SELEZIONE NATURALE

Dieci anni fa è stata la volta di Pippa Bacca. Artista non convenzionale, viene definita: ritagliava oggetti in forma di altri oggetti
pippa bacca foglie
oppure fotografava chi le aveva dato un passaggio e poi ritagliava la foto in forma di mezzo di trasporto, e faceva all’uncinetto oggetti in forma fallica o sessualmente allusiva – e questo poverina, senza offesa, si può anche capire.
PippaBacca
Di questi in rete non ne ho trovati: evidentemente qualcuno ha avuto la carità di farli sparire. D’altra parte era nipote da parte di madre (ci ritornerò, sulla madre) dell’autore della merda d’artista; cosa volete, ogni artista ha la sua specialità: ci sono artisti del disegno, ci sono artisti dell’intaglio, ci sono artisti del marmo, ci sono artisti della ceramica, e ci sono artisti di merda. Il sangue, come si sa, non è acqua, e la merda non assomiglia alla cioccolata, anche se ne condivide il colore. Per lo meno possiamo immaginare che fosse consapevole del proprio valore, scegliendosi il soprannome di Pippa. Poi un bel giorno ha deciso di promuovere la pace – lo sentite come suona bene? PROMUOVERE LA PACE! Cazzo, queste sì che sono imprese coi controcazzifiocchi. E dunque parte vestita da sposa (senza abiti di ricambio) per arrivare fino a Gerusalemme attraversando tutti i Paesi del Medio Oriente in autostop. «Voglio dimostrare a tutti che seminando bene raccogli solo bene». Vabbè, ha dimostrato a tutti di essere una mastodontica testa di cazzo: arrivata in Turchia, il tipo che l’aveva presa su l’ha violentata e poi strangolata. Ricordo che all’epoca un blogger è rimasto inorridito quando io e un altro l’abbiamo definita sciroccata. Promuovi la pace facendo autostop vestita in modo da attirare l’attenzione di chiunque, in posti in cui la donna vale meno di zero e se gira da sola e fa autostop è considerata alla stregua di una puttana?! Se io decidessi di promuovere i diritti della donna attraversando a tarda sera la zona puttane camminando lentamente in minigonna e tacchi a spillo mi chiamereste coraggiosa? Idealista? E se anche per qualche straordinario miracolo arrivassi indenne dall’altra parte, che cosa avrei dimostrato? Che il mondo è buono? Che i papponi col coltello pronto a difendere il territorio sono un’invenzione? Che i diritti della donna sono una realtà universalmente riconosciuta? E avrei migliorato la condizione delle donne nel mondo?
Ah, la madre, dicevo: appena avuta notizia della morte della figlia, ha chiesto che le fosse restituito il vestito, per farne una mostra. Come dicevo, il sangue non è acqua (per questa donna evidentemente è molto meno dell’acqua).

Adesso sono arrivati Jay e Lauren: «I media ti raccontano che il mondo è un posto grande e spaventoso, pieno di gente cattiva di cui non fidarsi. Io non me la bevo». No, ma scherzi? Io sono di quelli furbi, io, cosa credi? «Il male è un concetto inventato per gestire le complessità dei valori umani, le credenze e le prospettive diverse dalle nostre». Ne deduco che i casi siano due: o i campi di sterminio nazisti, i gulag sovietici, i campi della morte di Pol Pot non sono mai esistiti, sono una pura invenzione (per gestire le complessità eccetera eccetera), oppure sono esistiti, ma non sono affatto un male. A voi la scelta. Lui viveva in una casa “minimale” di 13 m² (per un totale di circa 15 metri di parete, cui vanno tolte la porta e almeno una finestra: a casa mia ci sono 16 metri di parete di libri: lì ho idea che di libri non ce ne saranno stati tantissimi). Anche lui voleva dimostrare che il mondo è buono: si è licenziato dal lavoro ed è partito per fare il giro del mondo in bicicletta insieme alla sua ragazza (vivendo come? Una volta uno mi ha raccontato di avere girato tutta l’India a costo zero trasportando droga nascosta sotto il paraurti dell’auto). Poi hanno incontrato l’ISIS che ne ha fatto polpette.

E non mi si venga a dire che li dovrei rispettare perché “sono morti per un ideale”. Per un ideale sono morti i ragazzi della Rosa Bianca. Per un ideale sono morti i resistenti del ghetto di Varsavia. Per un ideale è morto chi ha scelto di rinunciare alla salvezza ed è entrato nelle camere a gas insieme ai bambini degli orfanotrofi per non lasciarli soli di fronte al terrore. Per un ideale è morto chi si è dato fuoco per protestare contro l’invasione sovietica, non avendo altra arma, altro mezzo di comunicazione che il proprio giovane corpo. Chi si è lanciato dal quinto piano perché credeva che la forza di gravità è un concetto inventato per gestire qualche genere di complessità, chi è morto per provare l’ebbrezza di guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire, non è morto per un ideale: è morto perché era una mastodontica testa di cazzo. Si chiama selezione naturale: gli animali incapaci di adattarsi alla realtà si estinguono, punto.

barbara

PERCHÉ COL RAFFREDDORE SI STA MALE

(JNi.media) Quando hai la febbre, il naso è chiuso e il mal di testa ti si spande fino alle dita dei piedi, il tuo corpo ti sta dicendo di stare a casa a letto. La sensazione di malessere è un adattamento evolutivo secondo un’ipotesi avanzata dal Prof. Guy Shakhar del dipartimento di Immunologia dell’Istituto Weizmann e dalla Dr. Keren Shakhar del dipartimento di psicologia del College di gestione di studi accademici, in un recente documento pubblicato in PLoS Biology. Tendiamo a dare per scontato che l’infezione è ciò che provoca i sintomi della malattia, supponendo che l’invasione microbica incida direttamente sul nostro benessere. In realtà, molti dei sistemi del nostro corpo sono coinvolti nell’essere malato: il sistema immunitario e il sistema endocrino, come pure il nostro sistema nervoso. Inoltre, il comportamento che associamo con la malattia non è limitato agli esseri umani. Chi ha un animale domestico sa che gli animali agiscono in modo diverso quando sono malati. Un esempio estremo di “comportamento di malattia” si trova in insetti sociali come le api, che in genere quando sono malate abbandonano l’alveare per andare a morire altrove. In altre parole, tale comportamento sembra essersi conservato nel corso di millenni di evoluzione. I sintomi che accompagnano la malattia sembrano influenzare negativamente la possibilità di sopravvivenza e riproduzione. Allora perché questo fenomeno persiste? I sintomi, dicono gli scienziati, non sono un adattamento che funziona a livello individuale. Piuttosto, suggeriscono, l’evoluzione sta funzionando al livello del “gene egoistico”. Anche se l’organismo specifico non dovesse sopravvivere alla malattia, isolandosi dal suo ambiente sociale ridurrà il tasso complessivo di infezione nel gruppo. “Dal punto di vista dell’individuo, questo comportamento può sembrare esageratamente altruistico,” dice la dottoressa Keren Shakhar”, ma dal punto di vista del gene, le probabilità di essere tramandato sono migliorate”. Nel documento, gli scienziati prendono in esame un elenco di sintomi comuni e ognuno sembra confermare l’ipotesi. La perdita di appetito, per esempio, impedisce alla malattia di diffondersi attraverso le risorse comuni di cibo o acqua. Affaticamento e debolezza possono ridurre la mobilità dell’individuo infetto, riducendo il raggio di possibili infezioni. Insieme con i sintomi, l’individuo malato può diventare depresso e perdere interesse per contatti sociali e sessuali, limitando le opportunità di trasmettere agenti patogeni. La trascuratezza nella cura di sé e i cambiamenti nel linguaggio del corpo dicono: sono malato! Non avvicinarti! “Sappiamo che l’isolamento è il modo più efficace per impedire la diffusione di una malattia contagiosa,” dice il professor Guy Shakhar. “Il problema è che oggi, per esempio, con influenza, molti non si rendono conto di quanto possa essere mortale. Così vanno contro i loro istinti naturali, prendono una pillola per ridurre dolore e febbre e vanno a lavorare, dove è molto maggiore la possibilità di infettare altri.” Gli scienziati hanno proposto diversi modi per testare questa ipotesi, ma sperano anche che arrivi il loro messaggio: quando vi sentite male, è segno che avete bisogno di stare a casa. Milioni di anni di evoluzione non possono avere torto. (traduzione mia)

Sembrerebbero osservazioni talmente ovvie da apparire addirittura banali, e tuttavia abbiamo dovuto aspettare Israele perché ci venisse detto.
Qualcuno mi ha obiettato che tutto questo sarebbe in contraddizione col principio della selezione naturale (sarebbe più logico, sostiene, essere in condizione di andare in giro e diffonderlo al massimo, e così si eliminerebbero i più deboli), ma basta pensarci un momento per rendersi conto che è una grande sciocchezza: il raffreddore, in società come la nostra che ha avuto millenni a disposizione per sviluppare gli anticorpi (a differenza per esempio degli indigeni americani che prima delle invasioni europee non lo avevano mai conosciuto), è parecchio invalidante ma scarsamente letale. Quindi, se venisse diffuso al massimo, a fronte della liberazione da una manciata di vecchi e deboli, ci ritroveremmo con una società interamente paralizzata: ospedali, scuole, fabbriche, banche, poste, uffici, forze dell’ordine, pompieri, negozi, produzione e distribuzione di alimentari e ogni altro genere di attività smetterebbe – o quasi – di funzionare. Da tutto questo la pesante sintomatologia che accompagna il raffreddore ci tutela.
Senza poi contare che alle varie malattie non sempre sopravvive il più forte: a volte capita anche  che a sopravvivere sia semplicemente chi ha questo o quest’altro gruppo sanguigno, indipendentemente dalle proprie capacità di resistenza. Pensa un po’.

barbara

SI CHIAMA SELEZIONE NATURALE

Sto parlando di quella cosa che fa sì che un coglione si arrampichi su un traliccio dell’alta tensione, dica adesso tocco i fili e poi tocca i fili resta folgorato e precipita. Dice sì occhei, e qual è il problema. Il problema è che adesso un ospedale sta spendendo una barca di soldi miei per combattere contro la selezione naturale, e come se non bastasse, sempre per questo insano scopo, tiene occupato uno dei pochi preziosissimi posti in rianimazione, privandone qualche persona per bene che ne avrebbe bisogno. Poi leggi che in tutta Italia maree di persone sono in giro a protestare, bloccano stazioni, bloccano ferrovie, bloccano autostrade, praticamente bloccano mezza nazione, bloccano chi si muove per lavoro – e già, loro magari non lo sanno, ma c’è anche gente che lavora, al mondo – chi per motivi familiari chi per motivi di salute e niente, tutti lì bloccati. E per che cosa protestano questi qua? Forse contro i coglioni che occupano abusivamente i posti in rianimazione arrampicandosi sui tralicci? Contro gli ospedali che sperperano i nostri soldi per contrastare la selezione nautrale? Nooooooooo, ma neanche per idea! Quelli protestano per… boh, non si sa. Come negli anni Settanta che incontravi qualche compagno di università e ti diceva vieni a manifestare? Per che cosa? Boh non so, ho sentito che si manifesta in piazza Taldeitali, intanto andiamo poi si vede. Che se questi qua fossero dotati di pensiero, magari si renderebbero conto che se i loro bisnonni e trisnonni e quadrisnonni e via aveggiando fossero stati come loro, oggi non avremmo un solo chilometro di ferrovia, né un chilometro di strada, né scuole né ospedali né asili né ospizi ecc. ecc. Ma il dono del pensiero non fa parte del loro patrimonio e quindi via, si protesta e si blocca. Verrebbe quasi voglia di rimpiangere Bava Beccaris, se non fosse che i bava beccaris sono geneticamente predisposti a impallinare unicamente gli innocenti, mentre quando si tratta di dare una mano alla natura nella salutare opera di selezione naturale, si imboscano come talpe con l’itterizia.

barbara