barbara
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ABBIAMO GIÀ DATO
Cercate di capirci, abbiamo già dato
Cari Amici,
è chiaro che di nuovo – come in tante altre situazioni di pericolo per Israele – c’è una larga differenza fra quel che pensano e che sentono gli amici di Israele e in particolare gli ebrei (salvo pochissimi traditori, personaggi cioè che il popolo ebraico detesta e disprezza) e il modo in cui i media stanno orientando l’opinione pubblica. Ignorando i traditori e gli antisemiti più o meno consapevoli e dichiarati che sono venuti allo scoperto in questa circostanza, vorrei cercare di spiegare a chi onestamente non capisce le azioni di Israele che cosa sta succedendo a Gaza.
Lo faccio in maniera estremamente sommaria, accennando solo a due punti. Il primo è questo. Hamas, un’organizzazione considerata terrorista da moltissimi paesi (non solo gli Usa da ben prima di Trump e quasi tutti i paesi occidentali, ma anche molti stati arabi), ha lanciato un mese e mezzo di mobilitazione, chiamata “marcia del ritorno”, con lo scopo esplicito di abbattere i confini di Israele e di impadronirsi del suo territorio.
Spesso ha dichiarato di voler sterminare tutti i “sionisti” o i “coloni”- parole in codice per dire ebrei. Che il senso delle manifestazioni fosse questo, lo hanno dichiarato in maniera chiarissima il suo capo politico Yihya Sinwar: http://www.jpost.com/Breaking-News/Hamas-chief-We-will-remove-the-borders-and-implement-the-right-of-return-549053 ed altri dirigenti (https://twitter.com/twitter/statuses/982520058411978752) .
Ora, non c’è Stato senza controllo del territorio. Non si tratta solo dei confini, che vengono difesi da tutti (pensate allo sdegno recente per l’”irruzione” della Gendarmeria francese a Bardonecchia), ma anche di porzioni di territorio che vengono chiuse. Negli ultimi anni, ogni volta che ci sono state iniziative politiche internazionali sono state difese da “zone rosse”, difese militarmente dagli stati organizzatori. Nessuno del resto lascia la propria casa aperta a chi pensa di prendersela per sé. Le città nascono stabilendo i propri inviolabili confini, come Plutarco e Livio raccontano di Roma. Perché proprio Israele non dovrebbe difendere i suoi confini?
Anche se la “marcia del ritorno” fosse stata una manifestazione pacifica (ma non lo era, ve ne sono infinite prove fotografiche e testuali, a partire dal nome), Israele aveva diritto di impedire lo sconfinamento, con gli ostacoli e le barriere che ci sono sempre e che sempre Hamas cerca di violare con tunnel, missili e incursioni varie; e se queste erano minacciate, per esempio tagliando la rete di protezione come hanno ripetutamente cercato di fare i terroristi durante gli scontri, anche con le armi.
E’ un fatto comunissimo: avvicinatevi a una qualunque zona militare, anche a una caserma dei carabinieri nella pacifica Italia, e trovate dei cartelli che vi avvertono della possibilità di una difesa armata. Cercate di superare un confine vero (ormai l’Italia non ne ha più, ma cercate di entrare in Russia dall’Ucraina o in Turchia dalla Grecia o dall’Armenia) e vi spareranno a vista.
Israele si è difeso in maniera molto selettiva, individuando i caporioni (guarda caso, tutti giovani maschi appartenenti a organizzazioni terroristiche).
Perché non avrebbe dovuto farlo? Quali erano le alternative? Mezzi di controllo delle sommosse come gas lacrimogeni sono stati largamente usati, ma sono inutili contro organizzazioni militari attrezzate come quelle che hanno attaccato il confine, preparando anche una copertura fumogena, come nelle guerre vere e proprie: un vero e proprio stupro ecologico, contro cui aspetto ancora di sentire una protesta ambientalista.
Ecco, questo è il primo punto: negando a Israele il diritto di difendersi, lo si discrimina rispetto a tutti gli altri stati e lo si mette in pericolo, incoraggiando i suoi nemici, che continuano a pianificare la sua distruzione (https://www.aljazeera.com/news/2018/04/khamenei-big-mistake-negotiate-israel-180405125637407.html )
L’Europa ancora una volta si allinea o fa finta di non sentire, vedendo solo le indubbie durezze di una guerra di difesa. Il che fa sì che gli ebrei si indignino dell’indignazione europea. Ma c’è una seconda ragione, più specifica. Se ogni stato ha il diritto e il dovere di difendere i propri confini per tutelare i propri cittadini, uno stato ebraico non può non sentire questo dovere con intensità molto maggiore. La memoria storica degli ebrei ha impressa a lettere di fuoco l’esperienza di quel che accade quando una folla ostile sfonda le difese ed entra nelle loro case. Dai visigoti cristiani agli almoravidi musulmani in Spagna, dalle stragi compiute da Maometto in persona contro gli ebrei dell’Arabia a quelle dei crociati, dai processi dell’Inquisizione ai pogrom in Polonia e in Russia, dalla Shoah alla caccia agli ebrei nei paesi arabi nel secolo scorso, il popolo ebraico si è trovato sempre vittima di lutti e distruzioni infinite, disarmato, senza avere modo di difendersi mai perché privo di uno stato, dovendo solo confidare nella pietà o nell’interesse di chi poteva fermare gli assassini e quasi sempre non lo faceva.
La fondazione dello stato di Israele ha prima di tutto il senso di prendere il destino nelle proprie mani, di potersi difendere. Esattamente questo significa per noi “mai più Auschwitz”. Non possiamo credere, oggi come nel Medioevo, a una protezione internazionale. L’esperienza ha mostrato che in ogni momento di debolezza di Israele le potenze del mondo (e in primo luogo l’Europa) non l’hanno voluto difendere. E hanno mostrato anche che i “poveri palestinesi” sono ben decisi ad ammazzare più ebrei che possono, appena ne hanno la possibilità.
Rinunciare a difendere i confini vorrebbe dire tornare ad Auschwitz.
Auschwitz è ciò che l’Europa, che a suo tempo collaborò volonterosamente coi nazisti, la Chiesa, che non fece quasi nulla per impedire la strage, la sinistra (che cercò per decenni di occultarne il senso antisemita) vorrebbero oggi di nuovo dagli ebrei.
L’odio anti-israeliano gratuito dell’Europa, della Chiesa, della sinistra in generale, esibisce una coazione a ripetere che non può che far dubitare della natura umana – o della cultura occidentale. Non faccio fatica a immaginare con quanta commozione ci commisererebbero fra cinquant’anni, se seguissimo i loro buoni consigli umanisti: con giornate della memoria, musei e commoventi rievocazioni della nostra cultura. E’ un vero peccato dover deludere queste così nobili aspettative. Noi ebrei non abbiamo la minima intenzione di farci commemorare un’altra volta, non siamo disposti a farci sterminare di nuovo dai palestinisti, dagli iraniani o da chiunque altro. Ci difendiamo. Anche a costo di non mostrare la moralità delle vittime che così volentieri ci viene riconosciuta, magari dagli eredi dei carnefici o dei loro aiutanti.
Se qualcuno, armato di mitra o di coltello, magari sbandierando una svastica, cerca di entrare a casa nostra per tagliarci la gola, ci difendiamo.
E continueremo a farlo, alla faccia degli appelli del Papa, del Segretario delle Nazioni unite o degli editorialisti dei quotidiani di provincia che continuano a farci la lezione. Se disgraziatamente dovesse servire, lo faremo fino all’ultimo uomo (a parte i traditori infettati dall’ideologia di sinistra, che per fortuna sono pochissimi). Ci spiace di non darvi soddisfazione, di non poter fare i bravi ragazzi, come piacerebbe a voi. Cercate di capirci, abbiamo già dato.
Ugo Volli, su Informazione Corretta
Naturalmente sappiamo benissimo che “cercate di capirci” è un modo di dire, per dare una chiusa elegante e “rotonda” al pezzo. Sappiamo benissimo che “quelli” non ci pensano neanche di striscio a cercare di capire, non ci pensano neanche di striscio a cercare informazioni diverse dalle veline della propaganda filo terrorista. Ce ne faremo una ragione. E continueremo a difenderci, perché dopotutto, come diceva Golda Meir, “preferisco le vostre critiche alle vostre condoglianze”.
E ciò che non hanno potuto fare loro ieri, oggi, fortunatamente, lo possono fare, e lo fanno, i loro nipoti.
barbara
INCONTRI
Una ragazza palestinese incontra dei soldati israeliani.
Una soldatessa israeliana incontra dei ragazzi palestinesi.
barbara
NANNE…
Zitti, fate piano, non le svegliate e lasciamole dormire. Anzi cantiamo insieme una antica ninna nanna, non sia mai detto che i rumori di protesta che arrivano dall’Iran le sveglino. “Nonna-nonna, nunnarèlla. Vieni ca sta figlia è bella; vieni e nun tardàri, ca se vòle addurmentàri…”. E mentre le belle figlie di Teheran lottano per il diritto a mostrare i loro capelli scoperti cosa fanno le belle figlie dell’Occidente e dell’Italia? Le nostre femmine femministe, le nostre attive combattenti per i diritti delle donne, cosa fanno? Le nanne. Tutte. Da Laura Boldrini fino a Federica Mogherini, da Emma Bonino fino alle madri delle cause palestinesi come Rosa Schiano e le Donne in Nero. Tutte a nanna. “Nonna-nonna, nunnarèlla, Vieni ca sta figlia è bella; vieni e nun tardàri, ca se vòle addurmentàri…”. Perché le figliole di Iran non interessano, non hanno diritto ad essere donne con o senza velo, con o senza obblighi religiosi. E poi ci sono gli interessi economici (quelli veri) e mica le nostre donne potranno svegliarsi e mettersi contro il mondo ed il petrolio? Proprio adesso che le sanzioni sono sospese? E mica potranno le nostre donne dimenticare il fascino di quando, durante visite più o meno ufficiali, sono state loro quelle che hanno indossato l’hijab? Se e quando tutte le donne sensibili alle lotte ben scelte e ben ponderate vorranno svegliarsi, ci sarà sempre tempo ed occasione per una bella marcia contro Israele, una rassegna cinematografica antisionista, un aperitivo solidale con i bambini palestinesi ed un giro di saldi per l’acquisto di un nuovo foulard per la prossima visita in un paese governato da un regime teocratico, che offende e distrugge ogni diritto femminile ed ogni istanza democratica. Ed intanto a Gerusalemme, lo scorso 2 gennaio, un gruppo di esuli iraniani sfuggiti per un soffio ad arresti e condanne capitali – guidati dalla giornalista Amin Neda, anche lei una vera attivista per i diritti umani esule ed esiliata dall’Iran – hanno protestato contro la Repubblica Islamica di Iran e contro il mancato sostegno occidentale, ringraziando lo Stato di Israele che li ha accolti e salvati da morte certa. Ma non le svegliate le nostre amazzoni a tempi alternati. Lasciatele tranquille: “Nonna-nonna, nunnarèlla Vieni ca sta figlia è bella; vieni e nun tardàri, ca se vòle addurmentàri…”
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino – Moked, 05/01/2018
Certo, la priorità assoluta è la guerra a 360° contro il maschilismo linguistico, lottare perché si impongano le corrette denominazioni di sindaca avvocata ministra presidenta architetta ingegnera (e noto con orrore che, ad eccezione di presidenta, word non me li segnala più come errori), altro che bazzecole quali il diritto di sposarsi a diciotto anni e non a nove, di scegliere il marito e non vedersi imporre, a dieci anni, un sessantenne, di decidere il proprio abbigliamento, ma quando mai.
E ora, per riprendere uno dei temi toccati da rav Punturello, vediamo in azione i poveri bambini palestinesi innocenti e gli infami soldati israeliani.
barbara
CARO SOLDATO
Caro soldato/cara soldatessa, se sei un po’ a corto di soldi non tenerti la fame: parla a Liron o a Shalom e tutto ciò che ti manca lo troverai da noi. Buon appetito!
Ditemi pure che sono fissata, ma dove altro lo trovate?
barbara
HU YIVARECH – BENEDICA
Questa sera è iniziato Yom haZicharon, il giorno del ricordo dei soldati israeliani caduti in guerra o per mano dei terroristi.
Chi legge l’ebraico può recitare questa preghiera per i soldati.
Credo che questa sia anche l’occasione giusta per ricordare la gloriosa Brigata Ebraica che contribuì, con non piccolo sacrificio di sangue, a liberare l’Italia dal nazifascismo. Ecco questa, vedete, è la brigata ebraica
e quella è la sua bandiera (per quelli che pretendono che la bandiera israeliana non c’entri con la festa della liberazione). E poi andate a leggere questo articolo.
barbara
E INVECE AVEVO RAGIONE IO
L’osteoporosi, è l’osteoporosi, hai controllato l’osteoporosi, di sicuro hai l’osteoporosi, se no come ti si fratturava la vertebra, controlla l’osteoporosi, devi controllare l’osteoporosi. E se mi azzardavo a dire che no, ero sicura di non avere neanche l’ombra di osteoporosi: sei la solita testarda, come fai a dirlo se non l’hai controllata, lo fai apposta a non controllarla per non rischiare di dover ammettere che avevi torto.
Ecco, l’ho controllata: di osteoporosi non ho neanche l’ombra, sono tutta in zona verde, quella che è normale per i giovani. Poi dopo quella viene la zona gialla, l’osteopenia, che è normale per i vecchi. E DOPO la zona gialla arriva la zona rossa, quella dell’osteoporosi, dalla quale mi separano anni luce. Ragazzi, se dico che ho ragione vuol dire che ho ragione: fatevene una ragione, e mettetevi in testa che io sono un panzer, non vi conviene mettervi contro di me.
(luglio 2014, in piena guerra “Margine di protezione”)
barbara
SHMA ISRAEL…
E adesso che avete imparato le parole, guardatevi anche questo piccolo, doveroso omaggio a tutti i nostri meravigliosi ragazzi che ogni giorno combattono e muoiono per impedire che il dolore diventi ancora più grande. Non solo cicciottelle e checche isteriche.
barbara
E ANCHE SE GLI ANNI PASSANO
e anche se i bimbi crescono, le mamme israeliane non imbiancano mica! Al massimo si scambiano i posti.
barbara
ISRAELE DIECI (8)
Yad Vashem 2
Ad un certo punto, scendendo verso la Valle delle Comunità, a una curva del sentiero ci si imbatte in questo
che ho ripreso da tre angolazioni in modo da farci entrare quasi tutto. Sono i nomi dei benefattori che con le loro donazioni hanno permesso la costruzione della Valle stessa, facendo scolpire su ogni blocco il nome di una comunità annientata dalla Shoah.
Ho poi visto per la prima volta nel Viale dei Giusti – sicuramente per distrazione mia nelle visite precedenti, dato che leggo che è stato installato nel 1987 – il Memoriale del Giusto Ignoto, che mi sembra bellissimo.
Evidentemente quello doveva essere il giorno delle rivelazioni perché, sempre per la prima volta, ho visto questo,
la cui storia ho raccontato qualche anno fa qui.
E poi loro, i nostri meravigliosi ragazzi che ogni momento rischiano la vita per proteggere il proprio popolo, mantenendo concretamente fede a quel “mai più” giurato sulle ceneri di Auschwitz.
barbara