza degli Stati arabi dovrà fissare confini sicuri per Israele e creare uno Stato palestinese, con regole che ne garantiscano il rispetto». Assolutamente perfetto: peccato che questo sia esattamente ciò che le risoluzioni Onu 242 e 338 chiedevano già dal tempo delle guerre dei Sei giorni e del Kippur, e che gli arabi le abbiano categoricamente respinte. E bisogna inoltre «ripartire dall’ultima risoluzione dell’Onu e dal piano di pace del principe saudita Abdallah, approvato all’unanimità da tutti i Paesi arabi». Assolutamente perfetto anche questo: peccato solo che fosse esattamente ciò che era stato proposto a Camp David, e che Arafat aveva rifiutato. Risparmio il resto dell’intervista, perché qualcuno potrebbe non avere una sufficiente scorta di Maalox sottomano, e aggiungo solo un’ultima perla: «Israele non ha mai fatto una proposta di pace». Ecco: questo è l’uomo che oggi ci offre la propria sapienza per risolvere la crisi iraniana.

E, a proposito di sanzioni: come mai a nessuno sono venute in mente negli otto ani in cui L’Ucraina massacrava e bombardava gli abitanti del Donbass?

E poi, quando gli anni saranno passati, e i capelli imbiancati, e le forze disperse…

barbara

UN PAIO DI COSE CHE NON CAPISCO

Perché io, a differenza di quelli che sanno esattamente quanti sono i morti e quanti i mezzi distrutti e quanti e quali gli edifici lesionati e perfino, in misura millimetrica, che cosa passa in ogni momento nella testa di Putin e che cosa vuole e perché lo vuole e come lo vuole e che cosa sogna la notte e che mano usa per farsi le seghe, per non parlare dei sublimi pensieri dell’eroe Zelensky, io, dicevo, alcune cose poco chiare le ho. Per esempio: una cosa su cui siamo sicuramente tutti d’accordo è che gli ucraini odiano i russi, per un miliardo di buone ragioni, e i russi odiano gli ucraini per quattro miliardi di buone ragioni. Ora, la cosa che non capisco è: perché gli ucraini vogliono a tutti i costi tenersi stretti quei russi che odiano e che li odiano? Perché mezzo mondo sta contribuendo, a prezzo del proprio pesantissimo impoverimento, a far sì che questi russi siano obbligati a restare attaccati agli ucraini che odiano e che li odiano? Non è curioso? Non è curiosa questa cosa? Un po’ meno curiosa però diventa se si prendono in considerazione alcuni elementi che emergono da un interessante articolo di tre anni e mezzo fa che ho trovato in rete. Articolo da prendere con le molle per certi aspetti relativi al “cosa ci sta dietro” più profondo (nuovo ordine mondiale, massoneria eccetera), ma con molti riscontri in merito al “cosa ci sta dietro” più vicino, e soprattutto con parecchi dati di fatto inconfutabili, alcuni dei quali inoppugnabilmente dimostrati da indagini successive. Secondo questo articolo, l’Ucraina non desidera affatto tenersi i russi: desidera tenersi la terra. SENZA i russi. Perché quel territorio è notevolmente ricco di gas: quello sul quale Biden junior, con l’appoggio politico del padre, sta facendo i suoi affari miliardari, e per i quali la presenza della popolazione russofona rappresenta un intralcio. Qui l’articolo.

Un’altra cosa che non capisco sono le persone che leggono sul giornale che è successo A B C e riferiscono tutti convinti: “È successo A B e C!”. Cioè, le fonti di informazione di una parte sono state oscurate (“perché mentono”), rimane unicamente la controparte, e quella la riportiamo pari pari con la certezza che quella è la verità: roba da ritardati analfabeti ubriachi. Prendiamo per esempio questa notizia:

Una donna ucraina è stata stuprata e uccisa davanti ai figli dai soldati russi. E i figli, anzi, le figlie, come la seppelliscono? Con la bandiera russa, ovvio! Un’altra cosa spettacolare avviene quando gli ucraini bombardano il Donbass

e i giornali raccontano che a bombardare sono stati i russi. Cioè, raccontano che i russi bombarderebbero la propria gente in una zona che è già in mano loro, e ancora una volta non posso fare a meno di chiedermi: ma come fa la gente a bersi simili puttanate? Sembrerebbe impossibile, eppure ci crede. Un’altra cosa fenomenale, dedicata a quelli che credono di essere informati perché leggono i giornali e guardano la televisione, è la caduta di Mariupol. Sì, Mariupol è caduta, ma i mass media evitano accuratamente di farlo sapere. E ancora una volta i russi issano la propria bandiera là dove prima regnavano i nazisti, e i vecchi liberati piangono e ringraziano

Un’altra cosa che mi pone degli interrogativi è questa (ho eliminato la prima parte, una frase di 153 parole con 22 coordinate e subordinate, in grado di bloccare la digestione).

Pasticcio a Trieste: cosa succede alla nave dell’oligarca

Il megayacht dell’oligarca russo Melnichenko, una specie di veliero-monstre da 143 metri per dodicimila tonnellate, ora ormeggiato all’Arsenale San Marco della città e sottoposto a sequestro a causa del congelamento dei beni dei cittadini russi, non può essere spostato. “E quindi?”, direte voi, “con tutti i problemi che ci sono dobbiamo ora preoccuparci del natante dell’oligarca?”.
Purtroppo sì, ed ecco perché. Il bacino dell’Arsenale dovrà essere liberato entro il 10 aprile dato che Fincantieri lo dovrà utilizzare per completare i lavori di una nave da crociera in via di consegna. Ogni giorno di ritardo sulla data prevista comporta una penale di 600mila euro.
Tuttavia, il bacino non può essere liberato perché, appunto, ospita il mega yacht che, da dopo il sequestro, è passato sotto la responsabilità dell’Agenzia del Demanio. Dunque, lo Stato italiano. Per poterlo spostare bisognerebbe accendere una polizza nuova, dal momento che quella che assicurava il veliero spaziale è venuta meno con l’applicazione delle sanzioni UE contro la Russia. La polizza deve coprire un bene del valore di oltre mezzo miliardo di euro, più annessi e connessi (cioè principalmente i dodici uomini d’equipaggio, ma quattro si sarebbero intanto volatilizzati).
Il costo dell’abnorme polizza sarebbe dunque di competenza dello Stato, in attesa che quest’ultimo possa rivalersi su Melnichenko (posto che lo possa fare in punta di diritto, aggiungiamo, cosa che è tutto meno che scontata). Il Prefetto di Trieste – riporta l’articolo – ha interpellato il Ministero dell’Economia, il quale dovrebbe acquisire il parere del Comitato di sicurezza finanziaria, prima di avviare la stipula della polizza. Il parere del Comitato dipende inoltre dall’inventario del bene e di tutto ciò che esso contiene. Operazione che non è iniziata. L’Agenzia del Demanio, nel frattempo, non si pronuncia.
Lo yacht, inoltre, dev’essere conservato in perfetto stato, in vista della sua futura restituzione. Per la sua manutenzione si è dovuto procedere allo smontaggio di un albero. Ma il cantiere navale francese costruttore dell’albero ha dichiarato che non lo rimetterà al suo posto senza una polizza assicurativa in essere.
Pur ammettendo che alla fine lo si possa spostare, pare che i moli commerciali del porto triestino non siano adatti a ospitare il mega-yacht perché non sufficientemente attrezzati affinché la chiglia dell’imbarcazione, realizzata con costosissime vernici speciali, non si rovini. Semmai ciò dovesse accadere, i costi delle riparazioni sarebbero ovviamente a carico del Demanio. A questo scopo è stata allertata la Capitaneria di Porto, che dovrà anche reperire dei grossi parabordi per proteggere lo scafo.
In sintesi: c’è da spostare rapidamente un maga-yacht sotto sequestro per far posto a una nave da crociera da terminare (altrimenti penali salate, e Fincantieri è pubblica). Ma il mega-yacht non si può spostare perché è sotto sequestro. Perciò dapprima serve che si pronuncino Ministero, Comitato sicurezza, Agenzia del Demanio affinché lo Stato italiano, cioè i contribuenti, si accolli il costo della nuova assicurazione.
Roberto Cardazzi, 29 marzo 2022, qui.

E poi:

Maria Teresa Leone

Per i 35 dipendenti di Aeroflot Italia è cominciato il procedimento di licenziamento e da febbraio, causa il blocco del conto corrente dell’azienda, non ricevono lo stipendio.
Le sanzioni contro la Russia!!

Qui la cosa che non capisco è: ma qualcuno ha mai visto un governo coglione a questo punto? Chi invece coglione di sicuro non è, è l’odiatissimo Putin, come emerge da questo articolo, che vale la pena di leggere con attenzione.

Ucraina, sicurezza, storia: cosa diceva Putin nel 2021

Nel luglio 2021 Putin scrisse un articolo che letto oggi suona come un ultimatum

Se si vogliono capire le cose, bisogna guardarle col massimo distacco possibile. Se si vuol capire non solo il perché di questa assurda guerra, ma anche come interromperla, è necessario che si comprendano le ragioni anche dell’aggressore. Il che non significa necessariamente essere con costui simpatetici né, men che meno, ritenere quelle ragioni legittime. Però, assumere la posizione – per esempio l’ho ascoltata da Emma Bonino – secondo cui: «Non importa tutti gli errori che l’Occidente e l’Ucraina possano aver commesso contro la Russia, il fatto è che ora Putin è un aggressore e ha torto», mi sembra poco fruttuoso. Soprattutto ai fini della conclusione della guerra, che sarebbe la cosa più importante.

Il disegno di Putin
Nel luglio 2021 Vladimir Putin scrisse un lungo articolo – “Sull’Unità Storica di Russi e Ucraini” – che, letto da noi inesperti col senno di poi, suona come una sorta di mano tesa/ultimatum. Forse gli esperti avrebbero dovuto saperlo leggere già allora e non ignorarlo. In quell’articolo Putin comincia col mettere innanzitutto in prospettiva storica l’Ucraina. Ci va da molto lontano ma, per i nostri scopi, basta sapere, prima della sua adesione all’Unione Sovietica (1922), la consistenza dell’Ucraina.

(Sopra: in rosso l’Ucraina prima del 1922, al momento della sua adesione all’Urss. I territori che la circondano le sono stati annessi durante il periodo sovietico. Sciolta l’Urss, le Repubbliche dell’Unione – sostiene Putin – dovrebbero mantenere gli stessi confini che avevano quando vi fecero ingresso)
Era, questa, una sorta di piccola Svizzera nel cuore dell’attuale Ucraina (colorata in rosso nella cartina in figura). Questa regione confina – è di fatto circondata – da altre quattro che seguiamo in senso orario da nord a est a sud. E precisamente: a nord v’è la Piccola Russia, una parte della quale fu conquistata da Caterina la Grande di Russia (1729-1796) e un’altra parte (comprendente Kiev) era stata comprata, ancora prima (1667), dallo Zar di Russia di allora. A est v’è il Donbass che al 1922 faceva parte della Russia. La regione a sud era stata conquistata, sempre dagli Zar di Russia, all’Impero Ottomano. Quando, nel 1922, l’Ucraina si unì all’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, Lenin fece “dono” di queste quattro regioni alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Successivamente, nel 1954, Nikita Krushev “donò” anche la Crimea.
Ora, secondo Putin, una volta che l’Urss s’è sciolta, i Paesi membri avrebbero dovuto avere gli stessi confini che avevano prima che vi entrassero. La cosa suona ragionevole; comunque nell’articolo di Putin sembra essere una rivendicazione più di principio che sentita, tanto più che son passati trent’anni.

Crimea e altre rivendicazioni
Meno di principio è la rivendicazione della Crimea perché, sostiene Putin, quella “donazione” di Krushev era illegittima già nel 1954, tanto che il Parlamento russo, nel 1992, cioè ai tempi di Boris Yeltsin, quasi all’unanimità volle riaprire quella questione di legittimità. A quanto sembra, quell’atto di Krushev avrebbe dovuto essere corroborato da una consultazione referendaria, che mai si tenne.Bisogna attendere il 2014 per assistere ad un referendum, ove oltre il 90% dei residenti votò per l’annessione della Crimea alla Federazione Russa. Secondo il governo centrale ucraino il referendum non doveva neanche tenersi ma, al di là delle questioni di legittimità, rimangono i fatti della volontà popolare, da un lato, e della illegittima donazione di Krushev nel 1954, dall’altro. Sembra quanto meno malaccorto che la comunità internazionale abbia reagito con sanzioni alla Russia anziché considerare la cosa come un caso diplomatico da risolvere a tavolino.Un’altra rivendicazione di Putin nel suo articolo è la sicurezza della Russia. Secondo Putin l’Ucraina stava perseguendo una politica che, più che ostile egli vedeva addirittura bellicosa nei confronti della Russia. A leggere oggi l’articolo di allora, sembra che il primo obiettivo di questa aggressione fosse di neutralizzare la struttura militare dell’Ucraina, a dire di Putin offensiva verso la Russia. Che l’Ucraina avesse una solida struttura militare sembra provato dalla resistenza che sta opponendo. Difficile dare un giudizio di fondatezza ai timori di Putin, ma chi dice di voler vivere in pace col proprio vicino deve anche dar conto a questi del perché e contro chi ci si sta armando.

Le responsabilità dell’Occidente
L’impressione è che tutte le azioni dell’Occidente siano state mirate alla provocazione del conflitto. A cominciare da Hillary Clinton che, in campagna elettorale per le presidenziali americane, non esitava a paragonare Putin a Hitler. Chi ci sta guadagnando? Certamente non l’Ucraina. E neanche l’Europa, che ne sta soffrendo e continuerà a soffrirne. Non la Russia, che avrà pagato il suo prezzo per ridurre inoffensivo il fronte ucraino.Di tutte, la cosa che dovrebbe preoccupare di più, e che mi sembra sia sottovalutata, è che Putin possa usare anche solo un petardo nucleare. C’è da confidare nel suo sangue freddo, che sembra avere. Non confiderei, invece, sulla saggezza dei politici occidentali, che hanno dimostrato, tutti, senza eccezione alcuna, di essere dei dilettanti, con tanto wishful thinking e pochissimo thinking. Dalle loro dichiarazioni non sembra abbiano capito Putin quando a chi gli faceva osservare che l’uso dell’atomica avrebbe potuto significare la distruzione del pianeta, lo zar rispose che «alla Russia non interessa un pianeta senza la Russia». Che qualcuno spieghi a Joe Biden, a Boris Johnson, a Ursula von der Layen e a Mario Draghi queste parole di Putin.
Franco Battaglia, 31 marzo 2022, qui.

E ritengo valga la pena di leggere queste frasi dell’ambasciatore italiano in Ucraina.

“Ho la sensazione che qualcuno voglia combattere la Russia fino all’ultimo ucraino o, addirittura, fino all’ultimo europeo”, dice Carnelos. Un allarme già lanciato da Toni Capuozzo e da altri, subito però additati come “putinisti”. Occhio però a non tirare troppo la corda: “Zelensky – conclude l’ambasciatore – sta, forse inconsapevolmente, dirigendosi verso un autodistruttivo punto di non ritorno”. (Qui)

Tornando a Putin, qualche informazione e considerazione utile qui. Nel frattempo il suo avvertimento è arrivato a scadenza: dato che tutta la valuta estera in possesso alla Russia è stata congelata, e parimenti sarebbe congelata tutta la valuta che dovesse entrare in futuro, dal primo aprile o paghiamo in rubli o chiude i rubinetti del gas (invito a leggere questo meraviglioso e lucidissimo discorso). E l’Europa, che da anni lo sta ricattando con le sanzioni per strangolare la Russia, ha la faccia da culo di gridare al ricatto. E come se non bastasse, ora la NATO ha pensato bene di andare a provocare la Russia anche in Georgia: visto che in Ucraina ancora non sono riusciti a far saltare i nervi a Putin, ora provano ad allargare il campo d’azione. Come già detto, tutta la mia speranza per la salvezza del mondo la ripongo nei nervi saldi di Putin.

Concludo con un frammento della settima sinfonia suonato da Shostakovich nel 1941.

barbara

VIETNAM

di Max Hastings. È un malloppone di oltre 1000 pagine ma vale la pena di leggerlo, e comunque scorre via bene. E vale anche la pena di ricordare un paio di cose. La prima è che in quella che è passata alla storia come la sporca guerra del Vietnam di Nixon boia, l’escalation è stata iniziata da John Kennedy, democratico, e portata poi avanti dal suo vice, diventato poi presidente, Lyndon Johnson, democratico. Richard Nixon, repubblicano, quello rozzo, quello antipatico, quello col mascellone da duro, quello da cui nessuno avrebbe comprato un’auto usata, è stato quello che la guerra l’ha fatta finire. Il bilancio finale è stato di oltre 58.000 soldati statunitensi uccisi e più di 153.000 feriti. Il calcolo dei morti vietnamiti va da almeno mezzo milione fino a 4 milioni. La guerra è costata quasi 150 miliardi di dollari. I termini del trattato che ha posto fine a dieci anni di guerra sanguinosissima e alla carneficina da entrambe le parti sono gli stessi abbozzati da La Pira e Ho Chi Minh già otto anni prima. La seconda è che tutto è cominciato con l’invio di soldi, tanti tanti soldi, per sostenere governi amici, non importa quanto corrotti, poi anche armi, poi colpi di stato, anche cruenti, per sostituire i governi quando non erano più utili (il burattino Zelensky, socio e complice di Hunter Biden nei suoi sporchissimi affari e a conoscenza di tanti segreti che potrebbero renderlo scomodo, farebbe bene a ricordarsene. Sempre che lo abbia mai saputo. E sicuramente a ricordarglielo non sarà che gli scrive quei bellissimi e tanto commoventi copioni da recitare di fronte ai parlamenti mondiali). Meditate gente, meditate.

Vorrei poi farvi leggere questa lettera meravigliosa

Salvino Glam

Caro Vlodomor Zelenskyj, [non so se sia un refuso o se sia intenzionale, ma è comunque bellissimo]
Allora chiariamo un po’ di cose…
Tu sei il perdente qui e Israele di solito si allinea con il perdente perché la verità è che in ogni guerra che abbiamo combattuto, eravamo i perdenti perché eravamo in inferiorità numerica, isolati e paesi come il tuo hanno scelto di allinearsi con il nostro nemico. Nel tuo caso, più di 35 volte negli ultimi anni.
Sia chiaro, Israele non deve NULLA all’Ucraina. È nostra scelta inviare l’aiuto che riteniamo appropriato e che abbiamo. Grandi quantità di aiuti umanitari, assistenza medica, ambulanze antiproiettile e altro ancora.
Prego.
Il tuo confronto tra l’Olocausto e la lotta odierna è ripugnante e storicamente impreciso. Gli ebrei non avevano un esercito, missili antiaerei, 100.000 fucili da distribuire al nostro popolo e nessun addestramento militare.
Nessuno ha inviato missioni di soccorso e soccorso e non iniziamo nemmeno a descrivere come la maggior parte degli ucraini ha trattato il nostro popolo.
Senti che ti dobbiamo perché sei ebreo… i tuoi genitori sono ebrei.
Immagino che non menzioneremo che i tuoi figli non solo non sono ebrei, ma sono stati battezzati, con il tuo permesso.
Quindi facciamolo. Smetti di lamentarti del fatto che Israele non sta facendo abbastanza, inizi a dire grazie e la prossima volta che arriverà un voto all’ONU, ricordati quanti paesi arabi sono rimasti a guardare, mentre Israele ha agito.
E se vuoi che Israele CONTINUI a sostenere l’Ucraina, non osare paragonare la tua situazione, in cui sono morti tragicamente oltre 900 persone, al massacro di oltre sei milioni di ebrei nella seconda guerra mondiale, alle vittime che giacciono in fosse comuni, come Babi Yar.
Ti aiuteremo… non perché tu sia ebreo, ma perché NOI siamo ebrei.

E questo è lui: godetevelo in tutto il suo splendore!

E ancora un piccolo promemoria

Dove eravate voi “pacifisti” quando…

“I Pacifisti. Avrei voluto che tutti coloro che ora si ergono a “paladini della Pace”, i nuovi pacifisti, fossero venuti con me nel Donbass in questi anni, a vedere cosa è successo in tutti questi 8 lunghi folli anni, le distruzioni, i cimiteri e le chiese scoperchiate, le fosse comuni, avrei mostrato loro i bambini trucidati nelle foto appese nel Museo degli Angeli in una piccola cittadina della repubblica di Donezk, avrei tradotto in simultanea i racconti della gente comune per strada, avrebbero visto le lacrime negli occhi dei vecchi che mai dimenticherò.
Avrebbero visto la forza e la dignità del popolo del Donbass, che nonostante la guerra che il governo filo-nazista ucraino (messo al potere dagli Stati Uniti d’America, appoggiati dall’UE) ha scatenato contro di loro SOLO per il fatto che era per l’amicizia con la Russia e voleva vivere secondo i suoi principi.
Avrebbero visto gli stenti della gente in condizioni di blocco economico, di tubature di gas, acqua saltate in aria a causa dei bombardamenti ucraini, le case mezze rotte con le finestre coperte di cellophan e i tetti sfondati.
Tutti ora in Italia, sono diventati pacifisti, d’improvviso scoprono che la guerra è “male e distruzione”.
Non solo il popolo, ma tutti i capi politici nostrani, i cantanti in prima fila contro la guerra. E non importa se non conoscono nulla di Russia, Ucraina, nemmeno sanno dove si trovi il Donbass.
Questi “pacifisti” in 8 anni non hanno MAI alzato un dito, MAI protestato nelle piazze italiane, sui social.
SILENZIO assoluto, ovattati nel loro rammollito confort.
Protetti dalla cappa di censura e dittatura ideologica dell’Ue.
L’Unione Europea traccia con metodi fascisti un solco sempre più profondo con la Russia.
Superba, piena di sé, razzista nei confronti dei russi, malata di russofobia si è trasformata in un mostro. Per il suo degrado morale, l’Europa non è capace di capire la Russia. Facendo finta di condannare la guerra, è l’Europa che dichiara guerra alla Russia. Chiude completamente lo spazio aereo a tutti gli aerei russi, a ogni tipo di velivolo, charter, privato, che sia appartenente o registrato o sotto il controllo della Russia.
Poi tutte le sanzioni nel campo finanziario per strangolarla. Quaranta associazioni europee di giornalisti premono per vietare il canale russo russa Today nell’Unione Europea per solidarietà con all’Ucraina.
La Ue è arrivata a VIETARE la libertà di parola ai russi. La voce dei giornalisti russi, viene bollata già a priori come “portatrice di disinformazione”. Basta ascoltare quanto dichiara un giornalista ex militare che sceglie le notizie da pubblicare per Rai 2, le notizie dalla Russia non le prende nemmeno in considerazione “perché sono tutte false.”
Quindi ai canali russi va definitivamente chiusa la bocca.
L’Italia a Milano il sindaco caccia il Maestro russo perché si è rifiutato di fare una dichiarazione pubblica di condanna di Putin. Anche il pensiero la Ue dirige e punisce se non si conforma al Pensiero Unico.
Come i fascisti.
La Russia va punita con metodi barbari, incivili e disumani.
E dove eravate voi “pacifisti”, quando gli Stati Uniti hanno distrutto paesi interi, massacrato i legittimi capi di stato, ucciso milioni di persone e agli americani nemmeno una sanzione!
L’Unione Europea che insieme agli americani ha bombardato Belgrado, ha smembrato la Jugoslavia, chi le ha dato questo diritto? L’Italia in primo luogo, nessuna “mea culpa” e nemmeno una sanzione. Dove eravate??
Adesso tutti contro la Russia. Almeno tacete e occupate il tempo a studiare prima di aprire bocca. Chiedetevi perché in questo nuovo mondo, disegnato e occupato dalle Forze del Male, vi abbiano formattato il cervello a tal punto da non riconoscere dove sta la Verità, il Bene.”
Marinella Mondaini, 28 febbraio, qui.

Sì, lo so, i negazionisti continueranno ostinatamente a negare, ma io continuerò, altrettanto ostinatamente, a sbattergli in faccia la loro ipocrisia. E aggiungo ancora un piccolo promemoria qui e una riflessione importante

Quest’ultima cosa la dedico a coloro che fremono per allargare il più possibile il conflitto

barbara

NARRATIVA BATTE REALTÀ DIECI A ZERO

Su tutti i media e quasi tutti i social leggiamo continuamente della mostruosa disinformazione diffusa dalla Russia, veniamo messi in guardia dal credere alle menzogne russe, si grida allo scandalo per l’odiosa disinformazione russa… Ora, io e alcuni altri abbiamo inoppugnabilmente documentato molte bufale ucraine, alcune delle quali veramente criminali, come quella del  bombardamento del memoriale della Shoah di Kiev, criminale e pienamente consapevole, perché chi ha ripreso la “notizia” qui può anche ignorare come stiano realmente le cose (anche se non è mai del tutto innocente chi fa girare una notizia senza un minimo di verifica), ma il buffone che da attore di professione consumato annuncia sconvolto al mondo – e soprattutto al mondo ebraico – lo scempio antisemita (“è stato colpito intenzionalmente come atto di antisemitismo”), il memoriale lo ha in casa: lui ha mentito intenzionalmente sapendo perfettamente che il memoriale era intatto. Altre invece, come il videogioco spacciato per bombardamento che la televisione italiana si è bevuta come il peggiore dei polli, sono semplicemente cretine. Ecco: dove sono le documentazioni della disinformazione russa? Intendiamoci: non mi passa neanche per la testa di pensare che uno stato in guerra dica la verità, sempre la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità: la disinformazione è parte integrante sia della tattica che della strategia; ma il punto non è questo, il punto non è se e quanto menta la Russia: il punto è che la disinformazione ucraina è stata documentata, quella russa è stata raccontata: ossia, siamo a livello di chiacchiere da bar sport, e ciononostante tutti continuano a riprendere e diffondere tutte le notizie di fonte ucraina con l’assoluta certezza che si tratti di verità assodata e garantita. E, a proposito: com’è che tutti parlano dei mercenari chiamati da Putin e nessuno di quelli chiamati da Zelensky? Come mai si inorridisce per il fatto che Putin ha mandato a combattere – almeno così è stato raccontato – i militari di leva (“ragazzini di vent’anni”. E chi altro dovrebbe essere mandato a combattere se non i militari, scusate? E invece che ragazzini di vent’anni dovrebbe mandare gli ottantenni che tanto fra poco muoiono lo stesso?) e si parla con ammirazione del fatto che Zelensky mandi a combattere i civili, sorvolando sul fatto che i civili in fuga vengono setacciati e gli uomini mandati indietro perché devono andare a combattere?

E a proposito di chiacchiere da bar sport, una delle barzellette più strepitose in merito è che il motivo vero per cui Putin ha attaccato l’Ucraina (cazzo, loro conoscono IL motivo vero!!!!) è che l’Ucraina sarebbe una democrazia (HAHAHAHAHAHAHA) e allora (HAHAHAHAHAHAHA. Scusate, ma non riesco a smettere di ridere) Putin ha paura che la democrazia ucraina (HAHAHAHAHAHAHA) contagi anche la Russia e che questa a sua volta pretenda di diventare uno stato libero e democratico: non è spettacolare?
E a proposito di Ucraina democratica:

Ucraina e Democrazia, l’ossimoro che trascina l’Europa verso la catastrofe nucleare

Di Maurizio Merlo

L’ultimo momento di mobilitazione popolare internazionale che si ricordi contro una guerra, è del 2003, in occasione dell’invasione militare dell’Iraq ad opera degli Stati Uniti e dei loro alleati, sulla base di notizie inventate di sana pianta, ovvero che Saddam fosse in possesso di armi di distruzione di massa [beh, no, questa non era una notizia inventata, anche se i pacifisti hanno scelto di credere che così fosse] e fosse pronto ad utilizzarle. Allora milioni di persone marciarono in tutto il mondo per chiedere agli Usa di non intervenire in Iraq. Eppure in quei tragici momenti nessun corteo pacifista al mondo osò sfidare la propaganda di guerra, sventolando bandiere irachene o chiedendo di armare il popolo iracheno contro l’invasore.
Oggi invece i cortei “pacifisti” chiedono apertamente di fornire armi a Kiev o, in alternativa di intervenire con la Nato per creare una No fly zone, scatenando così una guerra mondiale.
Poco importa se il presidente ucraino abbia fatto tutto il possibile per far precipitare il paese in guerra con la Russia, con azioni irresponsabili, sempre più sprezzanti nei confronti della sicurezza del paese confinante, tanto da arrivare a dichiarare, durante la conferenza sulla Sicurezza, tenutasi a Monaco il 20 febbraio 2022, che l’Ucraina avrebbe abbandonato il patto di non proliferazione nucleare, dotandosi così di armi atomiche. Se ciò non fosse sufficiente, l’8 marzo arriva la conferma sia dagli Usa che dalla Russia che in Ucraina sono presenti laboratori militari per la produzione di armi batteriologiche di distruzione di massa. Altro che paese aggredito, l’Ucraina si stava preparando ad aggredire, prima il Donbass e poi la Russia.
Il problema però non è solo Zelensky, ma il sistema politico repressivo estremamente violento e razzista ucraino, che coltiva l’odio nei confronti dei russi e dei russofoni, con un progetto chiaro: ripulire etnicamente il paese da qualsiasi influenza russa. Subito dopo il colpo di stato del 2014, la prima legge approvata riguardava la lingua ucraina e poneva forti limitazioni all’uso di quella russa, nonostante l’est del paese fosse abitato prevalentemente da russofoni. Un’ulteriore spaccatura, in un paese ancora scioccato dal massacro di Odessa e dalla violenta presa del potere dei nazisti.
Se la narrazione ufficiale dipinge l’Ucraina come una democrazia aggredita dall’imperialismo russo, beh in tutta onestà bisogna dire che Ucraina e democrazia sono un ossimoro, l’una esclude l’altra. Come potrebbe esserci democrazia in un paese che ha riabilitato i carnefici nazisti della seconda guerra mondiale, che ha legalizzato le squadre fasciste che per otto anni, hanno seminato il terrore in tutto il paese, sequestrando e torturando, a volte uccidendo, oppositori politici? La guerra del regime di Kiev al Donbass ha provocato circa 14000 morti e probabilmente, senza l’intervento russo, avremmo assistito ad una invasione su larga scala dell’esercito ucraino già alla fine di febbraio. A testimonianza di questa ipotesi, c’è l’alto numero di effettivi dell’UAF al confine con le due repubbliche indipendentiste e il fitto lancio di colpi di artiglieria sulle città orientali nei giorni precedenti l’operazione militare russa.
Tutti questi fatti sono stati semplicemente censurati dai media occidentali, che hanno l’esigenza di arruolare i popoli europei contro il popolo russo. Negli ultimi giorni, molti eventi hanno dimostrato ancora una volta il carattere fascista del governo e delle istituzioni ucraine, ma i media li hanno ignorati o, nella peggiore delle ipotesi, hanno rilanciato la propaganda di Kiev.
Il 5 marzo avviene l’esecuzione di uno dei mediatori ucraini, Denis Borisovich, ucciso nel centro di Kiev dagli uomini del servizio segreto ucraino, per presunto tradimento. Immaginiamo se ciò fosse avvenuto a Caracas o a Mosca.  La stampa occidentale però, ha ripreso senza alcuna analisi critica, la versione di Kiev, giustificando l’omicidio del banchiere. Se Borisovich fosse una spia russa non lo sapremo mai con certezza. Nessun processo verrà mai celebrato per appurarlo, nessuno si chiederà più perché quell’uomo fosse nella delegazione ucraina.
All’omicidio di Borisovich, si aggiunge il sequestro di un parlamentare ucraino il 4 marzo scorso, Nestor Shufrich, già più volte colpito dalla violenza fascista per le sue posizioni di contrasto al pensiero unico nazionalista. Etichettato come spia russa, Nestor Shufrich è stato tratto in arresto e allo stato attuale non si hanno sue notizie.
Un’altra vittima presunta del regime di Kiev è il sindaco del villaggio di Kremennayam, Vladimir Struk trovato morto il primo marzo scorso. Aveva proposto ai deputati locali di avviare comunicazioni con la Russia. Secondo la moglie, è stato sequestrato da uomini armati. Il suo corpo è stato ritrovato con un colpo di arma da fuoco al cuore.
Un altro caso è quello dei fratelli Mikhail e Aleksander Kononovich dell’Unione Giovanile Comunista Leninista dell’Ucraina, arrestati il 7 marzo dal regime neofascista ucraino e accusati di essere spie russe e bielorusse. Probabilmente saranno uccisi nelle prossime ore.
Questo è quello che sappiamo, ma gli omicidi mirati, i sequestri di persona, le torture, rappresentano un fenomeno molto più ampio, ormai fuori controllo dopo la distribuzione di armi alla popolazione e la dichiarazione della legge marziale che hanno aumentato a dismisura le violenze sulla popolazione russofona. Chiunque sia solo sospettato di essere una spia, viene spesso ucciso sul posto o incarcerato e torturato senza alcun processo. Inoltre le città sono teatro di saccheggi e scorribande di gruppi criminali, che esercitano violenza su chiunque.
A dispetto della propaganda occidentale che mostra presunti civili ucraini che rifocillano i soldati russi catturati, sul campo si assiste al pestaggio, alla tortura e all’esecuzione dei prigionieri. Le autorità ucraine utilizzano gli avversari catturati come vessilli di propaganda, costringendoli a chiamare i propri congiunti per spingerli a protestare contro il governo russo.
A questi episodi, non certo isolati, si aggiungono le documentate pratiche dei battaglioni nazisti, di utilizzare i civili come scudi umani, per impedire l’avanzata russa nei centri urbani, anche attraverso il sabotaggio dei corridoi umanitari, l’esecuzione di intere famiglie che cercano di scappare, di disertori o di uomini che cercano di evitare l’arruolamento. Una pratica più che logica, dato che dopo l’evacuazione dei civili, i coraggiosi combattenti fascisti dovrebbero vedersela con le truppe regolari russe. L’esito sarebbe scontato.
Tutti questi eventi non disegnano i tratti di una democrazia matura sotto attacco, ma di una feroce dittatura fascista, pronta a tutto pur di combattere la Russia e trascinare il mondo in una terza guerra mondiale. I popoli dell’Ucraina sono utilizzati come agnello sacrificale in uno scontro tra Russia e Nato, già in atto sin dai primi giorni di conflitto e presto o tardi, la narrazione hollywoodiana del coraggioso popolo che lotta contro l’occupante cadrà come un castello di carte, al primo soffio di vento. (Qui)

Quanto all’improvvisa inaspettata immotivata aggressione, questo spezzone di un’intervista di quattro ore di Oliver Stone è di cinque anni fa

E ancora:

Più o meno come dire che Lorena Bobbit ha depisellato il marito così, perché un bel giorno le è saltato il ghiribizzo di dedicarsi all’arte del découpage.

E tornando alla questione della democrazia

E ora vorrei tornare ancora un momento al fatidico 2014. Con una precisazione: non amo granché byoblu: è un canale totalmente libero, vale a dire che chiunque può andare lì e dire quello che gli pare, senza nessun controllo né verifica, e non è raro che vi si sentano giganteschi complottismi e ciarlatanerie. Ma a volte vi si trovano anche cose interessanti  che non trovano spazio altrove. In questo caso il giornalista presenta fatti confermati da altri testimoni e ripresi qui in diretta, per cui ho deciso di proporlo.

E ora vi faccio fare un salto a casa nostra e vi propongo, con qualche giorno di ritardo, il discorso del nostro draghetto preferito, nel caso ve lo foste perso.

“Putin come i nazisti nel ’39”. Cosa ha detto Draghi in Senato

Il duro intervento del premier in Senato sulla situazione della guerra in Ucraina. L’attacco a Putin
Signor Presidente,
Onorevoli Senatrici e Senatori,
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia segna una svolta decisiva nella storia europea.
Negli ultimi decenni, molti si erano illusi che la guerra non avrebbe più trovato spazio in Europa. Che gli orrori che avevano caratterizzato il Novecento fossero mostruosità irripetibili.
Che l’integrazione economica e politica che avevamo perseguito con la creazione dell’Unione Europea ci mettesse a riparo dalla violenza. Che le istituzioni multilaterali create dopo la Seconda Guerra Mondiale fossero destinate a proteggerci per sempre [ehm… dal 1945 a oggi ci sono state 82 guerre con diverse decine di milioni di morti, signor presidente, di cui 24 negli ultimi due decenni: lei dov’era?]. In altre parole, che potessimo dare per scontate le conquiste di pace, sicurezza, benessere che le generazioni che ci hanno preceduto avevano ottenuto con enormi sacrifici.
Le immagini che ci arrivano da Kiev, Kharkiv, Maripol e dalle altre città dell’Ucraina in lotta per la libertà dell’Europa segnano la fine di queste illusioni. L’eroica resistenza del popolo ucraino, del suo presidente Zelensky, ci mettono davanti una nuova realtà e ci obbligano a compiere scelte fino a pochi mesi fa impensabili. Voglio ribadire, ancora una volta, tutta la mia solidarietà, quella del Governo e degli italiani [li hai interpellati? Tutti 60 milioni?] al Presidente Zelensky, al Governo ucraino e a tutte le cittadine e cittadini dell’Ucraina.

L’aggressione premeditata di Putmin

L’aggressione – premeditata e immotivata [di cui TU sei tanto cieco e ottuso da non vedere i motivi] – della Russia verso un Paese vicino ci riporta indietro di oltre ottant’anni, all’annessione dell’Austria, all’occupazione della Cecoslovacchia e all’invasione della Polonia. Non si tratta soltanto di un attacco a un Paese libero e sovrano [chiedere a Biden per chiarimenti], ma di un attacco ai nostri valori di libertà e democrazia e all’ordine internazionale che abbiamo costruito insieme. (…) L’Italia non intende voltarsi dall’altra parte.
Il disegno revanscista del Presidente Putin si rivela oggi con contorni nitidi, nelle sue parole e nei suoi atti. Nel 2014, la Russia ha annesso la Crimea con un referendum illegale [illegale in che senso? In base a quale legge?], e ha incominciato a sostenere dal punto di vista finanziario e militare le forze separatiste nel Donbass.
La settimana scorsa, ha riconosciuto – nel più totale sprezzo della sovranità ucraina e del diritto internazionale [come quando parlate di diritto internazionale a proposito di Israele?] – le due cosiddette repubbliche di Donetsk e Lugansk. Subito dopo, in seguito a settimane di disinformazione, ha invaso l’Ucraina con il pretesto di “un’operazione militare speciale”. Le minacce di far pagare con “conseguenze mai sperimentate prima nella storia” chi osa essere d’intralcio all’invasione dell’Ucraina, e il ricatto estremo del ricorso alle armi nucleari, ci impongono una reazione rapida, ferma, unitaria. Tollerare una guerra d’aggressione nei confronti di uno Stato sovrano europeo vorrebbe dire mettere a rischio, in maniera forse irreversibile, la pace e la sicurezza in Europa. Non possiamo lasciare che questo accada. (…) [Pare di sentire i film Luce del fascismo: stessa roboante retorica, stessa vagonata di falsità, stesso vuoto di contenuti]

La risposta militare dell’Italia

In seguito all’intensificarsi dell’offensiva russa, abbiamo adottato una risposta sempre più dura e punitiva nei confronti di Mosca. Sul piano militare, il Comandante Supremo Alleato in Europa ha emanato l’ordine di attivazione per tutti e 5 i piani di risposta graduale che ho illustrato la settimana scorsa. Questo consente di mettere in atto direttamente la prima parte dei piani e incrementare la postura di deterrenza sul confine orientale dell’Alleanza con le forze già a disposizione. Mi riferisco al passaggio dell’unità attualmente schierata in Lettonia, alla quale l’Italia contribuisce con 239 unità. Per quanto riguarda le forze navali, sono già in navigazione e sotto il comando NATO. Le nostre forze aeree schierate in Romania saranno raddoppiate in modo da garantire copertura continuativa, assieme agli assetti alleati. Sono in stato di pre-allerta ulteriori forze già offerte dai singoli Paesi Membri all’Alleanza: l’Italia è pronta con un primo gruppo di 1.400 militari e un secondo di 2.000 unità. (…) [nel caso qualcuno avesse ancora qualche dubbio sul fatto che abbiamo dichiarato guerra alla Russia; tipo che mi arrabbio con Mike Tyson e faccio la faccia cattiva cattiva cattivissima e poi gli do anche un pestone su un piede]
L’Italia ha risposto all’appello del Presidente Zelensky che aveva chiesto equipaggiamenti, armamenti e veicoli militari per proteggersi dall’aggressione russa. È necessario che il Governo democraticamente eletto sia in grado di resistere all’invasione e difendere l’indipendenza del Paese.
A un popolo che si difende da un attacco militare e chiede aiuto alle nostre democrazie, non è possibile rispondere soltanto con incoraggiamenti e atti di deterrenza. Questa è la posizione italiana, dell’Unione Europea, dei nostri alleati. (…) [E poi hanno anche la faccia da culo di mandare da Putin il gigetto in missione diplomatica][E adesso arrivano le randellate sulla testa degli italiani]

Le sanzioni alla Russia

Abbiamo adottato tempestivamente sanzioni senza precedenti, che colpiscono moltissimi settori e un numero importante di entità e individui, inclusi il presidente Putin e il ministro Lavrov.
Sul piano finanziario le misure restrittive adottate impediranno alla Banca centrale russa di utilizzare le sue riserve internazionali per ridurre l’impatto delle nostre misure restrittive. In ambito UE si sta lavorando a misure volte alla rimozione dal sistema SWIFT di alcune banche russe. Questo pacchetto ha inflitto già costi molto elevati a Mosca. Nella sola giornata di lunedì, il rublo ha perso circa il 30% del suo valore rispetto al dollaro. La Borsa di Mosca è chiusa da ieri e la Banca centrale russa ha più che raddoppiato i tassi di interesse, passati dal 9,5% al 20%, per provare a limitare il rischio di fughe di capitali. Stiamo approvando forti misure restrittive anche nei confronti della Bielorussia, visto il suo crescente coinvolgimento nel conflitto. La Russia ha subito anche un durissimo boicottaggio sportivo, con l’annullamento di tutte le competizioni con squadre russe in ogni disciplina. [Così gli facciamo vedere, a quel buzzurro di Putin, cosa significa democrazia e libertà e stato di diritto, tiè]
L’Italia è pronta a ulteriori misure restrittive, ove fossero necessarie. In particolare, ho proposto di prendere ulteriori misure mirate contro gli oligarchi. L’ipotesi è quella di creare un registro internazionale pubblico di quelli con un patrimonio superiore ai 10 milioni di euro.
Ho poi proposto di intensificare ulteriormente la pressione sulla Banca centrale russa e di chiedere alla Banca dei Regolamenti Internazionali, che ha sede in Svizzera, di partecipare alle sanzioni.
Allo stesso tempo, è essenziale mantenere aperta la via del dialogo con Mosca. [E ci vengono a raccontare che questo sarebbe uno statista]
Ieri, delegazioni russe e ucraine si sono incontrate in Bielorussia, al confine con l’Ucraina.
Auspichiamo il successo di questo negoziato, anche se siamo realistici sulle sue prospettive.

Le forniture di Gas

Il governo è inoltre al lavoro per mitigare l’impatto di eventuali problemi per quanto riguarda le forniture energetiche. Al momento non ci sono segnali di un’interruzione delle forniture di gas. [al momento… Ricordiamo che stiamo avendo l’inverno più freddo da decenni, con temperature da gennaio a metà marzo]]
Tuttavia è importante valutare ogni evenienza, visto il rischio di ritorsioni [ah, potrebbe esserci il rischio di ritorsioni? Ma va?] e di un possibile ulteriore inasprimento delle sanzioni. L’Italia importa circa il 95% del gas che consuma e oltre il 40% proviene dalla Russia [un  sentito grazie a tutti i governi che ci hanno sottratto tutte le risorse che avevamo]. Nel breve termine, anche una completa interruzione dei flussi di gas dalla Russia a partire dalla prossima settimana non dovrebbe comportare problemi. L’Italia ha ancora 2,5 miliardi di metri cubi di gas negli stoccaggi e l’arrivo di temperature più miti dovrebbe comportare una significativa riduzione dei consumi da parte delle famiglie [cioè ci affidiamo alla sorte, come nel medioevo]. La nostra previsione è che saremo in grado di assorbire eventuali picchi di domanda attraverso i volumi in stoccaggio e altra capacità di importazione [e visto che con le previsioni vi siete sempre mostrati dei fenomeni…].
Tuttavia, in assenza di forniture dalla Russia, la situazione per i prossimi inverni rischia di essere più complicata.
Il Governo ha allo studio una serie di misure per ridurre la dipendenza italiana dalla Russia.
Voglio ringraziare il Ministro Cingolani per il grande lavoro che sta svolgendo su questo tema. Le opzioni al vaglio, perfettamente compatibili con i nostri obiettivi climatici, riguardano prima di tutto l’incremento di importazioni di gas da altre fornitori – come l’Algeria o l’Azerbaijan; un maggiore utilizzo dei terminali di gas naturale liquido a disposizione; eventuali incrementi temporanei nella produzione termoelettrica a carbone o petrolio, che non prevedrebbero comunque l’apertura di nuovi impianti.
Se necessario, sarà opportuno adottare una maggiore flessibilità sui consumi di gas, in particolare nel settore industriale e quello termoelettrico [cioè?].
La diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico è un obbiettivo da perseguire indipendentemente da quello che accadrà alle forniture di gas russo nell’immediato. Non possiamo essere così dipendenti dalle decisioni di un solo Paese [e questa sì che è una scoperta geniale!]. Ne va anche della nostra libertà, non solo della nostra prosperità. Per questo, dobbiamo prima di tutto puntare su un aumento deciso della produzione di energie rinnovabili [VAFFANCULO] – come facciamo nell’ambito del programma “Next Generation EU”. Dobbiamo continuare a semplificare le procedure per i progetti onshore e offshore – come stiamo già facendo – e investire sullo sviluppo del biometano. Il gas rimane un utile combustibile di transizione. Dobbiamo ragionare su un aumento della nostra capacità di rigassificazione e su un possibile raddoppio della capacità del gasdotto TAP [ma vorrai scherzare! Non te l’hanno detto che TAP è Satana in persona?].

La difesa militare dell’Ue

L’Europa ha dimostrato enorme determinazione nel sostenere il popolo ucraino. Nel farlo, ha assunto decisioni senza precedenti nella sua storia – come quella di acquistare e rifornire armi a un Paese in guerra [e se ne vanta pure!]. Come è accaduto altre volte nella storia europea, l’Unione ha accelerato nel suo percorso di integrazione di fronte a una crisi. Ora è essenziale che le lezioni di questa emergenza non vadano sprecate.
In particolare, è necessario procedere spediti sul cammino della difesa comune, per acquisire una vera autonomia strategica, che sia complementare all’Alleanza Atlantica. La minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo fatto finora. Possiamo scegliere se farlo a livello nazionale, oppure europeo. Il mio auspicio è che tutti i Paesi scelgano di adottare sempre più un approccio comune. Un investimento nella difesa europea è anche un impegno a essere alleati. (…)
In caso di interruzioni nelle forniture di gas dalla Russia, l’Italia avrebbe più da perdere rispetto ad altri Paesi europei che fanno affidamento su fonti diverse. Questo non diminuisce la nostra determinazione a sostenere sanzioni che riteniamo giustificate e necessarie [tanto non ci stai mica tu al freddo, pezzo di merda. Tanto non resti mica tu con la macchina ferma, pezzo di merda]. È però importante muoverci nella direzione di un approccio comune per lo stoccaggio e l’approvvigionamento di gas. Farlo permetterebbe di ottenere prezzi più bassi dai Paesi produttori e assicurarci vicendevolmente in caso di shock isolati.
La guerra avrà conseguenze sul prezzo dell’energia, che dovremo affrontare con nuove misure a sostegno delle imprese e delle famiglie. È opportuno che l’Unione Europea le agevoli, per evitare contraccolpi eccessivi sulla ripresa. Nel lungo periodo, questa crisi ci ricorda l’importanza di avere una visione davvero strategica e di lungo periodo nella discussione sulle nuove regole di bilancio in Europa. A dicembre, insieme al Presidente francese Macron, abbiamo proposto di favorire con le nuove regole gli investimenti nelle aree di maggiore importanza per il futuro dell’Europa, come la sicurezza, o la difesa dell’ambiente. Il disegno esatto di queste regole deve essere discusso con tutti gli Stati membri. Tuttavia, questa crisi rafforza la necessità di scrivere regole compatibili con le ambizioni che abbiamo per l’Europa [cioè, fammi capire: tu saresti convinto di poterti permettere di avere delle ambizioni?! Ma veramente veramente?].
L’invasione da parte della Russia non riguarda soltanto l’Ucraina. È un attacco alla nostra concezione dei rapporti tra Stati basata sulle regole e sui diritti [perché non lo hai detto alla NATO in tutti gli ultimi 25 anni in cui ha ininterrottamente violato tutti i patti sottoscritti?] Non possiamo lasciare che in Europa si torni a un sistema dove i confini sono disegnati con la forza. E dove la guerra è un modo accettabile per espandere la propria area di influenza. Il rispetto della sovranità democratica è una condizione alla base di una pace duratura. Ed è al cuore del popolo italiano che, come disse Alcide De Gasperi, è pronto ad associare la propria opera a quella di altri Paesi, “per costruire un mondo più giusto e più umano”. La lotta che appoggiamo oggi, i sacrifici che compiremo domani sono una difesa dei nostri principi e del nostro futuro.
Ed è per questo che chiedo al Parlamento il suo sostegno.
Grazie.

Non so a voi, ma a me tutta questa retorica bolsa fa venire il vomito. Comunque prepariamoci, perché una volta che Putin avrà finito di saldare il conto con l’Ucraina, poi tocca a noi. Nel frattempo, in attesa che il Titanic finisca di affondare, balliamo. Balletti russi, naturalmente.

barbara