L’ALTRO TRAGICO 29 NOVEMBRE

Parlo di quello del 1947, in cui all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite fu approvata la risoluzione 181 per la partizione della Palestina: tragico per l’antichissimo popolo palestinese (PALESTINESI CHI) che con quella tragica risoluzione fu depredato della sua antichissima patria, lo Stato di Palestina, appunto. E già è lodevole che tutto il mondo civile commemori questa tragedia, in piena solidarietà col povero antichissimo popolo palestinese, ma ciò che veramente ci allarga il cuore è sapere che tale tragedia trova il giusto spazio proprio là dove è stata perpetrata, ossia all’ONU, commemorata con l’augusta presenza del segretario generale signor Kofi Annan (già con le mani sporche di sangue ruandese*), in una solenne cerimonia in cui fanno bella mostra di sé le carte geografiche in cui lo stato di Israele è scomparso a favore di quello di Palestina, leggere e guardare per credere: Giornata di solidarietà col popolo palestinese.

*Forse non tutti sanno che nel gennaio 1994 il generale Dallaire, comandante delle forze ONU in Ruanda, inviò a Kofi Annan, all’epoca capo delle missioni di pace dell’ONU, l’informazione che era imminente la messa in atto di un genocidio: Kofi Annan scelse di non intervenire. Tre anni e mezzo (e un milione di morti) più tardi Kofi Annan, diventato nel frattempo segretario generale dell’ONU, impedì al generale Dallaire di testimoniare in proposito (a chi volesse saperne di più sul genocidio in Ruanda, suggerisco il bellissimo e agghiacciante “Desideriamo informarla che domani verremo uccisi con le nostre famiglie” di Philip Gourevitch, Einaudi).

barbara

LO STATO PALESTINESE

– Prima di Israele, c’era il mandato britannico, non uno stato palestinese.

– Prima del mandato britannico, c’era l’Impero turco Ottomano musulmano, non uno stato palestinese.

– Prima dell’Impero Ottomano, c’era lo stato islamico dei Mamelucchi d’Egitto, non uno stato palestinese.

– Prima dello stato islamico dei Mamelucchi d’Egitto, c’era l’Impero arabo-curdo ayyubide, non uno stato palestinese.

– Prima dell’Impero ayyubide, c’era il Regno di Gerusalemme, cristiano, non uno stato palestinese.

– Prima del Regno di Gerusalemme, c’era l’impero omayyade e Fatimide, non uno stato palestinese.

– Prima dell’impero omayyade e Fatimidi, c’era l’Impero Bizantino, non uno stato palestinese.

– Prima dell’impero bizantino, c’erano i Sassanidi, non uno stato palestinese.

– Prima dell’impero sassanide, c’era l’Impero Bizantino, non uno stato palestinese.

– Prima dell’impero bizantino, ci fu l’Impero Romano, non uno stato palestinese.

– Prima dell’impero romano, c’era lo stato degli Asmonei, non uno stato palestinese.

– Prima dello stato degli Asmonei, c’era quello seleucide, non uno stato palestinese.

– Prima dell’impero seleucide, c’era l’impero macedone di Alessandro Magno, non uno stato palestinese.

– Prima dell’impero macedone, c’era l’impero persiano, non uno stato palestinese.

– Prima dell’impero persiano, c’era l’impero babilonese, non uno stato palestinese.

– Prima dell’impero Babilonese, c’erano i Regni di Israele e di Giuda, non uno stato palestinese.

– Prima dei Regni di Israele e di Giuda, vi era il Regno di Israele, non uno stato palestinese.

– Prima del regno di Israele, c’era la teocrazia delle dodici tribù di Israele, non uno stato palestinese.

– Prima della teocrazia delle dodici tribù di Israele, vi era un agglomerato di cananei città-regni indipendenti, non uno stato palestinese.

 In realtà, su questo pezzo di terra, c’è stato di tutto, TRANNE uno stato palestinese. Fonte A. Moreschi.

Sì vabbè, ma l’occupazione? Eh, l’occupazione, ragazzi miei, l’occupazione…

barbara

LO STATO DI PALESTINA

Cioè quella cosa che non c’è. E il fatto che non ci sia è la causa di tutti i mali del mondo, di tutte le guerre, di tutto il terrorismo, di tutti gli sfracelli che si verificano in giro per il mondo, che se solo si decidessero a farlo nascere regnerebbe la pace universale e tutti gli uomini si abbraccerebbero e si amerebbero all’istante. Quello. E volete sapere perché non c’è? Ecco, guardate qui.
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E poi vi invito a leggere questo testo di Yair Lapid, precisando che Lapid è all’opposizione, vale a dire che non fa parte di quella compagine politica che le anime belle amano chiamare fanatici di estrema destra. Ecco il testo:

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, di cui ora l’Italia fa parte, recentemente ha approvato una risoluzione che dichiara illegali gli insediamenti israeliani – compresa la nostra capitale Gerusalemme e la spianata delle Moschee, dove sorgeva il Tempio – e chiede a Israele di lasciarli. Quando i membri del Consiglio si sono resi conto che la decisione ha indignato la grande maggioranza degli israeliani, compresa l’opposizione, hanno fatto finta di non capire. «Non è una decisione contro Israele» ci hanno detto i capi di governo di diversi Paesi, «riguarda solo gli insediamenti». È come se Israele annunciasse il suo appoggio alla Lega Nord che rivendica l’indipendenza del Nord Italia. «Non è una decisione contro l’Italia» potremmo dire ai nostri amici italiani, «si tratta solo di Milano». Credo che perfino i simpatizzanti della Lega Nord ci direbbero che è una grave interferenza negli affari interni italiani. L’ambasciatore israeliano sarebbe convocato dal ministro degli Esteri italiano e cortesemente invitato a non immischiarsi più in argomenti di cui non sa nulla. Ed è proprio così che ci sentiamo. Ci sono molti ostacoli che bloccano il processo diplomatico tra Israele e i palestinesi. Quello centrale è che per almeno tre volte i palestinesi hanno rifiutato di accettare uno Stato che comprendeva il 90% del territorio. Se davvero volevano uno stato bastava dire: «Sì». Invece hanno detto «No». Perché? Perché il Consiglio di Sicurezza dell’Onu li ha convinti che non c’è motivo di fare uno sforzo per raggiungere un compromesso che porterà alla pace. Tutto quello che devono fare è dire «no» e le pressioni su Israele cresceranno ancora. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha dimenticato che ogni volta che ai palestinesi è stata data l’opportunità di autogovernarsi hanno preferito ripiegare sul terrorismo. L’ultima volta è stato nel 2005 quando Israele si è ritirato dalla Striscia di Gaza senza lasciarvi nemmeno un soldato o un colono. I palestinesi hanno risposto eleggendo Hamas, un’organizzazione terroristica, e lanciando oltre 15 mila razzi sui civili israeliani. Se rivolgiamo lo sguardo a Nord, al nostro confine con la Siria, vediamo cosa accade ai Paesi che hanno perso il controllo della loro stessa sicurezza. Più di 400 mila persone sono state uccise in quella guerra civile e il Consiglio di Sicurezza si è limitato a esprimere educatamente il suo disappunto. Per qualche motivo il Consiglio di Sicurezza ha ritenuto più urgente attaccare Israele, un Paese che vuole la pace ed è ligio alla democrazia. Israele era, e rimane, intenzionato a cercare una soluzione diplomatica; semplicemente non vogliamo obbedire a ultimatum che arrivano dall’estero. I membri del Consiglio di Sicurezza probabilmente non si fanno problemi a mettere a rischio la nostra sicurezza ma se perdono la scommessa nessuno lancerà i prossimi 15 mila razzi sui bambini italiani. I bersagli saranno i bambini israeliani. I nostri figli. Per il futuro ci aspettiamo dall’Italia, nostra stretta amica e alleata, l’apporto di una voce più equilibrata e ragionevole in seno al Consiglio di Sicurezza. (La Stampa, 07/01/17, Traduzione di Carla Reschia)

Qualcuno ha detto che c’è un solo modo per far nascere lo stato di Palestina: obbligare i palestinesi con la forza ad accettarlo. Io, per la verità, conoscendo la loro ferrea determinazione a rifiutarlo, pronti da sempre a combattere fino alla morte per impedirne la nascita, sono convinta che non ci si riuscirebbe neanche in quel modo lì.

barbara

LETTERA APERTA AL SIGNOR BARACK HUSSEIN OBAMA

Caro signor Barack Hussein Obama,
ho sentito che si è ricoperto d’onore, l’altro ieri, a Gerusalemme, e desidero congratularmi con Lei. Ho visto alcuni spezzoni del suo discorso agli studenti, e ne ho letto le trascrizioni. Ho apprezzato, soprattutto, la sua capacità di imparare dai propri errori e non commettere gli stessi per due volte. Così, ho visto, ha imparato che il modo in cui ci si rivolge a un capo di governo è importante, e che trattarlo con ostilità, farlo aspettare, lasciarlo fuori della porta, snobbarlo in tutti i modi possibili, guardarlo con un muso lungo un chilometro
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è controproducente; così questa volta si è presentato sorridente, amichevole, ha perfino spiegato, scherzando argutamente, che era amico anche prima, ed era solo per offrire materiale a un programma satirico che fingeva di non esserlo. Ha imparato, anche, che non è carino chiedere a Netanyahu di dare anche il c*** ai propri nemici, e dunque questa volta non glielo ha chiesto: si è limitato a chiedere agli studenti di provvedere loro a convincere Netanyahu a dare anche il c*** ai propri nemici. E poi ha studiato la storia, mi si dice. Certo, uno studio un po’ frettoloso può lasciare qualche lacuna, dare luogo a qualche confusione… Così per esempio le è accaduto di paragonare Israele agli Stati Uniti in quanto costituiti da immigrati. Ecco, lasci che le spieghi, signor Obama: non è esattamente così che stanno le cose. Perché in America, prima del 1492, non c’erano mai stati inglesi, né spagnoli, né portoghesi, né olandesi, né italiani, mentre di ebrei in Terra d’Israele ce ne sono sempre stati, fin dai tempi della Bibbia. Ininterrottamente. Aggiungerei anche che fra il cercatore d’oro francese immigrato in America e l’America, fra il minatore italiano immigrato in Belgio e il Belgio, fra la badante ucraina immigrata in Italia e l’Italia non c’è alcun legame storico; fra gli olim, ossia gli ebrei che vanno a vivere in Israele e la Terra d’Israele c’è un legame antico di millenni: basta fare un giro nei cimiteri per rendersene conto – quelli che i giordani non hanno devastato e distrutto fra il 1948 e il 1967 – o scavare un po’ sottoterra. Fra pochissimi giorni, signor Obama, sarà Pesach, la Pasqua ebraica, e lo sa che cosa si augurano gli ebrei in questa ricorrenza? Hashanà haba’a b’Yerushalayim: l’anno prossimo a Gerusalemme. Lo fanno tutti: ortodossi e reform, religiosi e laici, osservanti e inosservanti, credenti e atei convinti. Da duemila anni. E da altrettanto tempo pregano “Se ti dimentico, o Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; si attacchi la mia lingua al mio palato se non ti ricorderò” (Salmo 137, 5-6): provi un po’ a indovinare perché.
Ho notato anche, nel suo discorso, un’altra piccola “sbavatura”, signor Obama: lei ha detto che l’unica soluzione è la creazione dello stato di Palestina, e io sinceramente non capisco: perché lo va a dire agli israeliani, che lo stato di Palestina lo hanno accettato fin dal 1947, e non ai palestinesi che lo stanno pervicacemente rifiutando, con tutte le proprie forze, da almeno ottant’anni? (clic, clic, clic)
Bene ha fatto, invece, a rifiutarsi di parlare alla Knesset: essendo la sede del governo israeliano, e trovandosi a Gerusalemme, accettando di recarvisi avrebbe potuto dare l’impressione di riconoscere che Gerusalemme è la capitale di Israele, ossia che Israele avrebbe il diritto di decidere dove stabilire la propria capitale, come qualunque altro stato al mondo, il che, dobbiamo convenirne, è assolutamente inammissibile. E altrettanto bene ha fatto a rifiutare di ritrovarsi davanti gli studenti di Ariel. Perché, avendo studiato la storia, come ha dimostrato di avere fatto, avrà sicuramente imparato che quelli, in base alle norme del diritto internazionale, non possono sotto nessun aspetto essere considerati “territori occupati” (occupato era lo stato sovrano di Polonia dopo l’invasione tedesca, per esempio), bensì “territori contesi”, il cui destino finale, in base alla risoluzione 242, dovrà essere definito per mezzo di quei negoziati che da parte araba, con i “Tre no di Khartoum” sono sempre stati rifiutati. Ecco, se lei avesse accettato la presenza degli studenti dell’università di Ariel, magari anche qualcun altro avrebbe potuto accorgersi che il famoso, così frequentemente e così a sproposito invocato, “diritto internazionale” dice cose molto diverse da quelle spacciate dalla propaganda, e questo assolutamente non deve accadere. E poi, diciamolo una volta per tutte: era anche opportuno che si chiarisse chi è che comanda! È il sultano che decide quali sudditi possono entrare alla sua presenza, e non il contrario che diamine!
E di liberare Pollard, naturalmente, non se ne parla.
Ma, a parte questi dettagli tecnici, lo sa qual è la cosa che più ho ammirato di lei, signor Obama? Riguardiamo insieme questo spezzone del suo discorso:

Ecco, la cosa veramente straordinaria è la sua faccia, la sua espressione durante gli applausi. Lo sa che cosa mi ricorda? La faccia di Annamaria Franzoni quando, in un primo momento, grazie alla sua abilità di attrice (“Come sono andata? Ho pianto troppo?” – credendo che tutti i microfoni fossero spenti) era stata fatta uscire dal carcere
a.m.franzoni
Una faccia da “Visto come ve l’ho messo nel ****?” Davvero, signor Obama, devo riconoscerle delle doti di attore assolutamente straordinarie, soprattutto ricordando chi è lei:

Ma si ricordi, signor Obama: noi siamo pronti a combattere contro qualunque nemico. Da qualunque parte venga. E qualunque maschera indossi: farà bene a non dimenticarlo, signor Obama. Mai.

barbara

AGGIORNAMENTO: e questi sono i risultati ottenuti dal grande pacificatore dopo che Netanyahu si è umiliato a chiedere scusa per essersi difeso da un attacco terroristico.
AAAHHHH!!!!! Ecco com’era!