“I nuovi positivi di oggi sono xyz, 10.000 più di ieri”. Prima buffonata: non sono “nuovi” positivi, o almeno non lo puoi sapere, quelli sono semplicemente i positivi scoperti oggi: possono essersi positivizzati un’ora fa, due giorni fa, due settimane fa, TU NON LO SAI. Seconda buffonata: fra quelli che oggi hai calcolato come nuovi positivi, ci sono quelli che erano positivi al controllo precedente e che lo sono ancora a quello di oggi, quindi il numero del totale di “casi” che mi proponi NON corrisponde al numero di persone controllate e trovate positive. Terza buffonata: dato che non fai sessanta milioni di tamponi al giorno, non abbiamo la più pallida idea, né tu né io, di quante persone positive ci siano in Italia in questo momento: quindi a chi serve sapere quante ne hai trovate tu? Che cosa ce ne facciamo dei tuoi numeri? Quarta buffonata: se mi sono positivizzata oggi, ho tot% di probabilità di contagiare se non sono vaccinata, tot-30% se lo sono (le cifre le sparo a caso: quello che mi interessa è il ragionamento); se mi sono positivizzata dieci giorni fa le probabilità scendono rispettivamente a tot-20% e tot-50%; se mi sono positivizzata venti giorni fa siamo a tot-70% e tot-95% (mi riferisco a persone positive senza sintomi). Ma siccome nessuno sa quando mi sia positivizzata, non c’è modo di sapere se e quanto io possa essere pericolosa per gli altri in questo momento e, quindi, se le misure che mi vengono imposte siano adeguate, o eccessive, o insufficienti.
QUINDI: dato che in questo momento in Italia potrebbero benissimo esserci dieci o quindici o venti milioni di persone positive in circolazione (no, non vale il discorso che se hai trovato positive il 10% di quelle che hai controllato, i positivi totali possono essere al massimo 6 milioni: tu hai controllato per lo più le persone con sintomi, i loro contatti stretti, i conviventi di quelli trovati positivi a un controllo casuale, i compagni di classe di uno che si è ammalato eccetera, ossia persone fra cui c’è una probabilità di trovare positivi molto maggiore che nella media della popolazione, quindi i positivi nella popolazione totale sono sicuramente molti di più del 10%, aggiungendo che tu conti quelli di quel determinato giorno, ma i positivi restano tali per diversi giorni e quindi si sommano a quelli trovati nei giorni precedenti e successivi) – in circolazione perché perfettamente sane – quale sarebbe il vantaggio di mettere in quarantena le 50.000 – altrettanto sane – che avete trovato voi? Se lasciate circolare anche quelle, cambia la situazione sanitaria in Italia? Questo è il motivo per cui tutte le volte che, nei mesi scorsi, ho avuto un raffreddore o attacchi di tosse, mi sono ben guardata dall’andare a fare un tampone per verificare qualcosa su cui non nutro la minima curiosità: mi sono risparmiata un fastidio, mi sono risparmiata una spesa, e il risultato è lo stesso. Adesso a fine mese dovrò per forza farne uno perché devo affrontare un intervento chirurgico (e incrociamo le dita per il risultato), ma mai e poi mai ne farei uno di mia iniziativa, solo per lo sfizio di sapere se sono positiva o no, e andare a incrementare la quotidiana tabella del terrore. Anche se non ho mai portato mascherine all’aperto, non ho mai rispettato il coprifuoco, non ho mai, in tutti interi questi due anni, usato un igienizzante per le mani, non ho mai smesso di dare la mano e abbracciare gli amici, anche così, di favori a questo governo di merda ne ho già fatti anche troppi, e col piffero che gliene faccio degli altri.
Ho seguito e sto seguendo centinaia di persone vaccinate con 2 o 3 dosi di vaccino che hanno il Covid. Ebbene queste persone hanno un raffreddore o una forma influenzale che dura 3-4 giorni. Nulla a che vedere con il Covid di un anno fa e con il Covid di chi non è vaccinato. Dobbiamo quindi continuare con la stessa metodologia di affrontarlo dello scorso anno? Tracciamento? Milioni di tamponi? Isolamento di tutti i contatti? Quarantene dalle durate variabili e diverse a seconda di chi le decide? Reparti Covid dedicati con personale sottratto alle altre attività sanitarie? Colori delle regioni decise sulla base degli ospedalizzati senza distinguere malati da colonizzati asintomatici? Non si può affrontare questa fase con le stesse regole. Abbiamo oltre l’80% della popolazione generale che è protetta. Chi non è vaccinato dovrebbe farlo presto, ma se non ha ancora capito o voluto capire l’importanza del vaccino difficilmente lo farà senza regole nuove. Vedere code chilometriche nelle farmacie in questi giorni per fare il tampone serve a qualcosa? Con oltre 50000 casi al giorno destinati a diventare molti di più nelle prossime settimane, dobbiamo vivere in maniera diversa la convivenza con il virus. Chi è malato deve stare a casa, come sempre si sarebbe dovuto fare per le malattie infettive contagiose e dobbiamo finire con il tracciamento. Non possiamo continuare a mettere in quarantena e in isolamento forzato decine di persone (i contatti) per ogni tampone positivo. Il rischio, continuando così e’ trovarci tra pochissimo con milioni di persone isolate e in quarantena. Chi farà il pane, chi guiderà gli autobus, chi svolgerà le lezioni a scuola, chi garantirà la sicurezza, chi batterà lo scontrino al supermercato, chi lavorerà in ospedale? Usciamo dalla visione del Covid come malattia devastante e entriamo nella fase endemica con una malattia più gestibile (nei vaccinati) costruendo regole diverse. Altrimenti sarà durissima.
Peccato solo che i signori lassù – quelli, per inciso, che da oltre due anni ci stanno imponendo governi uno più di merda dell’altro, incapaci, criminali, autori di politiche devastanti, e lontanissimi dall’orientamento attuale del Paese, pur di non lasciarci votare – abbiano tutt’altro tipo di interessi.
Avrete sicuramente letto tutti quella storia che se si va a fare l’esame del DNA viene fuori che il 10% dei bambini non sono figli del padre legale. Il che è vero, solo che, detta così, manca un piccolo dettaglio: l’esame del DNA non viene fatto di routine a tutti i bambini che nascono ma unicamente, su richiesta, a quei bambini per i quali il padre legale nutre dubbi, che evidentemente ritiene fondati, sulla reale paternità. Quindi, guardando tutta la questione e non solo un ritaglio, ne possiamo concludere che fra tutti i casi in cui un marito ritiene di avere buoni motivi per dubitare di essere il padre del figlio partorito dalla moglie, in ben il 90% dei casi tali dubbi risultano essere infondati.
Cioè i dati sfornati non sono veri o falsi di per sé: vero e falso dipendono dal punto di osservazione. Più o meno come per Lombardia e coronavirus. O meglio, Lombardia, coronavirus e informazione pataccara, di cui avevo già parlato ieri. Oggi il bollettino annuncia trionfalmente:
I nuovi positivi sono 142, contro i 402 di ieri. Ma è diverso anche il numero dei tamponi effettuati: 13.696 contro gli oltre 19 mila di ieri.
Per sapere come sono realmente andate le cose bisogna fare una divisione; le divisioni a più cifre si imparano in terza elementare, se ricordo bene, e facendo questa divisione troviamo che in Lombardia è risultato positivo un caso ogni 96,45 tamponi eseguiti, cioè quasi esattamente la metà di ieri, e contro uno ogni 125 in tutta Italia.
Evidentemente qualcuno ha tutto l’interesse a tentare di farci guardare le cose dal punto di vista sbagliato che ci darà un’informazione sbagliata, come per gli sbandierati ammucchiamenti sui Navigli e altrove. E questa cosa dobbiamo sempre ricordarcela, dobbiamo stare attenti a non lasciarci indurre a guardare le cose dal punto di vista sbagliato, perché, come già più di vent’anni fa ci spiegava Jarabe De Palo
Depende
Depende ¿de qué depende?
De según como se mire, todo depende
La prima lezione ci viene da Napoli: se vedete qualche criminale senza mascherina, non limitatevi a redarguirlo severamente: pestarlo dovete, di santa ragione, e fare una bella rissa tutti ben attorcigliati
La seconda ci viene dalla Giordania: vi siete ammalati, vi hanno fatto il test, siete risultati positivi e adesso dovete andare all’ospedale: mi raccomando, fatelo nel modo giusto.
La terza ci viene da Codacons: se volete fare qualcosa di utile dovete dare soldi a loro, più ne date e meglio è.
E infine bisogna fare i tamponi a tutti quelli che ne hanno bisogno… ah no, che stupida, quelli li stanno già facendo, vero signor Borrelli? Vero dottor Villani? Vero signor Miozzo?
Durante la conferenza stampa di mercoledì, il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli ha detto:
I tamponi – così come prevede l’OMS, poi mi correggerà se sbaglio il professor Villani – sono effettuati solo quando ci sono sintomi. Sintomi evidenti, difficoltà respiratorie. Quindi sotto questo profilo possono esserci anche delle persone lievemente sintomatiche che non fanno i tamponi. Questo è quello che penso, giusto professore?
Il professore Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria, ha quindi risposto:
Confermo. A coloro che hanno realmente bisogno del tampone, il tampone viene eseguito. Quindi se non viene eseguito evidentemente non c’è l’indicazione a farlo.
Questa cosa non è vera. Ma proprio clamorosamente. Decine di migliaia di persone in Italia – e probabilmente di più – lo sanno bene perché è capitato a loro, o a una persona a loro vicina. Ed è doloroso ascoltare una bugia di queste proporzioni da persone di questa responsabilità in un contesto così delicato.
Una volta per tutte: le raccomandazioni del ministero, diffuse con una circolare del 27 febbraio e poi con una del 9 marzo, dicono che devono essere sottoposte a tampone le persone con infezione respiratoria acuta, cioè «insorgenza improvvisa di almeno uno tra i seguenti segni e sintomi: febbre, tosse e difficoltà respiratoria». È chiaramente specificato che il tampone è raccomandato in presenza di questi sintomi indipendentemente dal ricovero ospedaliero («che richieda il ricovero o meno», dice la circolare). Le raccomandazioni dell’OMS, poi, sono «fate i test, fate i test, fate i test». Siamo stati sgridati per questo: ampliare il numero di test è considerato cruciale per contenere l’epidemia e prendere le migliori decisioni sul percorso di uscita da questa crisi.
Eppure in Italia ci sono sicuramente moltissime persone che pur ricadendo nelle categorie indicate dal ministero e dall’OMS – pur trovandosi in situazioni in cui esisteva eccome «l’indicazione a farlo», per usare le parole del professor Villani – non sono state sottoposte al tampone.
Lo dimostrano le testimonianze drammatiche che tutti i mezzi di informazione, tra cui il Post, raccolgono da giorni da decine di medici di base, medici ospedalieri, infermieri e anestesisti in Lombardia; lo dimostrano le migliaia di persone morte in casa o nelle case di riposo con sintomi gravi compatibili con la COVID-19 e mai sottoposte al tampone, nonostante le ripetute richieste rivolte alle autorità sanitarie; lo dimostrano le esperienze di tantissime persone – disponibili ovunque, dai giornali ai social network fino probabilmente al vostro condominio, se vivete in Lombardia – che pur manifestando sintomi importanti e a volte anche convivendo con una persona risultata positiva al coronavirus, non sono mai riuscite a farsi testare. Qui non si parla della questione del tampone alle persone asintomatiche o lievemente sintomatiche: si parla di persone con sintomi acuti – migliaia di queste sono addirittura morte – che non sono mai state testate.
Non è la prima volta che gli italiani sono costretti ad ascoltare questa bugia. La regione Lombardia continua a sostenere di aver «rigorosamente seguito i protocolli che sono stati dettati dall’Istituto Superiore di Sanità», quando in realtà è più facile ottenere una radiografia ai polmoni – che permette ai medici di riconoscere i sintomi della COVID-19 e arrangiarsi di conseguenza – che un tampone. Addirittura in molti casi non si riescono a fare nemmeno i tamponi di controllo, quelli necessari per accertare la guarigione dei pazienti, che intanto aspettano per giorni di tornare alle loro vite. Il molto annunciato aumento del numero di tamponi effettuati in Lombardia ancora non si è visto. Non è solo una questione di correttezza, sia chiaro: le carenze della Lombardia sui test compromettono il contenimento dell’epidemia, e le modalità e i percorsi con cui potremo uscire da questa situazione e tornare alle nostre vite.
Anche il direttore della Protezione Civile, Agostino Miozzo, durante la conferenza stampa di mercoledì della settimana scorsa ha detto che «si fanno i tamponi che il Sistema Sanitario Nazionale ritiene necessario fare sulla base delle indicazioni che ci sono suggerite dalle organizzazioni internazionali». Non è vero.
In Lombardia non si fanno i tamponi che il sistema sanitario ritiene necessario fare, ma quelli che il sistema sanitario riesce a fare, a prescindere dai protocolli: e quindi molti meno di quelli che sarebbe necessario fare se si volessero seguire le indicazioni nazionali e internazionali. In altre regioni si sono visti approcci diversi e grandi miglioramenti su questo fronte: in Lombardia no. Poco dopo Miozzo ha aggiunto, parlando dei tamponi, che «c’è una policy di ricerca dei pazienti soprattutto sintomatici o dei loro contatti stretti». Non è vero neanche questo. Al contrario, la stampa in questi giorni ha ottenuto decine di testimonianze di familiari e conviventi di persone affette da COVID-19 che pur manifestando i sintomi della malattia non sono mai state testate, e a cui le autorità sanitarie hanno dato la sola istruzione di restare a casa come tutti.
Sempre durante la conferenza stampa di ieri, Borrelli ha detto anche un’altra cosa purtroppo non vera:
A me non è arrivata alcuna segnalazione di persone che non sono riuscite a entrare in terapia intensiva. Almeno per quello che è dato constatare a me, e non credo che sia arrivata all’opinione pubblica questo tipo di informazione. […] Con il lavoro dei medici, dei rianimatori, si soccorre – credo, a mio giudizio – tutti coloro i quali ne hanno bisogno.
Sono stati purtroppo proprio i medici e i rianimatori i primi a raccontare dolorosamente che in Lombardia per settimane non ci sono stati posti per tutti in terapia intensiva, e forse solo negli ultimi giorni le cose stanno cominciando a migliorare. Di nuovo, in Lombardia ci sono addirittura migliaia di persone – migliaia di persone – che sono morte in casa: che avrebbero avuto bisogno eccome di soccorsi, eppure non è stato possibile soccorrere. Residenze per anziani che si sono svuotate in pochi giorni e in cui le ambulanze non sono mai arrivate. Pazienti che non è stato possibile curare finché le loro condizioni non si sono deteriorate in modo irreparabile. Non uno o due: tanti. Il comprensibile desiderio di rassicurare la popolazione non può trasformarsi in una licenza a dire cose che non sono vere, peraltro da pulpiti così importanti e ufficiali.
Verrà il momento di discutere di cosa sia andato storto in Lombardia, che è stata travolta dall’epidemia con una forza maggiore che in qualsiasi altro posto d’Italia e forse del mondo. Così come verrà il momento di capire come mai a oltre un mese dall’inizio dell’epidemia non siamo ancora in grado di avere dei dati che permettano di misurare con una qualche affidabilità il numero di persone contagiate e il numero di persone morte. Può darsi che non si potesse fare più di così. Possiamo accettare che, pur avendo tutti le migliori intenzioni, in una situazione così straordinaria questo sia il massimo che fosse possibile fare. Ma allora sarebbe rispettoso e onesto dire questo, e non una bugia.
E mi auguro che quando questo cataclisma sarà finito, chi deve pagare paghi fino in fondo, senza sconti e senza pietosi buonismi.