COLPA DELL’OCCUPAZIONE?

“Il sionismo è la più madornale delle frodi, il magico specchietto per incantare le allodole umanitarie di tutto il mondo, il far finta di levarsi di mezzo, di lasciar tranquilli i popoli che per secoli hanno perturbato e sfruttato, dando a credere – e quanti vi hanno creduto! – che lo Stato ebraico risolverebbe l’affannoso problema ebraico su tutta la terra”. Chi ha scritto questa frase? Potrebbe essere la risposta del responsabile della rubrica delle lettere al direttore di un noto quotidiano? Oppure il testo di un pamphlet stampato da un movimento filoislamico? Potrebbe essere, almeno stando a quello che si legge in questi giorni di guerra mondiale in Siria, di guerriglia armata a Parigi e a Bruxelles, e di rinnovato terrorismo in Palestina e in Israele. Abbiamo già sentito le accuse a Israele, esplicite o implicite, dirette o indirette, di essere responsabile di quanto oggi accade in Europa e in Medio Oriente, e dunque di non essere un’entità giustificabile. Per esempio dalla signora ministro degli Esteri svedese. Ma anche in Italia da noti personaggi. A volte da parte dei sospetti abituali, a volte da parte di persone al di sopra di ogni sospetto. E invece il testo di cui sopra è stato pubblicato nel 1939-XVII da Paolo Orano, uno dei più efferati teorici e pratici dell’antisemitismo italiano, che coi suoi scritti ossessivi e la sua propaganda senza freni inibitori ha preceduto di molti anni, anzi di decenni, le leggi razziali e la soluzione finale. È per lo meno imbarazzante che molti dei temi e delle tesi che circolavano allora facciano parte ancora oggi impunemente della dialettica del discorso di delegittimazione del progetto israeliano e di quanti lo sostengono.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme (26 novembre 2015)

Dai, su, raccontatemela ancora la storiella che se il mondo ce l’ha con il sionismo e con Israele è per via dell’occupazione (in effetti no, lo Stato ebraico non risolve “l’affannoso problema ebraico”, ossia l’antisemitismo, perché l’antisemitismo è problema degli antisemiti, e nessuno lo può risolvere al posto loro).
Tolosa
barbara

ASSALTO ALLA SINAGOGA

Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

l’altro giorno a Parigi è accaduto un episodio di estrema gravità, di cui i giornali italiani non hanno dato quasi notizia. Alla fine di una manifestazione di solidarietà ad Hamas, così “pacifica” che i manifestanti arabi hanno sfilato col volto coperto e portandosi dietro dei modelli in cartone dei razzi Qassam, imitando i grotteschi costumi delle parate terroriste, i manifestanti hanno dato l’assalto a due sinagoghe di Parigi . La polizia era all’inizio troppo poca per reagire (cinque contro duecento, a quanto pare) e l’urto violentissimo degli assalitori è stato retto da alcuni gruppi di autodifesa ebraici, al prezzo di alcuni feriti. Hanno così impedito una carneficina. Duecento persone sono state imprigionate in una sinagoga fino all’arrivo dei rinforzi di polizia che hanno disperso gli arabi. Trovate qui alcune foto e filmati della manifestazione. Vi prego di guardare queste immagini, perché assalti del genere a un luogo di culto non se ne vedevano più dai tempi del nazismo. E infatti spesso le manifestazioni filo-Hamas vedono fianco a fianco neonazisti e palestinisti .
Il governo francese ha reagito molto male a questa minaccia, affermando, per bocca di Hollande, che non tollererà che si importi in Francia il conflitto fra Israele e Hamas. Del resto è noto che Hollande deve la sua elezione ai voti degli immigrati, o almeno che gli arabi che hanno votato per lui sono di più della differenza che l’ha portato alla presidenza. Ora il punto non è affatto quello di importare un conflitto, ma della minaccia quotidiana che ormai da parecchio tempo gli immigrati arabi portano non solo contro la pace civile e la tranquillità pubblica, ma specificamente contro la vita degli ebrei. Ben prima dell’aggressione dei missili di Hamas al territorio israeliano di questi giorni e alla reazione israeliana, solo per citare i fatti principali, c’è stato il rapimento e la terribile uccisione di Ilan Halimi, sequestrato da una banda araba per chiederne il riscatto, poi torturato e bruciato vivo; la strage di Tolosa, dove un immigrato arabo sparò e uccise bambini delle scuole elementari e un loro maestro, solo perché ebreo; c’è stato l’attentato al museo ebraico di Bruxelles realizzato da un immigrato arabo con cittadinanza francese. Tutti costoro, bisogna purtroppo sottolinearlo perché si tratta della causa degli episodi criminali, erano arabi immigrati di prima o seconda generazione, fanatizzati all’islamismo.
Non è un caso che un deputato francese, Meyer Habib (UDI), abbia ieri dichiarato che teme la possibilità di nuovi episodi come quelli di Tolosa. E nemmeno è un caso che la comunità ebraica francese, la più vasta d’Europa, stia alimentando un’immigrazione in Israele che oggi è il quadruplo di due anni fa, pari solo a quella proveniente dall’Ucraina. L’assalto di Parigi  fa pensare che stiano tornando i tempi dell’antisemitismo aperto e violento, i pogrom, contro cui l’Europa sembra avere pochi strumenti di difesa, anche perché continua a nasconderselo.

Ugo Volli (qui)

Poi ti vengono a dire che sei tu il fissato paranoico allarmista islamofobo che grida al lupo e il lupo non c’è  (ah già, ma quello non è antisemitismo, è solo legittima critica eccetera eccetera).

barbara

TOLOSA, UN ANNO FA

Il mio cuore è spezzato…

Un anno fa, 19 marzo, più o meno a quest’ora del mattino, ero in auto. Stavo andando a Toulouse, alla sede del Crif (Conseil Représentatif des Institutions juives de France). Ricevetti una telefonata; mi dicevano che l’appuntamento era stato annullato per ragioni di sicurezza: “C’è stato un attentato. Ci sono morti”. Non avevo ancora ascoltato le notizie del mattino, non ne sapevo nulla. Tornando indietro, per tutto il tragitto continuai a chiedermi che cosa mai poteva  essere successo di così grave, in quella cittadina un po’ sonnolenta che è Toulouse.
Un algerino di 24 anni, Mohammed Merah, con una telecamera legata al corpo per essere sicuro di riprendere il suo massacro, arriva in scooter e spara sui bambini che stanno per entrare nella scuola ebraica “Ozar HaTorah” e sui loro genitori che li accompagnano.
Colpisce per primo Jonathan Sandler, 30 anni, rabbino e insegnante nella scuola.
Jonathan non riesce a proteggere i suoi due figli: Gabriel, tre anni e Aryeh 6 anni che, raggiunti dai proiettili, cadono al suo fianco. Merah entra nella corte della scuola; vede Myriam Monsonégo, otto anni, che tenta di fuggire. L’afferra per i capelli e le spara un colpo in testa. (continua)

E poi vai a vedere questo, questo e questo.
Tolosa
barbara

UN MESSAGGIO DI SPERANZA

dal fondo del dolore più disperato, un messaggio d’amore dalla vittima dell’odio più selvaggio.

Il messaggio di Eva Sandler

Il mio cuore è spezzato. Non riesco a parlare. Non c’è un modo per esprimere il dolore divorante che risulta dall’assassinio del mio caro marito, rav Jonathan, e dei nostri figli, Aryeh e Gavriel, e di Miriam Monsonego, figlia del preside della scuola Ozar Hatorah, rav Yaakov, e della sig.ra Monsonego.
Che nessuno debba più soffrire in questa maniera !
Siccome molti di voi, cari fratelli e sorelle in Francia e nel mondo, state chiedendo cosa potete fare per me, per mia figlia Liora e per le anime dei miei cari marito e figli, sento che, per quanto possa essere difficile, ho il dovere di rispondere alle vostre richieste.
La vita di mio marito era dedicata all’insegnamento della Torah. Ci siamo ritrasferiti al suo paese di nascita per aiutare la gioventù a scoprire la bellezza della Torah. Era un uomo veramente buono, affettuoso e altruista. Era sensibile a tutte le creature di D-o, sempre cercando il modo di trovare la bontà negli altri.
Lui ed io abbiamo allevato Aryeh e Gavriel nel vivere le vie della Torah. Chi avrebbe potuto sapere quanto brevemente avrebbero vissuto su questa terra, quanto breve sarebbe stato il tempo in cui sarei stata la loro madre?
Non so come io, i miei suoceri e la sorella di mio marito troveremo la consolazione e la forza per continuare, ma so che le vie di D-o sono buone e che Lui ci mostrerà la strada e ci darà la forza per andare avanti. So che le loro anime sante rimarranno con noi per sempre e se che molto presto arriverà il momento in cui ci riuniremo con la venuta del Mashiach.
Credo con tutto il cuore alle parole del verso “Dio ha dato, Dio ha preso; benedetto sia il nome di Dio”. Ringrazio Dio per il privilegio, quanto breve sia stato, di poter allevare i miei figli assieme al mio marito. Ora il Signore li vuole vicino a Lui.
A tutti coloro che desiderano portare consolazione alla nostra famiglia e compiacimento alle anime di coloro che ci hanno lasciato: Portiamo avanti la loro vita su questa terra.
Genitori, baciate i vostri figli. Dite loro quanto li amate e quanto è vicino al vostro cuore il desiderio che siano degli esempi viventi della Torah, impregnati del timore del Cielo e dell’amore per il prossimo.
Per favore, aumentate il vostro studio della Torah, da soli o con parenti e amici. Aiutate coloro che hanno difficoltà a studiare da soli.
Per favore, aumentate la luce nel mondo tramite l’accensione dei lumi di Shabbat questo e ogni venerdì sera. (Per favore, anticipate un po’ l’orario pubblicato per aumentare ancora i momenti di santità nel mondo).
Si avvicina la festa di Pesach. Per favore, invitate un’altra persona nelle vostre case per far sì che tutti abbiano un posto ad un Seder per celebrare la festa della nostra libertà.
Assieme al ricordo amaro delle difficoltà in Egitto tanti anni fa, raccontiamo ancora quanto “in ogni generazione si sono messi contro di noi per annientarci”. E tutti insieme annunceremo con voce alta e chiara: “Dio ci salva dalle loro mani”.
Lo spirito del popolo ebraico non può mai essere spento, il suo legame con la Torà e le mitzvòt non potrà mai essere distrutto.
Che sia la volontà di Dio e da questo momento in poi conosceremo solo la gioia.
Invio le mie sentite condoglianze alla famiglia Monsonego per la perdita della loro figlia Miriam, e prego per la guarigione di Aharon ben Leah, che è rimasto ferito durante l’attacco.
Vi ringrazio del vostro supporto e amore.

È per questo, esattamente per questo che dopo millenni di persecuzioni gli ebrei sono ancora qui.

barbara

E ORA

E ora che si sa la verità. Che è chiaro che dietro a quel casco nero e a quella motocicletta maledetta si nascondeva un ennesimo musulmano, la moralità del mondo mediatico si svegli. Si scuota dal proprio torpore, paura, ansia politically correct, di dare contro apertamente alla cultura, alla ricerca spasmodica della morte, dell’islam. Non è un mondo intero da condannare, da denunciare. È un mondo educativo da scoperchiare. Una civiltà che educa i propri figli all’amore per la morte degli infedeli, alla ricerca assoluta del male altrui, alla sete di sangue, al paradiso attraverso l’uccisione degli infedeli. Trovino il coraggio quei giornali, quei giornalisti, che hanno urlato a caratteri cubitali il sospetto neonazista per la strage di Tolosa, di diffondere  la verità. Che dietro all’ennesima strage sta l’ennesimo musulmano. Che analizzando statisticamente gli attentati nel mondo e i loro fautori e mandanti, la matrice comune ha sempre lo stesso nome. Estremismo islamico. Non sono cellule impazzite, sono persone imbottite. Di ideali contrari alla vita, alla democrazia, alla tolleranza. Colme di tritolo, di razzi, di mitragliatrici, fornite da chi vuole uccidere l’Occidente e i suoi valori. Il mondo mediatico ha di fronte a sé un’unica via di scampo. Ritornare allo scopo primario di ogni giornalista, raccontando la verità assoluta, senza schermi, parafrasi e finte tolleranze. Speriamo in un articolo in prima pagina, centrale, con tanto di foto e di didascalie ben chiare. Che racconti chi è, da chi è indottrinato e finanziato l’assassino di tre bambini e innocenti e di un padre la cui unica gravissima colpa è l’essere ebrei. Senza titoli giustificativi (voleva vendicare i bambini palestinesi uccisi. Ma sanno i giornalisti cosa succede in Palestina e Israele prima di dare per veritiera la campagna mediatica palestinese diretta da Hamas movimento terroristico al comando?) Speriamo fermamente in una verità pulita da fronzoli ingannatori (che definiscono il terrorista un salafita, una cellula impazzita). O sarà la fine della  libertà di parola e di stampa. Imbrigliata nella paura di parlare e denunciare assassini sparsi in tutto il mondo pronti a scagliarsi contro tutto ciò in cui una volta in Europa, in Italia,  si credeva davvero. 
Gheula Canarutto Nemni

Sicuramente tutti i giornali pubblicheranno al più presto questa lettera, ma in attesa dei tempi tecnici per la messa in stampa, intanto provvedo io.

E questa è la faccia dell’assassino.

barbara

DIALOGO CON GIULIO MEOTTI

Questo articolo è di un po’ più di due anni fa. L’avevo messo da parte perché ero certa che sarebbe arrivato il momento giusto per riproporlo. Ora il momento è arrivato.

Gerusalemme, la danza degli amputati

di Guido Ceronetti

CERONETTI: «Caro Giulio Meotti, si fanno libri di attualità politica in quantità insensata, e per fortuna, dopo l’immancabile Dibattito, il Buco Nero li risucchia e amen. Ma il tuo libro-inchiesta su «Le storie mai raccontate dei martiri d’Israele», i morti e i sopravvissuti del terrorismo islamo-palestinese, merita lunga vita e ritorni di attenzione: lo trovo un contributo importante, decisivo, alla verità, o non saremmo qui a parlarne, ad approfondirne un poco il rovente contenuto. Una verità appassionata che si fonda su eventi contemporanei dove ricompare un travolgente enigma metafisico: il destino di Israele. Un sangue su pavimenti e asfalti versato appena ieri, che il pensiero data plurimillenario, e teme di non poter escludere futuro. La danza di cui il tuo titolo parla è una danza di amputati.
«Dimmi come ti è nato questo libro di testimonianze».

MEOTTI: «Sei anni fa, mi trovavo a Haifa, per documentarmi, sulla seconda Intifada: Haifa, città tradizionalmente di reciproca tolleranza tra arabi ed ebrei… E quel giorno in un ristorante di proprietà palestinese una donna, alla fine del pasto, si alza e si fa esplodere, uccidendo venti persone, arabi ed ebrei. Di queste vittime sulla stampa estera non comparve nessuna descrizione – né un nome, né una storia. L’assassina suicida mirava a distruggere quel convivere pacifico degli uni e degli altri. Tra le famiglie massacrate ci fu anche il figlio, arabo, del proprietario. Compresi allora che dovevo raccontare la storia dei morti dimenticati di Israele.
«La mia inchiesta durò cinque anni: tratta di circa 1800 israeliani morti e di 10.000 feriti, una strage enorme, proporzionalmente agli abitanti di Israele, di cui nessuna delle molte guerre è costata tanto. Il libro parte dalla distruzione della squadra olimpica a Monaco nel 1972 e termina con la rievocazione delle Torri Gemelle e qualche storia dei meravigliosi shomrìm, i vigilantes, e altri impensati eroi che fermano i terroristi col loro corpo, sbriciolandosi con loro, salvando vite».

CERONETTI: «C’è da domandarsi: dopo, davvero, “Dio riconoscerà i suoi”? Delle giornate olimpiche del 1972 conservo un ricordo dei più vivi, le abbiamo vissute a Roma, mia moglie Erica, e io, con indicibile spasimo. Speravamo che Willy Brandt e la nuova Germania avrebbero compiuto il miracolo di salvare la squadra: rimandando l’attacco, la strage fu inevitabile. Resta l’immensa vergogna di non aver fermato i giochi. E qui non si può dimenticare l’articolo del giornale vaticano, compunto a raccomandare di continuare i giochi, altrimenti… pensa un po’!… i terroristi l’avrebbero avuta vinta… (Dicono che il papa Montini non si perdesse una gara). La teoria di non fermare tutto per non “far vincere i terroristi” prevalse facilmente: così il male ebbe la sua infame corona. Hai fatto il libro tutto da solo?
«E alle famiglie come ti presentavi? Come sei stato accolto?».

MEOTTI: «Sì, tutto da solo. Nessuno mi ha aiutato, eccetto, si capisce, i famigliari delle vittime. E dato il silenzio, l’apartheid intellettuale e politica che isola oggi Israele, tutti gli interrogati capivano l’importanza di un simile lavoro. Un giornalista non ebreo, di un paese dove prevale sulla stampa un’informazione più o meno sfavorevole allo Stato ebraico, era là per interrogarli umanamente, non per fini politici, sul loro dolore. I soli che hanno rifiutato la mia richiesta sono stati gli ultraortodossi, chiusi nel loro ghetto e nella loro estraneità all’Erez, in attesa di Qualcuno che sempre sta venendo e che non verrà. Anche i coloni oltranzisti, che hanno pagato un tributo di sangue altissimo, gente che non abbandona mai il fucile, perché il loro vivere è un perpetuo rischio, tutti mi hanno parlato… Così è nato questo libro, che non rifà la storia del conflitto, che cerca soltanto di raccontare il martirio ebraico, mezzo secolo dopo la fine della Shoah, negli ultimi anni del XX secolo e nel primo decennio del XXI…
«Spero che molti miei lettori siano toccati da fremiti e lacrime dov’è rievocata la strage degli otto giovani seminaristi della yeshivah di Merkaz Harav, la scuola dei talmudisti (le loro belle facce e i loro nomi, così vicini ai personaggi di un Isaac Singer, sono a p. 320)… Merkaz Harav, cuore spirituale della nazione, dov’è accesa giorno e notte, inestinguibile, la lampada della Torah… E se pensiamo che il terrorista autore dello scempio era un palestinese israeliano perfettamente integrato, che godeva di piena fiducia, che guidava gli scuolabus – ma nascondeva il seme dell’odio, la bramosia di un raccapricciante martirio… Nella scuola si festeggiava il mese lunare di Adar, l’avvicinarsi della primavera, quando irruppe quell’orrenda pianta del male…».

CERONETTI: «È vano darsi spiegazioni politiche: atti simili sono male-per-il-male. Hai fatto bene a non trascurare mai i nomi, le identità, le genealogie, il principium individuationis, perché il terrorismo vuole l’opposto: la perdita del volto, la distruzione della persona morale, lo spegnimento della nazione nei figli macellati, rendere “la Mano e il Nome” irriconoscibili… Così anche altrove: in ogni popolo preso di mira si vede l’azione di una volontà di annientare l’uomo. Ma in Israele anche da una dentiera sbriciolata sull’asfalto traggono la voce di un nome, come tu dici. Immagino però che la situazione psichiatrica sia delle più amare».

MEOTTI: «Dietro tanto amore per la vita e tante prove di coraggio senza limiti, c’è una società di anime morte: là, nelle pieghe dell’anima, è impressa la VU spaventosa di vittoria del terrorismo suicida. Andare in cerca di un bottone, di una traccia di tuo figlio, trovarli sotto la testa (che di solito rimane intatta) di chi ha compiuto il massacro, che cosa produrrà in un povero cervello umano? Il sonno naturale è utopistico, in Israele. A Sderot, nella Striscia, dove a centinaia sono caduti i missili di Hamas, ci sono generazioni invalide nell’anima, molti bambini in regressione psichica. Il piano terrorista mira a creare una società di questo tipo. Atlete amputate nelle gambe, giovani musicisti promettenti accecati; nelle città colpite un abitante su due ha disturbi psichici, i soldati stessi sono avvolti nelle depressioni, come reggere a una guerra che non ha fronti, che non ha fine?
«Ad Ashkelon ho parlato con una ginecologa, ferita da schegge di missile mentre era con una paziente. Una scheggia nella spina dorsale l’ha paralizzata per sempre. Se vai nelle case dei superstiti, dei feriti, dei mutilati, il martirologio di Israele lo tocchi con mano – là, un popolo invincibile confessa il suo smarrimento, la sua sfinitezza muta. Neppure la Shoah ha prodotto simili piaghe. E sempre quello sforzo intenso, spossante, per ricordare “quel che ti ha fatto Amalèk”. Il mondo che ormai apertamente detesta Israele ne ravviva, ne allarga le ferite. Perciò ho ritenuto necessario scrivere questo racconto sui morti d’Israele. Non sanno che farsene, loro, dei nostri coccodrilli!».

CERONETTI: «Permettimi di chiudere questa nostra intervista con un verso di Giorgio Seferis: “Dove c’è umanità c’è dolore. / Ma non è il fine dell’uomo / Essere solo dolore”».
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Giulio Meotti è autore del libro Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri d’Israele (ed. Lindau, pp. 353, € 24)

(La Stampa, 17 dicembre 2009)

La mano e il nome. Ricordiamoli, dunque, i nomi degli ultimi martiri:

Jonathan Sandler
Arieh Sandler
Gabriel Sandler
Myriam Monsonego

E ricordiamo i loro volti:

Martiri che a quanto pare, con l’evolversi delle indagini, sembrano proprio anch’essi vittime di quella “religione” di morte che ordina, nel proprio libro sacro, di sterminare tutti gli infedeli. Cominciando dagli ebrei.

barbara