Anzi correttissime. Comincio con la gravissima emergenza omofobia, che ci sta togliendo il sonno
ll
E infatti
Una splendida lezione di correttezza al malefico BoJo:
E anche il mondo dei motori si adegua alla correttezza politica:
e quello delle favole
e dei rapporti famigliari
(ma com’è che a nessuna vedova o ragazza madre è mai venuto in mente di chiedere l’abolizione della festa del papà?)
per non parlare delle manifestazioni sociali,
dei giochi dei bambini
dei criteri per concedere le interviste
(certo che anche con le cozze vale il detto che Dio le fa e poi le accoppia)
e nella politica americana
Poi vi mostro un magnifico esempio di educazione politicamente corretta
di emoticons politicamente corretti
di diritto alla difesa politicamente corretto
Proseguo con quattro importanti lezioni
(giusto e sbagliato non dipendono dai numeri)
e le profezie dei nostri due migliori profeti
(in Italia abbiamo circa 9000 posti in terapia intensiva; il 28 maggio i posti occupati erano 1142; il 29 maggio 1095; il 30 maggio 1061; il 31 maggio 1033; il 3 giugno 989)
Concludo con una lezione sui sintomi del covid
un’esibizione di striptease estremo
un saluto molto molto politicamente corretto, inclusivo e zaniano (zanoso? zanesco? azzannato?)
e una pazza scriteriata talmente folle da credere che solo le donne abbiano il ciclo, al punto da metterlo addirittura nel titolo
E un giorno i nostri figli e i nostri nipoti, ricordando questi giorni gloriosi, canteranno
Si fece una grande festa Da fare girar la testa Scoppiarono I mortaretti Si fecero dei banchetti Per tutti ci fu un sorriso, che giorni di paradiso Con tutti quei miliardi del Recovery!
Siamo di fronte ad una crisi economica senza precedenti e come intendono spendere i fondi del recovery fund? Gli investimenti maggiori riguarderanno la “transizione ecologica”. Traducendo, verranno utilizzati in stronzate alla “piccola Greta”. Cose che peggiorerebbero la situazione anche se non fossimo in crisi, figuriamoci i loro esiti in un momento come questo. Tanto per capirci, a cosa porterebbe l’azzeramento delle emissioni in 10 anni di cui parlano la piccola Greta e Zingaretti? Facile prevederlo. Sono anche previsti oltre 17 miliardi per la “parità di genere”. Costa cara la “parità”! Le persone normali pensano che per garantire la parità basta fare buone leggi che impediscano le discriminazioni di ogni tipo, al massimo usare i fondi già a disposizione per asili o scuole materne. No, ora scopriamo che per assicurare la “parità di genere” (genere, il sesso NON ESISTE) occorrono 17 miliardi di euro… Per la sanità invece bastano 9 miliardi la metà circa dei fondi destinati alla “parità di genere”, un ottavo di quelli destinati alla “transizione ecologica”. E dire che i vari TG di regime ci martellano i genitali 24 ore al giorno con la crisi sanitaria!!!! Siamo in mano a dei cialtroni malati di ideologia. Un branco di buoni a nulla capaci di tutto che stanno letteralmente facendo a pezzi il paese.
“Stanno”? No caro Giovanni: in tutta quell’ammucchiata di futuri e di gerundi già a suo tempo denunciata da Mario Giordano, questa è l’unica cosa che possiamo mettere al passato prossimo. Poi, visto che stiamo parlando di disastri, ricordiamo
Ricapitolando, alla Lamorgese fanno il tampone, senza aspettarne l’esito lei partecipa ad un Consiglio dei ministri, nel mentre le viene comunicato che risulta positiva al Covid-19 … si tratta dello stesso elemento che sta schierando 70.000 appartenenti alle forze dell’ordine, con tanto di droni e altri mezzi che raramente vengono considerati reperibili per contrastare la criminalità, per impedire, tra l’altro, che un nipote possa andare a trovare la nonna per Natale …
E così la seconda storia che vi voglio raccontare È quella di Luciana Lamorgese Ha un grosso baco chiuso nel cervello E ormai le cose giuste non le capisce più. Anche con il tampon positivo Tra amici deficienti, E i droni sempre pronti La poltrona attaccata al suo culo, Viveva felice così.
Oh Lamorgese Uccidi, uccidi la nostra libertà, la libertà-à-à!
Partiamo da quel gran genio del Crisanti, che straparla del vaccino Pfizer in fase ultimativa di sperimentazione senza averne capito un caprifoglio in salmì (non con tutti la menopausa è misericordiosa). Spieghiamogli dunque come funziona la faccenda visto che lui lo ignora.
Crisanti scambia il progresso, che accorcia i tempi nella preparazione di farmaci e vaccini, per un limite. Dire che per un vaccino occorrevano “prima”, tra i 5 e gli otto anni di preparazione e ora è servito solo 1 anno, è una sconcertante affermazione: reazionaria e “tecnicamente” infondata. Progresso in medicina significa dotazione di risorse, mezzi, personale per la ricerca medica. Che oggi sono enormemente più elevati del passato. Se “prima” occorrevano 5 anni per la scoperta di un farmaco o di un vaccino , oggi i tempi sono accorciati, in modo considerevole, dal progresso nelle tecnologie di indagine e ricerca, dal numero dei ricercatori dedicati, dai mezzi finanziari (investimenti privati e pubblici a disposizione). Le aziende private (Pfeizer, Moderna, Astra Zeneca e tante altre) che hanno lavorato ai vaccini sono una garanzia per chi conosce le procedure di validazione e certificazione delle scoperte su vaccini e farmaci. Loro fanno profitti soltanto se il vaccino o farmaco, su cui hanno investito, risulta efficace. Nessuna azienda può passare all’incasso sui suoi investimenti iniziali se il prodotto della ricerca- farmaco o vaccino- non supera la “fase due”, quella in cui si testano efficacia e controindicazioni. Solo se il prodotto dà confortanti risultati in questa seconda fase può poi godere del supporto finanziario pubblico. Infine la terza fase, il “test sulla popolazione” (volontari) e la verifica degli effetti collaterali. La dotazione di mezzi finanziari e di risorse tecniche, superiori al passato, è stata la novità di oggi. Ed è questo che ha permesso una, relativamente, rapida seconda fase. Ed ha permesso di passare, nel giro di un anno, alla 3 fase: confezionamento del vaccino e test su un campione di popolazione. A differenza di ciò che dicono gli scettici, non sono affatto brevi i tempi della 3 fase. Anzi. Le verifiche di efficacia andavano fatte subito. Nel pieno dell’epidemia. Conta di più un dato invece: il numero del campione e la sua rappresentatività. È il contrario delle bugie (e delle diffidenze) che si raccontano. Sinora si arrivava ad un campione di volontari compreso fra 10 mila e 30 mila persone. Oggi tutti i candidati vaccini contro il Covid registrano più di 40 mila persone sottoposte ai test e qualcuno sta raggiungendo i 60 mila. Mai successo. Infine, precisiamo circa la paura degli effetti collaterali. Anche qui, quanta ignoranza! Il vaccino anticovid è, naturalmente, un nuovo vaccino. Ma rientra in una famiglia di prodotti e di tecniche (uso dell’Rna messaggero o di vettori virali depotenziati o resi innocui) conosciute da tempo. Non siamo a tecniche da Frankstein. La tipologia di tali vaccini non ha mai mostrato particolari problemi di sicurezza. Gli effetti biologici di queste tecniche sono noti. E verificati. E se hanno collateralità la mostrano, esclusivamente, al momento della somministrazione. Cioè nella seconda e terza fase del trial. Che è stata effettuata per alcuni vaccini ed è in via di completamento per altri. Non servono anni per verificare effetti collaterali. Proprio perché il meccanismo cellulare di un vaccino è noto. Non parliamo di un effetto (quello di un vaccino sull’organismo) sconosciuto e misterioso. Ma ampiamente noto. Pochissimi vaccini, infine, nella storia della lotta alle epidemie sono stati volontari e non obbligatori. Quella della libertà di scelta, in un’epidemia in atto, è una stramberia populista. Crisanti, se le autorità farmaceutiche statali autorizzano il vaccino non potrà rifiutare di vaccinarsi. Se vorrà continuare a fare il medico. Non è la sua personale salute il problema. Il problema è l’immunità di gregge.
Piccola nota di colore: il capo dell’equipe medica di MODERNA è israeliano e si chiama TAL ZAKS.
Confesso, anch’io all’inizio ero piuttosto scettica proprio per il fatto dei tempi brevi, poi lui mi ha spiegato con pazienza perché lo scetticismo non ha ragione di essere. E mi ha anche spiegato perché, a differenza di me, è molto preoccupato per la seconda ondata e ritiene indispensabile il vaccino (“capiscimi, sono di Bergamo”). Ho già postato un importante articolo suo sul tema, qualche giorno fa, e oggi vi segnalo quest’altro.
Proseguo con l’ineffabile signora Sandra Zampa, sottosegretario (sì, con la “o”) alla Salute, di cui già avevamo apprezzato il pensare rigorosamente scientifico, che adesso ci spiega che per Natale se, e sottolineo se, la situazione risulterà molto migliorata, potremo sì pranzare insieme, ma solo con parenti di primo grado
Quindi niente fratelli, niente nonni, niente zii, niente nipoti, per non parlare – diocenescampieliberi – di cugini, e, suppongo, neanche i coniugi che sono congiunti (“affetti stabili” con cui nella prima ondata era consentito trombare ma adesso non più), ma non parenti.
Passo a Maria Rita Gismondo, quella del covid banale influenza, quella che attenzione attenzione, il vaccino ci rende OGM, vade retro Satana. Leggo adesso queste interessantissime note.
A febbraio, era una banale influenza per tutti: virologi da palcoscenico, direttori sanitari, lo stesso Cnr… Un mese dopo, l’aveva detto solo lei [che evidentemente non si è accorta che in quel mese era cambiato qualcosina]. L’hanno crocifissa e lei ricambia scrivendo un libro sull’infodemia. Maria Rita Gismondo, direttore del laboratorio Microbiologia clinica, virologia e bioemergenze del polo universitario L. Sacco di Milano, è l’autrice di “Ombre allo specchio – bioterrorismo, infodemia e il futuro dopo la crisi” edito da La nave di Teseo. [Mi pare giusto: quale cosa più urgente da fare, nel bel mezzo di una pandemia, dello scrivere un libro per vendicarsi dei propri critici?]
Ci riproviamo. Il Covid-19 è “poco più grave di un’influenza” – la frase scandalo – solo perché lei è una donna?
Guardi, non sono una femminista sfegatata, mio padre voleva un maschio e io sono venuta su testarda e ribelle, ma la domanda mi tocca sul vivo, lo ammetto. [Mi autorizzate a mandarla a cagare?]
Bene, adesso ci spiega, anche se con un ragionamento contorto assai, che vengono contati come morti tutti quelli che escono dalla terapia intensiva, sia che ne escano coi piedi in avanti, sia che vengano spostati ad altri reparti in quanto migliorati, ascoltare per credere:
Molto scientifiche anche le dichiarazioni del conticino nostro del 25 febbraio 2020
Poi abbiamo finalmente una ineccepibile e inconfutabile documentazione sulla vera nascita del virus
sul migliore metodo scientifico per garantire la distanza di sicurezza
sul metodo, rigorosamente scientifico, con cui vengono approntati i dicipiemme che governano la vita di 60 milioni di persone
e sul modo migliore per affrontare un’epidemia.
Concludo con un sano proposito, che condivido al 100%.
– Hai sentito? – ? – La Destra propone una limitazione agli spostamenti di chi ha più di 70 anni. L’idea è di Toti ed è stata condivisa da Fontana e Cirio – Per il nostro bene? – Certo – Domani passo da te – A fare? – Andiamo a ritirare il porto d’armi – Ok, ti aspetto alle 8.
E badate che ho cominciato a essere addestrata all’uso delle armi da quando avevo sette anni, quindi regolatevi.
In entrambi i significati dell’espressione. La prima è una riflessione personale nel senso che è una riflessione che riguarda la mia persona.
Il mese scorso ho compiuto 69 anni (68+1 per i puritani), e ho una leggera tendenza all’ipertensione, ma proprio leggera, delle pastiglie prendo il dosaggio più leggero, ogni tanto devo anche dimezzare, o sospendere per un giorno o due, perché la massima mi scende addirittura sotto 100, mentre la minima è sempre tra 60 e 70. Non credo di correre il rischio imminente di morire di ipertensione, meno che mai di vecchiaia; anzi, se seguo l’andamento familiare – di entrambe le famiglie di origine – mi aspettano ancora 20-25 anni di vita. Se però dovessi beccarmi il virus malefico e lasciarci le penne, verrei classificata come ultra sessantacinquenne con patologia pregressa (anche al rinnovo della patente: ho detto quali pastiglie prendo e con quale dosaggio, e lui ha scritto semplicemente “ipertensione”), e quindi “morta con”, perché ad ammazzarmi, per i distinguisti, saranno stati la vecchiaia e la patologia pregressa. Siamo davvero sicuri che la distinzione fra morti per e morti con sia opportuna e adeguata alla realtà?
E ora qualche riflessione personale nel senso di uscita dalla mia testa, cominciando con le cose che, per un motivo o per l’altro, non capisco. Per esempio, se la cosa da evitare come la peste è l’assembramento, perché supermercati, banche, uffici postali e forse anche altro che non so hanno ridotto l’orario? Avendo meno tempo a disposizione ci si ammucchia di meno? E se la cosa da evitare come la peste sono i contatti, cosa c’entra il fatto di uscire? Camminare da soli è come stare in un bar affollato, in un cinema, in un teatro? E perché intorno a casa mia posso (potevo, adesso non so se sia stato tolto anche quello) passeggiare ma sulla spiaggia no? È più facile che incontri un conoscente e ci si fermi a fare due parole e magari succeda che ci si dimentichi della distanza obbligatoria a cinquanta metri da casa o su una spiaggia profonda un centinaio di metri che corre ininterrotta per oltre venti chilometri? (Ho letto di quel tale sulla spiaggia che si è messo a correre per sfuggire alla polizia e ci è riuscito, ma è stato poi bloccato più avanti da un’altra pattuglia; all’obiezione che non danneggiava nessuno perché era da solo qualcuno ha risposto che era da solo perché gli altri erano disciplinatamente a casa. Il che è una colossale puttanata: in spiaggia fuori stagione non ci va quasi nessuno, si incontra sì e no una persona ogni dieci minuti, e quindi tutti gli altri, se non fossero stati a casa, sarebbero stati come sempre in centro, o al bar, o da amici eccetera). E perché per noi la porta di casa è chiusa mentre per i clandestini le porte dello stato sono spalancate e arrivano a migliaia, sani o infetti senza distinzione, e scorrazzano dove vogliono? E perché io ho i capelli che non stanno più in nessuna maniera e il presidente della repubblica ha il ciuffo che scappa perché anche lui non va dal barbiere, e Sua Eccellenza il Cavalier Giuseppe Conte è sempre freschissimo di taglio, tinta e messa in piega? E quelle due settimane originariamente previste per la quarantena: erano state calcolate sulla durata massima dell’incubazione; noi evitiamo i contatti per due settimane, durante queste due settimane si ammalano quelli che stavano incubando la malattia, qualcuno di questi morirà nella settimana o nelle due settimane successive e poi basta, tranne qualche caso sporadico il problema è risolto. Adesso siamo agli arresti da più di un mese e stiamo ancora navigando sul paio – e oltre – di migliaia di contagiati e oltre il mezzo migliaio di morti al giorno: c’è qualcosa che mi sfugge? C’è qualcosa che dovremmo sapere e non ci viene detto? E questa marea di poliziotti e carabinieri che pattugliano indefessamente il territorio, non sia mai che qualche criminale abbia la tentazione di cedere alla strattonata del cane che vuole andarsi a rotolare un po’ più in là, dove l’erba è più verde e morbida, per non parlare di elicotteri e droni, tutta questa roba, dicevo, come mai non c’è mai quando c’è da difendere gli italiani dalla mafia nigeriana, e gli onesti cittadini dai ladri d’appartamento, e le donne dai mariti violenti, e i ragazzini dagli spacciatori, perché? Perché quando ne hai bisogno contro la criminalità non trovi un poliziotto neanche a pagarlo oro?
E poi.
Sto diventando sempre più allergica al “andrà tutto bene”. Capisco il desiderio di essere ottimisti, ma in che senso andrà tutto bene? Che cosa esattamente andrà tutto bene? Abbiamo oltre ventimila morti ufficiali e almeno il doppio reali, e stiamo ancora marciando al ritmo di oltre mezzo migliaio di morti al giorno ufficiali: andrà tutto bene cosa? I morti resusciteranno? Le centinaia di medici morti torneranno in corsia? E quei rianimatori che tutte le volte che, con le terapie intensive al collasso, arrivano due pazienti e c’è un posto solo e hanno dovuto scegliere chi condannare a morte, e scegliere in fretta altrimenti li avrebbero condannati a morte entrambi, riusciranno a superare un simile trauma? Andate un po’ a raccontarla a loro la favoletta natalizia che andrà tutto bene.
Sono diventata allergica anche a “Bella ciao”,
che qui c’entra poco, ma lo volevo dire. Che poi tra siam pronti alla morte e mi sento di morir, un’allegria, guarda, da pisciarsi addosso.
E non ne posso più dei giustizieri da tastiera, non ne posso più di dover leggere “Sono state denunciate 20.000 persone sorprese fuori senza valido motivo: 20.000 persone inutili”. Persone inutili? Ma come cazzo ti permetti di definire inutile un essere umano?! Ma chi cazzo sei? Ma non ti viene da sputarti addosso quando ti guardi allo specchio? Perché a me sì che viene da sputarti addosso, e tanto anche.
E non ne posso più, dopo i cinquanta milioni di commissari tecnici e dopo i cinquanta milioni di virologi ed epidemiologi, degli attuali cinquanta milioni di economisti, che sanno con certezza che dopo che praticamente tutta l’economia nazionale sarà rimasta ferma un mese, due mesi, sei mesi, fino a quando “il virus non sarà scomparso” (perché i nostri esperti epidemiologi lo sanno che i virus fanno così: un bel giorno, sim salabim, magicamente scompaiono), riapre tutto e si riparte, come se niente fosse successo. Perché non ci saranno fabbriche che non saranno più in grado di riaprire perché saranno fallite, e non ci saranno negozi che riapriranno ma avranno ben poco da vendere perché sono fallite le fabbriche che li rifornivano, e anche quel poco resterà lì perché la gente non ha soldi per comprare. E le persone che saranno rimaste senza soldi verranno aiutate dallo stato, perché non succederà che ci siano persone che, rimaste senza lavoro, non avranno più un reddito, e senza reddito non pagheranno le tasse, quelle tasse con cui lo stato paga gli stipendi agli statali e le pensioni ai pensionati e, nel caso ci sia un governo degno di questo nome, aiuta chi si trova in difficoltà. E, giusto così per inciso, fa funzionare gli ospedali. Perché è chiaro: è solo di covid che si muore, mai capitato che si muoia anche di miseria, infatti nel terzo mondo con la miseria nera che si ritrovano hanno tutti un’aspettativa di vita di due-trecento anni come minimo.
E non ne posso più dei “ne usciremo migliori” e “impareremo ad apprezzare le cose veramente importanti” e “saremo meno egoisti” e “impareremo a rispettare di più la natura”, perché naturalmente il virus è nato dalla plastica (quella che la Cina butta in acqua a miliardi di tonnellate, per inciso, ma i distruttori della natura siamo noi). Intanto aspettate a vedere se ne uscite, tanto per cominciare, e poi, se e quando ne saremo usciti, oltre che inevitabilmente più poveri, oltre che, per decine di migliaia di persone, segnati dalla perdita dei propri affetti, oltre ai milioni di medici infermieri e altro personale sanitario che ne usciranno – quelli sopravvissuti – stremati fisicamente e psicologicamente, secondo me ne usciremo molto più incazzati e incarogniti di prima. Io, per lo meno, ci potete giurare che lo sarò, dal momento che lo sono già adesso. Quello che è certo è che quello che ci aspetta alla fine del tunnel sarà un mondo diverso, e sicuramente non migliore. Probabilmente peggiore. In ogni caso nuovo, con cui dovremo imparare a fare i conti.
E già che siete arrivati fin qui, beccatevi anche questo
Non si sono piegati, si sono spalmati agli eurousurai e non sanno far altro che essere comunisti
Ci avevano promesso che mai si sarebbero piegati agli eurousurai: non si sono piegati, si sono spalmati come pelli di animali morti. Sono comunisti, non hanno scrupoli nel mentire sapendo di mentire.
Ci hanno scaricati ad un accordo pieno delle peggiori umiliazioni, capace di farci finire esattamente come la Grecia: esultano, parlano di “grande primo tempo”, sapendo che ormai siamo direttamente ai supplementari. Sono comunisti, usano la lingua di legno, naturalmente proporzionata alle capacità culturali, che sono nulle.
Ci hanno storditi con le allettanti promesse, 25 miliardi, altri 25, altri 50, poi 400, poi 700: non si vede un euro e intanto le aziende e le botteghe muoiono. Sono comunisti, non gli importa dell’economia, sognano la classe unica, il sottoproletariato straccione e nemmeno lo mascherano.
Ci hanno ammazzati di tasse che neppure in una fase come questa, bellica, da autentica emergenza civile, si sono azzardati a toglierci, neppure una, neppure per sbaglio: eccoli, vogliono metterci sopra un altro prelievo per i “ricchi” da 80 mila euro in su. Sono comunisti, lo stato non gli basta mai e lo stato sono loro, sono le loro bocche eternamente spalancate, da Conte Ugolino che divora tutto.
Ci hanno scaricato addosso il loro odio dall’alto delle loro borse firmate, delle loro barche, delle tette rifatte, dei completi di sartoria, dei loro attici vista Colosseo, Battistero o Duomo, le loro raffinate abitudini, i loro privilegi da Politburo: ora vogliono una patrimoniale, da chiamare “contributo di solidarietà”. Sono comunisti, non conoscono il valore della fatica, della dignità, dell’individuo, fin da bambini (o sardine), ondeggiano gregari e inetti, nullafacenti in carriera.
Ci hanno giurato che “era tutto sotto controllo” a partire dalla macchina dello stato: la realtà si è vista subito, portali in tilt, oscene accuse a fantomatici hacker russi, scaricabarile indecente, proliferazione di decreti, di autocertificazioni, novecento pagine di norme psicopatiche, tutto per niente, tutto per legittimare il niente a tutti. Sono comunisti, drogati di burocrazia, grigi, irranciditi dentro, anche davanti ad un tramonto sul mare (come li canzonava don Camillo) non sanno pensare ad altro che all’ultima direttiva di partito.
Ci hanno irriso quando avevamo paura e restavamo chiusi in casa, ci hanno offeso come fascisti, sessisti, ignoranti, ci hanno additato con la complicità dei virologi di riferimento, hanno abbracciato cinesi, degustato aperitivi solidali con presentatori eterni ragazzini di riferimento; perdendo tempo, mentendo a noi e a loro stessi, abbandonandoci nelle fauci della pandemia. Sono comunisti, sono sempre gli stessi, come i russi a Chernobyl, come i Cinesi a Wuhan, che sarà mai qualche ondata di cadaveri da sacrificare alla propaganda.
Le hanno sbagliate tutti, diagnosi, prognosi, terapia, spocchiosi da (far) morire prima, più spocchiosi alla prova dei fatti, spocchiosi come non mai alla resa dei conti. Sono comunisti, la loro autocritica è sempre la stessa: “dove avete sbagliato, compagni?”.
Sono passati dall’insultarci perché troppo cauti, all’insultarci perché spericolati; per recuperare il tempo (criminalmente) perduto ci hanno recluso, rinchiuso, incamiciato “per il nostro bene”, senza termine, allungando sempre la data del riscatto; hanno scoperto che gli piaceva, gli dava la misura del loro potere, che, come noto, è sempre meglio che fottere, e non hanno più saputo rinunciare all’orgasmo continuo; vogliono vedere quanto possono stritolare un popolo, arriveranno a proibire di affacciarsi alla finestra, una sigaretta sul balcone: e già chiunque indossi una divisa si sente autorizzato alla peggiore arroganza: moniti, minacce, maniere forti, “controlli ferrei” li chiamano, in una escalation di eccitazione allarmante: i cittadini tornano sudditi, un paio di stivali da ghepeù legittima qualsiasi abuso. Sono comunisti, lo stato etico è il loro pane avvelenato, approfittano anche di una morìa per tentare i loro esperimenti sociali da Stranamore.
Ci hanno messo la mascherina di ferro, serrato le strade, gli scali, le stazioni, unica eccezione: i migranti, per quelli i porti rimangono sempre aperti, anche in Africa ha attecchito la pandemia ma sia preso e processato chiunque se ne accorga. Loro non debbono “fare come Salvini”, ripetono la Boldrini e Orfini. Sono comunisti, che gliene frega se chi arriva rischia di infettare chi c’è e chi c’è rischia d’infettare chi arriva? L’ideologia anzitutto, l’ideologia è tutto e, se la realtà non combacia, beh, che si fotta la realtà.
“Stiamo facendo tutto e più di tutto, tutto quanto serve, siamo i migliori, il mondo prende esempio da noi”, si vantano: ma il mondo sempre più non capisce, compatisce questo governo da operetta che, come dice Luttwak, scivola sempre più nello stato autoritario. Sono comunisti, non sanno fare niente e attrezzano grottesche commissioni di controllo, dette task force, assoldano i loro Berjia perché nessuno si permetta di fiatare.
Questo, ha confermato il coronavirus, l’orrenda pandemia cinese. Che non esistono come liberali, liberal, lib: sono, restano i vecchi compagni di sempre, da sezione lugubre, coi ritratti dei morti alle pareti ingiallite, polverosi; odiano il loro popolo, odiano l’Italia e fremono per discioglierla in un carrozzone europeo che è fine a se stesso, che non serve a nessuno se non alle loro pornografiche attitudini opportuniste da neurodeliri. Sono comunisti. Non cambiano, non possono.
Venezia affonda. Il mondo, attonito e impotente, ne guarda la disperazione e le si stringe attorno, confortandola con il suo affetto di fronte al disastro ambientale che l’ha colpita. Il turista, intanto, si gode l’unicità dell’evento, e a piedi nudi nell’acqua si immortala in mitici selfie con il gusto pornografico di un macabro voyeur. Va a piedi nudi, con l’acqua a mezza coscia, senza stivali, felice di sguazzare nella tragedia di una città che muore. Né gli passa per la mente che in quelle acque di color verdastro tendente al marrone si convogliano gli sbocchi del sistema fognario, tane di topi.
Venezia è un parco divertimenti. Non certo per coloro che, abitando al piano terra, hanno dovuto assistere alla devastazione di suppellettili, abbigliamento, libri e ogni altro loro avere. Non certo per gli artigiani che hanno perduto il lavoro di anni, o per i negozianti che hanno assistito inermi allo sfacelo delle loro merci. Non certo per il non abbiente cui la marea ha tolto quel poco o nulla che si teneva stretto. E non per il panettiere e per il tipografo cui sono andati sott’acqua forno e linotype e non riapriranno più bottega.
La città sta reagendo, come ha fatto del resto ogni volta a ogni acqua alta, da anni, e per secoli. Ma lo spirito combattivo e la resilienza dei veneziani stanno soccombendo, erosi non tanto dall’acqua alta quanto dall’inerzia colpevole di una politica che sta affondando la città, mentre si occupa di affari, e solo di affari. La città si imbelletta ogni mattina per offrire i suoi favori al miglior offerente.
A erodere le fondamenta di questo unicum non sono le secolari acque alte, bensì lo sfruttamento e la prostituzione cui lo assoggetta lo spirito degli affari che, con buona pace di Ezra Pound e dei suoi epigoni politici, è tutt’altro che ‘giudaico’.
Quella che un tempo era la Regina dell’Adriatico, la mitica Serenissima, la Dominante, è ridotta a un grande e diffuso centro turistico, costellato di ristoranti, alberghi, bed & breakfast, negozietti innumerevoli di maschere di cartapesta e affini, bancarelle di misera chincaglieria, spaghetti take & go da consumarsi seduti sui gradini dei ponti a intralciare il passaggio, vetri di importazione cinese spacciati per vetri di Murano. O, per contro, negozi di grandi firme per il turismo che spende, al pari dei giri in gondola e degli spostamenti in taxi acquei. Una città degradata e svenduta, ridotta a maschera volgare di sé stessa e del suo passato, vetrina del kitsch e del ciarpame, dove il patriziato decaduto monetizza i suoi palazzi al carnascialesco del miglior offerente.”Na vecia in fresca e imparucada’ direbbe il veneziano, che si invernicia le gote vizze di scarlatto per fingere un’antica gioventù. ‘Todo cambia’, è vero, il mito è trascorso, e forse non ha mai avuto un referente reale, ma se ‘todo cambia’ non dev’essere necessariamente in peggio. Il cambiamento lo si potrebbe orientare.
La politica della città la fanno le varie categorie commerciali. Tutti coloro che vivono sulla tasca del turista, per lo più giornaliero, che usa la città con lo spirito del mordi e fuggi. Arriva, vede Rialto e San Marco, compra un panino e una mascherina e se ne va. Venezia non è più città da vivere, ma da visitare in fretta. Una grande, diffusa Disneyland, in cui è ormai difficile provvedersi di biancheria intima o di stoviglie e pentolame, se proprio non conosci quell’uno o due negozi, protetti dal recondito delle calli, che ancora resistono all’assalto del ‘tutto a un euro’. E si provi a cercare una drogheria, o una merceria, o un ciabattino. Fruttivendoli e pescivendoli sono scomparsi dai quartieri, resistono ancora a stento al mercato di Rialto, anch’esso in via di rapida estinzione. Gli esercizi utili al quotidiano non esistono più perché non più redditizi: in effetti, la città si è svuotata dei suoi residenti originari, la popolazione del centro storico è scesa vertiginosamente da centottantamila a cinquantaduemila abitanti a causa dei costi abitativi inaffrontabili – sia di affitto che di acquisto. Altro ambito di vergognosa e disumana speculazione.
A farla da padroni sono le categorie commerciali, l’utile economico senza alcun compromesso, senza la minima preoccupazione per il grado di vivibilità della città. Spesso al posto di sane e tradizionali osterie, hanno preso piede anche le grandi catene della ristorazione economica globalizzata. Anziché una politica che favorisse, a catena, il contenimento dei prezzi della ristorazione tradizionale si sono aperte le porte a street food e fast food. Non estranea a questo gioco al ribasso e al massacro è l’infiltrazione di ‘ndrangheta e camorra, i cui affari sono da qualche tempo sotto la lente della Magistratura.
Si sa che, agli occhi del mondo, le immagini mediatiche dell’erosione provocata dall’acqua alta sono di grande effetto, ma per i veneziani l’erosione vera e la più deleteria è quella prodotta, nell’indifferenza totale della politica, al tessuto umano e sociale della città. Se non sei interessato agli affari non sei parte integrante del sistema. Se ti disturbano i turisti seduti sui ponti, o le comitive, condotte da guide incivili, che intasano le calli strettissime e non ti lasciano passare, o ti impediscono con i loro bagagli di salire su un vaporetto mentre stai andando al lavoro o a prendere un treno o un aereo, bene, se ti disturba il turismo invasivo e sregolato, allora vattene a vivere altrove, come ha suggerito la massima autorità cittadina, quella che a breve cercherà il nostro voto. Se non ti aggrada il passaggio della grandi navi in bacino San Marco, vattene a vivere altrove. Ma se vivi a Venezia da oltre cinquecento anni sai che andarsene significherebbe cambiare la tua storia. E tuttavia, se vuoi viverci, devi far parte del mondo degli affari, o esserne connivente o quanto meno compiacerlo. Affari, ristoranti e alberghi, e nuovi enormi dormitori per migliaia di ospiti in terraferma, che riversino ogni giorno sul centro storico masse incontenibili e incontrollate di turismo effimero, sempre più spesso in forma di orda barbarica. A scapito della qualità della vita e di ogni altro valore. Mutatis mutandis – e si ammette che l’analogia non sia calzante per diverso grado di gravità – sembra di star parlando dell’ILVA: cinquantamila posti di lavoro contro la salute degli abitanti di Taranto (e chiedo scusa ai tarantini per l’improprietà del confronto). Non c’è spazio per la scelta. E non esiste possibilità di compromesso. Venezia deve morire, nelle mani di una politica senza scrupoli, che non ha interesse a contingentare le attività sporadiche e speculative legate al turismo e non tutela le classi sociali più deboli dall’esponenziale aumento del costo della vita. La stessa politica che costruisce un MOSE sapendo bene che non funzionerà mai, e che è invece servito sinora da cassaforte per tangenti e soldi sporchi e qualche fortuna personale.
Si potrà opporre, a questo inverno del nostro scontento, che Venezia, oltre agli affari, è anche Mostra del Cinema e Biennale e cento altre realtà culturali. Ma non saranno mille associazioni culturali a salvare le masserizie di chi vive al piano terra, né saranno mille convegni internazionali a restituire a Venezia i suoi abitanti originari e il loro quotidiano. Si vada al mercato del pesce e della frutta, a Rialto, per godere di un’illuminante epifania della Venezia che muore.
È curiosa la battaglia di chi contesta le proteste contro il degrado della città esaltandone, per contro, la statura culturale, come se la cultura potesse essere avulsa dalla vita sociale, come se gli eventi internazionali che portano decine di migliaia di visitatori-turisti alla Biennale o al festival del Cinema producessero – oltre a immagine ed entrate – cultura integrata per la città e per i suoi abitanti. E, in ogni caso, non si può pensare di compensare con la cultura, alta o bassa, povera o ricca, la distruzione del tessuto sociale e lo stravolgimento del tessuto economico di una città.
Si potrà anche opporre che qualsiasi consesso sociale, per vivere, ha bisogno di attività e di lavoro, di commercio e di scambi e di affari. E nessuno lo mette in dubbio. Ma si sarebbero anche potuti cercare modi di salvare una città come Venezia dal degrado, dall’umiliazione e dall’invivibilità. Quei modi nessuno li ha mai esperiti. Si è invece privilegiata all’eccesso l’economia da turismo sull’economia del quotidiano, e l’economia interna della città ne è rimasta schiacciata, mentre la ricchezza e il potere politico si sono concentrati nelle mani di una élite di categorie specializzate.
La verità, alla fine, è che chi avrebbe dovuto negli anni stabilire le regole per una vita economica armonica ed equilibrata della città ha lasciato campo libero alla speculazione e a un liberismo che è stato nei fatti l’egoismo estremo del laissez-faire. Insomma, la politica amministrativa, che avrebbe dovuto avere la funzione di correggere le distorsioni create dalle dinamiche del mercato libero e della competizione estrema ha scelto di non svolgere la sua funzione. Così, l’interesse individuale e la ricerca dell’utile hanno avuto campo libero e nessuno si è preoccupato di quale sarebbe stato l’effetto globale dell’anarchia determinata dalle scelte individuali.
Per ritornare là dove si è iniziato, non si può accettare che sia un’acqua alta straordinaria a fare da paravento e diversivo alla devastazione in corso.
Unica consolazione: l’acqua alta si attiene a un ciclo, e ogni sei ore ha la decenza di ritirarsi.
Dario Calimani, Università di Venezia, 19 novembre 2019
Non aggiungo commenti, perché qualunque parola lo sporcherebbe.
Naturalmente non ho guardato tutto il video: la mia povera ulcera richiede qualche riguardo. Ho retto per circa due minuti, sufficienti a farmi arrivare al limite della sopportazione, ma sufficienti anche a raccogliere un adeguato numero di informazioni.
La prima cosa che si nota è l’inconfondibile recitazione a memoria, strofa per strofa (la terra al nunzio sta – poi cosa viene, ah sì – muta pensando all’ultima) di un testo evidentemente preparato da altri, indicando anche le pause per dare al pubblico il tempo di ridere. Evidentemente ci devono essere i soliti avvisi per il pubblico per indicargli di ridere, dato che difficilmente, in quello che dice, qualcuno potrebbe ravvisare il benché minimo motivo di ilarità. O forse il segnale di ridere è dato proprio dalle sue pause, va’ a sapere. Ma non è di questo che voglio parlare.
L’altra cosa che si nota subito dopo è la stratosferica quantità di sciocchezze che snocciola, dato che i burattinai che tirano i fili della marionetta, di questi argomenti sanno meno di zero, ma quello che conta non è dire cose vere e cose esatte, bensì unicamente cose che facciano effetto. Ma non è di questo che voglio parlare.
Parla poi dell’Asperger, diagnosticato all’età di 11 anni. Ora, l’Asperger è una sindrome che rientra nello spettro dell’autismo. Secondo una leggenda – fabbricata a scopo di lucro – in circolazione da qualche decennio, l’autismo sarebbe causato dal vaccino MPR. E da che cosa è sostenuta questa leggenda? Dal fatto che l’autismo – e le altre sindromi similari – si evidenziano nel momento in cui normalmente il bambino comincia a comunicare, e ci si accorge che non lo fa (autismo) o lo fa in modo non adeguato (Asperger e altro), momento che coincide più o meno con l’età in cui si pratica tale vaccino, ossia DUE ANNI. Un Asperger che compare dal nulla a 11 anni non sta né in cielo né in terra. Ma non è di questo che voglio parlare.
Racconta poi che il modo in cui la sua personalissima versione dell’Asperger si manifesta è il mutismo selettivo “ossia parlo solo quando ho qualcosa da dire”. Ora, a parte l’incredibile presunzione e arroganza di una simile affermazione, la nostra Greta ci sta dicendo che LEI decide quando parlare e quando no: e questa sarebbe una patologia?! Che poi in realtà, come abbiamo visto, il mutismo si manifesta quando un giornalista le pone qualche domanda sul clima, per l’evidente motivo che è un argomento di cui non sa assolutamente niente. Ma non è di questo che voglio parlare.
E poi parla di quando è stata male e ha smesso di parlare e di mangiare, ed è di questo che voglio parlare. È successo anche a un mio scolaro, a tredici anni. Il padre lo violentava e la madre lo seviziava. Ad un certo punto la sofferenza è diventata talmente intollerabile che è stato costretto a staccare la spina: ha smesso di mangiare, di parlare, di muoversi. Passava le giornate immobile a fissare il vuoto. Ed è paurosamente dimagrito. Come Greta. Poi, si sa, – Bibbiano insegna – manipolare i ricordi dei bambini, se ci si sa fare, e soprattutto se non si hanno scrupoli sul come farlo, è un gioco da ragazzi.
Un po’ di cose raccattate in giro per la rete, con alcune riflessioni che condivido e che ritengo utili (è un po’ tanta roba, ma portate pazienza che domani vi faccio riposare, così se volete potete leggere anche a rate).
In arrivo a Lampedusa una carovana di parlamentari del Pd a difesa della SeaWatch. Siamo su Scherzi a Parte… Per certi politici l’Italia non ha leggi, non ha confini, non ha regole, non ha dignità. Per loro vengono prima i clandestini?
Vengono prima i soldi che ricavano dai clandestini.
Questa storia è scandalosa. I naufraghi proprio non interessavano a nessuno. Questa deficiente li ha portati a spasso per due settimane solo per entrare in Italia (aveva tutte le possibilità del mondo, ma non le interessavano). E i politici di sinistra stanno dimostrando che le leggi le debbono rispettare solo i loro nemici… Ah, a proposito:ho le palle piene di sentir chiamare “flussi migratori” queste buffonate. Il flusso migratorio che viola coscientemente le leggi (piacciano o meno) è un atto delinquenziale come tutti gli abusi. E siccome di delinquenti ne abbiamo a sufficienza, questa capitana andrebbe punita senza sconti.(qui)
Da Ornella, che di Africa ne ha vista un bel po’.
“Questa presunzione tutta razzista, provinciale e presuntuosa per la quale si possa vivere una vita dignitosa soltanto in Europa, e in Africa no, mi ha veramente stancata. Sotto la retorica dell’accoglienza spesso e volentieri si legge un disprezzo per l’Africa, generalizzato e superficiale, che fa venire i brividi. L’Africa ha più di 50 paesi, diversissimi, con ricchezze e bellezze uniche, culture meravigliose e nuove opportunità. C’è la povertà, ma non c’è solo quella. Prima di tutto, un po’ di rispetto, questo continente lo merita.” (qui)
CAPITANA vs CAPITANO (qualcuno mi ricorda perché il semipremier lombardo ha questo soprannome??). Tra una vertigine e l’altra ho cercato di buttare giù qualche riga, alle quali premetterei che sarebbe ora in questo disgraziato Paese di rispettarci un po’ di più l’un con l’altro, comprendendo tanto le motivazioni di chi propende all’accoglienza tanto quelle di chi invece ha le sue ragioni per negarla. Direi che un po’ di visione a lungo termine e l’attuazione di un sano “principio di precauzione” sarebbe utile a tutti.
Ciò premesso, direi che la Capitana (della nave) ha avuto in vita sua tante possibilità, indubbiamente è preparata, è plurilaureata e ha un curriculum come un papiro, ma questo non le dà alcun diritto di sentirsi al di sopra della legge, né di infrangere le leggi degli Stati altrui, men che meno interpretare a suo insindacabile giudizio il Diritto marittimo. Aggiungerei che costei non ha studiato – se lo avesse, qualche sacrosanto dubbio dovrebbe averlo – un po’ di antropologia e di “antropologia delle migrazioni”: chi le dice che lei possa spostare persone, con relativi usi e costumi, dove più le aggrada, e che i riceventi debbano sottostare alla SUA visione del mondo senza esprimere alcuna forma di resistenza? Lei e i suoi fan non si rendono conto che se anche nel Sud d’Italia si è arrivati a votare un Salvini, probabilmente gli elettori (che saranno beceri, ma ne hanno il diritto; di sicuro non sono stupidi) hanno avuto le loro ragioni. IO personalmente non li approvo, ma questo non mi rende cieco di fronte alle loro motivazioni. Qualcun altro, dall’alto delle sue lauree e dei suoi curriculum, è invece cieco, ma solo in determinate direzioni guarda caso.
E non ho toccato il più grave argomento: quanto questa emigrazione dall’Africa PEGGIORA le condizioni degli Stati e delle popolazioni locali?? Perché ricordiamoci: l’Africa è un continente in grandissima parte in pace; dove la crisi alimentare è stata abbondantemente superata (e chi veramente muore di fame non emigra); ed è in forte sviluppo economico… Certo non è l’Europa, ma chi si sta muovendo in questa emigrazione economica sta togliendo al suo continente, al suo Paese, alla sua gente la speranza di un miglioramento futuro.
Ora, se è vero che, a detta di qualcuno, è impossibile fermare le migrazioni e la storia lo dimostrerebbe (a dire la verità, la storia dimostra che non è affatto detto: tante migrazioni sono state bloccate o abbondantemente diluite), è anche vero che quasi mai le migrazioni sono state accettate supinamente, anzi più erano incontrollate più hanno scatenato conflitti anche sanguinosi.
Gianni Pellegrini, qui.
Come sapete non sono un salvinista, non condivido nulla delle idee di questo personaggio, NULLA, ma mentiremmo a noi stessi se non ammettessimo che in questa vicenda della Sea-Watch c’è una sfida palese alle leggi di questo paese, che possono essere giuste o sbagliate, ma che fino a che ci sono vanno rispettate. Che poi Salvini ne approfitti per fare propaganda è un altro paio di maniche, ma la sinistra pretenda pure il rispetto dei Diritti dei migranti a bordo, pretenda qualsiasi cosa e qualsiasi intervento di salvaguardia di quei poveracci in mare da settimane, ma non faccia l’errore di pretendere una sorta di salvaguardia per gli operatori della ONG. Io quando stavo bene ho collaborato con diverse ONG e la prima cosa che si impara in questo mestiere e che, d’accordo o meno, si rispettano le leggi del paese dove si opera. Non esiste nel Diritto Internazionale ed umanitario una regola che ti permetta di bypassarle. (qui)
Parole come “umanità” e “accoglienza” non hanno nulla a che vedere con lo sporco traffico umano che questi nuovi negrieri stanno compiendo. Questo gioco criminale sta estirpando giovani dalla loro terra e li sta portando qui a vivere un’esperienza di vuoto ed emarginazione, di giornate caratterizzate dal nulla assoluto, di attese interminabili che renderanno piacevole perfino “essere liberi” di essere assunti per chiedere l’elemosina agli angoli delle strade e fuori ai supermercati, mettendo a posto i carrelli in cambio di qualche spicciolo.
Nella foto vedo solo uomini, giovani e forti (qui; cliccare sulla foto per ingrandire)
Nella generazione dei suoi nonni, anche loro bianchi e ricchi come lei, si sono dedicati allo spostamento di persone, via dalle loro case per eliminarle dal paese.
Adesso lei, insieme alla generazione dei suoi coetanei, continua a spostare persone, e le allontana dalle loro case per scaricarle in un paese da danneggiare. (qui)
Adesso Sea Watch ha calato la maschera e issato la sua vera bandiera. Quella della pirateria umanitaria.
Una pirateria che, al pari delle navi corsare al servizio degli stati nazionali del XVII secolo non agisce per fini propri, ma per soddisfare gli interessi di nuove entità sovranazionali poco disposte a metterci la faccia. A garantire la «lettera di corsa» alle navi con teschio e tibie e il soldo ai loro capitani di ventura pensavano, un tempo, Paesi come Inghilterra, Francia e Spagna interessati a bloccare i commerci del nemico senza esibire e le proprie cannoniere. Oggi la pirateria umanitaria interpretata con un tocco di romantico femminismo dalla 31enne Carola Rackete, capitana di Sea Watch, svolge esattamente la stessa funzione. La capitana Rackete che si dice in dovere di forzare il blocco «per salvare 42 naufraghi allo stremo» sa bene di mentire. E sa altrettanto bene che il suo aiuto ai quei 42 «naufraghi» sarebbe stato molto più sollecito se li avesse sbarcati in Tunisia o in qualsiasi altro porto del Mediterraneo raggiungibile durante i 15 giorni trascorsi a comiziare e far politica davanti a Lampedusa. Ma la «lettera di corsa» garantitale formalmente dall’opaca organizzazione umanitaria di cui è al soldo le richiede altro. Le richiede di approdare solo ed esclusivamente in Italia perché solo da quel ventre molle, dove l’anomalia di un esecutivo giallo-verde ostacola la compattezza dell’Unione, può iniziare lo sfondamento dei cancelli della «fortezza Europa». La missione assegnata alla capitana Carola come a tanti altri capitani mercenari è insomma quello di penetrare in Italia per scavare una breccia nelle mura dell’Europa. Ma per conto di chi? La risposta è semplice. Per ottenerla basta seguire il denaro fatto affluire nelle casse di organizzazioni umanitarie come Sea Watch. Nel XVII e XVIII secolo i corsari servivano agli stati nazionali per garantirsi il controllo dei traffici. Oggi i «pirati umanitari» servono a fare carne di porco delle frontiere e delle ingombranti legislazioni nazionali per far spazio ad entità multi o sovra-nazionali. Entità come i giganti del web o le grandi aziende globalizzate che considerano gli stati, i loro confini, i loro sistema fiscali e le loro leggi sul lavoro alla stregua di limitazioni obsolete da abbattere quanto prima. Spazzare via il concetto d’inviolabilità delle frontiere legittimando l’arrivo di manodopera a basso costo da trasformare in futuri consumatori dei servizi delle aziende globali è la via più breve per accelerare la fine dei vecchi stati nazionali. Per questo la vera missione della capitana Carola non è quella di salvare o proteggere il carico umano di cui s’è impossessata andando incontro ai trafficanti e violando la zona di soccorso assegnata alla Libia. La vera missione di questa capitana di sfondamento è riversare quel carico umano nella breccia del vallo italiano per dividere il nostro Paese e spaccare l’Europa. Dribblando i divieti di Salvini e scaricando sulle coste italiane quei 42 migranti utilizzati alla stregua di ostaggi la Capitana avrà esaurito il suo compito. Potrà dimostrare a chi la paga di aver contribuito a inasprire i rapporti tra l’Italia e un’Olanda che offre ai pirati di Sea Watch la sua copertura di bandiera. Potrà consolare le anime belle di una Germania che mentre lascia agire impunemente la concittadina Carola Rackete scarica in Italia migranti narcotizzati e si vanta di aver deportato in un Paese in guerra come l’Afghanistan più di 530 migranti irregolari. (qui)
Tra i demagoghi di provincia, Leoluca Orlando è in pole position da anni. Re della retorica più melensa, delle banalità più insulse, patetico menestrello di un multiculturalismo da operetta, ora si fa promotore della cittadinanza onoraria all’equipaggio della Sea Watch.
«Per rendere omaggio a cittadini e cittadine che negli ultimi mesi sono protagonisti di una operazione di umanità e professionalità; un atto di amore e coraggio che giorno dopo giorno ha salvato e salva vite umane, ridato speranze e costruito un ponte di solidarietà nel mare Mediterraneo, anche contro logiche, politiche e leggi che poco hanno di umano e civile».
La logica del cuore, la nobiltà d’animo contro la durezza di leggi disumane come quelle volte a impedire l’immigrazione indiscriminata. Perché la vera nobiltà d’animo consiste nell’accoglienza sempre e comunque, anche di chi domani non vorrà integrarsi e costruirà società parallele come in Francia, Regno Unito, Belgio, Olanda, Svezia o, non trovando qui il Bengodi finirà sfruttato dalla criminalità organizzata come le donne nigeriane, oppure ne prenderà parte con solerzia.
Ma oggi la nuova figura iconica della sinistra a corto di proletari e rivoluzionari è quella del migrante. E’ il migrante infatti che riassume l’umiliato e offeso, il diseredato, l’uomo e la donna da riscattare e da redimere. E a sinistra sono tutti potenziali redentori, laici, si intende.
Leoluca Orlando appartiene alla luminosa genia dei Saviano, dei Lerner, dei Gino Strada, degli Ovadia. Loro stanno con l’Umanità oppressa, con quelle che identificano come vittime. Tutto il resto è secondario una volta che sono state individuate perché a quel punto si sa esattamente chi sono le canaglie e gli oppressori. E il gioco è fatto. (qui)
Ed ecco qui, in tutta la sua bellezza, il nostro bel satrapetto. Poi c’è anche il Dalai Lama, che ha qualcosa da dire in merito
mentre su quelle famose “convenzioni internazionali” di cui i fans della novella Antigone che sfida le leggi in nome della giustizia morale (“se aveste un pizzico di cultura, sapreste che un tale di nome KANT scriveva:”Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me.”…. Ma immagino non sappiate nemmeno chi sia costui…. Figuriamoci se per voi possa esistere la LEGGE MORALE!!!” No, questo non vi dico dove si trova: non ho nessuna intenzione di fare pubblicità gratuita a qualcuno a cui non la farei neanche a pagamento), può essere utile dare un’occhiata qui. Quanto ai sinistri, a me fanno venire in mente questa:
PS: per un momento, girando oggi in rete (in realtà il calendario dice che sarebbe ieri, ma fino a quando non vado a letto rimane sempre oggi) mi era venuto il sospetto che il Ghisberto fosse passato di qui e mi avesse rubato un’idea; poi, prima di accusarlo di plagio, ho voluto verificare e ho constatato che in effetti no, semplicemente la stessa idea era venuta anche a lui, già qualche mese fa: barbara