
L’insopportabile peso di essere Joe Biden…
L’umiliante fuga dell’America dall’Afghanistan ha mostrato un Joe Biden confuso e incapace, nella migliore delle ipotesi. Ma ha anche, forse, mostrato qualcosa che è ancor più repellente: un uomo arrogante, emotivamente manipolatore e profondamente cinico.
Non sto pensando principalmente alla sorprendente, ininterrotta serie di false previsioni e promesse infrante di Biden, anche se ce ne sono molte. Ricordiamo che una presa di potere da parte dei Talebani fosse “altamente improbabile”, che “se ci sono cittadini americani rimasti, resteremo per farli uscire tutti”, o che gli afghani potevano stare sereni perché “staremo con voi proprio come voi siete stati con noi”.
Per quanto questi esempi e molti altri siano terribilmente orribili, rientrano nella gamma di affermazioni dei leader politici che sono tremendamente ironiche col senno di poi, ma che sembravano ragionevoli e più o meno plausibili quando vengono pronunciate. Questo perché rientrano in una bussola morale riconoscibile. Dovrebbero essere vere, e quindi si spera che lo siano.
Invece, sto pensando ai commenti che sono stati stranamente inappropriati anche quando Biden li ha fatti. Mark Schmitz, padre di Jared Schmitz, un marine americano ucciso da un kamikaze dell’ISIS-K all’aeroporto di Kabul il 26 agosto, ha rivelato che quando Joe Biden gli ha parlato alla Dover Air Force Base nel Delaware, il Comandante-in-capo ha parlato più di suo figlio, Beau, che del giovane i cui resti venivano portati fuori da un aereo militare parcheggiato sulla pista.
Perché Biden ha fatto questo?
La spiegazione caritatevole è che un Comandante-in-capo incapace ha immaginato che sarebbe stata una cosa empatica parlare di Beau Biden, un ufficiale della Guardia Nazionale che ha servito in Iraq e che è morto di cancro nel 2015. Forse Biden ha pensato che le sue parole avrebbero legato un padre di un militare in lutto ad un altro, anche se la morte di Beau non aveva nulla a che fare con il suo servizio nelle forze armate.
Ma c’è una possibilità molto più sgradevole. Vale a dire, il Comandante-in-capo si è rivolto di riflesso ad un periodo straziante della sua biografia per superare un evento imbarazzante in cui l’attenzione avrebbe dovuto essere concentrata sugli altri. In passato, Joe Biden ha ripetutamente citato la storia Beau Biden non per raggiungere il cuore di altre persone ma, piuttosto, per attirare l’attenzione e la simpatia su di sé.
Non sembra esserci fine alla volontà di Joe Biden di usare la memoria del figlio morto per un vantaggio politico. Come il Washington Post ha riportato un anno fa, per esempio, la memoria di Beau è stata messa in primo piano dal padre alla Convention Nazionale Democratica, dove Joe Biden doveva accettare la nomina presidenziale offertagli dal partito. C’era un sostanziale video tributo a Beau Biden, Kamala Harris ha anche parlato a lungo di lui, e così ha fatto Pete Buttigieg (citandolo come un collega veterano). I delegati sono stati poi intrattenuti da degli spezzoni del discorso di introduzione di Beau Biden a suo padre alla DNC 2008 a Charlotte – “richiamato dall’oltretomba”, per così dire – per presentare nuovamente suo padre.
Come ogni genitore, di tanto in tanto ho immaginato una calamità familiare che coinvolgesse uno dei miei figli. Ho trasalito per la vergogna e mi sono rimproverato quando, come a volte accade, la mia mente ha vagato ai pensieri di come avrei raccontato la cosa alla gente e quali sarebbero state le loro reazioni. Come posso preoccuparmi, penso con sgomento, di questioni marginali di presentazione, apparenza e simpatia e non riuscire invece a rimanere concentrato sull’orrore sostanziale di qualcosa di terribile che è accaduto a mio figlio o a una delle mie figlie?
Joe Biden enfatizza ripetutamente proprio ciò che la decenza suggerirebbe essere una cosa troppo profonda per essere usata per scopi estranei ed effimeri. Esalta le tragedie della sua famiglia, che sono incontrovertibilmente reali e terribili. Lo fa per guadagnare affetto. Per enfatizzare il suo atteggiamento di uomo del popolo, che porta un pesante fardello di tristezza. Il ricordo di Beau Biden è citato anno dopo anno dopo anno. È diventato ormai un riflesso, e come ogni cosa che riflette, il buon gusto e il buon senso spesso lo sconsigliano.
Sarebbe il caso di parlare con padri e madri caduti in lutto di recente, i cui figli e figlie sono stati uccisi nell’esecuzione sciagurata di una fuga sconsiderata dalle proprie responsabilità di “leader del mondo libero”. Quello è un momento in cui, qualunque sia il costo marginale, non si dovrebbe pensare al tornaconto politico.
La calamità della fuga dell’America dall’Afghanistan riguarda certamente Joe Biden. Ma quello che è successo a Dover riguardava il servizio individuale di uomini e donne che hanno dato la loro vita. Non riguardava l’uomo che ha lasciato che quelle vite venissero spezzate e che non poteva trattenersi dal guardare ripetutamente il suo orologio per vedere quanto ancora doveva sopportare.
Luca Maragna, qui.
Nel frattempo tutti questi gingilli sono ora puntati sulle nostre teste.

Nel frattempo l’America – e probabilmente non solo l’America – d’ora in poi sarà costantemente sotto ricatto grazie alle centinaia di cittadini americani lasciati in mano ai tagliagole.
Nel frattempo un numero imprecisato di terroristi si sono intrufolati, si stanno intrufolando, si intrufoleranno fra i profughi per venire a estendere e completare l’occupazione e l’islamizzazione del nostro territorio.
Nel frattempo c’è chi è riuscito a organizzare un volo per portare in salvo… 200 cani e gatti (Farthing si chiama il tizio, ma ho idea che ci sia un’acca di troppo). E pare che tutti stiano facendo salti di gioia per il successo dell’impresa. Restano indietro occidentali, collaboratori dei quali il signor Biden ha fornito ai talebani la lista con tanto di indirizzo e numero di telefono, e i cristiani, che per vent’anni avevano potuto tirare il fiato e ora riprenderà anche in Afghanistan il genocidio in corso in tutto il mondo islamico. Ma d’altra parte non si può avere tutto dalla vita, no?
barbara