IL DESTINO CHE CI ASPETTA

Qualche riflessione meritevole di essere presa in considerazione.

Flavio Gastaldi

MARIO DRAGHI: CARNEFICE O VITTIMA DESIGNATA?

Pochi giorni fa ho letto e subito liquidato un articolo di Maurizio Belpietro che tratteggiava un Mario Draghi vittima di una trappola di Mattarella volta a fargli perdere credibilità così da togliergli ogni speranza di concorrere alla Presidenza della Repubblica tra un anno, lasciando allo stesso Mattarella il campo libero per la rielezione.
Forse sono stato troppo precipitoso nel liquidarlo, perché gli indizi in quella direzione stanno diventando numerosi.
Il primo, l’aver obbligato Draghi a zavorrare il suo Governo con i Ministri peggiori e più esposti del Governo precedente, senza che ve ne fosse una reale necessità tecnica o politica.
Il secondo quando uno di questi quattro Ministri, Speranza, ha emanato le nuove restrizioni senza un accordo comune del Consiglio dei Ministri, mettendo sotto scacco la Lega prima ancora che venga votata la fiducia a Draghi, e provocando un risentimento diffuso nel Paese.
Anche se Speranza non è una volpe, un simile errore politico non appare possibile, a meno di far parte di una strategia da altri consigliata e sostenuta.
Il terzo, quando il Corriere della Sera “commette un errore” e attribuisce al neo Ministro Brunetta una frase di fuoco relativa al rientro immediato dei dipendenti pubblici dallo smartworking, provocando ovviamente la reazione risentita di sindacati e partiti di sx, salvo poi scusarsi e ammettere che si trattava di una frase estrapolata da un discorso di giugno dello scorso anno, quando Brunetta non era ovviamente al Governo.
Insomma, la grande stampa che sotto Conte ammorbidiva ed addormentava tutto ciò che fosse responsabilità del Governo, ora sembra aizzare e ingigantire, un cambio di passo strano anche per le testate a guida Cairo.
Credo che sia da prestare attenzione a come l’establishment reagirà al Governo di Mario Draghi.
Le imboscate vengono meglio quando si fa credere che vi sia calma e spesso l’incenso è servito a mascherare l’odore del cianuro.
(Per questo post di Paolo Bardicchia devo ringraziare la mia amica Maryla Grandelis)

E con tutti i giochi sporchi che il figlio di Bernardo ha messo in atto da due anni a questa parte, la cosa appare tutt’altro che implausibile. Questo in realtà è un doppio gioco sporco: impedire a noi, per l’ennesima volta, di votare, facendoci arrivare ormai fuori tempo massimo, e impedire all’unico avversario temibile di fargli concorrenza per la rielezione. Ma ormai ci ha preso la mano, come quei giocolieri che cominciano con tre palle e una volta impratichitisi riescono a fare lo stesso gioco anche con quattro, cinque, sei, e addirittura con i piedi. Tra l’altro ho letto qualche ora fa sulla home page di wordpress un post in cui su questo governo si esprime un mare di dubbi e perplessità, con la certezza tuttavia che è necessario subirlo senza fare storie perché era l’unica cosa che Mattarella potesse fare per evitare la catastrofe delle elezioni che, stando ai sondaggi, consegnerebbero il Paese “a una destra forcaiola, xenofoba che diffusamente intrattiene rapporti da sempre opachi e grigi con il mondo degli affari e della finanza più disinvolta”, senza contare la prossima elezione del Presidente della Repubblica che non è possibile lasciare in mano a un parlamento a maggioranza destrorsa, ossia al male assoluto. Parafrasando lo storico “hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato pace”, possiamo dire che hanno assassinato la libertà e l’hanno chiamata democrazia.
Restando sostanzialmente in tema:

Paolo Bardicchia

INGABBIATI PER CONTO TERZI

(le notizie che non trovate nel Paese del CTS)
Questo venerdì, la Repubblica Ceca non ha rinnovato le chiusure imposte per il lockdown ed è tornata (brevemente) ad essere in una situazione quasi normale.
Brevemente, perché ha dovuto subire la reazione tedesca.
La Germania è in stretto lockdown e ha imposto non solo il divieto dei frontalieri cechi di andare a lavorare in Germania, ma addirittura il divieto di transito dei mezzi cechi sul territorio tedesco.
Chi avesse voluto andare dalla zona industriale di Plzen, in Austria, in Svizzera o in Italia, ad esempio, percorrendo circa 300km di autostrada tedesca, non avrebbe potuto farlo.
Una mossa capace di strangolare l’economia ceca, che è strettamente collegata a quella tedesca.
Il risultato è stato che, dopo 48 ore, la Cechia ha dovuto ripristinare le misure restrittive anti-Covid, pur non avendone bisogno.
La Germania sta mostrando un lato prepotente ed oscuro. Sono sempre più confermate le accuse al Governo tedesco di aver spinto gli scienziati a descrivere scenari apocalittici per giustificare le misure contro la libertà dei cittadini, sono ormai noti i centri di detenzione per chi rifiuta il vaccino e le norme che tolgono il diritto al lavoro a chi non intende vaccinarsi.
E’ da ascrivere sempre alla Germania, buona parte del fallimento europeo sui vaccini, l’aver prima imposto agli altri la politica comune sui vaccini e poi averla violata per proprio conto.
In un quadro simile, il nuovo blocco imposto dal famigerato ultimo decreto di Speranza, acquista una luce diversa.
Nell’Europa germanocentrica, tutti devono soffrire ed essere limitati tanto quanto i tedeschi.
Non dovrà essere possibile per altri europei di godere di maggiori libertà e tutele rispetto ai tedeschi.
In particolare, nessuna economia deve potersi riprendere prima e più velocemente di quella tedesca.
Draghi o non Draghi, il problema è quindi un altro e andrà prima o poi affrontato in modo razionale e continentale.
La sola cosa che serve all’Italia è una ripartenza dell’economia.
Per certo non ci serve un altro miope padrone.

Evidentemente dopo tre quarti di secolo la nostalgia si era fatta insopportabile, ed è tornata a occupare l’Europa instaurando il suo clima di terrore. Perché certi lupi, oltre a non perdere il vizio, non perdono neanche il pelo.

barbara

FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, PARTE PRIMA

Immaginiamo per esempio

Immaginiamo per esempio che qualcuno decida di verificare quanti alunni con difficoltà di apprendimento sono presenti nella scuola italiana. Si mette a punto un test e si parte con la verifica, una classe al giorno. E ogni giorno risultano uno o due alunni con un qualche tipo di difficoltà. Ad un certo momento ci si rende conto che di questo passo non si finirà mai, e si passa a fare 10 classi al giorno, e gli studenti con difficoltà diventano 10-20. Poi si passa a 100 classi, con 100-200 casi. Mille classi al giorno, e i giornali titolano: ogni giorno da mille a duemila ritardati in più nelle scuole italiane”. Trascurando il fatto che non sono in più, sono solo stati rilevati dalla verifica del giorno. E non sono aumentati gli alunni col problema: sono aumentate le verifiche. E soprattutto non sono ritardati, hanno solo qualche problema, per esempio uno ha scarsa capacità di memorizzazione, un altro è un po’ negato per la matematica e così via.

Questo modo di procedere può dare un’idea di uno degli imbrogli (uno dei tanti) a cui stiamo quotidianamente assistendo nell’osceno circo covidiano. E se si volesse la prova inoppugnabile di quanto stiano barando, la possiamo trovare proprio nelle discoteche e affini, festeggiamenti del Napoli compresi, feste dell’Unità comprese,

con affollamenti, ammucchiamenti, avvitamenti avvoltolamenti limonamenti vari misti. A parte il gioco sporco che più sporco non si può di autorizzare ad aprire le discoteche e poi chiamare idioti e incoscienti quelli che ci vanno, cioè praticamente così


… ma siamo statti tuti cativi e Giuseppi ci punira (rubato qui)

(che se davvero i nostri illuminati governanti pensano che ammucchiarsi in una discoteca sia fonte di pericolosissimo contagio, non sarebbero da sbattere in galera tutti dal primo all’ultimo e buttare via la chiave per procurata epidemia per averne autorizzato l’apertura?), a parte questo, dicevo, se i ragionamenti catastrofisti avessero un miliardesimo di microgrammo di fondamento, a quest’ora, a fronte di centomila tamponi al giorno, dovremmo avere ogni giorno decine di migliaia di nuovi positivi, migliaia di nuovi malati, centinaia di nuovi pazienti in terapia intensiva e, minimo, decine di morti, mentre in realtà alla data del 29 agosto sono stati trovati poco più di un migliaio di positivi (NON nuovi positivi: semplicemente soggetti trovati positivi alla verifica, che NESSUNO SA quando e in quale circostanza siano diventati positivi), poco più di un migliaio di ricoverati con sintomi, un’ottantina in terapia intensiva (in tutto, non nuovi di oggi) e un morto. Che cosa significano questi numeri? Una cosa sola: che stiamo ormai raggiungendo la famosa immunità di gregge, che dovrebbe essere l’obiettivo da perseguire da parte di chiunque abbia a cuore la salute della popolazione. E qual è la cosa più ragionevole da fare in queste circostanze? Una sola: lasciare che il virus circoli e vada a procurare una benefica immunizzazione al maggior numero possibile di persone. Teniamo presente tra l’altro che ad alzare mostruosamente il numero dei “positivi”, c’è un’aberrazione esclusivamente italiana, ossia l’obbligo del doppio tampone negativo prima di dichiarare guarito il paziente, il quale, in virtù di questa assurdità, continua ad arricchire le tabelle dei positivi, e vengono costrette a mesi di reclusione persone perfettamente sane e assolutamente non contagiose, dato che la contagiosità si limita ai primi giorni (qui). Un’altra buffonata è quella dell’abbassamento dell’età dei contagiati. Ora, a inizio epidemia, a chi venivano fatti i tamponi? A quelli che venivano ricoverati in gravi condizioni. E chi è che veniva ricoverato in gravi condizioni? Al 90% vecchi. E, sorpresa sorpresa, la maggior parte dei “contagiati” erano vecchi. A chi vengono fatti i tamponi adesso? A quelli che tornano da viaggi e vacanze, a quelli che risultano essere stati in una discoteca in cui ha dichiarato di essere stato uno che è risultato positivo. E, sorpresa sorpresa, i “contagiati” di oggi sono nettamente più giovani di quelli di cinque mesi fa. La cosa di cui è davvero difficile capacitarsi è che ci sia gente che si beve come acqua fresca tutta questa montagna di puttanate, leggermente in contrasto con quello che affermano quelli che se ne intendono un pochino di più:

Un altro tormentone è quello della possibile mutazione: è mutato? Non è mutato? Come è mutato? Tutte domande prive di senso. Ogni virus si comporta in modo diverso, colpisce organi diversi, provoca effetti diversi, ma tutti hanno una cosa in comune: mutano praticamente a ogni singola replicazione. E in che modo mutino, ve lo faccio dire da Roberto Burioni, che sulle previsioni in merito all’epidemia, come tutti gli “esperti” che ci hanno perseguitato in tutti questi mesi, ha toppato alla grande, perché non è il suo campo, ma il virus sì, quello è proprio il suo campo specifico, e sa quello che dice.

Questo capitolo, tuttavia, ha lo scopo di spiegarvi l’intelligenza apparente dei virus, e adesso possiamo farlo, mettendo in evidenza una differenza fondamentale tra questi e le cellule umane. Le nostre cellule custodiscono gelosamente l’integrità e la sequenza del loro DNA. Quando una cellula si replica sdoppiandosi in due, anche il DNA deve essere replicato: da una singola molecola è indispensabile ottenerne due identiche. Questo processo viene portato avanti con grandissima cura da proteine che, mentre copiano la molecola del DNA, controllano momento per momento che questa replicazione sia corretta. Se si accorgono che c’è uno sbaglio, immediatamente lo correggono. I virus invece – soprattutto quando hanno un genoma fatto di RNA – sono immensamente più faciloni nel loro replicarsi. La maggior parte di loro si moltiplica molto velocemente e senza preoccuparsi troppo della fedeltà della replicazione. Mentre le cellule umane (e animali, e pure i batteri!) controllano che la replicazione sia corretta e se è sbagliata mettono le cose a posto, i virus no: replicano, e se c’è uno sbaglio pazienza. Gli scienziati chiamano questa attività di controllo «correzione delle bozze». Le cellule umane lo fanno, e la loro replicazione è quasi priva di errori; i virus non lo fanno, e sbagliano a più non posso. Qui arriva la parte più affascinante: riuscire a rendere un difetto, una debolezza, un errore la parte più efficace del proprio progetto. […] Trasformano i loro infiniti errori, dovuti alla sciatteria con la quale replicano il loro genoma, nella loro agghiacciante intelligenza. Ma come? Tutto sommato è molto semplice: la replicazione virale è la più diretta conferma delle teorie darwiniane, che si basano fondamentalmente sulla sopravvivenza del più adatto all’interno di un certo ambiente. Immaginiamo il virus della rabbia, ma in una fase iniziale della sua evoluzione, quella in cui ancora si replicava solo nelle ghiandole salivari senza causare altri effetti. A un certo punto, tra i mille errori fatti dal virus, una variante virale si è dimostrata capace di fare impazzire l’animale, rendendolo ferocissimo. Certo, questa variante è saltata fuori per caso, come infinite altre: la variante che rendeva l’animale buono, quella che lo rendeva assonnato, quella che lo rendeva affamato. Ma un animale buono, affamato, assonnato non diffonde il virus con maggiore efficienza: è il motivo per cui queste varianti si sono perse. Non hanno conferito al virus alcun vantaggio evolutivo. Al contrario la variante che ha reso il cane inferocito aveva un grande vantaggio: l’animale mordeva di più e quindi trasmetteva di più il virus. Questa variante, quindi, non solo non si è persa, ma è diventata dominante. Lo stesso vale per quella che impediva all’animale di deglutire facendo ristagnare saliva – e virus – nella sua bocca pronta al morso. La variante che faceva fare più pipì al cane, quella che gli faceva perdere il pelo, quella che gli annebbiava la vista si sono tutte perse nel nulla: anche in questo caso non conferivano alcun vantaggio. Al contrario quella che aumentava la quantità di virus si è conservata, perché gli consentiva di essere trasmesso meglio. Insomma, il virus è stupidissimo e fa miliardi di miliardi di errori, ma ha un vantaggio: il mondo esterno gli seleziona quelli che sono utili per la sua replicazione, e butta via gli altri. […] Gli errori inutili o dannosi vengono persi immediatamente, mentre quelli utili vanno avanti. […] Il virus che faceva morire di AIDS in tre mesi si è perso, mentre quello che ha lasciato i pazienti vivi, infettivi e apparentemente sani per alcuni anni è quello che ancora può contagiarci. […] Insomma, i virus sbagliano, sbagliano sempre. Ma siccome la natura seleziona per loro lo sbaglio più conveniente, alla fine fanno sempre la cosa giusta. (Roberto Burioni, Virus la grande sfida, Rizzoli, pp. 56-59)

In conclusione, dato che se muore l’ospite muore anche il virus, le varianti più aggressive si autoestinguono automaticamente perché non hanno modo di propagarsi, mentre si perpetuano le varianti più moderate, come il coronavirus che provoca il raffreddore: la legge di natura, fra tutte le mutazioni avvenute, ha selezionato quella che permette all’ospite non solo di vivere, ma anche di condurre una vita normale o quasi. E tutto dimostra che il coronavirus che provoca il covid-19 è sulla buona strada per arrivare a questo stadio. E siccome, con questa situazione, chiunque sia in grado di leggere i fatti e di conservare la propria lucidità mentale esige di essere lasciato in pace e tornare alla totale normalità, e questa è esattamente la cosa che lassù non piace proprio per niente, ecco che si gonfiano le cifre, si inventano morti inesistenti, si continua a pubblicare quella colossale pagliacciata del bollettino quotidiano di un’epidemia che esiste solo nei giochi sporchi di chi ci governa e nelle menti di chi ha introiettato il terrore e lo stato d’allerta permanente diffuso a piene mani dal regime e dalla stampa di regime, e vive come se ad ogni angolo di strada fosse in agguato il virus malefico, pronto a saltargli addosso.

Continua

barbara

IL DOPO DI CHI HA VISSUTO IL PRIMA

“Avevo 17 anni quando ci fu l’attentato; avevo solo qualche anno in più rispetto a molti dei bambini uccisi questo lunedì sera in un concerto di Ariana Grande a Manchester, in Inghilterra. Era il 1 giugno 2001 e decisi di uscire al Dolphinarium, una discoteca sulla spiaggia di Tel Aviv, con tre mie amiche: Liana, Oksana e Tanya. Andavamo in quella discoteca quasi ogni fine settimana. Era l’estate prima del servizio militare, e avevamo pensato di spenderlo insieme – ballare, andare in bicicletta, nuotare e abbronzarci.
Le ragazze potevano entrare gratuitamente nella discoteca prima di mezzanotte. E noi non avevamo soldi, quindi decidemmo di andarci presto. Comprammo una vodka a buon mercato da un negozio di alimentari e passammo un po’ di tempo sulla spiaggia, parlando e sorseggiando dalla bottiglia fino a quando, alle 11:30, non vedemmo una folla iniziare a raccogliersi fuori dalla porta della discoteca. Io e Tanya ci mettemmo in fila sul lato sinistro; Oksana e Liana si misero a destra in modo da poter entrare tutte più in fretta. Poi, alle 11.44, un attentatore suicida di Hamas si fece esplodere fuori dalla porta della discoteca”. A raccontare la sua storia sulle colonne del New York Times Tanya Weiz, una delle 132 persone ferite nell’attentato alla discoteca Dolphinarium di Tel Aviv nel 2001. Tra i 21 morti nell’attacco – 16 dei quali teenagers – c’era anche la sua amica Liana. L’attentato di Manchester, in cui sono morti molti giovanissimi, l’ha spinta a tornare a quei giorni e scrivere di come ci si sente a sopravvivere all’odio dei terroristi.
“Di colpo tutto è diventato muto – racconta Tanya Weiz – C’era sangue su di me. Ma non sentivo dolore e non sapevo di chi fosse quel sangue. Il mio unico pensiero era trovare il mio telefono per chiamare mia madre. La batteria si era staccata, e in qualche modo riuscii a rimetterla nel telefono. All’improvviso sentii freddo, molto freddo. Misi la mano sul collo e tre delle mie dita sprofondarono nella mia gola. Quattro palle di acciaio – come quelle che si trovano all’interno di un flipper – mi avevano perforato la carne. Fu allora che cominciò il panico”. Tanya riuscì a trascinarsi, strisciando sul suo stomaco, verso un alimentari. Attorno a lei urla, sirene e telecamere. “Sono rimasta in coma per sei giorni. La mia operazione durò 12 ore. Avevo indossato scarpe con la zeppa durante l’attacco e quei pochi centimetri mi salvarono la vita. Il metallo altrimenti avrebbe colpito il cervello”. Dall’ospedale, intubata e senza possibilità di parlare, la ragazza chiederà delle sue amiche: Oksana era sopravvissuta ma era rimasta gravemente ferita, Tanya era rimasta miracolosamente indenne. Liana era morta sul colpo. Ma questo a Weiz non fu detto subito, le dissero che aveva una gamba rotta. “Il fratello gemello di Liana veniva a visitarmi ogni giorno in ospedale, e io pensavo fosse strano. Perché venire da me invece che stare con sua sorella? Quando scoprii che Liana era morta, in quel momento la realtà mi colpì. Per me gli attacchi esplosivi era qualcosa che vedevi sui notiziari. Anche se sei in Israele non pensi che possa accadere a te. Ancora oggi lo vedo a pezzi, come un incubo”. Il recupero fu molto difficile, racconta. I medici le dissero che difficilmente avrebbe potuto nuovamente parlare. “Ma imparai di nuovo a parlare, a mangiare, passo dopo passo”. Una cosa che l’aiutò, furono le visite di altri sopravvissuti ad attentati come quello del Dolphinarium. Era l’epoca della seconda sanguinosa intifada, in cui i kamikaze palestinesi si facevano saltare in aria nelle strade d’Israele. “I terroristi cercano di paralizzarci con la paura e di renderci più deboli, ma con me hanno fatto il contrario. Sono diventata più gentile, più grata, più attenta ai più piccoli dettagli della vita e, sì, più resiliente”.
Tanya oggi vive in Canada e cerca di non pensare all’orrore di quel 1 giugno. “Ma non passa giorno che non ci pensi e ogni volta che sento di un attentato sui notiziari, la cosa mi sembra surreale: non posso credere di esserci passata. E adesso sono una delle persone sedute sul divano a guardare la notizia di quei bambini assassinati, questa volta dallo Stato islamico”. Poi un pensiero a chi dall’orrore di Manchester è uscito vivo. “So che ora non posso dire nulla che possa far star meglio i sopravvissuti all’attacco di Manchester – scrive Tanya – Il senso di colpa per me è iniziato il giorno dell’esplosione. incontrare la madre di Liana è particolarmente doloroso. La vedo che mi guarda e so che sta immaginando sua figlia alla mia età. Ma io direi ai sopravvissuti di rimanere forti e concentrarsi sul loro recupero. Dovete essere molto forti per recuperare”.

(Pagine ebraiche sheva, 28 maggio 2017)

Sono un po’ come i sopravvissuti ai campi di sterminio: loro sono usciti dall’inferno ma l’inferno, da loro, non uscirà mai più.

barbara

 

E A GIOCHI CONCLUSI

Credo si possa dire una cosa sola: hanno vinto loro. Hanno dimostrato che possono colpire quando vogliono, dove vogliono, come vogliono. Possono tenere in ostaggio un intero stato e possono produrre un numero di morti pari al quadrato dei propri. E se non è una vittoria questa, non so cos’altro possa reclamare tale nome.

barbara

TREMATE SIONISTI, TREMATE!

Questa non è una cosa recente: risale ai primi giorni della guerra, ma siccome allora altre notizie urgevano, è rimasta in lista d’attesa. Adesso che almeno un po’ si tira il fiato – non per molto, temo, e meno male che non è stato ceduto il Golan: ve lo immaginate ad avere l’ISIS dentro casa?! – è arrivato il momento di tirarla fuori.
Dovete dunque sapere che all’inizio della guerra Hamas ha avuto la bella pensata di fare un video per terrorizzare Israele. Un video con immagini terrificanti e canzone in doppia versione: in arabo per gratificare i gazani, e in ebraico (sì, insomma…) appunto per terrorizzare gli israeliani, che dice:

Su, fate attentati terroristici,
fateli tremare, provocate esplosioni terribili,
eliminate tutti i sionisti,
scuotete la sicurezza di Israele.
Ecc.

E una grande scritta rossa che di quando in quando lampeggia dicendo “Morte a Israele”.
Il problema, per gli israeliani, era capire il testo “ebraico”, dato che non solo sembra tradotto con un traduttore automatico, ma pronunciato per giunta da arabofoni, incapaci di pronunciare il suono “p”, che diventa “b”. Alla fine, comunque, a forza di lavorarci ne sono venuti a capo, ed ecco dunque il video in tutta la sua terrificante bellezza.

Dopodiché, arrivati a capirlo, che cosa hanno fatto? Lo hanno adottato, hanno preso a cantare la canzone dappertutto, a farla passare in continuazione alla radio, a ballarla in discoteca, insomma, è diventata la hit del momento e ne hanno fatto un loro video

che con l’aiuto delle infinite condivisioni sui social è immediatamente diventato virale. E qui trovate tutta la storia (chi se la cava male con l’inglese rimedierà con google translate, che è sempre meglio di niente), grazie a lui che me l’ha passata.

barbara

E DOPO UN ATTIMO DI TREGUA

Dopo il doveroso attimo di tregua (ogni tanto bisogna pur tirare il fiato) torniamo a calarci nella drammatica realtà dei nostri giorni: sto parlando della tragedia che si è consumata a Ginevra, per commentare la quale penso che la cosa migliore sia cedere la parola a Ugo Volli.

Finalmente siamo arrivati a Monaco
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,
ve lo avevo annunciato con un paio di settimane di anticipo per via dell’imprevisto intervento francese, ma stavolta, con la firma degli accordi di Ginevra, l’Impero americano è veramente morto. Dopo aver tentato di “guidare da dietro” la guerra alla Libia, col risultato che si è visto, la dissoluzione del paese in parti tribali e la reintroduzione della Shari’a; dopo essersi ritirato precocemente dall’Iraq, con un identico risultato e in più l’egemonia iraniana; dopo aver tentato di instaurare un regime islamista in Egitto e regalato alla concorrenza russa, ora l’Egitto tornato su una strada di laicità (non ditemi che c’entra la democrazia, perché le elezioni che hanno eletto Morsi erano chiaramente taroccate); dopo aver fatto giravolte infinite sulla Siria minacciando un intervento, poi riducendolo a “piccolissimo”, infine cedendo alla Russia, grande protettrice di Siria e Iran; adesso Obama cede su una politica trentennale di contenimento e lascia agli ayatollah mano libera in Medio Oriente.  Il risultato sarà un Iran economicamente ricco, senza più vincoli nel procurarsi le armi, in condizione di produrre la bomba atomica in tre settimane, per nulla pacificato nei confronti di Israele.
Un disastro: l’8 settembre americano. Tutti a casa, ma non la fine della guerra, bensì il suo inizio.
Quando cadono gli imperi, o si suicidano, come in questo caso, non succede un’idilliaca libertà generale, ma la legge della jungla. Tutti si armano (in questo caso tutti in Medio Oriente si forniranno di un armamento nucleare) e ciascuno combatte per sé.
Lasciatemi spiegare il punto fondamentale, che i giornali non hanno mai raccontato, tutti intenti a cantare le lodi della pace raggiunta, come facevano in Inghilterra nei confronti di Chamberlain che tornava da Monaco con un accordo in cui cedeva a Hitler la Cecoslovacchia.
Il punto è l’arricchimento dell’uranio. Dovete sapere che l’Uranio si presenta in natura in diversi isotopi, cioè sostanze che hanno le stesse proprietà chimiche, ma diversi comportamenti fisici. L’isotopo di peso atomico 238 è il 99% ed è fisicamente inerte. Quello di peso atomico 235 è radioattivo, cioè tende a spaccarsi spontaneamente emettendo neutroni ed energia.
Anche se è colpito da un neutrone, un atomo 235 si scinde. È dunque possibile un processo a catena, che dipende dalla massa del materiale e dalla percentuale di presenza dell’isotopo 235. Le centrali nucleari tradizionali funzionano con qualche tonnellata di uranio, in cui la presenza del 235 è arricchita al 2 o 3 %, “moderata” da acqua e grafite; dal 20% in poi vi sono le condizioni perché il processo diventi esplosivo, ma con l’arricchimento al 90% bastano 50 chilogrammi per una bomba atomica, che viene fatta brillare con dell’esplosivo tutto attorno che la fa implodere e concentrare abbastanza perché il processo porti all’esplosione nucleare che conosciamo.
Vedete che il processo di arricchimento è decisivo; esso si compie di solito con delle centrifughe che separano gli isotopi in base al loro peso. Dato che la separazione è proporzionale, la parte difficile è portare la concentrazione al 20%, l’arricchimento ulteriore è facile e veloce. Non vi sono praticamente  usi civili per l’uranio arricchito oltre il 3%.
L’Iran afferma il suo diritto ad arricchire l’uranio quanto vuole (il che significa armarsi di bombe atomiche). Il trattato gli impone di arrestare l’arricchimento, ma non di smantellare le sue 18.000 centrifughe, solo di fermarle.
Si è calcolato che rispetto alla massa di uranio arricchito che dichiara, bastano 3 settimane per avere la quantità di materiale fissile necessario per una bomba. Questo senza contare i siti clandestini che continuano a essere scoperti (e chissà quanti ce ne sono).
In sostanza le sanzioni vengono tolte in cambio di una sospensione ovviamente reversibile, alla soglia della bomba atomica, raggiungibile in pochissimo tempo una volta che la comunità internazionale abbia altro da fare. Un accordo di sospensione del genere fu fatto nel 2004 con la Corea del Nord, e dopo tre anni i coreani fecero esplodere la loro prima atomica. A modo loro, del resto, gli ayatollah sono onesti: sono passati appena un paio di giorni dacché il vero capo dell’Iran (che non è il bravo attore comico Rohani, ma la “guida suprema” che in tedesco si traduce Führer), ha detto che Israele è un “cane rabbioso” destinato a essere soppresso).
Chiaro, no, che cosa vogliono farsene del loro uranio arricchito? Pur di andarsene a casa, l’America di Obama ha fatto agli ayatollah un “incredibile regalo di Natale“, come ha detto Netanyahu e in sostanza ha certificato la propria uscita dal Medio Oriente, e con ciò la fine del “secolo americano”. Obama stesso aveva dichiarato questo programma all’Onu a settembre, con un discorso in cui annunciava al mondo il suo bye-bye. Senza essere complottisti e pensare che queste scelte derivino da un’appartenenza islamica su cui spesso si è parlato , è chiaro che vi è una base ideologica per lo smantellamento dell’Occidente (che da un secolo è il nome collettivo degli alleati dell’impero americano).
Di fine dell’impero parlano con soddisfazione da tempo gli intellettuali della sinistra americana e lo scenario è spesso stato analizzato nel dettaglio. Ora siamo arrivati alla sua certificazione ufficiale. Non rallegriamoci però noi europei. Perché la nostra pace durata quasi settant’anni è stata garantita dall’ombrello americano che per noi ha, per esempio, contenuto le pretese russe e ha reso impossibile una guerra fra gli alleati. Ora l’ombrello non c’è più e la pioggia farà presto a raggiungerci.
Da Sudest, dove l’aggressività islamica non si fermerà certo più alla lenta invasione degli immigrati; e da Est, dove la Russia è impaziente di riconquistare il suo impero continentale. A questa svolta è assai più preparato Israele, che sa da sempre di doversi difendere, di un’Europa che si sogna accogliente e disarmata.
Meno di un anno dopo gli accordi di Monaco, quando un trionfante Chamberlain fu acclamato per aver ceduto a Hitler, scoppiava la seconda guerra mondiale. Che il cielo non voglia che anche a noi sia riservata la stessa sorte. (Ugo Volli su Informazione Corretta; qui qualche altro importante dettaglio)

Il Patto di Monaco, di 75 anni fa, ha aperto la porta alla seconda guerra mondiale, che è costata oltre settanta milioni di morti. E non c’era, allora, la bomba atomica (la somma dei morti di Hiroshima e Nagasaki rappresenta lo 0,2% del totale dei morti a causa della guerra): il solo pensare alle possibili conseguenze di questa nuova capitolazione, mette i brividi (io, personalmente, sono terrorizzata). Sembra, per fortuna, che Israele non sia del tutto sola a fronteggiare l’apocalisse che si avvicina, ma questo non basta certo a farci dormire sonni tranquilli.

NB per i lettori: se per caso coltivaste la bizzarra idea che difendersi dall’annientamento sia un diritto, se per caso foste dell’assurda opinione che uno stato abbia il dovere di difendere i propri cittadini, se per caso foste così folli da pensare che sia giusto cercare di restare vivi, ebbene, signori, VOI SIETE NAZISTI, sappiàtelo (nei commenti alla fine del blogroll).
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barbara