ARMI ALL’UCRAINA

Per difendersi dall’invasore russo? Non diciamo puttanate per favore

14 settembre

17 settembre

E nel frattempo si vota per il referendum, nonostante la pioggia battente e i continui bombardamenti ucraini per tentare di dissuadere la popolazione

Ho visto in giro un sacco di commenti sarcastici sul “referendum farsa” sotto la sorveglianza di soldati armati, fingendo di credere che siano lì per intimidire i votanti, fingendo di ignorare che sono lì per sventare i più che probabili, se non ci fossero loro, attentati terroristici da parte degli ucraini.
Nel frattempo c’è chi si dà da fare per evitare che la guerra possa finire.

L’UCRAINA È IN MACERIE, MA LA UE RILANCIA L’ESCALATION

Nuovo massiccio invio di armi a Kiev. I russi soffrono, ma alla Von der Leyen non basta: “Zelensky deve vincere”. E l’Italia è ormai appaltata da Washington

La nuova, cervellotica campagna di guerra lanciata dalla sig.ra Ursula Von der Leyen sulla pelle degli ucraini, non lascia spiragli a una (eventuale) trattativa che possa condurre verso una tregua. Così, per la gioia di Blinken – al quale Draghi ha poche ore fa giurato fedeltà ribadendo, in sostanza, che l’Italia è un appalto della Nato – e per il riarmo di Zelensky, che è al riparo nel suo bunker di Kiev e continua a mandare in onda i suoi show televisivi, la UE dichiara ancora guerra a Mosca. «L’Ucraina vincerà», ha affermato la Presidente della Commissione europea a seguito di alcuni territori rioccupati da Kiev e da cui, per la verità, i militari russi hanno presumibilmente spostato le loro operazioni. Ipse dixit. Una Russia sconfitta sappiamo tutti che è un’evenienza che non potrà in alcun modo verificarsi, a meno di un ricorso all’arma nucleare e l’interessamento di paesi terzi. Europa che ha lasciato intendere, tra l’altro, di voler cacciare l’Ungheria di Orban perché non allineata al piano anti-Putin commissionato da Washington (la scusa dell’antiabortismo è una pagliacciata). Entriamo nel merito, riportando, come è nostro uso, fatti e riscontri.
La nuova escalation promossa dalla Casa Bianca, ratificata da Bruxelles e messa a punto dai singoli membri della UE (l’Italia, tanto per cambiare, è scattata sull’attenti), ha i suoi risvolti nei nuovi pacchetti di armi in partenza per Kiev e nella discriminante relativa alla messa al bando dall’Ungheria di Orban, rea di non seguire alla lettera le politiche militariste e sanzionatorie euroatlantiche. Per Budapest, si prospettano i tagli dei fondi del Pnrr e l’eventuale proposta di esclusione dall’unione, magari per lasciare spazio proprio all’Ucraina, che di diritti civili ha ancora molto da imparare. Ma veniamo al punto. Lascia un tantino perplessi, ancora una volta, la quasi totale inconsistenza di una iniziativa autonoma da parte dei singoli stati, a fronte di una situazione che va purtroppo peggiorando di giorno in giorno. La Germania si trova in difficoltà ed è oggetto di un crescente dissenso della sua opinione pubblica, con il quale dovrà prima o poi fare i conti; la Francia, salvo l’ipotesi di tagliare le forniture elettriche all’Italia per due anni, è tra i pochissimi superstiti a riuscire a confrontarsi (telefonicamente) ancora con Mosca, ma sembra piuttosto immobile e in balia degli eventi; abbiamo già detto di Draghi, per cui però bisogna apporre una postilla. Il 25 settembre in Italia ci saranno le elezioni, e ciò che si prospetta è solo un rimpasto che porterà a ricalcare in fotocopia la linea degli ultimi 6 mesi. Questa è la sensazione, nata da una serie di indizi derivati dai proclami e dalle politiche messe in atto dai partiti maggiori e dai loro consimili. L’ex Goldman Sachs ha soltanto preparato il terreno.
I movimenti di destra, centro e sinistra sono letteralmente appiattiti, salvo poche voci isolate, su posizioni che non fanno presagire un cambio di passo circa la diplomazia internazionale e le (enormi) difficoltà di undici milioni di italiani che Eurostat ha definito “in povertà”. Proprio in queste ore di campagna elettorale, infatti, stanno per essere inviati – si parla del decreto aiuti – altri settecento milioni di euro a Kiev, mentre nelle Marche si è verificata un’alluvione che ha messo in ginocchio interi paesi e località. Sarebbe curioso sapere quanto intende stanziare in merito il dimissionario governo, che evidentemente sembra di nuovo più concentrato su ciò che accade agli ucraini anziché ai suoi connazionali. Se queste sono le premesse, compreso l’acquisto di materiali energetici in ordine sparso (anche dall’Iran, dove poche ora fa è stata linciata un’altra ragazza perché con il velo in disordine), a prezzi maggiorati e non certo dalle più illuminate democrazie, l’autunno sarà sanguinoso. Ma tutto fa brodo, purché venga danneggiata Mosca. In questa maniera, ci si chiede, quale tipo di supporto potranno ricevere gli italiani di fronte alla dilatazione delle bollette, del caro-vita che non accenna a ridimensionarsi o di fronte all’aumento dei carburanti?
UCRAINA, ALTRE PURGHE – La Procura generale ucraina ha autorizzato l’arresto dell’ex ministro degli Esteri Konstantin Grishchenko e del ministro della Giustizia Oleksandr Lavrynovych, accusati di alto tradimento. Dopo questa decisione verranno avviate le procedure di richiesta dell’estrazione dei due ex ministri, che vivono all’estero. Grushe ko e Lavrynovich, in sostanza, sono considerati traditori per aver ratificato, nel 2010, i cosiddetti Accordi di Khar’kiv, che estendevano di 25 anni il diritto della flotta russa a servirsi del porto ucraino di Sebastopoli. Questo, secondo la Procura, Avrebbe consentito alla Russia di rafforzare la propria presenza in Crimea, contribuendo così alla riannessione del 2014.
Marco Giuliani, qui.

E nel frattempo:

Ucraina: lo scambio di prigionieri e la scomparsa dei crimini di Izyum

La denuncia di Putin sul sabotaggio dei negoziati di pace con l’Ucraina da parte dell’Occidente ad aprile viene confermata da un articolo pubblicato sul Ron Paul Institute. Ne avevamo già scritto in note pregresse, ma tale articolo riferisce ciò che scrivono Fiona Hill e Angela Stent su Foreign Policy, un media più che autorevole degli Stati Uniti. Da qui l’importanza della conferma.

Febbraio 2022: le condizioni per l’accordo

Così sul FP: “Secondo diversi ex alti funzionari statunitensi con cui abbiamo parlato, nell’aprile 2022, i negoziatori russi e ucraini sembravano aver concordato provvisoriamente i contorni di un primo accordo negoziato: la Russia si sarebbe ritirata nella sua posizione il 23 febbraio, quando già controllava parte del Donbass e tutta la Crimea, e in cambio, l’Ucraina si impegnava a non chiedere l’adesione alla NATO e a ricevere invece garanzie di sicurezza da un certo numero di paesi”.
Non solo, il sito di Ron Paul rilancia anche quanto scrisse a inizi maggio Ukrainska Pravda, media vicino al governo di Kiev, in un articolo dal titolo: “Le possibilità di un colloquio tra Zelenskyy e Putin è decaduta dopo la visita di Johnson” [a Kiev].
Così nell’articolo: “Fonti vicine a Zelenskyy” hanno affermato che “la posizione di [Boris] Johnson era che l’Occidente… ora percepiva che Putin non era davvero così potente come avevano immaginato in precedenza, e che c’era l’opportunità per ‘pressarlo’”. L’articolo proseguiva spiegando che “tre giorni dopo il ritorno di  Johnson in Gran Bretagna, Putin ha detto pubblicamente che i colloqui con l’Ucraina ‘‘erano finiti in un vicolo cieco‘”.
Tale finestra di opportunità, aperta a fine aprile, verrà sigillata da un evento traumatico: la scoperta delle torture e delle esecuzioni sommarie di civili ucraini da parte dei russi a Bucha, rivelata ai primi di maggio.
Una messinscena raffazzonata in modo volgare da parte dei registi di questa guerra per procura contro la Russia, tanto rozza che induce a pensare che sia stata improvvisata sul momento, per rafforzare la pressione di Johnson e chiudere ogni possibilità al dialogo (sul punto abbiamo scritto in note pregresse, ad esempio questa: cliccare qui).
Scambi di prigionieri e contropartite
Convincere il mondo che quei crimini fossero stati effettivamente perpetrati non è stato difficile. A tale scopo è stata mobilitata la stessa arma di persuasione di massa che aveva già convinto il mondo che Saddam era un pericolo globale da eliminare.
Se in questa nota ricordiamo quanto avvenuto a Bucha è perché il teatro messo in scena in quella località stava per essere replicato a Izyum: per giorni i media occidentali hanno ripetuto di come gli ucraini, sottratta tale cittadina al controllo dei russi, vi avevano rinvenuto una fossa comune con cadaveri che presentavano segni di torture. Crimini che sarebbero stati confermati anche dalle testimonianze raccolte sul posto.
Insomma, tutto presagiva che ci sarebbe stata una replica di Bucha. Ma da ieri tale notizia, nonostante fosse ribadita e accreditata come assolutamente veritiera, è sparita dai media. Semplicemente non se ne parla più.
Immaginare che i registi occulti di questa guerra abbiano cambiato idea è ingenuo. Per capire cosa è successo bisogna stare alla cronaca, la quale dice che proprio in questi giorni si è svolto “uno scambio di prigionieri a sorpresa”, come enfatizza la Reuters, tra Ucraina e Russia. I russi hanno riportato a casa 55 soldati, gli ucraini 215, tra i quali “tre britannici, due americani, un croato e uno svedese”, aggiunge l’agenzia di stampa britannica.
In realtà, lo scambio è stato di più alto livello. Gli ucraini hanno concesso la libertà anche al leader del partito di opposizione ucraino, arrestato all’inizio delle ostilità, Viktor Medvedčuk, ma alla controparte è stato concesso molto di più.
L’elenco dei prigionieri liberati dai russi si può leggere sul sito succitato, Ukrainska Pravda, e comprende 10 cosiddetti volontari stranieri, tra i quali si annoverano alcuni “condannati a morte” (probabile che siano i britannici catturati alle Azovstal, da tempo al centro di un’accesa controversia tra Mosca e Londra).
Non solo, tra i liberati ci sono anche “Denis Prokopenko “Redis”, Sergei Volynsky “Volina”, Svyatoslav Palamar, Denis Shlega, Oleg Khomenko – comandanti delle Azovstal – i quali sono già al sicuro”, spiega ancora UP. Si tratta dei comandanti del battaglione Azov, anch’essi pressi a Mariupol. Sempre del battaglione Azov, continua UP, sono stati liberati “Nikolai Kushch (Frost) e Konstantin Nikitenko (Fox), che gli invasori volevano giustiziare”.
Insomma, uno scambio asimmetrico e alquanto inquietante, se si tiene presente la statura criminale degli ucraini liberati. che interpella sul contraccambio ricevuto dai russi, evidentemente squilibrato. Probabile, quindi, che oltre a questo manipolo di soldati e al leader politico, Mosca abbia chiesto anche la rinuncia di fare di Izyum una nuova Bucha.
D’altronde, non c’è una necessità urgente di una nuova Bucha: quella messinscena servì a far proseguire la guerra e a macchiare d’infamia l’immagine di Putin e dell’esercito russo. Ora queste cose sui media vanno di default…
Il referendum. Il Dombass diventa “Russia”?
Chiudiamo con una considerazione banale, ma non troppo. A fine settimana, nelle regioni del Donbass controllate dai russi, si svolgeranno dei referendum per l’annessione di tali territori alla Russia, cosa che sarà sicuramente sancita.
Un passo verso il quale urgevano da tempo le comunità russe che abitano tali regioni, alle insistenze dei quali Putin ha dovuto cedere, nonostante le complicazioni che tale evoluzione comporta,
Infatti questo sviluppo se da una parte rende impossibile l’ipotesi di un ritorno di tali territori all’Ucraina, dal momento che Mosca sarà costretta a tenerle a tutti i costi, dall’altra potrebbe cambiare la natura della guerra. Le armi Nato, infatti, saranno usate contro il territorio russo, cosa che comporta nuovi rischi.
Così veniamo alle recenti dichiarazioni del presidente della Serbia Aleksandar Vucic: “Ritengo che dalla prima fase, caratterizzata da un’operazione militare speciale ci stiamo avvicinando a una grande guerra; adesso la domanda che si pone è dove siano i confini di tale conflitto e se nel futuro prossimo, un mese o due, ci troveremo coinvolti in un grande conflitto mondiale” (Anadolu).
Continuare a ripetere che l’Occidente deve sostenere l’Ucraina per consentirgli di vincere sui russi è semplicemente folle. Un piccolo barlume di speranza resta acceso in Francia, con Macron che, unico leader d’Occidente, continua a ribadire la necessità di un dialogo con Mosca. (Qui)

A proposito dei “crimini” di Izyum, state a sentire questa quanto è carina:

IZYUM – Amnesty International ha fatto sapere di non poter verificare le notizie sulle “stragi russe” a Izyum: non ha accesso al sito perché il ministero della Difesa ucraino ha revocato l’accredito dell’organizzazione. https://t.me/azmilitary11/21689 (qui)

Capito? L’Ucraina racconta di una strage efferata, crimini di guerra, fosse comuni e chi più ne ha più ne metta, Amnesty International raccoglie il grido di dolore e decide di verificare e le vittime del crimine cosa fanno? Non glielo permettono. Esattamente come per la “strage di Bucha” la Russia ha chiesto all’Onu di indagare e la Gran Bretagna ha opposto un netto rifiuto. Quousque tandem Ucraina abutere patientia nostra? E quousque tandem coglioni teste di cazzo immonde continuerete a credere alle menzogne naziste? Siete gli infami fratelli di sangue di quelli che si sono serenamente bevuti la messinscena di Theresienstadt e ad Auschwitz non hanno visto gli scheletri ambulanti e non hanno sentito il puzzo di tonnellate di carne umana bruciata, vi si possano putrefare le budella da vivi.

Ancora un’analisi della situazione da parte di uno del mestiere.

Generale Mini a l’AD: “Offensiva ucraina significativa per la propaganda, ma sul terreno le condizioni non sono mutate di molto. Anzi…”

L’Intervista

Generale dopo l’offensiva ucraina è arrivata la risposta russa contro le infrastrutture elettriche del paese. Siamo ufficialmente passati, dal punto di vista russo, dall'”operazione speciale” alla guerra propriamente detta? 
Non ancora ma ci stiamo avvicinando. Non si tratta di una questione formale, come molti pensano, e nemmeno di un pleonasmo, dato che ciò che vediamo è una guerra de facto, come molti altri affermano. Non è neppure una guerra che riguarda “altri”, come s’illudono la Nato e tutti i suoi azionisti. Per la Russia il passaggio è sostanziale e Putin lo sa bene, per questo resiste alle insistenze dei suoi falchi. Il solo parlare di guerra per ogni Stato serio è una cosa grave. Uno Stato in guerra deve adottare provvedimenti eccezionali anche se si tratta di una guerra che si intende combattere ad un basso livello. Uno Stato in guerra non ammette e non può ammettere dissidenze interne, deve derogare a molte prerogative e diritti dei cittadini, deve chiedere e pretendere sacrifici, deve trovare le risorse per sostenerla e le coperture internazionali per non cadere  nell’illecito giuridico che aggiungerebbe crimine al crimine della guerra stessa. La Russia finora non ha chiesto nulla di ciò ai propri cittadini in maniera esplicita e diretta anche se ha già adottato molte misure necessarie per lo stato di guerra. L’Ucraina stessa non ammette di essere in guerra contro la Russia ma dichiara di resistere ad una “aggressione” e si guarda bene dal colpire obiettivi all’interno dello stato “nemico”. Gli Stati Uniti e gli altri membri della Nato  e dell’Unione Europea sono anche più ambigui e ipocriti. Sono state adottate misure di guerra aperta e diretta contro la Russia; siamo apertamente cobelligeranti con l’Ucraina ma non è stata adottata nessuna misura giuridica, economica e politica per riconoscere tale status. La fornitura di armi è un atto di guerra, le sanzioni economiche sono atti di guerra ai quali la Russia risponde con altrettanti atti di guerra, ma i provvedimenti sembra riguardino una semplice congiuntura transitoria, come si potrebbe fare in caso di sciopero dei distributori o dei trasportatori per il rinnovo del contratto di lavoro. Gli Stati Uniti, un po’ per la lontananza dal teatro bellico e un po’ per convenienza politico-sociale, non hanno emesso un solo provvedimento analogo o similare a quelli eccezionali adottati in occasione della dichiarata “guerra al terrore”. Eppure la popolazione, a causa di questa guerra da essi preparata, voluta e sostenuta,  sta sostenendo sacrifici e disagi ben più gravi di quelli provocati dalla guerra al terrore dall’ 11.9 in poi.

Sull’offensiva ucraina. Vede paralleli con la ritirata russa dall’area di Kiev e dal punto di vista militare è una grave sconfitta strategica?
Più che paralleli, vedo lo stesso modo di operare. D’altra parte queste manovre di arretramento e riposizionamento sono classiche specialmente quando si vuole sbloccare una situazione di stallo. I russi si sono ritirati in disordine, ma su ordine. La fretta nel lasciare le posizioni è evidente da ciò che si sono lasciati dietro, ma più che una sorpresa tattica degli ucraini dimostra che l’ordine è stato impartito in ritardo. In ogni caso, il caos delle ritirate non ci deve sorprendere. Sono finiti i tempi di Rommel che con un esercito più volte decimato si ritirò dall’Egitto alla Tunisia continuando a combattere. Da Saigon a Kabul le ritirate di eserciti “imbattibili” sono sempre state caotiche. Lo stesso risultato ottenuto dagli ucraini è senz’altro molto significativo in termini di propaganda, ma sul terreno le condizioni non sono mutate di molto. Anzi, in un certo senso peggiorano per gli ucraini che in uno spazio vuoto dovranno sostenere il fuoco russo. Il valore della manovra dovrà essere valutato quando il soldato eroico e vittorioso tra le macerie e sotto i bombardamenti si porrà la domanda: e adesso?

– Come confermato dal NYT l’offensiva ucraina ha avuto il supporto decisivo dell’intelligence Nato. Considerando le armi inviate e i tantissimi mercenari Nato che combattono sul campo, si può dire che ha ragione Papa Francesco quando parla di terza guerra mondiale iniziata?
Il supporto decisivo dell’Intelligence Nato è un eufemismo: gli ucraini possono accontentarsi delle medaglie, ma il supporto degli Stati Uniti (più di quello di tutti gli altri paesi della Nato) è stato il vero motore dell’operazione. Non solo sono state fornite informazioni e armi, ma anche piani, obiettivi e la direzione stessa delle operazioni. Papa Francesco parla della guerra moderna avendone colto il vero senso universale, che prescinde dalla teconologia e dalle tattiche: l’uso della forza non è più uno strumento, ma il fine. La violenza, l’inganno e la disumanità sono fini. Sono cose che molti politici e anche molti generali faticano a comprendere. Il Papa è tuttavia ottimista: pensa che la terza guerra mondiale sia appena cominciata e possa essere fermata. A me sembra che proprio nel senso indicato la prima e la seconda non siano mai finite.– Il conflitto in Ucraina è praticamente assente dalla campagna elettorale in corso in Italia, nonostante sia chiaramente l’evento che più condizionerà le vite degli italiani nei prossimi mesi. Da che cosa deriva questo silenzio? E come può l’Italia farsi volano di pace nei prossimi mesi
La posizione assunta dal nostro paese nella questione ucraina è talmente imbarazzante da costituire un brutto argomento elettorale.  Per tutto il mese di febbraio potevamo fare qualcosa perché la guerra non cominciasse. Sarebbe bastato discutere sulla politica, gli interessi e la sicurezza dell’Europa invece di accettare ad occhi chiusi una versione distorta della realtà come quella prospettata dagli Usa, dalla Ue e dalla Nato. Sarebbe bastato leggere le norme  del Trattato atlantico e quello dell’Unione  per rendersi conto che chi si professava atlantista ed europeista le stava calpestando. Volevamo il ripristino della sovranità dell’Ucraina, il disimpegno dalla dipendenza energetica dalla Russia, maggiore sicurezza in Europa? Tutto questo si poteva ottenere discutendo e negoziando. Se non altro per guadagnare tempo. È stata scelta la strada della guerra, l’abdicazione della diplomazia, la rinuncia alla politica di sicurezza per far prevalere Cultura, Valori e interessi altrui su quelli nostri e quelli genuinamente europei. Una guerra vile, fatta fare agli altri, per le loro fobie e le loro vendette. Ora, gli autori di questo scempio si dovrebbero svergognare da soli spiegandolo agli italiani e implorando il loro voto? Meglio tacere. Poi, dopo le elezioni, un modo per favorire la pace ci sarebbe: leggere i trattati, assolvere gli impegni assunti per la pace e denunciare quelli che pur parlando di pace e sicurezza conducono inesorabilmente alla guerra. 
Alessandro Bianchi, qui.

E in Ucraina nel frattempo continuano le purghe, fabbricando norme retroattive – casomai dovessimo dimenticare che quella è una democrazia per la quale dobbiamo essere pronti a sacrificare tutto, anche la nostra vita.

UCRAINA, ALTRE PURGHE – La Procura generale ucraina ha autorizzato l’arresto dell’ex ministro degli Esteri Konstantin Grishchenko e del ministro della Giustizia Oleksandr Lavrynovych, accusati di alto tradimento. Dopo questa decisione verranno avviate le procedure di richiesta dell’estrazione dei due ex ministri, che vivono all’estero. Grushe ko e Lavrynovich, in sostanza, sono considerati traditori per aver ratificato, nel 2010, i cosiddetti Accordi di Khar’kiv, che estendevano di 25 anni il diritto della flotta russa a servirsi del porto ucraino di Sebastopoli. Questo, secondo la Procura, Avrebbe consentito alla Russia di rafforzare la propria presenza in Crimea, contribuendo così alla riannessione del 2014. (qui)

Perché la NATO, Biden e la sua cricca e l’Unione Europea hanno deciso che dobbiamo morire: segniamocelo. Ma dal momento che il Titanic è destinato ad affondare, concediamoci almeno di ballare un po’ nel tempo che ci rimane (GUARDATELO FINO ALLA FINE, CHE C’È UN PICCOLO DELIZIOSO BIS)

C’era una volta in America, My fair Lady, Voci di primavera

barbara

AVANTI UN ALTRO

che al cimitero c’è ancora posto

“Baby A”: dichiarato morto, poi vivo, ma per il giudice deve morire

Il controverso test utilizzato nel Regno Unito per determinare la morte cerebrale è sottoposto a revisione urgente. La notizia è stata annunciata il 26 agosto e prevede la stesura di nuove rigorose linee guida che gli ospedali dovranno utilizzare entro il 2023. La storica decisione è stata adottata dopo che un giudice dell’Alta Corte ha saputo che un neonato di quattro mesi, dichiarato morto dal test, è risultato vivo nella sua culla d’ospedale quasi due settimane dopo. Il test, che consente ai medici di diagnosticare un paziente legalmente e clinicamente morto nel Regno Unito e in molti Paesi europei, è utilizzato come prerequisito per la donazione di organi.
“Baby A”, la cui vera identità non può essere rivelata per ragioni legali, era nato sano. Ma a otto settimane di vita suo padre lo ha trovato in stato di incoscienza e ha quindi chiamato un’ambulanza. Durante il trasporto al Queen Elizabeth Hospital (QEH), Baby A ha subito un arresto cardiaco restando privo di funzione circolatoria per quasi 30 minuti. Nei giorni successivi i medici hanno effettuato numerosi test. Il 17 giugno, due medici hanno condotto il primo controverso test sul tronco encefalico. Un secondo test, come previsto dal Protocollo, è stato condotto da un team di medici il 19 giugno. Entrambi i test hanno portato a una diagnosi inequivocabile di morte cerebrale. I medici hanno quindi deciso di sospendere il supporto vitale del bambino in base al fatto che la ventilazione sarebbe stata inutile per un cadavere.
Nonostante la tragica diagnosi, i genitori del bambino hanno insistito perché il supporto vitale proseguisse, chiedendo un secondo parere. Il 22 giugno, l’ospedale ha fatto in modo che due medici del Kings College Hospital  eseguissero ulteriori test su Baby A. Anche i loro risultati hanno confermato che il bambino era cerebralmente morto. Nei giorni successivi, nonostante i numerosi tentativi dei medici di convincere i genitori dell’inutilità del trattamento, questi ultimi hanno continuato a insistere sul mantenimento del supporto vitale. Il Guy’s and St. Thomas’ NHS Foundation Trust, responsabile del QEH, ha così avviato un procedimento giudiziario per ottenere l’autorizzazione a procedere contro la volontà dei genitori, sulla base del fatto che il bambino era clinicamente morto.
Ma nella prima udienza del 13 luglio, al giudice Hayden è stato detto che il 2 luglio un’infermiera aveva visto Baby A respirare e muoversi autonomamente, quasi due settimane dopo che i medici avevano effettuato i test sul tronco cerebrale concludendo che era morto. In risposta alle domande del giudice sull’accaduto, una dottoressa coinvolta nella cura del bambino ha detto all’Alta Corte che la situazione era senza precedenti: «Penso che sia incomprensibile (per i genitori)», ha detto, «che i medici che si occupano del loro bambino possano aver commesso quello che appare un errore così orribile». Sopraffatta dall’emozione, si è scusata con i genitori.
In una mossa che rievoca il processo Archie Battersbee, il Trust ha quindi annullato “l’accertamento clinico della morte” del 19 giugno e ha chiesto al giudice dell’Alta Corte di prendere una decisione sul “best interests” (miglior interesse) del bambino, piuttosto che sulla dichiarazione di morte. I medici hanno affermato che gli esami, pur escludendo la morte del tronco encefalico, hanno dimostrato che il bambino aveva subito una lesione cerebrale “devastante” e hanno chiesto al giudice di decidere che il bambino segua un “percorso di cure palliative”. Dopo aver esaminato tutte le prove, il 26 agosto il giudice Hayden, come prevedibile, ha dato ragione ai medici e ha ordinato la rimozione del supporto vitale di Baby A nel suo “migliore interesse”. I genitori, devoti musulmani, stanno ora affrontando una nuova battaglia legale per mantenere il figlio attaccato al supporto vitale con poche speranze, se non un miracolo, che gli salvi la vita.
La storia di Baby A evoca i numerosi e drammatici casi eclatanti di giovani pazienti dichiarati, in modo controverso, cerebralmente morti nel corso degli anni e lasciati morire contro la volontà dei genitori. Non solo la nota e tragica vicenda del dodicenne Archie Battersbee e del tentativo fallito dei suoi genitori di annullare l’ordine di sospenderne le cure. C’è la clamorosa storia del diciottenne Lewis Roberts, “dichiarato morto” dopo un esame del tronco encefalico. Alla sua famiglia era stato detto di dargli l’ultimo saluto e pertanto avevano deciso di donare i suoi organi per aiutare altre sette persone, il che ha permesso di avere altro tempo con il supporto vitale. Tuttavia, poche ore prima dell’operazione, lo scorso 18 marzo, Lewis ha aperto gli occhi e ha iniziato a respirare senza l’aiuto di una macchina. E attualmente si sta riprendendo a casa sua.
Questi casi sottolineano l’importanza delle nuove line guida che sono in preparazione. È prevedibile che sia introdotto un periodo più lungo di osservazione prima che i medici effettuino test sul tronco encefalico; che venga garantita l’applicazione di procedure standardizzate per i sei test diagnostici; che si imporranno controlli rigorosi per evitare che il Protocollo venga aggirato e i pazienti vengano accidentalmente e orribilmente uccisi per i loro organi o per aver tolto loro il sostegno vitale.
Resta però da vedere quanto questo servirà effettivamente a salvare vite. Infatti la storia di Baby A, ampiamente documentata in tribunale, insieme ai numerosi casi di persone che non hanno superato il test e poi si sono svegliate, va oltre le linee guida. Mette in discussione le basi sulle quali nel Regno Unito viene diagnosticata la morte. Baby A è stato sottoposto a continui e rigorosi test prima della diagnosi di morte del tronco encefalico, due volte da parte di due team medici e poi ancora dopo ulteriori test condotti da medici esterni. I medici non possono essere accusati di non aver seguito le prescrizioni del Protocollo. Non è stato un errore nella prassi ma nella sostanza: far coincidere la morte cerebrale con la morte biologica, equiparazione introdotta nel 1968 e che permette tra l’altro la possibilità del trapianto di organi.
Tuttavia, come abbiamo visto anche nel caso di Baby A, nel Regno Unito il principio del “best interest” è la carta vincente che assicura quasi certamente una sentenza di morte una volta che i medici hanno deciso di sospendere il sostegno vitale, specie quando altri argomenti non funzionano. Ne è prova il potere di vita e di morte dei giudici britannici, che immancabilmente va a favore dell’ospedale. Baby A, Charlie GardAlfie EvansMidrar AliRS (la lista è troppo lunga per citarli tutti), condannati a morte per una seconda volta in vista del loro “best interests” poiché le loro vite sono considerate inutili, sottolineano l’orribile mentalità eugenetica che predomina nelle decisioni sul fine vita. Di certo sarebbe più onesto affermare che in Gran Bretagna i disabili sono cosa sgradita. Ma non potrebbero farlo senza provocare un tumulto. Meglio che la mano sinistra non sappia cosa fa la destra.
Come ha affermato al riguardo un medico in tribunale, il 26 agosto, sarebbe «problematico» se le notizie sull’inaffidabilità dei test «diventassero di pubblico dominio».
Patricia Goodings-Williams, qui.

E quindi a renderle di pubblico dominio dobbiamo provvedere noi. Certo è ben triste constatare che nell’arte l’amore riesce, almeno per qualche momento, a riportare i morti alla vita

(e tu dove sei dove sei dove sei?)

ma nei tribunali della realtà non c’è amore, per quanto grande, capace di strappare i vivi dalle mani di chi ha deciso di farli morire. Per il loro bene, sia ben chiaro.

barbara

E LA MARTORIATA MARIUPOL NEL FRATTEMPO?

La martoriata Mariupol, finalmente del tutto liberata, riprende a vivere. E si rimbocca le maniche: non è stata ad aspettare che gli sciacalli americani ed europei abbiano finito di spartirsi la torta della ricostruzione: se la stanno ricostruendo loro.

Mariupol oggi, restauro della città, 9 luglio

Mariupol oggi, 12 luglio: la vita, ricostruire la città. Un incontro inaspettato di nonno Vova al mercato

Mentre in Europa, nel frattempo:

Associazione industrie chimiche tedesche: embargo totale sul gas minaccia di “colpire al cuore” l’economia tedesca

Le sanzioni che dovevano mettere in ginocchio la Russia colpiscono forte chi le ha imposte, penalizzando particolarmente alcuni paesi, come Germania e Italia, che sono fortemente dipendenti dalle importazioni energetiche dalla Russia. 
Un embargo totale sulle importazioni di gas potrebbe provocare “un attacco di cuore” per l’economia tedesca, ha dichiarato Christian Kullmann, presidente dell’Associazione dell’Industria Chimica del Paese, in un’intervista alla Süddeutsche Zeitung
La possibile mancanza di gas è particolarmente preoccupante per l’industria chimica e farmaceutica, dove viene utilizzato come fonte di energia e materia prima. Secondo i dati dell’Associazione tedesca dell’industria chimica, questo settore utilizza il 15% del gas ed è quindi il maggior consumatore del Paese.
La scorsa settimana, Uniper, il principale importatore di gas naturale russo in Germania, ha chiesto aiuto al governo federale a fronte di una “estrema pressione finanziaria”. 
“Uniper è stata la compagnia più colpita dalla riduzione del gas russo e, di conseguenza, è sottoposta a un’estrema pressione finanziaria. Dalla metà di giugno, Uniper ha ricevuto dalla Russia solo il 40% dei volumi contrattuali e ha dovuto acquistare quantità sostitutive sul mercato a prezzi notevolmente più alti”, ha dichiarato la società madre finlandese Fortum.
L’azienda ha inoltre riferito di essere in procinto di “negoziare in modo costruttivo” con il governo tedesco alla ricerca di una soluzione per “stabilizzare Uniper, sia in termini di rischi commerciali che di posizione finanziaria”, dato che la sicurezza delle forniture di gas al Paese dipende da questo.
Il capo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), Fatih Birol, ha dichiarato a giugno che l’Europa deve prepararsi senza indugio a un’eventuale interruzione totale delle forniture di gas dalla Russia il prossimo inverno. “L’Europa deve essere preparata nel caso in cui il gas russo venga completamente tagliato”, ha dichiarato Birol, sottolineando che il motivo dell’urgenza è la diminuzione delle forniture energetiche russe alla regione.
Per la Germania sembra concretizzarsi quanto paventato dal CEO della Basf: “Senza gas russo, l’economia collasserà”.  
Intervistato dal quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung aveva contrapposto alla retorica bellicista di USA, NATO e megafoni del mainstream, la dura realtà: “Mettendo la questione in termini brutali, un eventuale stop alle forniture di Mosca trascinerebbe l’economia tedesca nella peggior crisi dal secondo dopoguerra e distruggerebbe la nostra prosperità. Soprattutto per molte piccole e medie aziende, questo potrebbe rappresentare la fine, Non possiamo prendere un rischio simile!”. 
Adesso la Germania è davanti a una scelta irrevocabile: se dovesse decidere di continuare su questa strada, immolandosi sull’altare degli interessi di Washington, andrà incontro a de-industrializzazione e povertà crescente. 
La redazione de l’antidiplomatico, 13luglio, qui.

Occhio poi, che quando avrete finalmente deciso di non arrivare all’embargo totale, o magari addirittura fare marcia indietro, non sia Putin a dirvi grazie, ma ho già trovato altri acquirenti e non mi avanza più niente per voi: dato che avete deciso che è il Male Assoluto, peggio di Hitler + Stalin + Pol Pot + Bokassa + Idi Amin Dada + Erode + Dracula messi insieme, non glielo vogliamo concedere un dispettuccio, una ripicchetta, uno sberleffino?
E ora due parole sulla propaganda in uno splendido articolo di due settimane fa che ho ripescato per voi (vedete quanto sono buona?)

Ucraina: la propaganda di guerra c’è, ma non si vede…

“Un russo è imbarcato su un aereo di linea diretto verso gli Stati Uniti e l’americano seduto accanto gli chiede: ‘Cosa ti porta negli Stati Uniti?’ Il russo risponde: ‘Sto studiando l’approccio americano alla propaganda’. L’americano dice: ‘Quale propaganda?’ Il russo dice: ‘Questo è quello che voglio dire”‘ Battuta posta in esergo di un articolo di Robert Wrigth su Responsibile Statecraft che spiega come i russi sappiano perfettamente che i loro media sono consegnati alla propaganda, perché dipendenti dallo Stato. Ma la diversità di fonti informative dell’Occidente non vuol dire che in questa parte di mondo non esista la propaganda di guerra, eppure non si nota…
“La ragione principale di questa differenza di atteggiamento – continua Wright – non è che gli americani siano più creduloni dei russi. È che l’America è una democrazia liberale con un sistema mediatico abbastanza complesso”.
“È più difficile in questo sistema pluralistico […] per un singolo o un’istituzione potente creare un’unica narrativa dominante. Quindi, se la qui c’è la propaganda, dovrà avvenire in modo meno diretto che in Russia, con meno controllo centralizzato. E ciò rende più difficile individuarla”.
“In altre parole: un sistema pluralistico, mentre in qualche modo rende più difficile il prevalere della propaganda, offre anche alla propaganda che prevale  una buona mimetizzazione”.
Nel caso della guerra ucraina, uno degli strumenti usati per diffondere la narrativa di guerra è stato l’Institute for the Study of War, che fornisce ai media, soprattutto quelli mainstream, esperti e analisti sul campo. “Non passa giorno che l’ISW non sia citato da un giornalista o sul New York Times o sul Washington Post o sul Wall Street Journal”, insomma da tutti media mainstream…
Una cosa già vista: durante la guerra siriana, quando i giornalisti occidentali dipendevano in modo massivo dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, dal quale ricevevano notizie, analisi e approfondimenti.
Nel caso siriano, si trattava di un tizio che abitava a Londra e diceva di aver fonti sul campo, mentre l’ISW è un organismo più complesso con “radici neoconservatrici ed è gestito da falchi piuttosto estremi. Nel corso degli anni ha ottenuto finanziamenti da vari settori dell’industria delle armi: la General Dynamics, Raytheon e altre aziende che lavorano per la difesa, più o meno grandi più o meno note, come la General Motors che, se anche non hanno legami diretti con la difesa, ma hanno però contratti con il Pentagono”.
Per Wright, l’ISW non diffonde falsità, ma è “selettivo sulle verità che promuove e tattico nel modo in cui le dispone”. Ad esempio, nel caso siriano, se l’esercito di Damasco sbagliava mira e colpiva un mercato l’eccidio veniva subito denunciato, se i ribelli moderati, in realtà terroristi, facevano lo stesso, o la notizia non veniva data o, se data, bastava renderla anodina, tipo “bomba cade sul mercato”, lasciando in dubbio il responsabile (ricorda qualcosa?).
Ma tornando all’ISW, Wright lo descrive così: “Il presidente e fondatore dell’Institute for the Study of War è Kimberly Kagan, una esperta di storia militare sposata con Frederick Kagan, che ha la stessa specializzazione e lavora anch’egli per l’ISW. Frederick è un noto neoconservatore, anche se non come suo fratello Robert. Quest’ultimo, negli anni ’90, insieme a Bill Kristol (che è nel Consiglio di amministrazione di ISW), ha fondato il Project for a New American Century, che secondo alcuni osservatori ha svolto un ruolo importante nel convincere George W. Bush a invadere l’Iraq” (in realtà, secondo tanti).
I Kagan hanno ottimi rapporti con la Difesa, tanto che il Washington Post nel 2012  scriveva  che il generale David Petraeus, comandante in capo dell’esercito Usa, aveva de facto reso i due i suoi “più importanti consiglieri”.
[…] “La moglie di Robert Kagan, Victoria Nuland, è il funzionario del dipartimento di stato che ha sostenuto pubblicamente la Rivoluzione Maidan del 2014 in Ucraina” e attualmente è l’incaricata per gli Affari politici e già incaricata per gli Affari europei nel Dipartimento di Stato.
“Nel caso della guerra in Ucraina, le attività giornalistiche e di analisi dell’ISW sono straordinarie. L’Istituto pubblica aggiornamenti quotidiani sul campo di battaglia, completi di mappe […]. Questi report sono scritti in modo intelligente e chiaro […]. Se fossi un giornalista che scrive sulla guerra li troverei attraenti”.
Report intelligenti, appunto, che giorno dopo giorno incrementano la narrativa, con piccole “sfumature” qua e là che servono a supportare le narrazioni del governo ucraino. Inoltre, mentre le informazioni di fonte ucraina vengono riprese come dogmaticamente veritiere, quelle russe sono presentate sempre come prive di fondamento.
L’ISW non è l’unico organismo a fornire informazioni, analisi ed esperti ai media. Tanti sono i think tank che si propongono o vengono interpellati. Ma “non ci sono  think tank meno aggressivi che forniscono analisi giornaliere elaborate della guerra in Ucraina, in parte perché meno si è falchi, più è difficile ottenere finanziamenti. Non ci sono grandi aziende i cui profitti sono legati alla moderazione militare”, mentre tanti finanziamenti fluiscono dall’apparato militar industriale ai think tank che sostengono politiche muscolari. D’altronde, come ricorda Wrigth, l’Ucraina è inondata di armi e le industrie militari di soldi…
“Ecco perché se vedete un articolo sull’Ucraina – o sull’Afghanistan o sull’Iran o altro – scritto da qualche esponente di un think tank, ci sono buone probabilità che tale think tank abbia ottenuto denaro dalle aziende che lavorano per la Difesa”. Idem per la Tv.
“Per non parlare del fatto che, come hanno  documentato Aditi Ramaswami e Andrew Perez sul sito Jacobin, molti opinionisti che parlano della guerra in Ucraina ottengono soldi dagli stessi fabbricanti di armi (proprio come è accaduto per molti opinionisti durante la guerra in Afghanistan)”.
Detto questo, “i think tank non pagano le persone per dire cose in cui non credono. Semplicemente assumono persone che credono già alle cose che i finanziatori dei think tank vogliono che tutti, te compreso, credano”.
“La sincerità con cui questi esperti possono così professare le loro convinzioni è una delle ragioni per cui la propaganda americana è poco appariscente. Un altro motivo è la diversità delle istituzioni: diversi giornali, diversi canali Tv, diversi gruppi di riflessione!”.
“Questa diversità è certamente preferibile all’omogeneità, ed è uno dei tanti motivi per cui preferisco vivere in America piuttosto che in Russia. Tuttavia, a volte la diversità nasconde un’unità narrativa più profonda, un’unità fondata sul potere e su interessi particolari molto forti. E questo è particolarmente vero quando l’argomento è la sicurezza nazionale“.
“Sostenere l’Ucraina è una buona causa – conclude RS – Ma il sostegno dato a occhi chiusi non è mai una buona politica. E soprattutto non è bene nella situazione attuale”, dal  momento che parliamo di una guerra che coinvolge una superpotenza nucleare. Anche per questo rischio “dovremmo cercare di identificare e superare qualsiasi filtro che impedisca una visione chiara di ciò che sta accadendo in Ucraina. E se mi chiedete: ‘Quali filtri?’ la risposta è: ‘Questo è ciò che voglio dire’”.

Ps. Per tacere del fatto che tanti cronisti mainstream sono ex agenti Cia, ex funzionari del Pentagono e altro, con rapporti diretti con la Difesa. Sul punto rimandiamo, come esempio, a un articolo di Politico dal titolo, “Le spie che sono entrate nello studio televisivo”, sottotitolo: “Gli ex funzionari dell’intelligence si stanno godendo una seconda vita come esperti televisivi. Ecco perché questo dovrebbe inquietarci”… Ci torneremo.

Infine, sulla disinformazione di guerra, vedi anche Piccolenote.
29 giugno 2022, qui.

Prima di concludere, per rispettare il detto “una sbufalata al giorno leva il medico di torno”, vi ricordate questa immagine che pochi giorni fa ha fatto levare alti lai alle anime bella inorridite dalla perfidia dei russi?

Molti di noi anime brutte, invece, hanno immediatamente avuto il dubbio che si trattasse dell’ennesima bufala smerciata dalla propaganda ucraina e prontamente raccattata, come al solito, dai nostri ossequienti mass media a 90° (e qualcuno, fra cui io, ne ha avuto la quasi certezza). Ebbene, adesso è confermato: era proprio una bufala, gemella di quelle dei palestinesi, che bruciano campi coltivati e boschi israeliani e attribuiscono alla controparte tutti i loro crimini.

Fulvio Del Deo

Smascherata anche quest’altra fake della propaganda del regime di Kiev. Le forze e armate ucraine stanno utilizzando elicotteri per appiccare il fuoco nei campi di grano al confine della regione di Kherson.
Non lo ha detto Putin, lo ha detto il vice capo dell’amministrazione regionale.

E infine, visto che abbiamo evocato Dracula, eccovelo qui in carne e ossa (che sarebbe uno spettacolo davvero magnifico se non ci fossero quei due bastardi che continuano a cianciare per i fatti loro a microfono aperto)

barbara

NON PIOVE GOVERNO LADRO!

Sì? Cioè voglio dire: no? Cioè insomma: ma davvero davvero?

Siccità, ecco quanto ha piovuto (davvero): i dati che non vi dicono [veramente l’ausiliare di piovere sarebbe essere…]

Continua l’allarme siccità, ma i dati (quelli veri) sembrano rappresentare un’altra realtà, non così allarmistica

Dalla pandemia alla guerra, dal gas alla siccità: i nostri media mainstream vivono in un continuo stato di emergenza, in una costante sfera di cristallo allarmistica, catastrofista, cacofonica, dove qualsiasi problematica viene ricondotta alle conseguenze più nefaste possibili.
Iniziando dal dualismo non vaccinato uguale morte, ora è il turno dell’impatto della produzione industriale sul pianeta. Il messaggio è molto chiaro: se l’essere umano non inverte la rotta, la Terra sarà destinata a morire. E subito, quasi in modo scontato, trova il suo ritorno la propaganda ambientalista gretina, imputando la responsabilità all’uomo bianco per l’enorme pezzo di ghiaccio caduto dalla Marmolada e che ha causato sette vittime. Oppure, qualche mese fa, per l’alluvione estivo in Germania, causa della morte di oltre centocinquanta persone. Ad ogni disastro naturale, la responsabilità è una ed unica: l’uomo, in grado di influenzare, in soli due secoli, un pianeta da più di quattro miliardi e mezzo di anni.

Siccità, i dati che nessuno riporta

Anche la siccità è ascrivibile a questa narrazione ecologista. A livello di piovosità, il corrente 2022 è presentato come un anno senza precedenti, che segna in modo ineluttabile il cambiamento climatico che la nostra generazione ha sul groppone. In realtà, in un’esamina più approfondita e cauta, possiamo notare come fenomeni di questo tipo sono già successi nella storia del nostro pianeta. In alcuni casi, anche ben prima dello sviluppo tecnologico ed industriale delle popolazioni.
A tal riguardo, un lavoro prezioso è stato svolto da Luigi Mariani e Franco Zavatti, sulle colonne del sito Climatemonitor, capaci di sbugiardare le tesi catastrofiste, semplicemente allegando i veri dati della siccità 2022, paragonandola a quelle degli anni precedenti.
Prendendo in esame ventuno stazioni italiane, Mariani e Zavatti mostrano come la città meno soggetta a precipitazioni in questi primi sette mesi, Torino, conobbe il suo record negativo esattamente un secolo fa, quando il minimo registrato fu di 177 mm di pioggia contro i 208 mm di quest’anno.
Da tutte le stazioni, si deduce un elemento di fondamentale importanza: in nessun caso, il 2022 è stato l’anno storico meno piovoso. A Bologna, per esempio, nell’ultimo secolo sono stati riportati 42 anni meno piovosi rispetto a quello in corso; mentre a Pesaro e Cagliari, dati peggiori sono stati registrati rispettivamente per 56 e 66 anni dell’ultimo secolo. Caso particolare rimane ancora il capoluogo dell’Emilia Romagna, dove il record negativo è quello del 1825, appena prima dello sviluppo industriale umano. In allegato, riproponiamo l’ottima tabella riassuntiva di Climatemonitor.

Nel corso dell’analisi, Mariani e Zavatti prendono in considerazione anche il valore delle precipitazioni nell’anno idrologico 2022. Se ne deduce una chiara anomalia solamente nell’estremo Nord-Ovest, comprendendo la Valle d’Aosta e la zona settentrionale del Piemonte. Al contrario, nel resto d’Italia, le precipitazioni rientrano in valori di media-alta frequenza. Nella figura di sotto, i puntini neri rappresentano la localizzazione delle stazioni: come si nota, le Alpi ne sono sprovviste, rendendo “il dato ad esse riferito poco rappresentativo”.

Ma il dato più importante dell’approfondimento riguarda l’ultima cartina, quella che raffigura “il numero di anni idrologici per secolo che hanno presentato precipitazioni inferiori a quelle dell’anno idrologico in corso”. Se ne deduce, ovviamente, che il 2022 rimane un anno non particolarmente piovoso, ma l’anomalia riguarda solo il Nord Italia. Al contrario, dati nella media sono stati registrati lungo la riviera romagnola e nel centro, mentre sono stati ottimi per la zona meridionale della nostra Penisola, a partire da Roma in giù, comprese le due isole.

Si badi bene: con ciò non intendiamo asserire che il cambiamento climatico non esista, o che il riscaldamento globale sia frutto della finzione dei media [ecco, io invece sì che intendo, eccome se intendo]. Ci permettiamo, sempre con estrema umiltà, di offrire un suggerimento: approcciamoci ai dati, quelli veri, presi nella loro generalità, paragonandoli con quelli dei decenni, dei secoli e dei millenni anteriori. Ricordiamoci, per esempio, come l’aumento delle temperature che sta investendo il nostro pianeta nasce 20mila anni fa, direi ben prima della rivoluzione industriale inglese e poi del resto del mondo, entrando in una nuova fase interglaciale circa 12mila anni fa.
Ricordiamo anche come i dati più vecchi, a disposizione delle comunità scientifiche per lo studio della Terra, risalgono a circa 540 milioni di anni fa. Un’enormità se approcciati dal punto di vista umano, ma un dato irrisorio se ragioniamo geologicamente, a fronte di un pianeta da oltre quattro miliardi e mezzo di anni.
In un’analisi a tutto campo, questi dati non possono essere trascurati: se omessi, rischiano di creare un effetto allarmistico eccessivo, superfluo, quasi incontrollabile. L’ecologismo estremo si sta apprestando a diventare la nuova religione globale. E ogni anno diventa sempre peggio.
Matteo Milanesi, 5 luglio 2022, qui.

Ma non c’è niente da fare: terrorismo a manetta è l’unica cosa che sanno fare, prima il rischio glaciazione, dieci anni di tempo per salvare il pianeta perché poi sarà troppo tardi, poi il riscaldamento globale, dieci anni di tempo per salvare il pianeta perché poi sarà troppo tardi, poi i cambiamenti climatici, dieci anni di tempo per salvare il pianeta perché poi sarà troppo tardi, poi la pandemia, poi la guerra, poi il diavolo che se li porti, che vi venisse un bel coccolone a tutti quanti e ci lasciaste finalmente vivere! Poi magari volendo ci sarebbe anche questa cosa qui:

E poi c’è anche chi vuole politicizzare la tragedia della Marmolada, agganciandola alla fantomatica gretesca emergenza climatica e tutti i soliti orpelli che conosciamo fin troppo bene spacciati come causa del disastro. A questo proposito propongo prima un articolo “cattolico” che analizza questa tipologia di disastri nel corso degli anni.

Marmolada, sulle vittime la danza degli ecologisti

Una tragedia come quella della Marmolada – oltre alla pietà e alla preghiera per le vittime – dovrebbe anzitutto ispirare qualche riflessione sul significato e sulla fragilità della vita umana. Invece, come al solito, si scatena la propaganda cambioclimatista, smentita dalla storia e vero pericolo per gli uomini.

Una tragedia come quella della Marmolada – oltre alla pietà e alla preghiera per le vittime – dovrebbe anzitutto ispirare qualche riflessione sul significato e sulla fragilità della vita umana. Più ancora sulla reale dimensione dell’uomo davanti al Creato e quindi al Creatore. Don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, propose fin da subito ai suoi ragazzi vacanze comunitarie in montagna perché, diceva, «la sanità dell’ambiente umano, l’imponente bellezza della natura, favoriscono ogni volta il rinnovarsi della domanda sull’essere, sull’ordine, sulla bontà del reale – il reale è la prima provocazione attraverso cui viene destato in noi il senso religioso».
Ma incidenti come quelli del 3 luglio ci fanno anche toccare con mano quanto la natura possa essere matrigna, contrariamente alla concezione idealizzata che da decenni ci viene inculcata. E quanto l’uomo sia piccolo davanti alla grandezza dell’universo e nulla davanti all’eternità.
Invece, come ormai da copione, ancora una volta una catastrofe naturale viene usata strumentalmente per fare propaganda ecologista, per dare la colpa al riscaldamento globale ovviamente causato dall’uomo cattivo, che inquina, brucia le risorse naturali, sfrutta selvaggiamente l’ambiente. Su giornali e tv è un coro unanime, talmente scontato, che non vale più la pena nemmeno guardarli.
Eppure il distacco di un pezzo di ghiacciaio, per quanto non sia un evento che accade in continuazione, è un fatto ricorrente. E se in questo periodo anche sulle nostre montagne si registra un caldo anomalo, tanti altri eventi del genere sono accaduti in pieno inverno. Come accadde, ad esempio, il 21 dicembre 1952 sul ghiacciaio delle Grandes Jorasses, sul Monte Bianco, al confine tra Francia e Italia: «Un’enorme valanga – scriveva la Rivista del Cai (Centro Alpino Italiano) – simile nelle proporzioni a quelle che si staccano dagli immensi ghiacciai dell’Himalaya, si staccò dall’estrema cresta delle Grandes Jorasses e giunse fino al fondovalle: l’ampiezza delle sue fonti era complessivamente di circa due chilometri e il dislivello superato nella discesa di quasi tremila metri». Fortunatamente si salvò il villaggio di Planpincieux. La stessa valle fu teatro di un altro evento del genere il 1° agosto 1993 e in questo caso furono travolti otto alpinisti, tutti morti.
Ma va ricordata anche la catastrofe di Mattmark, in Svizzera, il 30 agosto 1965: una parte del ghiacciaio dell’Allalin si staccò e due milioni di metri cubi di ghiaccio seppellirono 88 lavoratori impegnati nella costruzione della diga di Mattmark, a 2120 metri di altezza. Tra le vittime, ben 56 erano italiani, la tragedia più grave dell’emigrazione italiana dopo Marcinelle.. Da notare però che il 1952 e il 1965 sono anni che fanno parte di un periodo di raffreddamento globale del clima (che è durato all’incirca tra il 1940 e il 1975) e che spinse all’inizio degli anni ’70 a lanciare allarmi sul pericolo di una prossima nuova glaciazione, ovviamente a causa delle attività umane.
Il distacco di pezzi di ghiacciaio è perciò un fenomeno naturale cui concorrono diversi fattori. Certamente il can can della propaganda anti-umana che ancora una volta si è scatenato non ha niente a che vedere con la scienza e con la cura per l’ambiente. Il riscaldamento e il raffreddamento globali sono parti di un ciclo naturale, così come la crescita e il ritiro dei ghiacciai.
E in effetti, tale propaganda ecologista diseduca alla comprensione della natura. Presentando il distacco di un ghiacciaio come evento eccezionale legato all’emergenza climatica attuale e senza precedenti, si dà l’idea che la natura sia di per sé statica: in equilibrio perenne se non fosse che siamo intervenuti noi uomini negli ultimi decenni a turbare questo equilibrio e mandare tutto in tilt, da cui tutta questa serie di catastrofi.
È una grande menzogna: in realtà la normalità della natura è quella di essere dinamica, in continuo movimento, per il clima un succedersi di periodi di riscaldamento a periodi di raffreddamento, e bisogna conoscerla per adeguarsi da una parte e difendersi dall’altra. Perché certe catastrofi naturali – non solo ghiacciai che si staccano – non si possono evitare, ma si possono evitare o minimizzare vittime e danni.
Se c’è una responsabilità umana grave è quella di chi, per interessi ideologici, economici o politici, genera nelle persone un ingiustificato terrore o, al contrario, una falsa sicurezza. Proprio quest’ultima potrebbe aver avuto un ruolo nel pesante bilancio della tragedia della Marmolada.
Riccardo Cascioli, qui.

E poi voglio proporre un’altra cosa, particolarmente interessante perché dopo avere trattato il tema in questione, allarga il campo ad altri scenari, purtroppo di grande attualità. Precisando che l’autore è un attivo frequentatore e conoscitore della montagna.

Giovanni Bernardini

SERACCHI

Torno dalla montagna, dò per la prima volta da molti giorni una occhiata ai TG e devo ascoltare la terribile notizia della sventura sulla Marmolada, la splendida “regina delle Dolomiti” su cui ho avuto la grande emozione di scarpinare, non fino alla cima, in più di una occasione.
Che il gran caldo anomalo di questi giorni abbia avuto la sua influenza nel distacco del seracco è molto probabile, ma da questo ad imputare la disgrazia all’onnipresente “riscaldamento globale” ce ne passa.
Il distacco di seracchi nel corso della stagione estiva è un fatto abbastanza frequente, presentarlo come una sconvolgente novità è completamente fuorviante.
Ho ascoltato al solito TG5, stamattina che in cima alla Marmolada la temperatura sarebbe di 10 gradi. Per pura curiosità sono andato a controllare in Internet. Oggi la temperatura in cima alla Marmolada varia da un massimo di 6 ad un minimo di 0,5 gradi. Probabilmente sopra la media ma non in maniera mostruosa. Quando, il 20 giugno, ho fatto la bellissima traversata del Bianco la temperatura alla Aiguille du Midì (quota 3854) era, se ricordo bene, di un paio di gradi, più o meno alle 13; al sole aumentava un pò, specie quella percepita, perché a quelle altitudini il sole letteralmente brucia.
Senza voler polemizzare, ma solo per mettere in chiaro le cose, il 3 Luglio 2021 due esperte alpiniste italiane sono morte assiderate sul Rosa, a quota 4.150, sulla Piramide Vincent.
Amo i ghiacciai e sono preoccupato per il loro ritirarsi, ma penso che trasformare ogni disgrazia in montagna in un’arma propagandistica in difesa del finto ambientalismo alla Greta sia una colossale idiozia.

A questo post ne è seguito un altro, che merita di essere letto perché mette il dito su una piaga particolarmente diffusa di questi tempi.

Giovanni Bernardini

Ieri una persona (MOLTO) diversamente intelligente mi ha definito “putiniano” e “novax”.
Ho fatto 4 (QUATTRO) dosi di vaccino ed ho rotto i rapporti con almeno 300 (TRECENTO) contatti a causa delle divergenze sulla brutale aggressione messa in atto dalla Russia di Putin contro l’Ucraina [posso dire senza tema di smentita che fra le persone che seguo, lui è in assoluto uno dei più fanaticamente scatenati contro Putin].
Come mai allora questa persona (che ho immediatamente bannato) mi ha definito “novax“ e “putiniano”?
Semplice. La mia “colpa” è stata quella di affermare che il distacco di seracchi dai ghiacciai è un fenomeno non troppo raro nei periodi estivi. E, ulteriore “colpa”, ho polemizzato con chi usa a fini di propaganda politica ed ideologica ogni sventura, ogni evento naturale tragico o anche solo fastidioso, attribuendo sempre TUTTO all’onnipresente riscaldamento globale. Un atteggiamento ideologico che NULLA ha a che fare con la sacrosanta difesa dell’ambiente che ritengo da sempre un obiettivo che ogni persona ragionevole ha il diritto, e forse anche il dovere, di perseguire.
Nel 1916 sulla Marmolada una enorme valanga uccise circa 300 militari austriaci.
Il video che posto mostra lo stacco un pezzo del ghiacciaio del Miage nel 1996. L’enorme blocco di ghiaccio precipitò nel lago e causò un’onda che travolse decine di turisti. Non ci furono morti solo perché il ghiaccio precipitò in acqua e non direttamente sui turisti che si godevano lo spettacolo della natura. Da notare nel video l’equilibrio del commentatore, molto lontano da certi deliri ideologici oggi di moda e dallo stesso commento scritto, molti anni dopo l’incidente, su You tube.
Non intendo riaprire il vecchio dibattito sulle cause e le dimensioni dei mutamenti climatici, né sul modo di cercare di affrontarli. Vorrei solo invitare le persone di buon senso ad evitare atteggiamenti propagandistici ed ideologici.

Cioè, una persona la pensa diversamente da me su un determinato tema, quindi la accuso di pensarla diversamente da me (crimine immane) anche in tutti gli altri ambiti, anche se so perfettamente, essendo documentato in centinaia di articoli e decise prese di posizione (in qualche caso anche violenti anatemi), che la pensa esattamente come me. E niente, la gente ha il baco nel cervello, ed è per questo, esattamente per questo che sta andando tutto a rotoli.

Prima di chiudere devo assolutamente mettere questa cosa che non c’entra niente, ma amo follemente questa donna, e voglio che la amiate anche voi:

L’avevo presentata già tre mesi fa in un altro mirabile intervento, ma quel video ora non c’è più, per cui l’ho cercato su YT, e lo rimetto qui di seguito

(e al primo che mi viene a parlare di “donna con le palle”, giuro che spappolo le sue con una raffica di calci come non ne ha mai visti neanche a “Italia-Germania” del Settanta)

E per chiudere, una bella ammucchiata di artisti:

barbara

MISTIPOST

Non in senso inglese, post nebbioso, e neanche in senso tedesco, post di merda, ma semplicemente italiano: post misto, con argomenti vari. E mescolando parole e immagini.

E comincio con quella che un sacco di teste di cazzo continuano a chiamare “abolizione del diritto all’aborto”; le possibilità sono due: o sono analfabeti funzionali, o sono analfabeti e basta. E comunque, in entrambi i casi, sono teste di cazzo. E ritardati. Perché no, non è successo assolutamente niente del genere: la Corte Suprema ha, molto semplicemente, preso atto che quello all’aborto non è un “diritto costituzionalmente garantito” per il semplice motivo che questa cosa nella Costituzione americana non c’è. C’è il diritto di parola, il diritto a possedere armi, il diritto a non rispondere in determinate situazioni ma il diritto all’aborto, spulciate pure la Costituzione americana quanto volete, non ce lo trovate. E dunque? Dunque ogni stato legifererà per conto proprio, come per tutte le cose che non rientrano nella Costituzione. Ci saranno stati che lo vieteranno? Sì, ci saranno. Perché ogni stato è governato dalla maggioranza democraticamente eletta, e le istanze di quella parte politica sono risultate condivise dalla maggioranza degli elettori: si chiama democrazia, nel caso qualcuno lo ignorasse. La cosa scontenterà qualcuno? Naturalmente: non esistono leggi che non scontentino nessuno. Se io dovessi essere stuprata e non avere prove documentali sufficienti a far condannare il mio stupratore, sarei sicuramente furibonda a vederlo in circolazione e magari sghignazzarmi in faccia, ma non credo che qualcuno troverebbe ragionevole stabilire che basti la mia parola per sbattere qualcuno in galera, anche se in questo caso la mia parola corrisponde alla verità e quello è realmente colpevole. A parte questo, una legge che consenta di abortire ci sta, ma parlare di diritto è roba che mi fa crescere otto metri di pelle d’oca: il corpo è tuo? Quello tuo sì, quello di tuo figlio no. E adesso vi svelo un segreto: esiste la contraccezione. Vuoi scopare come una coniglia e non avere figli? Puoi farlo, senza alcuna limitazione, senza alcuna controindicazione, gratis o quasi. Dici che il corpo è tuo? Certo, quello tuo sì; quello di tuo figlio no, fattene una ragione. Quanto ai refrattari al rispetto della legge, andate su youtube a dare un’occhiata: altro che il famoso assalto del 6 gennaio con cui ancora la stanno menando per cercare di buttare fuori Trump.

E passiamo al covid, che mi ricorda tanto una filastrocca di mia nonna: Questa zè ea storia del sior Intento, che dura poco tempo, che mai no se distriga, vuto che te a conta o vuto che te a diga? – Cóntemea – No se dize mai cóntemea parché questa zè ea storia del sior Intento, che dura poco tempo, che mai no se distriga, vuto che te a conta o vuto che te a diga? – Dìmea – No se dize mai dìmea parché questa zè ea storia del sior Intento, che dura poco tempo, che mai no se distriga, vuto che te a conta o vuto che te a diga? – Cóntemea – No se dize mai cóntemea parché questa zè… Ospedali vuoti, intensive vuote, malati praticamente zero, ma l’allarme si rialza perché crescono i contagi, e io dico ok, figli di puttana i virologi con la sindrome dell’abbandono se l’epidemia finisce o anche solo cala, figli di puttana i giornalisti che cavalcano l’onda del terrore da fare concorrenza a Dario Argento, ma che dire delle teste di cazzo che continuano a spararsi tamponi come se piovesse? Tipo l’oca signorina che soffre di rinite allergica e come finisce l’inverno attacca a starnutire, e dato che la concentrazione di pollini, dipendendo da tanti fattori, non è sempre identica, ogni volta che fa uno starnuto in più si precipita a tamponarsi, e tra un dìmea e un cóntemea riusciranno a protrarre l’epidemia fino al giorno del giudizio magari aggiungendoci, per precauzione, un po’ di vaiolo primatesco e anche – la prudenza non è mai troppa come saggiamente ricorda il pregliasco che raccomanda niente sesso tra fidanzati e chissà se avrà sdoganato, dopo due anni e mezzo, quello tra sposati – un po’ di polio, meglio se di fogna, che profuma di più. Ecco, giusto per restare in tema: andate a cagare.

Sempre in tema di allarmismo catastrofismo terrorismo mediatico, torniamo a parlare di Chernobyl. E di Orvieto. Che cosa c’entra Orvieto con Chernobyl? C’entra, fidatevi, c’entra.

Trova la differenza

Sport: finalmente si comincia a impedire alle persone uccellofore di gareggiare come donne. Io a dire la verità le butterei fuori da tutto: non sei un uomo dato che ti dichiari donna, non sei donna dato che hai l’uccello, quindi non sei assumibile né come operaio né come operaia, né come commesso né come commessa, né come impiegato né come impiegata, quindi fuori dai coglioni, zitt* e a cuccia. Poi ci sarebbe quella scuola additata al pubblico ludibrio con tanto di inchiesta ordinata dal ministro per avere indotto al suicidio “Cloe” sospendendolo/a dall’insegnamento. Ma abbiate pazienza, un uomo che si presenta a scuola vestito da donna con parrucca e tette posticce e tutto il resto, voi nella classe dei vostri figli lo vorreste? Se hai problemi di identità te li vai a risolvere per conto tuo cazzo, non vieni a scaricarli sui miei figli.

E a proposito di figli su cui si scaricano i problemi: la cazzata del secolo, se non del millennio, ossia l’auto elettrica, che già è una cazzata di per sé se viene proposta come soluzione di un problema e diventa una cazzata alla quattrocentesima potenza se con questa si pretende addirittura di controllare il clima (delirio di onnipotenza allo stato puro), ma arrivare addirittura a imporla per legge è roba da ricovero coatto. Le cose che funzionano non hanno bisogno di essere imposte per legge, e se qualcosa deve essere imposto per legge significa che non funziona. Un esempio banale, la plastica: nessuno ha avuto bisogno di leggi per convincersi ad adottare un materiale molto più economico, leggero, resistente, duttile rispetto ai materiali che è andato a sostituire, mentre si vuole ricorrere a leggi per indurre la popolazione ad abbandonarla – leggi che comunque non funzioneranno mai. Questo articolo, di cui non condivido parecchie cose, dall’Europa come soluzione al sostenere comunque, sia pure con riserva, la validità dell’auto elettrica, ha comunque il merito di mettere in fila alcune criticità.

Ma voi vi fareste fare un pompino da un simile canotto di plastica che probabilmente non ha neanche più abbastanza sensibilità da distinguere un pezzo di carbone da uno spaghetto? Che poi comunque sempre racchia rimane

Non posso trascurare del tutto la guerra in corso, e propongo questa bella serie di domande che ho trovato in rete:

Chi ha organizzato un golpe nel 2014? Chi ha promesso ai russi etnici del Donbass che i loro figli avrebbero vissuto nelle cantine, mantenendo poi la promessa? Chi ha mandato aviazione e artiglieria a bombardare civili? Chi ha tagliato le pensioni agli ucraini del Donbass, Chi ha tagliato l’acqua alla Crimea? Chi ha finto l’intenzione di rispettare Minsk? Chi ha ammassato ingenti forze, armi, munizioni, fortificazioni nel Donbass? Chi ha minacciato di procurarsi armi nucleari? Chi ha concesso alla NATO di costituire una testa di ponte NATO prima ancora dell’adesione alla NATO?
E chi ha espanso la NATO per 30 anni violando promesse e minacciando la profondità strategica difensiva russa? Chi l’ha rapinata di tutto negli anni ’90? Chi non ha voluto che partecipasse all’architettura di sicurezza europea? Chi non ha voluto considerare le legittime istanze russe anzi spregiandole? Chi ha emarginato la Russia per anni? Chi l’ha espulsa dal G8? Chi ha costretto gli atleti russi a gareggiare senza bandiera? Chi ha accusato ingiustamente la Russia di stupidaggini alla Litvinenko, Skripal, Navalny?
E soprattutto : chi non ha capito che la guerra alla Russia per procura è la rovina dell’Europa e l’inutile sacrificio dell’Ucraina e del suo popolo?

A proposito delle complicazioni di guerra

E giusto per dimostrare urbi et orbi che loro non sono nazisti no no no assolutamente no, è stata decretata la distruzione di TUTTI i libri di autori russi e bielorussi – entartete Kunst si chiamava 88 anni fa: arte degenerata: proprio non vogliono rischiare di restare indietro neanche di un millimetro rispetto ai fratelli maggiori, nonché rispettati maestri.

E a proposito di influencer:

E infine godiamoci questo mirabile Bach danzato da questi due mirabili artisti russi.

barbara