LE DIECI MAPPE CHE SPIEGANO IL MONDO

Perché gli Stati Uniti dovevano per forza diventare una superpotenza mondiale? Perché la Cina occupa il Tibet e niente al mondo può indurla a lasciarlo andare? E perché sta invadendo i mercati dell’intero pianeta? Perché Putin è ossessionato dalla Crimea almeno quanto la Cina dal Tibet? Perché la Germania ha una “vocazione” guerrafondaia? Perché l’Europa non potrà mai essere veramente unita? Perché il Medio Oriente è una polveriera? Perché l’Europa del nord (vale anche per l’America) è decisamente più ricca di quella del sud? Forse perché i nordici sono laboriosi e i terroni fannulloni? O non ci sarà qualche altro motivo? Il motivo naturalmente c’è, e risiede nella geografia – come spiega, molto meglio di quello italiano, il titolo originale: Prisoners of Geography. Fiumi navigabili – ossia vie aperte al commercio – pianure, montagne, deserti, accesso al mare, confini naturali o artificiali, presenza o assenza di ricchezze nel sottosuolo… Sono tutti fattori che condizionano le scelte delle popolazioni, e l’economia, e la politica, e i comportamenti, e la mentalità che su tutto questo si sviluppa.
Senza la pretesa di proporre verità assolute, il libro aiuta però a capire le cause profonde alla base di molte scelte politiche e sociali. Senza voler giustificare i crimini, beninteso, ma comprendendo le ragioni che inducono uno stato a compierli e un altro no. E voglio proporre una breve citazione, che espone una verità che molti si rifiutano di vedere:

Un giorno ho portato un ambasciatore cinese a Londra a pranzo in un lussuoso ristorante francese nella speranza che mi ripetesse la citatissima risposta del primo ministro Chou En-lai alla domanda di Richard Nixon: «Qual è l’impatto della rivoluzione francese?» «È troppo presto per dirlo.» Purtroppo non sono stato accontentato, ma mi sono sorbito una lezioncina su come la piena imposizione di «quelli che voi chiamate diritti umani» porterebbe alla violenza di massa; e poi mi sono sentito domandare: «Perché pensate che i vostri valori funzionerebbero in una cultura che non conoscete?».

Ecco, questo è l’errore che si continua a commettere: valutare culture che non si conoscono con i criteri della propria. Immaginare che se gli regaliamo libertà e democrazia ci saranno infinitamente riconoscenti, ci adoreranno e diventeranno come noi. Sulle conseguenze di questo tragico errore continuiamo a battere il naso, e ancora non si riesce a mettere in testa a chi di dovere che il problema non è che non offriamo abbastanza: il problema è che continuiamo a offrire cose che al destinatario non interessano perché ad esse non attribuisce alcun valore. E quando si è nati sotto geografie diverse, è inevitabile che sia così. Prima si arriverà a capirlo, e meglio sarà per tutti.

Tim Marshall, Le 10 mappe che spiegano il mondo, Garzanti
10 mappe
barbara

LA CINA È VICINA. TROPPO VICINA

TRENTO – «Dobbiamo usare la speranza e la libertà per sconfiggere la paura, non solo per i tibetani ma per tutto il mondo». È il messaggio che Lobsang Sangay, il primo ministro del governo tibetano in esilio ha portato a Trento ieri durante la sua visita uffrciale in Trentino. Ad accoglierlo nel capoluogo il kalon tripa non ha frovato un’apertura al confronto. L’annuncio del «Dialogo sull’autonomia del Tibet, del quale è stato protagonista ieri alle 17 assieme ai docenti di diritto istituzionale comprato Roberto Toniatti e Jens Woelk è infatti comparso sul calendario appuntamenti del sito web di facoltà per poi essere rimosso dopo poco in quanto avrebbe potuto «pregiudicare un futuro progetto di gemellaggio dell’ateneo trentino con l’università cinese dello Zhejiang.

L’annuncio
A segnalare l’accaduto è il professore Toniatti che parla di un «oscuramento» volontario dell’annuncio, di un «bruttissimo precedente» e che chiede vengano porte delle scuse al primo ministro e alle istituzioni accademiche: «In un periodo in cui ci sono tanti timori di compressione dell’autonornia dell’università da parte della Provincia credo si sia sperimentato che l’autonomia dell’ateneo può essere compromessa anche dall’interno dell’università».
Secondo quanto ricostruito, alla base della decisione di rimuovere la menzione dell’appuntamento vi sarebbe un’indicazione della professoressa Carla Locatelli, pro rettore per le relazioni internazionali, la docente avrebbe infatti ritenuto l’annuncio dell’incontro avvenuto a Giurispruderza un’esposizione che avrebbe potuto «pregiudicare» il gemellaggio che lega l’ateneo con la Zhejiang University. «Mi è stato fatto notare che nemmeno il mio editoriale sull’argomento apparso sul Corriere del Trentino di ieri è stato incluso nella rassegna stampa dell’ateneo», aggiunge Toniatti.

ll dibattito
«A me non risulta l’avviso sia stato rimosso dal sito del dipartimento, ma mi sto occupando dello statulo e non di questa faccenda» interviene il rettore Bassi. «L’annuncio del convegno è apparso nella pagina degli eventi dell’ateneo, ma è stato rimosso come tutti gli avvenimenti la cui rilevanza non vale per tutto l’ateneo e spostato solo sulla pagina on line del dipartimento di Scienze Giuridiche – è la versione dell’Ufficio comunicazione dell’università -. L’articolo del professor Toniatti non è comparso in rassegna invece perché la selezione avviene per parole chiave segnalate, non presenti nello scritto». Secondo la versione ufficiale «non si può però parlare di censura perhé venerdì alle 14.22 è stata diramata una segnalazione dall’ufficio stampa d’ateneo per ricordare l’evento». Secondo Toniatti, però, l’annuncio «è ricomparso ieri mattina su ordine del direttore di dipartimento». Ieri i vertici di Giurisprudenza hanno discusso dell’accaduto nel corso di un consiglio di facoltà.

Kalon tripa
Anche Lobsang Sangay ha deciso di prendere posizione sull’accaduto che riflette l’influenza che a livello macroscopico ha la diplomazia cinese: «Ogni comunità o religione – afferma – decide come perseguire le proprie relazioni con la Cina. Capita che le realtà si comportino così se non vogliono brutte relazioni. In Trentino ci sono democrazia e libertà d’espressione, la sfida di ogni giorno è quella di mantenere l’autonomia e condividerla con altre popolazioni. Può darsi dunque che anche degli studenti cinesi arrivino in questa provincia per studiare e portino qualcosa di buono del Trentino in Cina». Il Kalon Tripa ricorda però che i meccanismi di censura o auto-censura innescano reazioni a cascata: «Se si ascolta una volta il governo cinese, un tale comportamento verrà chiesto altre dieci volte. La domanda a questo punto è: la democrazia e l’autonomia per cui il Trentino ha combattuto è preservata o meno?».

La politica
A differenza dell’ambito accaedemico, le istituzioni regionali non hanno mostrato timori nello sposare la causa tibetana: il kalon tripa è stato ricevuto in giornata dai governatori Lorenzo Dellai e Luis Durnwalder e dai presidenti del Consiglio Bruno Dorigatti e Mauro Minniti. «Sappiamo che questa è una fase delicata per il suo paese – ha affermato Dellai – e possiamo assicurarle che l’amicizia fra il Trentino e il popolo tibetano continuerà anche in futuro».«Il premier è consapevole che l’indipendenza per i tibetani è difficilmente raggiungibile; per tale ragione punta a ottenere l’autonomia per il proprio paese che consenta di mantenere vive la cultura, la storia e le tradizioni del popolo tibetano», sono le parole di Durnwalder. «La democrazia è come l’aria – ha detto Dorigatti -: ce ne dimentichiamo finché non ci viene tolta. L’aria che tira per l’autonomia trentina non è favorevole, questa visita del primo ministro tibetano ci rafforza però nella convinzione della sua importanza come strumento di governo».
Se Roberto Pinter ha auspicato «un cambiamento in Cina che permetta al Dalai Lama di raggiungere il suo popolo», Michele Nardelli (presidente del Forum trentino per la pace) ha dichiarato: «La realpolitik porta a mettere le relazioni umane in secondo piano rispetto all’economia, mi sembra insopportanite che questa cosa venga fatta valere anche per l’università che dovrebbe essere luogo dove si custodiscono la cultura, la libertà e la difesa dei diritti umani».

Marta Romagnoli © RIPRODUZIONE RISERVATA

L’articolo del professor Toniatti non è comparso in rassegna invece perché la selezione avviene per parole chiave segnalate, non presenti nello scritto
Basterebbe questa frase per condannarlo a settantacinque randellate sulle gengive.

barbara