la serie di documenti sulla guerra in Ucraina per dare conto di un avvenimento di almeno pari gravità denunciato in consiglio comunale dal noto politico Mattia Santori. Ascoltiamolo dalla sua viva voce
Spero siate toccati quanto me – e quanto l’ottimo Mattia – dal drammatico evento e vorrete mobilitarvi per far sì che mai più simili tragedie funestino la nostra società (in effetti, fra due cani e due oche, che cosa meglio di una sardina?).
PS: NOTA PER LE TESTE DI CAZZO ANALFABETE Non ho MAI accostato la parola “traditore” al nome di Rabin. Quello che ho detto è che è stato una delle tre peggiori sciagure capitate a Israele. E naturalmente, a differenza delle teste di cazzo che lanciano proclami a vanvera, non mi sono limitata a dirlo, bensì l’ho rigorosamente documentato (e chi sa l’ebraico potrà anche ascoltare dalla sua viva voce le mostruosità uscite dalla sua bocca).
PPS: Naturalmente ho sempre saputo quello che quell’individuo pensa e dice in giro di me: come tutti sanno, noi del Mossad abbiamo le nostre talpe sguinzagliate in giro, che perlustrano il territorio e poi vengono a rapporto.
PPPS: Come detto sopra, non ho mai accostato la parola traditore al nome di Rabin, neppure tra di me ho mai pensato a lui in questi termini. Ho continuato a non pensarlo dopo averlo letto, da quell’individuo, per la prima volta. E ho continuato a non pensarlo dopo la seconda volta. Ma la terza volta che, sempre da lui, sono tornata a leggerlo, vista l’insistenza sono stata spinta a rifletterci su e alla fine ho dovuto riconoscere che sì, traditore è proprio la definizione giusta: Rabin è stato un traditore. Grazie infinite ed eterna riconoscenza per avermi aperto gli occhi.
(perché voi di un campo di grano non ne sapete niente, e allora ve lo racconto io). E cominciamo con l’ennesimo scandalo a corte.
“Boicottiamo la regina Elisabetta, è razzista”
Così la fondatrice di Black Lives Matter, Opal Tometi. Si occupasse di schiave nigeriane, anziché di far inginocchiare la regina 95enne che sta lì da quando Hitler bombardava Londra [e lei difendeva la civiltà dalla barbarie nazista facendo la camionista per l’esercito, a 18 anni]
La fondatrice di Black Lives Matter chiede il boicottaggio della famiglia reale dopo le accuse di razzismo alla casa reale da parte di Meghan Markle, che sostiene Black Lives Matter. La scrittrice e attivista Opal Tometi ha esortato a rivoltarsi e a cancellare la monarchia inglese perché non sosterrebbe le persone di colore. Nessuna meraviglia. I fondatori di Black Lives Matter hanno ammesso di essere degli ideologi marxisti. Vi spiccano ex membri dei Weather Underground, un gruppo terroristico della sinistra radicale che, negli anni Sessanta, tentò di scatenare una rivoluzione comunista negli Stati Uniti. Black Lives Matter afferma di voler abolire la famiglia, la polizia, le prigioni, l’“eteronormatività” e il capitalismo. Per loro, i Windsor sono solo un altro simbolo del “suprematismo bianco”. Tometi, nata in America da genitori nigeriani, dice di essersi ispirata per Black Lives Matter dalla storia della sua famiglia. Per servire davvero la causa della dignità, dell’antirazzismo e difendere le persone di colore potrebbe tornare a guardare a quel che accade in questi giorni in Nigeria, dove migliaia di donne e bambine vengono rapite. Sarebbe una causa ben più nobile e urgente della mascalzonata contro una regina che sta per compiere 95 anni e che sta lì da quando Hitler bombardava Londra, teneva discorsi alla radio e serviva come ausiliaria nell’esercito inglese, l’unico che tenne testa al nazismo fra le tante monarchie e paesi europei. In alternativa, che ne diciamo di boicottare noi Black Lives Matter? Giulio Meotti, qui.
Certo che se un’attricetta arrivista (il suo primo marito era un produttore) incontra un nazistoide,
non è molto facile che ne esca qualcosa di buono. Però guardate come piange poverina, incurante del trucco che si scioglie e cola giù da tutte le parti!
L’agente Jesse Madsen, che nella sua vita dedicata alla Nazione ha prestato servizio nel Corpo dei Marines, decorato in combattimento, e nella Guardia Nazionale della Florida oltre che in altre tre unità di polizia prima di raggiungere il dipartimento di polizia di Tampa, martedì mattina è morto gettandosi intenzionalmente sulla traiettoria di un veicolo fuori controllo, alla cui guida c’era un ragazzo alterato da droghe, per proteggere l’incolumità di altri automobilisti. Nella sua onorata carriera Madsen aveva già vinto sette premi per aver salvato vite di persone di ogni etnia e colore. Per me il giornale unico si guadagnerà un minimo di credibilità solo quando, oltre ad inginocchiarsi per dei criminali, si occuperà anche di storie come quelle dell’agente Jesse Madsen che lascia una moglie e tre figli, di 16, 12 e 10 anni. Ora e per sempre: Blue Lives Matter
Ma queste cose è difficile che facciano notizia. Un po’ come per i palestinesi: se non sei terrorista e se non ti ammazza un israeliano vali meno di zero, e nessun giornale ti dedicherà mezza riga. A proposito: se a causa delle criminali politiche del nostro governo vi ritrovate con l’attività chiusa, zero entrate e una famiglia, oltre a voi stessi, da mantenere, e siete disperati e non sapete dove sbattere la testa, vi posso dare un buon suggerimento: andate in Israele e fate fuori un po’ di ebrei. E se avete tanti figli da mantenere, cercate di ammazzarne tanti:
Restando in America, vi ricordate quel detto secondo cui “Tu sai cento parole, il padrone ne sa mille: per questo il padrone è lui”? Ebbene sì, sapere tante parole è straordinariamente utile in politica:
E sempre a proposito di parole
Passiamo ora al nuovo proibizionismo.
Roma. Il clima è quello in cui il più celebre fumettista americano, Theodor Geisel, “Dr. Seuss”, scomparso nel 1991 e che ha venduto 650 milioni di copie di libri per l’infanzia, fra cui “Il Grinch”, è diventato infrequentabile. Sei libri del Dr. Seuss non verranno più stampati a causa di “immagini razziste” e sono stati ritirati dalle scuole della Virginia, dal portale di vendite eBay e dalla Chicago Public Library. Appena sei anni fa, Michelle Obama aveva portato uno dei libri del Dr. Seuss alla Casa Bianca, “The cat in the hat”. Oggi l”`Iliade”, “Le avventure di Huckleberry Finn”, “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee e “Uomini e topi” di John Steinbeck vengono ritirati da molte scuole, mentre “Tintin in Congo” di Hergé, scrive il New York Times, “è diventato praticamente introvabile negli Stati Uniti”. Allo stesso modo i libri di Richard Scarry, il prolifico autore e illustratore di libri per bambini che ha venduto 160 milioni di copie, sono stati “rivisti” per riflettere l’uguaglianza di genere. Così un orso poliziotto è diventato un orso femmina e una gatta che spinge un passeggino è diventata un gatto. Nel 2018 e nel 2019, la Toronto Public Library ha ricevuto numerose richieste di rimozione di libri. Come “Good Dog Carl and the Baby Elephant”, perché in esso “i bambini piccoli vengono lasciati incustoditi in uno zoo e interagiscono con animali selvatici, concetti obsoleti”. Volevano che il libro fosse rimosso dalla collezione dei bambini e che la biblioteca “distruggesse tutte le copie”. Racconta il National Post che “Peter Pan è stato rimosso dalla Toronto Public Library”. Il libro di J. M. Barrie è stato collocato in una sala speciale di lettura di titoli controversi, accusato di contenere “molti stereotipi grotteschi, scene di appropriazione culturale e dialoghi offensivi”. In Unione Sovietica avevano le “spezkhran”, i fondi speciali delle biblioteche. Libri con il timbro “per uso di servizio”. Lo slogan era: “Meglio vigilare troppo che poco”. Alla biblioteca di Leningrado, ogni libro aveva una, due o tre stellette a seconda del “rischio” che rappresentava. C’erano i romanzi di Balzac, George Sand, Emile Zola e Ibsen, perché “quasi tutti i personaggi dei suoi drammi danno vita a una dura protesta contro la struttura sociale”. Qualche giorno fa, sul New York Times, Pierre Nora, che in Francia ha diretto il Débat, ha attaccato così la cancel culture: “Alcuni di noi sono abbastanza vecchi da avere echi in testa di Goebbels che disse: `Quando sento la parola `cultura’, metto mano alla pistola”. Giulio Meotti, qui.
E contro il proibizionismo ci resta un’unica difesa: il contrabbando:
E veniamo alla peste, che più che i polmoni dei pazienti sembrerebbe devastare i cervelli di chi governa e decide.
Mi ha appena telefonato un mio amico fraterno che mi ha raccontato un episodio molto sintomatico dei tempi bizzarri che stiamo vivendo. Ieri, a Verona, si è recato in un albergo dove alloggiava un suo amico per incontrarlo nella hall: è entrato, munito di mascherina ormai di ordinanza, si è sottoposto al rito della misurazione della febbre, superando brillantemente il test. Poi ha trovato ad attenderlo l’amico: i due si sono salutati e stavano per accomodarsi sul divano della sala per poter parlare, quando l’addetta alla reception, sia pure con modi cortesi, li ha invitati ad uscire dall’edificio, in quanto le disposizioni anticovid per la zona arancione, impedivano che un ospite si trattenesse all’interno dell’hotel con una persona proveniente dall’esterno. I due, sorpresi, si sono dovuti adeguare, ma prima di andarsene, il mio amico ha chiesto: “Ma se io prendessi adesso una stanza in questo hotel, potrei restare? Non ci sarebbe più pericolo di Covid?’” La ragazza, visibilmente imbarazzata, ha annuito. Dal bizzarro mondo dell’anno uno d. C. (dopo Covid) è tutto. E scommetto che ci sarà qualcuno che troverà queste regole perfino sensate… Stefano Burbi
Certo, perché la prudenza non è mai troppa e la cosa migliore da fare è obbedire
anzi, come dice il motto, “Usi obbedir tacendo e tacendo morir”.
Purtroppo però, se il virus devasta il cervello dei governanti ed “esperti”, le scelte di questi ultimi devastano la vita, la salute e la psiche dei sudditi sani:
L’esplosione della violenza tra i più giovani è legata, secondo molti esperti, all’effetto combinato delle restrizioni e del quasi azzeramento della vita sociale sotto pandemia. In Francia il coprifuoco è in vigore da ormai cinque mesi, situazione inedita dalla fine della seconda guerra mondiale. Appello del governo per trovare soluzioni
Soluzioni? Usare aeroplani militari per irrorare le città con sedativi nebulizzati, o smetterla con i lockdown. (qui)
Se poi guardiamo in questo grafico l’andamento della mortalità in cinque Paesi, di cui quattro con segregazione e uno no…
E non si venga a parlare di diversa densità di popolazione: Stoccolma ha una densità maggiore di quella di Milano!
Ma forse la colpa in realtà non è del governo, bensì
Concludo con due note positive: una è che se alle prossime elezioni (2022, 2032, 2042, quello che sarà, ma insomma prima o poi dovranno pure arrivare, no?) voteremo tutti in massa Giorgia Meloni, succederà una cosa bellissima
L’altra è che il giudice di Berlino ha nominato un suo rappresentante a Reggio Emilia
Il Tribunale di Reggio Emilia: un atto amministrativo non può limitare la libertà personale di movimento, è contrario alla Costituzione un obbligo generalizzato a restare nella propria abitazione. (qui)
Con qualche commento. E iniziamo con la cronaca estera, partendo dall’Iran
Hananya Naftali
Ecco come il regime islamico in Iran ha a che fare con i manifestanti – o sparategli sul posto o eseguirli più tardi.
Dov’è l’ONU? Dove sono le organizzazioni per i diritti umani? Questi giovani non sono ancora stati giustiziati. Hanno bisogno della nostra voce. Gli iraniani hanno bisogno della nostra voce.
Proseguendo con la solita, immancabile Cina e la collaborazionista Botteri,
continuando col Libano
e approdando infine a New York, dove qualcuno giustamente si preoccupa
E veniamo in casa nostra, col sindaco più simpatico ed efficiente del pianeta
Sembra una foto del 2010 e invece è di oggi dal Cavone sopra piazza Dante.
Grazie sindaco, scegliendo una decoratrice di dolci come capo di Asia stiamo vedendo degli ottimi risultati soprattutto adesso in emergenza Covid, con la città piena di immondizia, i negozi che non riaprono e i turisti che non tornano più. Sei il fenomeno della politica che Napoli meritava dopo l’eruzione del Vesuvio e il colera. Grazie per questi splendidi anni!
passando per l’attivista più simpatico della galassia che guida gli squamo-pinnati più simpatici della galassia
Sui canali delle Sardine è stato postato il video dell’arresto di un ‘innocuo’ ragazzo con una ricostruzione non verificata: fermato da 5 agenti perché di colore e senza mascherina. (nell’immagine vedete le scritte)
Era una #FakeNews.
La realtà è diversa: il 25enne del Mali aveva scavalcato i tornelli urlando e spaventando i passeggeri, con sé aveva un coltello e permesso di soggiorno scaduto da un anno.
Grazie alle Forze dell’Ordine, sono intervenute con prontezza, non contro ad una persona per il colore della pelle ma perché identificato come fonte di pericolo verso gli altri.
per arrivare al presidente del consiglio più simpatico ed efficiente e geniale di tutte le galassie
(clic per leggere l’articolo)
e con questa sconfiniamo con la cosiddetta emergenza, molto cosiddetta
(clic)
Ricordando che Zangrillo è uno dei pochissimi che i medici considerano attendibile, dal momento che non è uno che sta chiuso dei laboratori e va poi in televisione a fare la bella statuina, bensì un medico che è stato in prima linea come loro, e oltre a quello che dice lui ci sarebbe anche questo
e questo
che è comunque quello che da oltre due mesi stiamo vedendo tutti noi coi nostri occhi, ma lui, il primo ministro bello ed elegante e affascinante che fa tremare il culo a un sacco di donne e io, lasciatemelo dire, le donne non le capirò mai, non demorde, figuriamoci se demorde, perché le sue risorse sono infinite.
Nel frattempo in giro per il Paese
ma lui non può occuparsi di queste scemenzine perché ha ben altri progetti, lui, ben altre priorità
(clic)
Aggiungo questa cosa che non c’entra niente, che ho visto per caso qualche ora fa, per la quale mi mancano le parole per commentare. Si riferisce a un evento tenuto alla fine dello scorso anno in memoria di Giancarlo Siani:
Il prefetto di Napoli, Carmela Pagano, ha letto invece un messaggio del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese: “Oggi avrebbe 60 anni e di sicuro sarebbe un giornalista affermato e ascoltato. Il suo sacrificio sia esempio ai giovani”.
Cioè, per un ragazzo che, sapendo perfettamente che cosa stava rischiando, ha continuato a denunciare i crimini della camorra facendo nomi e cognomi, ed è stato per questo assassinato a 26 anni, questo essere per il quale non trovo aggettivi sufficienti a descrivere il livello di cloachitudine, tutto quello che trova da dire è che avrebbe 60 anni e sarebbe un giornalista affermato. Meriterebbe xxx xxxxxx xx xxxxxxx x xxxxx xxxxxx xxx xxxxxxxxxx, xxxxxxxxxxx.
E chiudo con la rubrica “chi la fa l’aspetti”: l’ortottero dedica alla signora Mezzidiametri un sonetto in cui mostra scarso apprezzamento per i romani,
e i romani lo ripagano come merita
Qualcuno ha detto che sì, lui ci è andato pesante ma loro hanno sbagliato. Beh, a me sembra proprio l’esatto contrario: lui ha colpito indiscriminatamente quasi tre milioni di persone che non conosce, loro hanno colpito due persone per fatti specifici e reali, e la vittima sarebbe lui?! Ah già, che stupida, me lo dimentico sempre: è Caino quello che non si deve toccare, Abele si fotta pure.
Cartoline dal manicomio Italia: l’odio non è più un problema se viene da sinistra
Cartoline dal manicomio Italia. Un lanciatore di frisbee, uno di quegli eterni fuoricorso della vita che a 32 anni ancora bazzicano i centri sociali, vien messo a dirigere un collettivo di parigrado chiamato “sardine” e si monta la testa: “Piaccio a tutte, mi cercano tutti” dice mentre gli fanno mangiare piatti di sardine in continuazione. Gli chiedono che idea abbia della prescrizione, e lui dice che i bambini autistici non possono giocare a pallacanestro. Poi difende il sistema Bibbiano, atroce, infernale, con queste parole: “Tutte balle, solo uno slogan”. Secondo una cantante di alterne fortune, Paola Turci, questo capo sardina è “il migliore politico degli ultimi anni” e alla sua corte riparano rottami musicali in cerca di gloria residua.
Un coetaneo del Sardina, ex bibitaro allo stadio, promosso capo politico di una setta fondata da un comico e un informatico, finisce a fare il ministro degli esteri: confonde i Paesi sul mappamondo, chiama il presidente cinese Xi Jinping “mister Pin”, le faide interne lo fanno cadere in disgrazia nella nomenklatura e lui commenta, in un accesso di modestia, è la fine di un’epoca. Tra i sostituti, gaffeur, incapaci, distratti, lunatici e l’ombra lunga di un competitore, ex intrattenitore in villaggi turistici formalmente uscito dalla setta per darsi ai viaggi esotici, ma sempre incombente.
Un ex ministro dell’interno, lanciato in campagna elettorale, citofona a un tunisino sospetto e chiede: scusi, lei spaccia? Si scatena il canaio, la destra lo difende in nome della lotta alla droga (sic!), la sinistra difende il nordafricano risorsa in nome del sospetto spaccio e si distingue, per furibondi attacchi, uno scrittore di romanzetti sentimentali. Un allenatore con la leucemia si espone a favore del politico al citofono e i buoni, gli umanitari commentano: che possa non arrivare a domenica, tanto un cancro ce l’ha già. Sono le sardine di cui sopra, le stesse che vogliono imporre il bando agli odiatori su internet. Sempre sul politico citofonatore, arriva una presa di posizione del Vaticano che in sostanza spiega: noi non facciamo politica, non parliamo delle persone, però quello è un pezzo di merda.
Un presidente del Consiglio per caso, o per allegria, o per decreto presidenziale, sgomita ai vertici internazionali, ma lo accompagnano per le spicce all’ultima fila, a margine della fotina di rito.
“Siamo tornati a contare in Europa”, commenta lui tutto orgoglioso.
A Sanremo un conduttore sponsorizzato da un impresario legato a un politico di sinistra pretende una giornalista esotica a sinistra della rivoluzione cinese che odia “il maschio bianco” in quanto tale. Anche lei sponsorizzata dallo stesso impresario del presentatore. La prendono, poi ci ripensano, poi cambiano idea e l’arruolano. Lei, per festeggiare, in nome del popolo si fa ospitare nella villa di una di una dinastia industriale. Sempre a Sanremo chiamano un rapper che in vita sua ha praticamente avuto successo con una filastrocca in cui vuole scuoiare un’amica che si chiama Gioia e “prima beve e poi ingoia”.
La sinistra femminista prima si indigna, poi si accorge che anche il politico citofonatore protesta e allora passa a difendere il rapper misogino in nome della sacralità artistica. La setta fondata dal comico perde pezzi, sembra sul punto di sfaldarsi e il Sardina commenta autorevolmente: non è una sorpresa, hanno perso la barra. Adesso ci siamo noi, adesso tocca a me.
Sta di nuovo girando questa puttanata,
precedentemente usata in riferimento ai grillini e adesso rispolverata per le sardine. Beh, come spesso, per non dire sempre, accade quando si trovano riferimenti assolutamente perfetti, è una bufala. Il fatto che ci siano alcune somiglianze in alcuni stralci non significa assolutamente niente: tirando fuori pezzi di frasi da cose detta da me ci potete tranquillamente trovare mezze frasi simili a mezze frasi dette da Hitler, da madre Teresa, da Nilla Pizzi o dalla mia fruttivendola. E comunque il fatto fondamentale, ci siano o no somiglianze o affinità, marginali o di fondo, è che quelle frasi, in un comizio del 1932, Hitler non le ha pronunciate, e il fatto che vengano mandate in giro come se lo avesse fatto, non disonora i grillini o le sardine, bensì chi si presta a questo gioco stupido e sporco.
(In incolpevole ritardo, a causa dei dieci micidiali quanto interminabili giorni di black-out internettiano)
La signora Maraini, di nobil casa sortita – la madre è la principessa Topazia (no, dico, ma si può?!) Alliata – è una mia antica passione, fin da quando le scrivevo lettere che si concludevano con un perentorio “Si vergogni” a cui lei, nel suo sconfinato candore, rispondeva stupita che davvero non capiva di che cosa si dovesse vergognare. Fra i molti articoli usciti in merito sulla stampa soprattutto ebraica, ho scelto questi due, in un certo senso complementari. Il primo è di Dario Calimani.
Dannose banalità sull’ebraismo
Oggi Dacia Maraini discetta di sardine per farne discendere il movimento dalla rivoluzione di Gesù, “Un giovane uomo che ha riformato la severa e vendicativa religione dei padri, introducendo per la prima volta nella cultura monoteista il concetto del perdono, del rispetto per le donne, il rifiuto della schiavitù e della guerra”. Insistendo, poi, che “molti, proprio dentro la Chiesa, hanno rifiutato i principi del vecchio Testamento, il suo concetto di giustizia come vendetta (occhio per occhio, dente per dente), la sua profonda misoginia, l’intolleranza, la sua passione per la guerra”.
Nel tempo, mi sono trovato a rispondere in dettaglio a superficialità del genere, esposte di volta in volta da Sergio Romano o dal Cardinale Gianfranco Ravasi. Non è dato sapere se si tratti di pregiudizi più che non di ignoranza della storia, del contesto ideologico e dell’interpretazione biblica. E poiché di queste superficialità non si conosce l’origine, conviene non sprecare tempo e spazio per spiegare per l’ennesima volta.
A Dacia Maraini, comunque, visto che lei stessa riconosce come premessa che “in nome di Cristo sono state fatte delle orribili nefandezze” merita chiedere, proprio a seguito delle sue osservazioni, come sia stato possibile che da una religione di “vendetta e di guerra” sia discesa una religione di amore. Forse Gesù aveva capito dell’ebraismo più di quanto non abbiano capito Dacia Maraini e compagni. E come mai, poi, la religione dell’amore si sia trasformata in religione di storiche e incancellabili “nefandezze”, come lei stessa riconosce. A meno che non si voglia affermare che la vendetta cristiana è caduta come una mazza per colpire lo spirito vendicativo degli ebrei. Il che tuttavia andrebbe contro la tesi, in quanto dimostrerebbe lo spirito vendicativo del cristianesimo. Sono questi, quesiti che hanno lacerato la coscienza della civiltà occidentale per duemila anni e che Dacia Maraini e compagni farebbero bene a considerare prima di sparare dannosissime banalità da Bignami delle religioni. E chiedo scusa a Bignami. Banalità che, però, contribuiscono a diffondere e perpetuare odio storico contro gli ebrei.
Poiché sappiamo leggere nella mente di chi legge con lo spirito del pregiudizio, mi permetto di specificare che solo un antisemita inveterato, di destra o di sinistra, potrebbe dire – decontestualizzando una volta di più – che gli israeliani di oggi sono la prova del desiderio di guerra degli ebrei.
Dacia Maraini è una riconosciuta Maîtresse à penser, quindi sorprende molto che si stia anche lei adeguando allo spirito della superficialità che caratterizza disastrosamente, e colpevolmente, il nostro tempo. Ai Maestri del pensiero è lecito chiedere che scrivano dopo aver studiato e approfondito i loro argomenti. Altrimenti rischiano di aggiungersi allo stuolo di scrittori improvvisati che sui social, con verità improvvisate, amareggiano le nostre giornate e contaminano i nostri pensieri.
Dario Calimani, Università di Venezia, 24/12/2019, qui.
Maîtresse à penser: basterebbe già da solo questo micidiale colpo di fioretto a meritare al pezzo almeno una mezza dozzina di stelle.
E dopo l’elegante e raffinato Dario Calimani, un più sanguigno e diretto Alex Zarfati.
Il Corriere della Sera regala agli stereotipi antisemiti la dignità della Prima pagina. Ed è subito Medio Evo.
Grazie a Dacia Maraini per averci riproposto un bel carico di stereotipi antisemiti di matrice religiosa alle soglie del Natale. Eravamo così impegnati a difenderci dalle accuse di barbarie verso i palestinesi, di essere i detentori del capitalismo, di propugnare il meticciato, di farci scudo della Shoah per ricattare il mondo, che quasi ci eravamo dimenticati delle buone, vecchie radici cristiane dell’antisemitismo politico.
A nulla vale la verità vera nell’epoca in cui la post-verità si salda alla tradizionale giudeofobia. Non è semplicemente desolante doversi ancora una volta difendere dall’accusa di “popolo vendicativo” quando l’“occhio per occhio dente per dente” piuttosto fu quello che introdusse un principio giuridico fondamentale che ancora guida ogni sistema legale della società civile, ovvero che la sanzione debba essere commisurata al danno e non moltiplicata. [E non solo: una lettura attenta delle Scritture mostra inconfutabilmente che non di ritorsione si tratta – tu mi hai tagliato un dito e io adesso ho il diritto di tagliare un dito a te – bensì di risarcimento. Ma certo, per potersene accorgere bisognerebbe togliere i paraocchi prima di affrontare la lettura, e non tutti hanno in dote questa capacità, ndb]. Ma è semplicemente disgustoso, così come a nulla varrebbe anche ricordare il ruolo della donna nell’ebraismo, che Dacia Maraini riduce a ‘misoginia’. La donna piuttosto è così centrale da determinare l’appartenenza all’ebraismo, trasmesso per via matrilineare. E la donna, perno della famiglia ebraica, si esprime prima di tutto nelle figure femminili della Torah – oggi nuovamente vilipesa e derubricata a testo primitivo, schiavista e intollerante -. Le donne con la loro sapienza, sensibilità, senso pratico e saggezza, nell’Antico Testamento vengono indicate come un esempio per tutte le generazioni. Servirebbe ricordarlo?
Che dire poi dell’accusa rivolta agli israeliti di avere “una passione per la guerra”? Quando se c’è stato un popolo bandito, scacciato, umiliato e convertito a forza sono stati proprio i giudei, costretti a difendersi da quando il primo ebreo ha calcato le orme in Mesopotamia. Rivolgere al popolo ebraico la calunnia di indulgere nelle arti della guerra fa il paio con le moderne accuse israelofobe verso il moderno Stato, al centro di una campagna di diffamazione teso a dipingerlo come armato fino ai denti e responsabile dei conflitti che infiammano il mondo.
Ma grazie anche al Corriere della Sera (qui l’intervento del Rabbino Capo di Roma, Rav Riccardo di Segni) per averci scosso dall’illusione che una certa visione fosse morta e sepolta scaraventandola in prima pagina e regalandogli la dignità di una riflessione “normale”. Ce ne ricorderemo quando altri intellettuali del cazzo ci propugneranno le loro arrampicate sugli specchi per spiegarci il perché, nel XXI secolo ancora si abbiano croci uncinate nei cimiteri ebraici, sinagoghe profanate, sfregi ai reduci della Shoah, stelle gialle sui negozi, aggressioni verbali e fisiche e “schizzi di letame ideologico” da parte di gilet gialli, populisti, sovranisti, sardine e altri idioti dei miei coglioni.
Una cosa, fra le tante, che ho apprezzato in entrambi gli articoli, è la scelta di evitare l’ipocrisia dello stupore di trovare tanta ignoranza e tanto pregiudizio in “una nota intellettuale, una scrittrice di fama“, “un’intellettuale di valore come Dacia Maraini”, “importanti intellettuali come Dacia Maraini” ecc. E quanto all’ignoranza, direi che quella della signora Maraini è proprio a tutto tondo: se avesse qualche vaga conoscenza del cristianesimo, saprebbe che Gesù era seguito nei suoi spostamenti anche da alcune donne: donne ebree libere di scegliere dove andare e cosa fare, di lasciare la propria casa, di decidere della propria vita, e non si trova traccia, nella narrazione evangelica, di riprovazione sociale nei loro confronti. Sia ben chiaro, ignorare tutto dell’ebraismo, del cristianesimo o di qualunque altra materia, non è certo un crimine, ma le persone intelligenti, di solito, evitano di addentrarsi in materie in cui sono totalmente ignoranti, disquisendo per giunta e sparando giudizi.
Vorrei poi aggiungere qualche nota sulla signora in questione. Ricordo, quando aveva una rubrica su “Sette” (se ricordo bene), supplemento settimanale del Corriere della Sera, una lettera di un ragazzo che parlava di “migliaia di ebrei uccisi dai nazisti” e lei, nella risposta, non ha avuto nulla da ridire. E ricordo un pezzo a proposito degli animali trasportati al macello, in cui vedeva una perfetta identità con gli ebrei deportati e portati alle camere a gas (è stato in quell’occasione che le ho intimato di vergognarsi). E ricordo anche un pezzo – che chiunque, se non si sapesse chi l’ha scritto, prenderebbe per un pezzo comico – in cui raccontava della drammatica esperienza vissuta in Israele, dove aveva sperimentato sulla propria pelle la brutalità con cui i soldati israeliani avevano gestito una manifestazione di protesta messa in atto da lei e dalle famigerate “donne in nero” di cui fa parte: loro si sono sedute in mezzo alla strada e i soldati sono andati lì, le hanno prese per le ascelle, sollevate e portate di peso sul marciapiede, e loro sono tornate in mezzo alla strada e si sono sedute, e i soldati sono andati lì, le hanno prese per le ascelle, sollevate e portate di peso sul marciapiede, e loro sono tornate in mezzo alla strada e si sono sedute, e i soldati sono andati lì, le hanno prese per le ascelle, sollevate e portate di peso sul marciapiede, e loro sono tornate in mezzo alla strada e si sono sedute, e i soldati… Non vi sembra di vedere una comica di Stanlio e Ollio? Come diceva Mussolini di De Bono: è un vecchio rincoglionito. Non perché è vecchio, ma perché rincoglionito lo è sempre stato, e adesso in più è anche vecchio.
(avete presente quei fiori che appassiscono senza arrivare a sbocciare, quei frutti che marciscono o avvizziscono senza riuscire a maturare?) torniamo a dare un’occhiata a quelle vere, con due articoli che ritengo molto ben fatti.
Non hanno proposte, ma pretese: la banalità delle Sardine, partigiani senza fascismo
Un insieme di banalità presentate con grande enfasi retorica. Si potrebbe riassumere così la manifestazione delle sardine di sabato scorso a Roma. Nonostante un’enorme mobilitazione, da Piazza San Giovanni non sono emerse proposte ma solo pretese. Confuse, pasticciate e infarcite di banalità. La banalità. Forse è questa la dimensione propria delle sardine. Che, certo, manifestano, sono attive e si impegnano ma non riescono ad esprimere un’idea politica. Le loro istanze sono un miscuglio tra il culto acritico dell’immigrazione, l’antifascismo di maniera e l’antisovranismo. Tutte saldate nell’antisalvinismo, che identifica Salvini con la “bestia populista” da combattere. A proposito dell’odio e della violenza verbale…
Ad ascoltare Mattia Santori si rimane sorpresi dalla pochezza culturale e dalle banalità proposte. Prendiamo le sei “pretese” avanzate sabato:
1) Fine della campagna elettorale permanente;
2) Comunicazione esclusivamente istituzionale per chi ricopre incarichi ministeriali;
3) Trasparenza comunicativa ed economica per i politici che usano i social media;
4) Protezione e difesa della verità da parte del mondo dell’informazione, che si deve impegnare nella ricostruzione fedele dei fatti;
5) Esclusione della violenza dai toni e dai contenuti della politica, con la conseguente equiparazione della violenza verbale a quella fisica;
6) Abolizione dei decreti sicurezza.
Le pretese sul mondo dei social media non dicono nulla di davvero rilevante. Sono, a ben vedere, dei tentativi maldestri di limitare la libertà di espressione. Quasi che comunicare tramite i social sia di per sé un fenomeno negativo, da colpire per restituire alla politica la sua dignità. L’equiparazione della violenza verbale a quella fisica, così come presentata, rappresenta invece una pretesa grezza, perché non definisce la violenza verbale. Secondo un’interpretazione di ampio respiro, anche l’espressione “bestia populista” potrebbe valere una denuncia. Lo stesso Santori potrebbe addirittura venire incriminato. L’abolizione del decreto sicurezza si fonda infine sul culto del migrantismo che vede l’immigrazione solamente come un’occasione e un’opportunità e mai come un potenziale rischio. È figlio dell’allofilia descritta magistralmente da Eugenio Capozzi nel suo volume sul politicamente corretto.
A queste pretese così deboli e banali, difficile dimostrare che i social media siano la causa dell’imbarbarimento della politica italiana, corrisponde un’incredibile retorica che esalta superficialmente la bellezza della democrazia, la partecipazione e la politica con la P maiuscola. Ma che, se sfrondata dai suoi artifici, può essere riconducibile ancora una volta alla lotta ai sovranisti. Autocelebrata come una “resistenza” contro il mare dell’indifferenza che vede le sardine rappresentarsi come i partigiani del 2020, che combattono contro il fascismo eterno di Salvini e della Meloni. Una resistenza totalmente slegata dalla lotta antifascista svoltasi tra il 1943 e il 1945, ma che serve per delegittimare l’avversario, estromettendolo dall’arena democratica. Un’arena la cui legittimità viene definita solo dalle sardine, dalla loro bellezza, dalle loro manifestazioni e dalla loro partecipazione che è bene, amore, gioia e pace. Che è risposta all’odio del campo avversario, come emerge da una rappresentazione polarizzante costantemente alimentata da buona parte dei mainstream media.
Pur se esaltate da una narrazione simpatetica, le sardine rimangono prive di una visione politica. Potranno riempire le piazze, potranno fare altri flash mob ed essere celebrate, ma senza una proposta politica seria non andranno certo lontano. (qui)
Le Sardine strumentalizzano l’antifascismo per alimentare un clima da guerra civile
Le varie sinistre italiane, con tutti i loro supporter in televisione, su carta stampata e social network, hanno ricevuto una cocente delusione dal Regno Unito. Il loro beniamino Jeremy Corbyn – al quale è giunto l’endorsement persino di Gad Lerner, esperto probabilmente di harakiri, visto il noto antisemitismo del leader laburista – ha perso, e non si è trattato nemmeno di una sconfitta dignitosa.
Compagni e compagnucci si sono potuti consolare tuttavia con la presenza di Greta Thunberg a Torino, e successivamente con la manifestazione delle cosiddette sardine in Piazza San Giovanni a Roma. Le istanze sia di Greta che delle sardine sono ormai abbastanza chiare, ma rinfreschiamoci la memoria. La ragazzina svedese è stata messa a capo, da alcuni adulti interessati, di un ambientalismo tanto affascinante quanto inconsistente, che perde subito valore ed utilità, se calato nella realtà globale di tutti i giorni. È quasi fiabesco girare il mondo in barca a vela, peccato però che la maggioranza degli abitanti del pianeta non abbia i soldi sufficienti per permettersi un’imbarcazione ecologica, e nemmeno le costosissime auto elettriche. Chi si sposta invece di parecchi chilometri, più per dovere lavorativo che per piacere turistico, non dispone del medesimo tempo libero di Greta Thunberg, e per giungere a destinazione in tempi accettabili non può che salire a bordo di un aereo. Donald Trump, attraverso uno dei suoi tanti tweet, ha invitato la giovanissima ambientalista a rilassarsi e andare al cinema, ma sarebbe meglio esortare Greta a recarsi a scuola almeno ogni tanto, visto che manca dalle aule scolastiche da molti mesi. [incrementando così ulteriormente la sua già mastodontica ignoranza, ndb] Al loro esordio le sardine sono apparse subito, almeno ad occhi non faziosi, come un qualcosa di costruito e manovrato dagli apparati di una sinistra che non riesce più a mobilitare un numero decente di persone nelle piazze usando solo simboli partitici, ed è costretta pertanto a inventarsi nuove formule. I sospetti dell’inizio hanno poi trovato conferma nelle varie manifestazioni tenutesi finora qua e là per l’Italia, intrise del solito luogocomunismo. Non ci stupiremmo se questo movimento svanisse progressivamente nel nulla, offrendo però l’opportunità di una carriera politica a non più di due o tre sardine. Per esempio, il capo-sardina, chiamiamolo così, Mattia Santori, si trova sempre più a proprio agio dinanzi a microfoni e telecamere, e sembra indirizzato verso qualche candidatura. Buona parte degli attuali partecipanti alle adunate “sardiniste” si sentirebbe tradita ed urlerebbe la propria frustrazione, conscia di essere stata l’utile idiota di turno che permette a pochi di farsi un nome – niente di inedito in Italia.
Oltre alla natura prettamente strumentale, le sardine colpiscono in negativo per il bersaglio delle loro proteste. Caso unico al mondo, non viene preso di mira il “potere”, il governo, bensì il leader del maggiore partito d’opposizione. Il nemico numero uno è Matteo Salvini, ma Giorgia Meloni, peraltro già accusata di lobbismo da L’Espresso, è già la nemica numero due per la sua continua crescita nei sondaggi. Nonostante l’uso distorto di una vecchia Costituzione da riformare e la conseguente formazione di governi impopolari come il Conte 2, l’Italia rimane un Paese democratico, ma queste sardine, che blaterano di dialogo e poi negano a Salvini il diritto di essere ascoltato, ricordano i pretoriani di alcuni regimi tutt’altro che liberi, impegnati ad intimidire qualsiasi voce fuori dal coro. Nel 1990 l’allora presidente rumeno Ion Iliescu, che non ambiva ad una netta discontinuità con il regime dell’ormai defunto dittatore Ceausescu, chiamava i minatori in piazza per interrompere, con le buone e soprattutto con le cattive, le proteste pacifiche e democratiche dell’opposizione. Certo, e lo evidenziamo subito, i minatori di Iliescu furono responsabili di molti atti violenti, mentre le sardine non hanno finora torto un capello a nessuno, ma le parole a volte possono ferire quanto una spada.
E visto che il capo delle sardine vorrebbe togliere a Salvini alcuni diritti, ovvero ridurre all’isolamento un leader politico che rappresenta all’incirca il 30 per cento dei suoi connazionali, sembra opportuno iniziare a fare dei paragoni solo in apparenza infondati. È comunque certo che non si tratti affatto di una forma di protesta trasversale, com’era il grillismo delle origini, bensì abbiamo a che fare con piazze, non sempre stracolme come vogliono far credere, dichiaratamente di sinistra. Questa natura è resa evidente dal continuo e ossessivo uso della celebre canzone partigiana “Bella ciao” e dall’aspirazione delle truppe ittiche di Santori ad essere i partigiani del 2020.
Senz’altro “Bella ciao” non è mai stata di moda quanto negli ultimi giorni, intonata anche da Greta e dai gretini durante il presidio torinese, non molto affollato, di Fridays for future. Cosa c’entri questa vecchia canzone dei partigiani con il riscaldamento climatico o presunto tale, è un mistero, ma tant’è…
Per le sardine rappresenta un chiaro posizionamento politico, considerato che Bella ciao è divenuta storicamente parte integrante dell’antifascismo comunista, il quale, ad onor del vero, si è appropriato negli anni di tutta la lotta al nazifascismo, come se gli angloamericani non fossero mai intervenuti e i partigiani cattolici, liberali e monarchici, non fossero mai esistiti. È lecito tuttavia, a distanza di più di settant’anni dalla caduta del fascismo e dalla guerra di Liberazione, dichiararci stanchi di assistere ancora oggi al ricorso strumentale e di parte di “Bella ciao”? Le sardine sono giovani fuori, ma assai vecchie dentro. Riproporre ad ogni occasione quella canzone partigiana, significa rilanciare una storia, l’antifascismo di sinistra, non priva di numerose ombre, come è stato dimostrato da Giampaolo Pansa e non da qualche nostalgico di Salò. Se l’avversione al fascismo di comunisti, ex comunisti, Anpi e dintorni, fosse stata accompagnata dalla lotta ad ogni tipo di totalitarismo, tutti avremmo sempre cantato “Bella ciao” e continueremmo a farlo, ma l’antifascismo rosso è stato ed è un fenomeno settario e discriminatorio, anche se la sinistra italiana, dal Pci al Pd, ha costantemente preteso di rappresentare l’anima profonda della democrazia italiana.
I giovani-vecchi del movimento delle sardine alimentano un clima da guerra civile strisciante, già sperimentato in passato contro Almirante, Craxi e Berlusconi. I partigiani del 2020 dovrebbero anzitutto lottare contro il loro stesso capo, anche perché l’unico fascismo alle porte pare essere proprio quello di Mattia Santori, che vorrebbe vietare agli italiani di ascoltare Matteo Salvini. Il leader della Lega, ma lo stesso discorso vale anche per Giorgia Meloni, può risultare più o meno simpatico ed essere più o meno votato, ma può essere considerato fascista e persino nazista solo da chi si abbevera alla fonte dell’antifascismo di sinistra, campione della distorsione della storia. Salvini non perde occasione, e fa benissimo ovviamente, per manifestare la propria solidarietà nei confronti degli ebrei e dello Stato d’Israele, e con tutta franchezza, un nazifascista amico di Gerusalemme non si era mai visto. (qui)
E per completezza mi permetto di suggerire di leggere anche questo. Davvero mi riesce quasi impossibile immaginare che qualcuno davvero lo ritenga un movimento spontaneo, e altrettanto incomprensibile è che qualcuno possa essere disposto a prendere ordini da uno sbruffoncello con quel sorrisetto ebete costantemente stampato sulla faccia. E guardatelo qui, che profondità di pensiero, che lucidità, che chiarezza di idee, e soprattutto ascoltate l’esposizione degli obiettivi, che è una roba di una grandiosità che non vi sareste mai immaginati.
È un fatto, comunque, che noi italiani dobbiamo sempre farci riconoscere.
Vabbè, dopo tanta cacca, riprendiamoci con un po’ di bellezza.
Ieri mi sono infilata jeans e parka e sono andata a San Giovanni a manifestare con le sardine. Mi sembrava di essere tornata agli anni ’70, quando scendevamo in piazza per la liberazione delle donne, il superamento delle disparità sociali, il Cile.. [Eh sì, bello fare finta di avere vent’anni, ma tanto ne hai settanta lo stesso] Le manifestazioni allora, prima della svolta drammatica degli anni di piombo, erano un modo di stare insieme in allegria, di intrecciare amicizie e a volte anche amori, di cantare a e ballare e credere che potevamo cambiare il mondo [questa, evidentemente, non si è ancora accorta dopo cinquant’anni di quanto gli anni di piombo siano stati figli, sia pure degeneri, del famigerato Sessantotto e delle manifestazioni che sono seguite]. Eravamo idealisti e creativi, ci dipingevamo il viso e bruciavamo i reggiseni [ecco, io questo no: giovane sì, idealista sì, ingenua sì, ma così scema da pensare di creare un mondo migliore bruciando un reggiseno, ecco, proprio scema così no, non lo sono mai stata. Oltre al fatto che io non ero figlia di papà e a casa mia di soldi da buttare via in cazzate simili non ce n’erano] ed eravamo convinti che il futuro ci avrebbe riservato una società più giusta, dove ciascuno avrebbe potuto esprimere il meglio di sé. Poi arrivò lo choc del terrorismo, gli infiltrati nei cortei, Craxi, Berlusconi [premesso che ho detestato e detesto sia Craxi che Berlusconi come poche altre cose al mondo, hanno qualcosa a che fare col terrorismo?] e la Milano da bere, qualcuno finì in galera, altri emigrarono all’estero, alcuni fecero brillanti carriere in politica o in azienda, la maggior parte si rassegnò a una vita ben diversa dalle premesse. Il consumismo sostituì l’idealismo, ci ripiegammo sul privato, noi che amavamo ripetere che il privato era pubblico, [non starai semplificando un tantino troppo, ragazza? A parte questo, il privato era politico, non pubblico: così vecchia da cominciare a perdere la memoria?] e le piazze fisiche furono rimpiazzate dalle piazze virtuali, dove non si parla di politica ma solo di moda, di influencer, di gossip, di successo economico. Una intera generazione, fra gli anni ’80 e i primi vent’anni di questo secolo, scomparve dalla scena pubblica, tranne qualche rara eccezione e il goffo tentativo dei 5stelle di rottamare [non mi sembra che il rottamatore fosse esattamente un 5stelle, e d’altra parte l’attività dei 5stelle consisteva nel mandare affanculo, non nel rottamare. Davvero scarsa di memoria, povera ragazza] il sistema senza alcuna seria proposta per ricostruirlo.
Ora i giovani sono tornati a occupare le piazze, e che giovani! Una generazione pulita, [eh, come no?] sorridente, di ragazzi perbene [quanti ne conosci personalmente?]. Questa l’impressione che mi hanno fatto le sardine[ah, ecco…]. Studenti, genitori con bambini piccoli, figli di immigrati che protestano contro il razzismo, molta creatività e molta allegria e, finalmente, una ribellione che viene dall’anima, una ribellione, almeno così mi è parsa, per e non contro [“Per e non contro”: posso farmi una grassa risata?.]. E in mezzo a loro, tanta gente della mia generazione che ha ritrovato per qualche ora l’entusiasmo della gioventù [stai dicendo che in cinquant’anni non sei riuscita a trovare una sola causa per la quale batterti con l’entusiasmo della gioventù? Sei messa male forte allora, ragazza]. Li ho visti accorrere a piccoli gruppi, signore con i capelli bianchi, pensionati con il giornale sottobraccio [embè certo, lo sanno tutti che i pensionati stanno col giornale sottobraccio ventiquattr’ore su ventiquattro. Ci dormono pure ci dormono, col giornale sotto il braccio], nostalgici del PCI, ex-ragazze in carriera, alcune arrivate e altre no. Nonni e nipoti insieme cantavano Bella Ciao e Fratelli d’Italia, agitavano fantasiosi cartelli e copricapi e borsette di sardine [ah, di un fantasioso guarda, che se li vede un creativo gli frega tutte le idee] e si godevano, complice il mite sole di Roma, il piacere di ritrovarsi insieme fisicamente, non nelle piazze del web, nei meandri di Internet, insieme con il corpo vero e non la proiezione virtuale ritoccata con Photoshop. Mi ha colpita il fatto che ben pochi scattassero selfie. Come se bastasse essere lì, e non ci fosse il bisogno di testimoniarlo in rete. Ho pensato che ci è voluta Greta, determinata e monotematica [“Laggiù conobbi pure un vecchio aedo che si accecò per rimaner nel sogno”] come spesso lo sono i ragazzi che soffrono di spettro autistico (mi fa pensare a Giovane D’Arco, che probabilmente aveva la stessa sindrome [eh, questi sì che sono fondamenti scientifici. Vero però che la povera Greta, gallina dalle uova d’oro per un branco di spietati aguzzini, farà molto probabilmente una fine altrettanto brutta. PS: bello il refuso del nome] ), a far riemergere l’idea che ognuno può fare qualcosa, dopo anni in cui ci si era sentiti impotenti a provocare anche il più piccolo cambiamento: e credo che la scelta di Time di nominarla persona dell’anno sia quanto mai giusta e opportuna, non solo per la forza e la convinzione con cui porta avanti la sua battaglia, ma anche perché il suo esempio sembra aver risvegliato le coscienze dei giovani e dimostrato che vale la pena di mobilitarsi, di non lasciarsi scoraggiare dalla palude di cinismo ed egoismo in cui il mondo sembra caduto e che il Paese non è costituito solo da razzisti, da violenti, da facinorosi, da menefreghisti. [A me qua, se proprio devo dirla tutta, viene un po’ da vomitare. Ma questa non se la sente questa orrida melassa, questa cloaca di banalità, questa palude di insulsaggini, questo mare di ipocrisia che le sta uscendo dalla bocca? Non si fa vomitare da sola?]
Non so come finiranno le sardine [ma davvero davvero?]. Se è un movimento destinato a ardere come un fuoco di paglia, come sostengono gli scettici, o se riuscirà a svilupparsi in una struttura politica sana e propositiva, e a creare una nuova generazione di ragazzi che hanno voglia di impegnarsi nella cosa pubblica. Purtroppo, i rischi sono parecchi. Il primo è che i “vecchi” cerchino di monopolizzare il movimento, e trasformarlo in qualcosa di diverso da quello che è, di metterci sopra il cappello. Il secondo è la vecchia sindrome italica dell’invidia, che porta a sminuire chi ha successo [eccerto, se va a finire male è sicuramente colpa degli altri, dei vecchi (che prima non c’erano e adesso, solo adesso, eh, cercano di infiltrarsi per dirigerlo loro, mattètuppenza!), dei conservatori. E l’invidia, naturalmente, come potrebbe mancare la perfidissima invidia!]. E già oggi si sono su parecchi giornali critiche “alle intenzioni” di Mattia Santori, accusato di avere smanie di potere [no, maddai, non ci posso credere! Manie di potere, lui, quando l’unica cosa che ha fatto è stato di stabilire che chi va in televisione senza il suo permesso sarà buttato fuori dal movimento! Ma chi può essere così malpensante da vedere in questo una mania di potere], di essere pieno di sé, vanitoso e superficiale. Com’è facile distruggere invece che creare.. [quando lui di roba ne ha creata a vagonate] E c’è poi la difficoltà oggettiva di trasformare un movimento spontaneo [ecco, spontaneo, soprattutto spontaneo, si prega di sottolineare spontaneo, e di non dimenticare mai mai mai che è un movimento interamente, totalmente, assolutamente SPONTANEO] in una macchina organizzativa.
Ma intanto godiamoceli, questi nostri nipoti che sono stati capaci di dare una scossa all’apatia e di farci sognare.
E godiamocele, sì, godiamocele queste anime generose legate a doppio filo con Hamas così amorevolmente accolte nel movimento, godiamocele queste musulmane velate che salgono sul palco col dichiarato permesso del marito perché se no col piffero che potrebbero uscire di casa, godiamocela questa ventata di novità di lottare non contro il potere bensì contro un’opposizione, come si è sempre fatto nell’Italia mussoliniana, nella Germania hitleriana, nell’Unione Sovietica, in Cina, a Cuba, nei Paesi islamici ricchi di frustate amputazioni impiccagioni lapidazioni decapitazioni, godiamocele. E pensare che ci sono degli imbecilli convinti che gli ebrei siano tutti intelligentissimi e furbissimi. Vedi una come questa e ti spieghi perché ci sia stata gente andata spontaneamente a consegnarsi per dimostrare la propria integerrima fede fascista e fiducia nel giusto operare del partito. E chissà se almeno quando sono scesi dal treno ad Auschwitz gli sarà venuto un briciolo di sospetto di avere sbagliato qualcosa.