SGANGHERATA MISCELLANEA

Messe a caso, come viene viene.

Parole sante!
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Questa non è una vignetta satirica: è realmente successo che un incontro antirazzista sia stato vietato ai bianchi
Avete presente i nostri parcheggi sul lungomare? Una fila lungo il marciapiede e fine. Questi sono i parcheggi della spiaggia di Haifa, in Israele.
È vecchia di tre mesi ma l’ho vista solo adesso, e non posso rinunciare a proporla
Per i non tirolesofoni: In Alto Adige ci sono oltre 200 tipi di pane. Il preferito fra tutti è “Questo qui!” seguito di stretta misura da: “No, quello vicino!” (i tedeschi – o almeno i tirolesi – gli altri in effetti non so – fanno un uso spropositato del punto esclamativo, che schiaffano praticamente dappertutto)
Quelli che l’orrendissimo Trump “teneva nelle gabbie“. Ma adesso per fortuna c’è “il nonno giovanile che ora serve all’America”, come l’ha splendidamente definito Beppe Severgnini, e ci pensa lui
E se sui pavimenti delle gabbie non c’è più posto? Niente paura, ci sono sempre i ponti, con degli spaziosi “sotto i ponti” in cui vivere nella massima comodità

E per inquadrare meglio la faccenda, ve lo faccio dire da Giulio Meotti.


La foto dei bambini migranti sotto un ponte che i media pro Biden non faranno vedere

E’ la foto che non vedremo sui nostri telegiornali e quotidiani. Famiglie di migranti e minori non accompagnati provenienti dall’America centrale in un centro per migranti degli Stati Uniti improvvisato sotto il ponte di Anzalduas a Granjeno, in Texas, dopo aver attraversato il fiume Rio Grande.
Il presidente americano Joe Biden ha scoraggiato gli aspiranti migranti a entrare negli Stati Uniti. “Posso dire abbastanza chiaramente: non venite”, ha detto Biden. “Non lasciate la vostra città”. C’è stato un drammatico aumento nel numero di bambini migranti in custodia negli Stati Uniti. Il segretario per la sicurezza interna, Alejandro Mayorkas, ha dichiarato che “siamo sulla buona strada per incontrare più persone sul confine che negli ultimi 20 anni”. Si sono diretti verso gli Stati Uniti credendo che l’amministrazione Democratica sarebbe stata più accogliente rispetto a quella del suo predecessore, Donald Trump.
Nel 2019, Biden aveva detto: “Le politiche di Trump sull’immigrazione sono un attacco alla dignità umana. Non siamo un Paese che nega ai bambini il sapone e lo spazzolino da denti”. Adesso, racconta la CBS, che non è certo un media trumpiano, “i bambini dicono di essere affamati, che fanno la doccia solo una volta ogni sette giorni e che le condizioni sono così sovraffollate che hanno dovuto dormire a turno sul pavimento”. Le condizioni descritte sono nel centro per bambini migranti a Donna, in Texas.
I bambini migranti in custodia sarebbero 13.000, scrive sempre la CBS. I minori non accompagnati, racconta il Wall Street Journal, “aspettano in celle di detenzione anguste con pavimenti e panche di cemento” e dove le “luci rimangono accese 24 ore”. Che questi bambini dormano per terra lo scrive anche il New York Times, il megafono dei Democratici. 
Nessun moralismo o ipocrisia. Una democrazia che affronta una simili crisi migratoria alle frontiere fa quello che può. Ma ricordiamo nel 2019 quando i media di tutto il mondo e i Democratici parlarono di catastrofe morale e di un nuovo nazismo? Ora che non c’è più Trump, per i migranti non ci sono neanche più telecamere e lacrimucce. Era solo politica.

Naturalmente è sempre stato chiaro che dei cosiddetti migranti, esattamente come dei palestinesi, delle donne, degli omosessuali, dei negri non frega niente a nessuno e che i proclami sono pura propaganda politica, ma non fa male ricordarlo ogni tanto.

barbara

ULTIME COSE (11/16)

Prima di chiudere i resoconti di questo viaggio, bisogna che racconti ancora un paio di cose. Per esempio di quando sono caduta. Ricordando che ero freschissima reduce della frattura alla vertebra, come già avevo ricordato qui. La vertebra si era saldata, ma la situazione generale era ancora estremamente precaria; in conseguenza di ciò, molte cose mi erano state categoricamente vietate, ma ho dovuto farle, nonostante il divieto, per esempio fare scale, e Gerusalemme, da questo punto di vista, è molto peggio di Venezia, perché a Venezia sono al massimo un paio di decine di gradini per volta, mentre a Gerusalemme sono anche qualche centinaio al colpo. E non avrei dovuto sollevare e portare pesi, ma anche se sono stata molto aiutata, come si fa ad evitarlo del tutto quando si gira con un trolley e uno zaino? Ma la cosa proprio vietatissima, assolutamente vietatissima, assolutissimamente vietatissima, era ovviamente cadere: quello proprio non doveva succedere. Ed è successo (ne avevo accennato qui). È successo a Zfat, dove la strada del centro è così,
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con le vecchissime pietre levigate da milioni, decine di milioni, forse centinaia di milioni di piedi, rese simili a marmo cosparso di talco, e con quel piccolo gradino fra il canale di scolo centrale e le due parti laterali. E stato esattamente lì che ho posato il piede, e sono caduta in avanti. Non mi sono fatta male, per niente: avendo lo zaino in spalla, avevo le mani libere e le ho portate in avanti, e le ginocchia, martoriate dall’incidente di tre anni fa, non le ho quasi neanche posate. Ma l’unica cosa che avevo in mente era che “non doveva succedere”. Non doveva succedere ed era successo, e sono entrata in una sorta di stato di shock, ho cominciato a tremare convulsamente, quasi incapace di parlare, due compagni di viaggio, i più vicini a me, si sono precipitati ad aiutarmi a rialzarmi ma io restavo ferma lì, continuando a ripetere no, aspetta. Alla fine mi sono lasciata sollevare, la proprietaria del negozio di fronte al quale ero caduta ha portato una sedia, e poi un bicchier d’acqua. Ed è stata una cosa abbastanza buffa, perché proprio in quel negozio ero stata l’anno prima, a comprare un paio di cose, perché era pieno di cose bellissime, e mi ero fermata abbastanza a lungo (il resto del gruppo era andato a visitare le sinagoghe, che io avevo già visto, e quindi avevo tempo) per via della signora del negozio, persona straordinariamente interessante. Sentendomi parlare in italiano, mi si era rivolta in questa lingua, spiegandomi poi che era mezza italiana e mezza tedesca, nata cattolica e convertita all’ebraismo ortodosso. In occasione della caduta e delle sue ripercussioni, non avrei potuto imbattermi in una persona più adatta: calma, dai movimenti armoniosi, dalla voce bassa e calda, è quel tipo di persona che rilassa solo a guardarla. Ogni tanto qualche turista italiano, sentendola parlare così bene la nostra lingua, le dice “Parla bene l’italiano!” (immaginare che una persona che parla italiano possa essere per caso italiana, richiede evidentemente uno sforzo di fantasia troppo grande per certa gente), e lei, atteggiando il viso allo stesso stupore dei suoi interlocutori: “Anche voi”. Anche se non è nata ebrea, l’umorismo ebraico lo ha, a quanto pare, assorbito tutto. Quando ci ero stata la prima volta, mi aveva chiesto da dove venissi: domanda che, nel mio caso, può avere varie risposte: da dove arrivo in questo momento, di dove sono originaria, dove ho vissuto la maggior parte della mia vita… Sicché ho risposto: “È una storia lunga”. E lei, pronta: “Da dove comincia?” Realizzando così un importantissimo insegnamento dell’ebraismo: le domande sono molto più importanti delle risposte perché se vuoi avere risposte utili, devi fare le domande giuste. L’ho apprezzata poi in particolar modo quando un compagno di viaggio, dopo avere scambiato una breve chiacchierata con lei, le ha porto la mano per salutarla. Evidentemente ignorava che fra gli ortodossi non sono ammessi contatti fra uomini e donne: niente baci, niente abbracci, niente strette di mano (è per questo che di solito gli ortodossi si sposano giovanissimi, e raramente un fidanzamento dura più di due mesi: perché le regole sono regole e vanno rispettate, ma anche gli ormoni sono ormoni, e hanno il sacrosanto diritto di essere rispettati). La signora ha avuto un attimo di esitazione, indecisa fra il rispetto di una regola religiosa e quella che l’altro avrebbe sicuramente percepito come una incomprensibile scortesia e sarebbe quindi stata, di fatto, una scortesia; solo un attimo, poi ha porto la mano e ricambiato il gesto (pochissime fra le donne ortodosse che conosco avrebbero fatto altrettanto. Naturalmente avrebbero spiegato, molto gentilmente, il motivo per cui non prendevano quella mano tesa, ma non l’avrebbero presa). Ah, dimenticavo: tra l’altro era anche molto bella.

E poi devo raccontare di Moti, la nostra guida. A cui per ben due volte ho mandato ogni sorta di maledizioni possibili quando di sua iniziativa, senza consultarci e senza neppure informarci, ha ordinato la sveglia per tutto il gruppo. La prima volta avevo impostato quella del cellulare per mezz’ora più tardi, e quel brusco risveglio anticipato è stato un vero trauma. Gliene ho dette di tutti i colori e lui ha promesso che da quel momento in poi l’avrebbe fatta dare solo a chi voleva. Il giorno dopo una parte del gruppo doveva andare a visitare Masada e una parte in spiaggia sul mar Morto; io ovviamente avevo programmato di andare al mare, e avevo messo la sveglia alle otto, e di nuovo mi arriva la sveglia alle sei. E quella volta ho avuto una vera e propria crisi isterica, e ne ha fatto le spese chiunque mi sia arrivato a tiro per un bel po’ di ore successive. E poi c’è stata la volta che prima di andare a mangiare ha accompagnato alcuni a cambiare i soldi. Dovevano impiegare una decina di minuti, ma poi si sono divertiti a scommettere su non ricordo più che cosa e dopo un’ora non erano ancora tornati. E io non posso stare più di quel tanto senza mangiare, e la scorta per le emergenze che avevo portato con me, l’avevo già esaurita, sicché ad un certo punto ho cominciato a dare fuori di testa. Uno aveva una caramella e me l’ha data, un altro un biscottino, ma io avevo bisogno di mangiare. E quando finalmente sono tornati e siamo arrivati al posto in cui si poteva mangiare, la mia resistenza era completamente esaurita, e le ginocchia hanno cominciato a scendere. Per fortuna Eyal era proprio di fianco a me: mi ha raccattata su prima che arrivassi al pavimento e portata di peso fino a una sedia e mi ha ordinato lui due panini, su cui mi sono buttata come una lupa famelica. Però era simpatico, faceva cose originali come quella della recita in costume a Beit Shean, di cui ho già parlato, o l’impasto con farina e uova per mostrare come si è formato il monte Sodoma. Ed era veramente molto bravo come guida, oltre ad avere uno straordinario senso dell’umorismo. È stato grandioso la volta che rivolgendosi a un membro del gruppo, teologo (credo autodidatta, ma comunque molto preparato), gli ha posto un quesito “che da tanto tempo mi tormenta, e non trovo risposta”: perché Gesù chiede per ben tre volte a Pietro se lo ama? E il povero Ennio lì a distillare spiegazioni, interpretazioni, esegesi… E lui: “Ma tutto questo, sai, non mi convince mica più di tanto. A me però viene in mente un’altra cosa”; prende il vangelo e legge il brano della guarigione, da parte di Gesù, della suocera di Pietro: “Ecco, nessuno mi toglie dalla testa che Gesù avesse una gran paura che Pietro non gliel’avesse perdonata, e per questo ha così tanto bisogno di essere ripetutamente rassicurato”.

E poi bisogna che racconti della visita al Golan. Ci sono stata molte volte, nella maggior parte dei miei viaggi in Israele, ma questa volta è successo qualcosa che non era mai successo nei viaggi precedenti: i cannoneggiamenti su Damasco.
Golan-Damasco
Che tutti leggono sui giornali, che tutti vedono e sentono in televisione, ma essere lì, essere fisicamente lì, e sentire con le proprie orecchie, dal vivo, che lì si sta bombardando, che lì si sta uccidendo, è proprio un’esperienza radicalmente diversa. Noi eravamo lì, vedevamo Damasco a occhio nudo, e a orecchie nude sentivamo bombardare. Una cosa veramente da dare i brividi alla schiena.

barbara