e ancora più grande lezione di vita.
Magari ricordandoci anche che rinunciare a vivere per paura di ammalarci non è una grandissima idea.
barbara
e ancora più grande lezione di vita.
Magari ricordandoci anche che rinunciare a vivere per paura di ammalarci non è una grandissima idea.
barbara
Presto presto, dobbiamo diminuire i parlamentari! Costano troppo, anzi troppissimo! Bisogna tagliare le spese! Subito subitissimo, se no non ne usciamo!
L’Italia è messa in ginocchio dagli effetti del Covid-19, ma per i dirigenti di palazzo Chigi c’è l’aumento in busta paga. Alla faccia della lotta alla casta
I drastici effetti economici provocati dall’emergenza Coronavirus sono purtroppo sotto gli occhi di tutti, tra attività chiuse e infinite difficoltà nella ripartenza.
Il governo non sempre si è dimostrato concretamente al fianco di chi è stato maggiormente colpito in questi mesi. L’auspicio è che con l’arrivo dei soldi del Recovery Fund si possa fornire il giusto carburante per il rilancio del nostro Paese, ma a una settimana dal vertice dei leader previsto a Bruxelles per giovedì e venerdì prossimi è andato in scena uno scontro totale tra il Parlamento europeo e il Consiglio sul Bilancio pluriennale della Ue e il Recovery Fund, che potrebbero restare così bloccati. Come se non bastasse, mentre l’Italia è ancora in ginocchio, i dirigenti di palazzo Chigi sono pronti a brindare. Magari, rispettando le nuove limitazioni sul distanziamento nelle case e sull’obbligo di indossare la mascherina, si potrebbe organizzare una grande festa.
Eh sì, perché per loro sarebbe previsto un bell’aumento in busta paga. Chi se ne frega se gli italiani ogni giorno devono fare i conti con le realtà più tristi e sgradevoli. Tanto le loro buste paga si preparano a essere rimpolpate. Come riportato dall’edizione odierna di Libero, il nuovo contratto proposto dall’Aran arriverebbe a garantire fino a 1.126 euro lordi in più al mese. In tal modo i dirigenti di seconda fascia della Presidenza del consiglio, destinatari della somma prevista dall’agenzia che rappresenta lo Stato nella contrattazione con i sindacati del pubblico impiego, giungerebbero a una simile cifra addizionando le diverse voci (aumento generalizzato, incremento per ridurre il divario dai loro colleghi di prima fascia, fondo legato al risultato).
[Ho controllato: esiste. Ma finora non l’avevo mai sentito]
Anche gli altri dirigenti di palazzo Chigi sono pronti a esultare: nella peggiore delle ipotesi potrebbero sommare 331,80 euro di aumento ai 136,80 euro della retribuzione di risultato, arrivando così ad avere una busta paga più pesante di 468,6 euro. Mica male. Alt, però. Non è mica finita qui: questi sono solamente i numeri portati al tavolo dall’Aran, cioè la “parte datoriale”, che durante il confronto con i sindacati potrebbero addirittura lievitare. Alla faccia della lotta alla casta (con la poltrona degli altri) portata avanti dai grillini fino al 4 marzo 2018. Chi sa se organizzeranno quelle stesse mobilitazioni nazionali che erano soliti promuovere quando al governo vi erano gli altri.
L’8 ottobre sul sito dell’Unadis è apparso un comunicato mediante cui è stato annunciato l’avvio delle trattative per il rinnovo del contratto dei circa 300 dirigenti della Presidenza del consiglio dei ministri: stando ai numeri calcolati nell’anno 2015, si tratterebbe di 101 afferenti alla prima fascia e 169 di seconda fascia. La trattativa si è riaperta dopo dieci anni di blocco. Per l’Unione nazionale dei dirigenti dello Stato si tratta di un momento “molto importante, nonostante il ritardo con cui si è arrivati, per dare il giusto riconoscimento, economico e giuridico, ai dirigenti di Presidenza, impegnati in settori cruciali per il nostro Paese”. L’Unadis, insieme a Cgil e Cisl, ha chiesto di arrivare a un accordo in tempi celeri, ragionevolmente entro la fine del 2020. I fondi per il rinnovo, nello specifico per la riduzione della forbice tra prima e seconda fascia, erano stati stanziati con la legge di Bilancio dello scorso anno.
Luca Sablone – 10/10/2020, qui.
E ora una saggia riflessione, preceduta da questa significativa immagine
Non muore nessuno se non si va dal #Parrucchiere per due mesi. Al massimo muore quel salone (e magari il titolare è tua sorella, tua mamma, tuo zio) e nel quale la ragazza che fa lo shampoo è in affitto nella casa che hai acquistato ad uso investimento e per il quale stai pagando un mutuo.
Non muore nessuno saltando la ceretta dall’#estetista. Al massimo chiude quello studio… che magari è di tua figlia, tua moglie… o che fornisce di prodotti tuo figlio che verrà licenziato a fine mese se non raggiunge l’obbiettivo di vendita. Cosa accadrà mai saltando due mesi di #Danza, al massimo chiude quella Scuola … che potrebbe essere però della tua compagna o di tua sorella ed è aperta da soli 30 anni. Puoi anche non andare in #palestra per 60 giorni. Che ci interessa!?!? Puoi sempre fare del sano esercizio fisico nel giardino di casa… Poi se non riaprirà più perché non sarà in grado di pagare gli affitti arretrati, continuerai a fare step sul gradone della veranda… E sì, se è di tuo padre che mantiene te e tuo fratello agli studi!?! Al #ristorante? Ma cucinate a casa vostra che si mangia anche meglio… tanto quando avranno chiuso più della metà dei locali perché i titolari sono in ginocchio… tu potrai ottimizzare l’arte dell’uso del lievito che hai messo a fuoco in questi mesi. Sperando che il ristorante non sia del tuo datore di lavoro. #Sartoria? Ma davvero vai ancora dalla sarta? Ma compra su Amazon come tutti! Anche se la sartoria l’ha fondata tua nonna ed hai messo la tua fideiussione personale sul leasing per l’acquisto dei nuovi macchinari. E che dire dei #bar? Meglio se chiudono, no!?!? Così tuo marito torna a casa prima la sera e non perde tempo a parlare di pallone con gli amici… Sperando però che non sia il proprietario di quel locale. #Contadini? Ma dai!!! Che le mele dall’estero riusciamo ancora a prenderle e, del sano vino all’etanolo, lo importiamo senza problemi.
Esiste un punto in cui le misure per contrastare il #virus uccidono più del virus stesso.
È FACILE DIRE DI STARE A CASA QUANDO HAI LO STIPENDIO GARANTITO. MA NON #ANDRATUTTOBENE #ACASADITUTTI
Proibire la musica, gli spettacoli. Finora c’erano riusciti solo i talebani quando tenevano in scacco l’Afghanistan.
Quando sento dire che è giusto chiudere le “attività non essenziali”, non posso non pensare alla mancanza di empatia e di sensibilità che mostrano le persone che lo pensano, adducendo come motivazione il “bene comune” e la salute.
Cosa vuol dire “non essenziale”? Pensate ad un mondo senza musica, senza spettacoli, senza cinema, e vediamo se vi sembrerà ancora lo stesso mondo; parlate alle tante persone che lavorano per gli spettacoli dal vivo e vediamo cosa vi diranno su queste attività, per loro essenziali per poter vivere; pensate che vi tolgano lo stipendio sicuro che ogni mese giustamente riscuotete e forse riconsidererete il concetto di “non essenziale”.
Se prevedete dei congrui risarcimenti, e non delle elemosine, per ognuno dei lavoratori dei settori che reputate non necessari e di cui potete fare a meno, continuate pure a ritenere che sia giusto chiuderli o ridimensionarli. Altrimenti tacete. Purtroppo non si ragiona con chi ha paura e la paura va rispettata. Ma, a maggior ragione, si deve anche rispettare un semplice ed elementare diritto: quello di vivere.
Stefano Burbi
Con due immagini della protesta dei lavoratori dello spettacolo in Piazza Duomo
e un video
NOTA: non sono vestiti di nero in segno di lutto, come ho letto in un articolo, ma perché il nero è l’unico colore ammesso nel teatro e nello spettacolo in genere: devi concentrarti unicamente su quello che stai facendo, sulla tua parte, sulla gestualità, sull’espressione, senza rischiare di essere distratto da colori fantasie luccichii.
Noi abbiamo cominciato ieri sera, rigorosamente in nero, ovviamente, e così:
1_stampare il proprio copione, evidenziare le proprie parti e custodirlo in una bustina/pinzarlo per evitare fogli volanti.
2_portare una penna e/o una matita personali
3_indossare la mascherina fino al raggiungimento della propria postazione (che sarà debitamente indicata). [in realtà qualcuno l’ha tenuta per tutta la serata, anche per leggere le parti; qualcuno l’ha abbassata, io l’ho messa in tasca]
4_indossare un maglione ed eventualmente un doppio calzino in quanto prevederemo 5 min di areazione tra un’ora e l’altra di lavoro
5_igienizzarsi le mani all’ingresso
6_portare una busta grande tipo quelle del supermercato che possa contenere TUTTI i vostri accessori che non dovrebbero entrare in contatto con quelli degli altri: la vostra giacca, la vostra borsa e le vostre scarpe (lavoreremo come sempre scalzi).
7_una volta rispettate tutte le restrizioni….RESPIRIAMO E GODIAMOCI LA VITA E IL POTERE RIGENERATORE DEL TEATRO e scordiamoci del mondo per 2 ore!!!
Se avete problemi con una qualsiasi di queste indicazioni fatemi sapere
io ho mascherine in abbondanza, penne e buste igienizzate e posso stampare qualche copione in più 🙂
E ora godetevi, sempre in tema di economia con cui eravamo partiti, ma anche in tema di grande rappresentazione, questa strepitosa Giorgia Meloni
e se vi resta ancora una briciola di tempo e di pazienza andate anche a leggere questo e a guardare questa, ancora gran bella donna, tra l’altro, a sessant’anni suonati.
barbara
Ovvero: il teatro al tempo del coronavirus. Dato che, bloccati a partire dalla fine di febbraio, non ci siamo potuti esibire in teatro con la cosa che avevamo appena iniziato a preparare, abbiamo ripiegato su una micro-rappresentazione via zoom. Eccola. Però vi suggerisco di andarla a guardare direttamente su youtube, dove potete vederla a grandezza naturale anziché ridotta come qui.
barbara
Io, la seconda persona più stonata del pianeta (fino al 1984 ero la prima, poi è salito alla ribalta Jovanotti che mi ha rubato la prima posizione) all’ultimo incontro del corso di teatro ho fatto questo (no, non il pezzo, solo il gorgheggio, che è comunque tanta roba) e, ancora più incredibile, non solo nessuno è svenuto dall’orrore, ma addirittura l’hanno riconosciuto.
La cosa bella del corso di teatro (teatro contemporaneo per la precisione, in cui più che con la voce si lavora con il corpo) è che mi fa sentire libera: libera di fare, di provare, di sperimentare, di mettermi in gioco senza inibizioni di sorta. Libera, anche, di non lasciarmi condizionare dai miei limiti. Nel video della nostra piccola rappresentazione che ho postato qualche giorno fa, si vede chiaramente la mia schiena deforme, totalmente priva sia di cifosi che di lordosi e di conseguenza (in conseguenza anche di questo) quasi completamente rigida. Con in più gli esiti di due fratture vertebrali (di cui una con avvallamento, che in sei settimane mi ha fatto perdere due centimetri di statura), tre ernie discali, due protrusioni, artrosi cervicale, artrosi lombare, alcune vertebre bloccate. Tutto questo comporta che molti movimenti li faccio in maniera estremamente goffa. E tuttavia li faccio senza provare il minimo imbarazzo, non solo nel gruppo, ma anche di fronte al pubblico. E le ginocchia distrutte dall’incidente che non mi permettono di inginocchiarmi rendono ancora più goffo il mio alzarmi da terra, il che non mi induce a cercare di limitare le situazioni in cui mi trovo seduta o sdraiata per terra. Davvero, non avrei potuto avere idea migliore di quella di iscrivermi a questo corso di teatro, l’anno scorso (grazie Stefano!)
barbara
NOTA 1: il video è stato fatto dal figlio di una compagna, che naturalmente, e comprensibilmente, si è preoccupato molto più di tenere inquadrata la mamma che di seguire l’insieme.
NOTA 2: manca l’inizio, che metto qui. La voce fuori campo dice:
All the world is a stage
All men and all women are PLAYERS PLAYERS PLAYERS PLAYERS
GIOCATORI, GIOCATORI, mi sentite?
Giocatori, prepararsi alla PARTITA
NOTA 3: abbiamo fatto due prove in tutto, e nessuna sul posto prima di andare in scena, con una spazio molto diverso da quello in cui teniamo il corso.
NOTA 4: io avevo (ho) il menisco rotto.
barbara
l’insegnante-regista annuncia:
“Fra tre settimane andiamo in scena”
“???????????? E cosa facciamo?”
“Ve lo dico la settimana prossima”.
Vabbè, stasera ce lo ha detto. Bello. Lo abbiamo provato e lo proveremo ancora la settimana prossima e poi via in scena.
La vostra attrice preferita
barbara
Sarebbe questa signora qui
Di quella barzelletta di Potere al popolo si è parlato qui. Ora, questa signora, autrice di varie robe e, mi si dice, anche vincitrice di premi, è autrice anche del testo che la nostra insegnante al corso di teatro ha scelto per la rappresentazione finale. Si tratta di una delle numerose rivisitazioni del mito di Orfeo ed Euridice (che lei inverte: Euridice e Orfeo, allo scopo dichiarato di evitare la “d” eufonica, cosa che approvo incondizionatamente). La sua interpretazione è interessante: Orfeo, al momento dell’uscita, non si gira a guardarla per curiosità, per diffidenza o altro del genere: si gira perché è lei a imporgli di farlo. Perché lui non l’ha mai veramente guardata, e questa, ora, è la sua punizione: sarà obbligato a guardarla e poi perderla per sempre.
Peccato che il libro sia un autentico stupro con scasso della lingua italiana: congiuntivi sbagliati, preposizioni sbagliate, avverbi sbagliati, tempi dei verbi sbagliati, lessico approssimativo e non di rado improprio, frasi sgangherate come “mi trascinavi nell’acqua e io ti dicevo no, che no”, per non parlare del terrificante “le pèrdono perché ce le hanno”; frasi del tutto prive di senso come “se sei poeta, tu, guarda” in cui non si capisce bene il nesso fra le due cose – più o meno come quella tizia che scriveva cazzate senza senso andando a capo prima della fine della riga e per questa ragione si è bizzarramente convinta di essere una poetessa, Alda Merini dico, che quando le sue figlie dicevano cose che non le piacevano le rimproverava “Si parla così a una poetessa?”: non a una mamma, a una poetessa, e non si capisce cosa diavolo c’entri. O quest’altra ancora più scema: “Eros agisce così: rende tollerabile agli uomini l’assenza”. Cioè: se non ti amassi la tua assenza mi farebbe impazzire, ma siccome ti amo alla follia allora posso vivere benissimo anche senza di te. Del resto tutta l’opera è altamente segnata dalla schizofrenia: lei che rievoca, e ci guardavamo l’anello che scintilla e abbiamo giocato insieme e abbiamo fatto l’amore sulla riva del mare, il tuo corpo sul mio corpo, il tuo ventre dentro il mio ventre… e un attimo dopo e tu non mi guardavi e perché non mi guardavi e cos’è che guardavi gnègnègnè. Per non parlare della scena in cui lui la rievoca e la descrive, in ogni dettaglio, dove si metteva, come si metteva, che cosa faceva: l’immagine di un uomo molto innamorato, che guarda con occhi innamorati la sua donna cogliendone ogni sfumatura, e poi “guardavo me, non lei”. Vabbè. Nonostante tutto questo ciarpame, però, la nostra insegnante nonché regista è riuscita a ricavarne un lavoro ben fatto, corale, in cui siamo tutti sempre in scena e tutti con un ruolo attivo – fatti salvi i crampi allo stomaco per le sgangheratezze linguistiche. Nel mio pezzo individuale comunque ne ho eliminate due. Una l’ho imposta d’autorità (avrei dovuto dire “Come ho fatto a farmi pungere da una vipera?” perché le vipere, come ben sapete, non hanno i denti bensì il pungiglione); sull’altra, avendo constatato che le critiche non erano ben accette, e meno che mai approvate, non ho discusso: per tutte le prove ho detto la cosa sbagliata e poi l’ho finalmente corretta in scena. Che io sappia non sono state fatte registrazioni ufficiali, però sono in grado di fornirvi alcuni pezzi che ne coprono più di metà in una registrazione fatta col cellulare da in mezzo al pubblico, per cui la qualità è quello che è, ma insomma almeno potete avere un’idea.
—
Non preoccupatevi di quello che “vedete” all’inizio; a un minuto e dieci circa si torna a vedere.
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Grazie a Filomena Sanna per le riprese e a Cinzia Sanna per l’ospitalità.
barbara
Il nome l’ho scritto io, tutte le altre cose le hanno messe, una per ciascuno, i compagni del gruppo di teatro alla cena dell’altra domenica a casa della nostra maestra. Ingrandisco due dettagli affinché si possa leggere, perché ne vale la pena.
Le pieghe sul cartoncino sono venute fuori perché quando siamo usciti diluviava e io non avevo l’ombrello e ho dovuto tenerlo sotto la giacca. Però è bellissimo lo stesso.
barbara
alla fine della lezione di teatro.
barbara
ho interpretato Sylvia Plath morta e sepolta ai piedi di un fiore e di un albero e quando le radici dell’albero hanno accarezzato il mio corpo ho mormorato oh, finalmente vi accorgete di me e poi mi è scappata fuori una poderosa risata a pernacchia e ho rovinato tutto l’effetto drammatico.
Io sono verticale
Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un’aiuola
ultradipinta che susciti di meraviglia,
senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:
dell’uno la lunga vita, dell’altra mi manca l’audacia.
Stasera, all’infinitesimo lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo più perfetto –
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata è per me più naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e sarò utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.
Niente, sono una catastrofe (però è così bello divertirsi).
barbara