PENSIERI E PAROLE

(perché voi di un campo di grano non ne sapete niente, e allora ve lo racconto io).
E cominciamo con l’ennesimo scandalo a corte.

“Boicottiamo la regina Elisabetta, è razzista”

Così la fondatrice di Black Lives Matter, Opal Tometi. Si occupasse di schiave nigeriane, anziché di far inginocchiare la regina 95enne che sta lì da quando Hitler bombardava Londra [e lei difendeva la civiltà dalla barbarie nazista facendo la camionista per l’esercito, a 18 anni]

La fondatrice di Black Lives Matter chiede il boicottaggio della famiglia reale dopo le accuse di razzismo alla casa reale da parte di Meghan Markle, che sostiene Black Lives Matter. La scrittrice e attivista Opal Tometi ha esortato a rivoltarsi e a cancellare la monarchia inglese perché non sosterrebbe le persone di colore.
Nessuna meraviglia. I fondatori di Black Lives Matter hanno ammesso di essere degli ideologi marxisti. Vi spiccano ex membri dei Weather Underground, un gruppo terroristico della sinistra radicale che, negli anni Sessanta, tentò di scatenare una rivoluzione comunista negli Stati Uniti. Black Lives Matter afferma di voler abolire la famiglia, la polizia, le prigioni, l’“eteronormatività” e il capitalismo. Per loro, i Windsor sono solo un altro simbolo del “suprematismo bianco”.
Tometi, nata in America da genitori nigeriani, dice di essersi ispirata per Black Lives Matter dalla storia della sua famiglia. Per servire davvero la causa della dignità, dell’antirazzismo e difendere le persone di colore potrebbe tornare a guardare a quel che accade in questi giorni in Nigeria, dove migliaia di donne e bambine vengono rapite. Sarebbe una causa ben più nobile e urgente della mascalzonata contro una regina che sta per compiere 95 anni e che sta lì da quando Hitler bombardava Londra, teneva discorsi alla radio e serviva come ausiliaria nell’esercito inglese, l’unico che tenne testa al nazismo fra le tante monarchie e paesi europei.
In alternativa, che ne diciamo di boicottare noi Black Lives Matter?
Giulio Meotti, qui.

Certo che se un’attricetta arrivista (il suo primo marito era un produttore) incontra un nazistoide,

non è molto facile che ne esca qualcosa di buono. Però guardate come piange poverina, incurante del trucco che si scioglie e cola giù da tutte le parti!

E a proposito di Black Lives Matter

Lorenzo Capellini Mion

Tampa, FLA

L’agente Jesse Madsen, che nella sua vita dedicata alla Nazione ha prestato servizio nel Corpo dei Marines, decorato in combattimento, e nella Guardia Nazionale della Florida oltre che in altre tre unità di polizia prima di raggiungere il dipartimento di polizia di Tampa, martedì mattina è morto gettandosi intenzionalmente sulla traiettoria di un veicolo fuori controllo, alla cui guida c’era un ragazzo alterato da droghe, per proteggere l’incolumità di altri automobilisti.
Nella sua onorata carriera Madsen aveva già vinto sette premi per aver salvato vite di persone di ogni etnia e colore.
Per me il giornale unico si guadagnerà un minimo di credibilità solo quando, oltre ad inginocchiarsi per dei criminali, si occuperà anche di storie come quelle dell’agente Jesse Madsen che lascia una moglie e tre figli, di 16, 12 e 10 anni.
Ora e per sempre: Blue Lives Matter

Ma queste cose è difficile che facciano notizia. Un po’ come per i palestinesi: se non sei terrorista e se non ti ammazza un israeliano vali meno di zero, e nessun giornale ti dedicherà mezza riga. A proposito: se a causa delle criminali politiche del nostro governo vi ritrovate con l’attività chiusa, zero entrate e una famiglia, oltre a voi stessi, da mantenere, e siete disperati e non sapete dove sbattere la testa, vi posso dare un buon suggerimento: andate in Israele e fate fuori un po’ di ebrei. E se avete tanti figli da mantenere, cercate di ammazzarne tanti:

Restando in America, vi ricordate quel detto secondo cui “Tu sai cento parole, il padrone ne sa mille: per questo il padrone è lui”? Ebbene sì, sapere tante parole è straordinariamente utile in politica:

E sempre a proposito di parole

Passiamo ora al nuovo proibizionismo.

Roma. Il clima è quello in cui il più celebre fumettista americano, Theodor Geisel, “Dr. Seuss”, scomparso nel 1991 e che ha venduto 650 milioni di copie di libri per l’infanzia, fra cui “Il Grinch”, è diventato infrequentabile. Sei libri del Dr. Seuss non verranno più stampati a causa di “immagini razziste” e sono stati ritirati dalle scuole della Virginia, dal portale di vendite eBay e dalla Chicago Public Library. Appena sei anni fa, Michelle Obama aveva portato uno dei libri del Dr. Seuss alla Casa Bianca, “The cat in the hat”. Oggi l”`Iliade”, “Le avventure di Huckleberry Finn”, “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee e “Uomini e topi” di John Steinbeck vengono ritirati da molte scuole, mentre “Tintin in Congo” di Hergé, scrive il New York Times, “è diventato praticamente introvabile negli Stati Uniti”. Allo stesso modo i libri di Richard Scarry, il prolifico autore e illustratore di libri per bambini che ha venduto 160 milioni di copie, sono stati “rivisti” per riflettere l’uguaglianza di genere. Così un orso poliziotto è diventato un orso femmina e una gatta che spinge un passeggino è diventata un gatto. Nel 2018 e nel 2019, la Toronto Public Library ha ricevuto numerose richieste di rimozione di libri. Come “Good Dog Carl and the Baby Elephant”, perché in esso “i bambini piccoli vengono lasciati incustoditi in uno zoo e interagiscono con animali selvatici, concetti obsoleti”. Volevano che il libro fosse rimosso dalla collezione dei bambini e che la biblioteca “distruggesse tutte le copie”. Racconta il National Post che “Peter Pan è stato rimosso dalla Toronto Public Library”. Il libro di J. M. Barrie è stato collocato in una sala speciale di lettura di titoli controversi, accusato di contenere “molti stereotipi grotteschi, scene di appropriazione culturale e dialoghi offensivi”. In Unione Sovietica avevano le “spezkhran”, i fondi speciali delle biblioteche. Libri con il timbro “per uso di servizio”. Lo slogan era: “Meglio vigilare troppo che poco”. Alla biblioteca di Leningrado, ogni libro aveva una, due o tre stellette a seconda del “rischio” che rappresentava. C’erano i romanzi di Balzac, George Sand, Emile Zola e Ibsen, perché “quasi tutti i personaggi dei suoi drammi danno vita a una dura protesta contro la struttura sociale”. Qualche giorno fa, sul New York Times, Pierre Nora, che in Francia ha diretto il Débat, ha attaccato così la cancel culture: “Alcuni di noi sono abbastanza vecchi da avere echi in testa di Goebbels che disse: `Quando sento la parola `cultura’, metto mano alla pistola”.
Giulio Meotti, qui.

E contro il proibizionismo ci resta un’unica difesa: il contrabbando:

E veniamo alla peste, che più che i polmoni dei pazienti sembrerebbe devastare i cervelli di chi governa e decide.

Stefano Burbi

Mi ha appena telefonato un mio amico fraterno che mi ha raccontato un episodio molto sintomatico dei tempi bizzarri che stiamo vivendo.
Ieri, a Verona, si è recato in un albergo dove alloggiava un suo amico per incontrarlo nella hall: è entrato, munito di mascherina ormai di ordinanza, si è sottoposto al rito della misurazione della febbre, superando brillantemente il test. Poi ha trovato ad attenderlo l’amico: i due si sono salutati e stavano per accomodarsi sul divano della sala per poter parlare, quando l’addetta alla reception, sia pure con modi cortesi, li ha invitati ad uscire dall’edificio, in quanto le disposizioni anticovid per la zona arancione, impedivano che un ospite si trattenesse all’interno dell’hotel con una persona proveniente dall’esterno.
I due, sorpresi, si sono dovuti adeguare, ma prima di andarsene, il mio amico ha chiesto: “Ma se io prendessi adesso una stanza in questo hotel, potrei restare? Non ci sarebbe più pericolo di Covid?’”
La ragazza, visibilmente imbarazzata, ha annuito.
Dal bizzarro mondo dell’anno uno d. C. (dopo Covid) è tutto.
E scommetto che ci sarà qualcuno che troverà queste regole perfino sensate…
Stefano Burbi

Certo, perché la prudenza non è mai troppa e la cosa migliore da fare è obbedire

anzi, come dice il motto, “Usi obbedir tacendo e tacendo morir”.

Purtroppo però, se il virus devasta il cervello dei governanti ed “esperti”, le scelte di questi ultimi devastano la vita, la salute e la psiche dei sudditi sani:

Boom di risse tra giovani a Parigi: il lockdown porta il disagio anche nei quartieri chic

L’esplosione della violenza tra i più giovani è legata, secondo molti esperti, all’effetto combinato delle restrizioni e del quasi azzeramento della vita sociale sotto pandemia. In Francia il coprifuoco è in vigore da ormai cinque mesi, situazione inedita dalla fine della seconda guerra mondiale. Appello del governo per trovare soluzioni

Soluzioni? Usare aeroplani militari per irrorare le città con sedativi nebulizzati, o smetterla con i lockdown. (qui)

Se poi guardiamo in questo grafico l’andamento della mortalità in cinque Paesi, di cui quattro con segregazione e uno no…

qui

E non si venga a parlare di diversa densità di popolazione: Stoccolma ha una densità maggiore di quella di Milano!

Ma forse la colpa in realtà non è del governo, bensì

Concludo con due note positive: una è che se alle prossime elezioni (2022, 2032, 2042, quello che sarà, ma insomma prima o poi dovranno pure arrivare, no?) voteremo tutti in massa Giorgia Meloni, succederà una cosa bellissima

L’altra è che il giudice di Berlino ha nominato un suo rappresentante a Reggio Emilia

Coronavirus, escono di casa con l’autocertificazione falsa. Il giudice: “Non è reato. Il Dpcm è illegittimo”

Il Tribunale di Reggio Emilia: un atto amministrativo non può limitare la libertà personale di movimento, è contrario alla Costituzione un obbligo generalizzato a restare nella propria abitazione. (qui)

E per finire, naturalmente

barbara

PER ME QUESTA È UNA DELLE PIÙ STREPITOSE

fiori
I fiori avvolti nella carta di giornale! (Se poi per caso fosse carta da fiori stampata a imitazione della carta di giornale, il suo creatore meriterebbe un Nobel per l’inventiva)

P.S. piccolissima nota a margine della pacifica manifestazione di ieri: quarantamila terroristi armati danno l’assalto ai confini con la manifesta e dichiarata intenzione di sfondarli, entrare nei villaggi più vicini (hanno ricevuto delle mappe per arrivarci senza sbagliare strada) e fare strage. L’esercito, difendendo i confini dall’azione di guerra in atto, ne uccidono circa 50: lo 0,125%. Fra i quali non una sola donna, non un solo bambino, nonostante questi vengano continuamente spinti in prima linea: e la chiamano strage, e la chiamano carneficina – ancora un paio di morti e la chiameranno Shoah.

barbara

MENTRE QUEGLI ALTRI SCELGONO LA MORTE

Sempre e comunque; qualunque sistema è buono per collezionare un morto in più. Questa, per esempio, è una fermata dell’autobus a Gush Etzion

(la ragazza centrata dall’auto è rimasta gravemente ferita; l’arabo alla guida è stato arrestato).
E questo non è tutto. Anzi, questo non è ancora niente. Quelle belve immonde in sembianze umane, dopo avere sterminato una famiglia a Itamar sgozzando nei loro letti padre, madre e tre bambini fra cui una neonata di tre mesi; dopo avere accolto nel villaggio gli assassini come eroi; dopo avere festeggiato per strada il felice successo dell’impresa; dopo tutto questo, ora stanno usando le immagini dei bambini macellati per spacciarli per bambini palestinesi assassinati dall’esercito israeliano.
Fogel
(clic per ingrandire)
E ora scusate, che devo andare a vomitare.

barbara

COME SAREBBE BELLO!

key-to-release
E invece…

Liberare assassini porta la pace

di Stefano Magni

Isaac Rotenberg era riuscito a sopravvivere ai nazisti. Deportato a Sobibor era riuscito a fuggire e a raggiungere la resistenza ebraiche che combatteva nelle foreste dell’Est europeo. Dopo aver corso pericoli mortali di ogni genere, dopo essere scampato al più intenso sterminio della storia, era finalmente “in salvo” in Israele, quando stava lavorando in un cantiere a Petah Tikvah, nel 1994, un anno dopo l’avvio del “processo di pace”. Proprio lì, a casa sua, è stato assassinato a colpi d’ascia da un palestinese, Hazem Kassem Shbair.
Un anziano signore in pensione, Moris Eisenstatt, nel 1994 stava leggendo un libro, seduto su una panchina di Kfar Saba, quando è stato assassinato a colpi d’ascia da un altro palestinese, militante del partito Fatah, Ibrahim Salam Ali. Israel Tenenbaum, lavoratore agricolo, di notte prestava servizio volontario (per arrotondare lo stipendio) come guardia notturna di hotel. Aveva 72 anni quando, nel 1993, l’anno di inizio del “processo di pace”, fu aggredito a colpi di spranga da un militante di Fatah, Salah Ibrahim Ahmad Mugdad. David Dadi e Haim Weizman stavano dormendo nell’appartamento di Weizman, quando due palestinesi, Abu Satta Ahmad Sa’id Aladdin e Abu Sita Talab Mahmad Ayman, hanno fatto irruzione a casa loro e li hanno assassinati entrambi. Per dimostrare ai compagni di lotta che li avevano realmente assassinati, i due palestinesi mozzarono le orecchie alle loro vittime e le portarono come trofeo e prova dell’avvenuto delitto.
Ian Sean Feinberg, 30enne, padre di tre figli, era un idealista: nel 1993, primo anno del “processo di pace”, lavorava e studiava su progetti di sviluppo economico dei territori palestinesi. Era a una riunione di lavoro a Gaza, quando Abdel Aal Sa’id Ouda Yusef lo uccise a colpi di pistola. Tutti questi uomini, cittadini israeliani che avevano solo la colpa di essere ebrei in Israele, non ritorneranno più in vita. In compenso, i loro assassini e molti altri, sono tornati in libertà.
Gli assassini di cui sopra sono infatti parte della lista dei 26 prigionieri palestinesi (definendoli così sembrerebbero quasi dei prigionieri politici, o di coscienza) scarcerati, in cambio di una vaga promessa. Neanche una promessa di pace, ma un impegno, ancora privo di garanzie, a “ricostruire fiducia”. Le vittime israeliane e i loro parenti ancora in vita non hanno diritto di parola.
L’unico ministro che si è opposto alla loro liberazione, Naftali Bennett, è accusato di essere un “fascista”. L’unica preoccupazione apparente dei media italiani pare essere la ripresa delle costruzioni di case negli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Una “provocazione” che, così alcuni dicono, sarebbe stata ottenuta come contropartita alla liberazione dei killer di Fatah. È “realpolitik”, pensa e dichiara il premier Benjamin Netanyahu. Vale la pena di liberare 26 omicidi per costruire quattro case in più? Non solo. C’è la speranza che la loro scarcerazione sia solo un primo passo di un nuovo “processo di pace”. Un po’ come quello degli anni ’90, durante il quale furono assassinate tutte le vittime dei killer di Arafat.

(L’Opinione, 1 novembre 2013)

E poi provate a immaginare

Immaginate per un momento che Baruch Goldstein, l’ebreo che uccise 29 palestinesi musulmani e ne ferì altri 125 alla Cava dei Patriarchi a Hebron nel 1994, non fosse stato ucciso dagli scampati ma catturato, processato, condannato e messo in una prigione palestinese.
Immaginate che Goldstein avesse commesso questo atto in quanto membro di una organizzazione affiliata al partito Likud del primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu.
Ora immaginate che Netanyahu dichiari che non ci potrà essere pace fino a quando Goldstein non venga liberato.
Immaginate poi che l’Autorità Palestinese decida di liberare Goldstein per far avanzare il processo di pace, e che migliaia di israeliani celebrino il suo ritorno in Israele, compreso il primo ministro Netanyahu.
Come reagirebbe il mondo? Immagino che Netanyahu sarebbe unanimemente condannato per la sua parte nell’assassinio dei fedeli palestinesi e per avere preteso la liberazione dell’assassino, gli israeliani sarebbero condannati per avere festeggiato il suo rilascio, e la nostra buona fede nel processo di pace sarebbe messa seriamente in dubbio.
Ora immaginate quest’altro scenario: Netanyahu in realtà è Mahmoud Abbas, gli israeliani sono i palestinesi, e Baruch Goldstein è decine di terroristi palestinesi imprigionati per l’assassinio di molti israeliani innocenti.
Ah no, questo non dovete immaginarlo: questo è successo.
Migliaia di palestinesi si sono radunati a Ramallah nelle prime ore di mercoledì mattina per salutare 21 prigionieri liberati dalla prigione israeliana nella West Bank come parte di un accordo per il proseguimento dei colloqui di pace israelo-palestinesi. Altri cinque palestinesi erano stati rilasciati prima a Gaza. Tutti e 26 erano condannati per omicidio, la maggior parte processati per crimini commessi prima degli accordi di Oslo del 1993.
Dalla folla si sono levate acclamazioni, molti portavano bandiere palestinesi e di Fatah, macchine fotografiche, AK-47 mentre gli uomini liberati venivano portati sulle spalle dai furgoni che li avevano portati dalla prigione di Ofer alla città palestinese. Sopra il frastuono si potevano udire spari celebrativi, fischi e grida di Allahu Akbar.
I prigionieri sono stati salutati di fronte al mausoleo di Yasser Arafat, nei pressi del quartier generale dell’Autorità Palestinese a Ramallah, da varie autorità palestinesi guidate dal presidente Mahmoud Abbas che li ha abbracciati e baciati uno per uno.
Rivolgendosi ai palestinesi riuniti, Abbas ha detto che non ci sarà alcun trattato di pace fino a quando ci saranno palestinesi dietro le sbarre in Israele, e che proseguirà nei suoi sforzi per liberare tutti i prigionieri dalle carceri israeliane.
Devo dire che non sto sentendo molte condanne per Abbas e il suo popolo.
Potete leggere altre informazioni sui terroristi rilasciati e sulle loro vittime – fra cui alcuni vecchi e un sopravvissuto all’Olocausto – qui. (fonte sconosciuta, traduzione mia)

barbara

LISTA

dei terroristi che questa settimana verranno rilasciati da Israele, con i relativi delitti e vittime, senza che si possa trovare una sola ragione al mondo per un simile efferato crimine perpetrato dal governo israeliano contro la propria popolazione, contro la legalità, contro la giustizia (poi venitemi a dire che non critico mai Israele!)

Terrorist Date of Arrest Charge(s) Names of Victim(s)
Fayez Mutawi al-Khur Nov-85 Murder, Attempted Murder Solomon AbuKassis, Menahem Dadon
Salah Ibrahim Ahmed Mugdad Jun-93 Murder Israel Tannenbaum
Samir Nayef al-Na’neesh Mar-89 Murder Binyamin Meisner
Yusef Abdel Hamid Irshaid Mar-93 Murder, Attempted Murder Nidal Rabo Ja’ab, Adnan Aj’ad Dib, Mofid   Can’an, Tawfik Jaradat, Ibrahim Said
Mustafa Othman al-Haj Jun-89 Murder Friedrich Rosenfeld
Salameh Abdallah Musleh Oct-93 Murder David Reuben
Atiyeh Salem Musa Mar-94 Murder Aizik Rotenberg (Holocaust survivor)
Salah Mahmoud Mukled Jul-93 Murder, Attempted Murder Joshua Deutsch
Mohamed Abdel Majid Sawalha Dec-90 Murder, Attempted Murder Baruch Heisler
Atef Izzat Sha’ath Mar-93 Accessory to Murder Simha Levi
Yusef Said al-Al Feb-94 Throwing a bomb, Accessory to Murder Ian Feinberg, Sami Ramadan
Midhat Fayez Barbakh Jan-94 Murder Moshe Becker
Ali Ibrahim al-Rai Apr-94 Murder Morris Eisenstadt
Mohamed Jaber Nashbat Sep-90 Accessory to Murder Amnon Pomerantz
Samir Hussein Murtaji Oct-93 Kidnapping, Manslaughter Samir al-Silawi, Khaled Malaceh, Nasser   Akilah, Ali al Zaabot
Hosni Faregh Sawalha Dec-90 Murder, Attempted Murder Baruch Heisler
Faraj Saleh al-Rimahi Jul-92 Murder Abraham Kinstler
Ala eddin Ahmed Abu Sitteh Jan-94 Murder David Daddi, Haim Weitzman
Ayman taleb Abu Sitteh Jan-94 Murder David Daddi, Haim Weitzman
Esmat Omar Mansour Oct-93 Accessory to Murder Haim Mizrachi
Khaled Mohamed Asakreh May-91 Murder Annie Lee
Nihad Yusef Jundiyeh Jul-89 Murder Zalman Schlein
Mohamed Mahmoud Hamdiyeh Jul-89 Murder Zalman Schlein
Jamil Abdel Wahab Natsheh Dec-92 Accessory to Murder Shmuel Gersh
Taher Mohamed Zaboud Feb-93 Murder Abraham Cohen
Sabih Abed Hammed Borhan Feb-01 Murder Jamil Muhamad Naim Sabih, Aisha Abdullah   Kharadin

Come dite? È un “gesto di buona volontà”? Ah, sì, capisco. Come quelli del 2012, per esempio
infographic2
(tabella e immagine rubate qui, e poi qui c’è qualcos’altro che dovete assolutamente leggere)
Quos vult perdere Jupiter…

barbara