COSA NE DITE DI UN GIRO IN UGANDA?

Vi va?

A small missions group traveled halfway across the world to deliver a sefer Torah to the Jewish community in the Putti village of Uganda. The group was supported by Rabbi Nasanya Zakon and Rabbi Avraham Bloomenstiel, and lead/ delivered by Dr. Isador Lieberman and Judah Epstein. The Group also delivered over 200 Kinder Kits which include a backpack filled with useful school supplies for the children of the village. The Mbale community has been in existence since the early 1900’s and did not have a torah of their own, but thanks to the work and preparation of the team, finding, restoring, and delivering the Torah, they now celebrate having the Torah in this small village. Please Get involved! Visit: http://www.puttivillage.org to stay updated and help Putti Village.

barbara

CHI VIENE PRIMA

nomi…

In vista della suddivisione della terra d’Israele, la Torah elenca i capifamiglia di ogni tribù, e per ognuno di loro mette il nome della famiglia, derivato dal nome del capofamiglia al quale viene aggiunta una “he” all’inizio ed una “yod” alla fine. Anche se grammaticalmente la cosa è necessaria (ad es. in italiano, da Levì abbiamo “i Leviti”, aggiungendo l’articolo, ossia la “he”, ed un suffisso di appartenenza), Rashì nota che la “he” e la “yod” fanno parte del Nome d D.o, cosa che giustifica il midràsh secondo il quale Ha-Qadòsh Barùkh Hu ha voluto associare loro il Suo Nome per testimoniarne la discendenza legittima.
Ma il Kelì Yaqàr nota un’apparente incongruenza: nel Nome di D.o la “yod” viene prima della “he”, mentre nei nomi delle famiglie è l’opposto!
La “yod” è parte della parola “ish”, uomo, mentre la “he” si ritrova in “ishà”, donna. Spiega il Kelì Yaqàr che nelle questioni inerenti la famiglia, e soprattutto la sua santità, la donna è più attenta dell’uomo; perciò è giusto che nei nomi delle famiglie la “he” preceda la “yod”.

Elia Richetti, rabbino (Moked, 13 luglio 2017)

Qualcuno è convinto che l’ebraismo sia una religione (cultura, organizzazione, sistema di vita…) straordinariamente maschilista: si sbaglia clamorosamente. Naturalmente ogni società è influenzata dall’ambiente in cui è inserita, e non è quindi difficile trovare ebrei maschilisti, e neanche società del passato maschiliste, ma l’ebraismo, così come è codificato nelle Scritture, ne è l’esatto contrario. Un esempio? La donna ha meno obblighi relativi alle preghiere, soprattutto per quelle legate a orari precisi (attenzione: ci sono preghiere che la donna non è tenuta a recitare, NON preghiere che le sia vietato recitare): in parte perché ha più impegni dell’uomo, ma in parte anche perché la preghiera serve a santificare, e la donna è già santa di suo. E chi avesse voglia di leggere con attenzione le Scritture, di esempi ne troverà in abbondanza.

barbara

HEBRON, PATRIMONIO PALESTINESE

storico, artistico, religioso eccetera eccetera, da mettere sotto la protezione dell’UNESCO in quanto sito in pericolo. Messo in pericolo da Israele, beninteso.

Hebron nella Bibbia

Esempi:
– Allora Abramo levò le sue tende e venne ad abitare alle querce di Mamre, che sono a Hebron; e là costruì un altare all’Eterno. (Genesi 13:18)
– E Sara morì a Kirjath-Arba, (che è Hebron), nel paese di Canaan; e Abrahamo entrò a far lutto per Sara e a piangerla. (Genesi 23:2)
– Poi Giacobbe venne da Isacco suo padre a Mamre, a Kirjath-Arba, (cioè Hebron), dove Abrahamo e Isacco avevano soggiornato. (Genesi 35:27)
– Allora Giosuè lo benedisse e diede Hebron in eredità a Caleb, figlio di Jefunneh. Per questo Hebron è rimasta proprietà di Caleb, figlio di Jefunneh, il Kenizeo, fino al giorno d’oggi, perché aveva pienamente seguito l’Eterno, il Dio d’Israele. (Giosuè 14:13-14)
– Davide condusse anche gli uomini che erano con lui, ognuno con la propria famiglia, e si stabilirono nelle città di Hebron. (2 Samuele 2:3)
– Il tempo che Davide regnò a Hebron sulla casa di Giuda fu di sette anni e sei mesi. (2 Samuele 2:11)
– In Hebron a Davide nacquero dei figli… Questi nacquero a Davide in Hebron. (2 Samuele 3:2,5)
– Allora tutte le tribù d’Israele vennero da Davide a Hebron e gli dissero: Ecco, noi siamo tue ossa e tua carne. Già in passato, quando Saul regnava su di noi, eri tu che guidavi e riconducevi Israele. L’Eterno ti ha detto: Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai principe sopra Israele. Così tutti gli anziani d’Israele vennero dal re a Hebron e il re Davide fece alleanza con loro a Hebron davanti all’Eterno, ed essi unsero Davide re sopra Israele. Davide aveva trent’anni quando cominciò a regnare e regnò quarant’anni. Hebron regnò su Giuda sette anni e sei mesi; e a Gerusalemme regnò trentatré anni su tutto Israele e Giuda. (2 Samuele 5:1-5)
– Allora tutto Israele si radunò presso Davide a Hebron e gli disse: Ecco noi siamo tue ossa e tua carne; … Così tutti gli anziani d’Israele vennero dal re a Hebron, e Davide fece alleanza con loro a Hebron davanti all’Eterno; quindi essi unsero Davide re sopra Israele, secondo la parola dell’Eterno pronunciata per mezzo di Samuele. (1 Cronache 11:1,3).

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Hebron nel Corano

Esempi:

 

 

Marcello Cicchese su http://www.ilvangelo-israele.it/

L’amico David Pacifici mi fa notare che in questa interessante carrellata di citazioni bibliche della città di Hebron manca quella che è forse la più importante di tutte: l’acquisto in contanti, da parte di Abramo, della Grotta di Machpelà per seppellirvi la moglie Sarah, come si può leggere qui.

Poi, già che ci siamo guardiamoci anche questo video

e leggiamo il solito, imprescindibile, Ugo Volli.
E prossimamente su questi schermi:
baccalà
barbara

PER CONCLUDERE IL DISCORSO SULLE RELIGIONI

La Bibbia messa ai margini e la crisi del cristianesimo

di Giuseppe Laras, Presidente del Tribunale Rabbinico del Centro Nord Italia

Siamo in guerra e prendiamo coscienza che siamo solo agli inizi. È la prima volta dai giorni di Adolf Hitler che le sinagoghe in Francia sono state chiuse di sabato. Tuttavia, è unicamente il tragico e spaventoso attentato al giornale Charlie Hebdo che ha scosso gli europei: i molti e continui attentati ai singoli ebrei e alle comunità ebraiche in tutta Europa in questi anni hanno turbato qualcuno, ma per quasi tutti si è trattato “solo” di ebrei. Parimenti non ci sono stati sgomento e allarme per il fatto che da anni ormai, giustamente, gli ebrei francesi abbandonino la “laica” Francia. Così accade in molti altri Paesi europei e il motivo è il medesimo, ovvero il dilagare del terrorismo di matrice islamista, con il suo carico di odio antisemita.
Molti intellettuali e politici sostengono che il problema non è l’Islàm, ma il terrorismo. È come dire che il cristianesimo non è l’antisemitismo o l’antigiudaismo. Certo! Tuttavia è innegabile che l’antisemitismo e l’antigiudaismo sono stati problemi profondi propri del cristianesimo (e non solo). La violenza e il fanatismo, la sottomissione religiosa e il terrore non esauriscono l’Islàm, ma sono un problema religioso che in qualche modo riguarda l’Islàm. L’autocritica dell’Islàm (assieme alla critica laica esterna) su questo punto sembra difettare.
Le religioni (anche se sono convinto -e con me Rosenzweig, Buber, Heschel, Bonhoeffer, Barth, Ratzinger e Martini- che ebraismo e cristianesimo siano anzitutto fedi e non soltanto religioni) possono essere causa di guerre, di violenze e nei loro insegnamenti albergare forze distruttive. Non è vero che è solo l’economia a causare guerre e barbarie: le religioni, al pari dell’ateismo e di un certo illuminismo, sono esperte in materia. Nel caso del cristianesimo si è spesso trattato di problemi interpretativi, con l’Islàm il problema dimora parzialmente nel testo sacro stesso (e inviterei al riguardo a studiare i libri di Bernard Lewis, Norman Stillman, Georges Bensoussan, Bat Ye’or).
Cristiani ed ebrei, secondo il Corano, sono presenti nei Paesi islamici in quanto dhimmi, popolazioni sottomesse, tollerate purché subalterne e paganti apposite tasse.
Cosa dobbiamo, sia a livello politico e giuridico sia a livello interreligioso, chiedere oggi ai più autorevoli teologi islamici nei Paesi europei e arabi, anche a fronte della massiccia presenza demografica di musulmani?
La prima domanda è la seguente: è possibile per l’Islàm, in ossequio al Corano e per necessità religiosa intima propria dei musulmani osservanti, e non solo perché richiesto dai governi occidentali o da ebrei e cristiani, accettare teologicamente, apprezzandolo, il concetto di cittadinanza politica, anziché quello di cittadinanza religiosa, confliggente quest’ultimo con i valori occidentali e pericoloso per le comunità cristiane ed ebraiche, che, in qualità di minoranze sarebbero esposte a intolleranze e arbitrio? Se sì, come diffondere questa interpretazione e come radicarla oggi in seno alle comunità islamiche? A questa domanda deve seguire necessariamente la “reciprocità” nei Paesi islamici della piena libertà di espressione, di stampa e di culto.
Questa domanda fondamentale, per ignoranza, ignavia e inettitudine, non è mai stata seriamente posta dai politici europei, che hanno responsabilità enormi, anche del sangue sinora versato.
C’è una seconda questione, che si intreccia alla prima e che chi è veramente interessato al dialogo non può eludere. Per l’Islàm, gli ebrei hanno alterato la Rivelazione divina e i cristiani hanno pratiche cultuali, oltre a condividere con i primi una Rivelazione alterata, dal sapore idolatrico. È possibile per l’Islàm, in ossequio al Corano e per necessità religiosa interiore dei musulmani osservanti, e non solo perché sollecitato da ebrei e cristiani, apprezzare positivamente, in una prospettiva teologica, ebrei e cristiani in relazione alle problematiche sollevate da questo assunto coranico? Questa seconda domanda fondamentale, per un’erronea comprensione del dialogo e del rispetto, nonché per un dilagante buonismo pressapochista, non viene mai posta, nemmeno dalle stesse autorità religiose cristiane ed ebraiche.
Premesso che ci sono centinaia di migliaia di singoli musulmani, persone degne e buone, realmente religiose, che a queste domande hanno già risposto personalmente con il rispetto per il prossimo e per la sua fede, con un certo pluralismo e con l’integrazione ricercata e praticata, tuttavia manca una reale, inequivocabile, onesta, autorevole e vincolante riflessione teologica islamica al riguardo.
È chiaro che se le risposte saranno per lo più negative, non sufficientemente autentiche o caratterizzate da silenzi e imbarazzi ci si troverà tutti di fronte a un immenso problema. E come tale dovrà essere assunto.
C’è una tentazione che può profilarsi, a diversi livelli, sia nel cristianesimo sia nella politica europea: quella di lasciar soli gli ebrei e lo Stato di Israele per facilitare una pace politica, culturale e religiosa con l’Islàm politico. Un accordo, per così dire, tra maggioranze, specie nell’ottica delle future proiezioni demografiche religiose europee e mediterranee. È una strategia fallimentare che i cristiani arabi provarono con il panarabismo e l’antisionismo. Gli esiti sono ben noti: dopo che quasi tutti i Paesi islamici si sono sbarazzati dei “loro” ebrei, si sono concentrati con violenze e massacri sulle ben nutrite minoranze cristiane. È una storia che si ripropone e che va dal genocidio armeno (cento anni fa), ai cristiani copti di Egitto, ai cristiani etiopi e nigeriani, sino a Mosul. E molti Paesi europei, un’intera “classe” di intellettuali e molti cristiani di Occidente hanno le mani grondanti del sangue dei cristiani di Oriente, dato che sono stati disposti a sacrificarli sugli altari del pacifismo, dell’opportunità politica, di un malinteso concetto di tolleranza, della cultura benpensante e radical chic, della “buona” coscienza. A fronte di silenzi, spesso pluridecennali, non ci sono politici innocenti o autorità religiose cristiane che su questo possano dormire serenamente.
La tentazione di abbandonare gli ebrei e Israele è già esistente nei ricorrenti episodi di boicottaggio europeo, sia a livello economico sia a livello culturale e universitario, dello Stato di Israele. Esiste nel silenzio imbarazzato o infastidito sui morti ebrei in Europa oggi. Con buona pace della Giornata della Memoria.
La Giornata della Memoria è stata purtroppo addomesticata con liturgie pubbliche e anestetizzata dalle cerimonie in Parlamento e al Quirinale. Le più alte cariche dello Stato dovrebbero annualmente andare a celebrarla a Fossoli, a Bolzano, a San Sabba o nel ghetto di Roma vittima del rastrellamento nazifascista, per far capire che è una realtà possibile, come tale ripetibile, e che si è verificata in Italia, con il plauso, la collaborazione, l’assenso e i silenzi di moltissimi –troppi- italiani. Organizzata come è attualmente, sembra riguardare un qualcosa lontano nel tempo, accaduto soltanto in Germania o in Polonia. Essa così risulta azzoppata, fraintesa e priva di potenzialità dinamiche per comprendere il presente e incidervi positivamente.
E l’ignavia e il diniego europeo sulle questioni presenti e sull’incapacità di affrontare politicamente e culturalmente le insidie legate alle derive dell’Islàm politico, consegnando così a razzisti e xenofobi le risoluzioni del problema, gettano ombre lunghe che rievocano i fantasmi del nazismo e, per gli ebrei, della persecuzione. L’incapacità di comprendere lo Stato di Israele in definitiva si risolve nel fatto che a una certa politica e a una certa cultura europea miope gli ebrei piacciono solo in quanto morti da piangere e ricordare e non come soggetti vivi con cui dialogare e confrontarsi, ovvero oggi, in primo luogo, Israele. Piangere i morti fa sentire nobili e democratici; dialogare con gli ebrei è segno di liberalità e cosmopolitismo; per lo Stato di Israele, se va bene, la linea guida è “…sì, ma!..”, nonostante sia proprio questo il luogo di rifugio per chi fugge da un’Europa evidentemente non più sicura.
La situazione culturale e politica occidentale, per cui non si riesce a comprendere ciò che accade e a chiamarlo per nome, è intrisa di ignoranza, superficialità, inettitudine e pressapochismo. La nostra contemporaneità ricorda tristemente il periodo sinistro tra le due guerre mondiali: una sorta di collasso sistemico. La crisi che viviamo –e in cui per lungo tempo continueremo a vivere- non è economica e demografica soltanto: è una crisi culturale e valoriale, legata alla crisi del cristianesimo e, in un certo senso, della conoscenza della Bibbia, il cardine dell’intera nostra cultura dal punto di vista urbanistico, artistico, musicale, letterario, filosofico, giuridico, politico e religioso. E proprio per questo la Bibbia non è presente nelle scuole. E questa la chiamano laicità!
È stato necessario un attore comico, indubbiamente molto bravo, per far di nuovo parlare, interessando, di Bibbia e del Decalogo: Benigni! Che débacle che sia stato necessario lui dopo duemila anni di cristianesimo e duemila e duecento anni di ebraismo in Italia! Evidentemente qualcosa non va; tuttavia pare che vescovi, pastori e rabbini dormano ancora sonni tranquilli.
L’erosione della conoscenza della Bibbia, non in quanto “tributo antiquario” ma piuttosto in quanto “forza creatrice e rigenerante”, è uno dei fatti più inquietanti e drammatici per il nostro futuro sia religioso, sia culturale nelle sue varie declinazioni, sia in termini economici e politici.
Erroneamente si ritiene che i diritti umani universali, quelli che con tanta fatica, sofferenza e milioni di morti siamo in parte riusciti a conquistare, derivino esclusivamente dal diritto greco e romano, da queste culture e dalle loro successive evoluzioni.
I diritti, per come li comprendiamo noi, devono essere valevoli sempre e per tutti, ed è proprio questo che li rende, in una certa misura, universali. Ebbene, in Grecia era “uguale”, e quindi investito di diritti, solo chi era maschio, libero, greco, adulto e non necessitato a lavorare per vivere, cosa altrimenti disdicevole.
È la Bibbia ebraica, la Torah, a rivoluzionare tutto ciò. È la Bibbia ebraica a introdurre nella civiltà umana la libertà quale DNA costitutivo dell’uomo e del creato, speculare alla libertà del Creatore (libertà e non sottomissione!). È la Bibbia ebraica a sostenere che il lavoro umano rende l’essere umano simile a Dio nel creare. È la Bibbia ebraica, a porre, con la straordinaria rivoluzione introdotta dallo Shabbat, un limite al lavoro, altrimenti deleterio, rendendo l’uomo simile a Dio anche nel riposare. È con lo Shabbat che vengono inventati i “diritti umani universali”, includendo uomini, donne, stranieri, schiavi e perfino animali. È con lo Shabbat e con i precetti biblici di aiuto ai poveri e di costruttiva solidarietà con i derelitti della società che trova fondamento la nostra idea di “welfare” e non da altre culture. È la Bibbia, sia ebraica sia cristiana, a ipotizzare in qualche modo una possibile divisione tra politica e religione.
Non pochi intellettuali, compresi non pochi pensatori credenti ebrei e cristiani, hanno creduto, erroneamente, che questi valori e che queste conquiste –oggi estremamente fragili e sotto attacco- fossero auto-evidenti e non derivanti da una storia ben precisa.
Aveva ragione C. M. Martini a dire che la Bibbia è il libro del futuro dell’Europa e dell’Occidente, ma non è stato ascoltato. Aveva ragione Benedetto XVI nella ben nota conferenza di Ratisbona, ma fu vittima del discredito mediatico e culturale. E la Bibbia è stata scritta da ebrei, per ebrei, in ebraico, e l’ebraismo ancora oggi sopravvive proprio grazie alla Bibbia. E, parimenti, credo, il cristianesimo.
Il riportare la Bibbia a fondamento della cultura e dell’etica è un impegno religioso possibile, dalla fecondità straordinaria, condivisibile tra ebrei e cristiani: un impegno di cui si avverte l’urgenza impellente e drammatica in questi anni di crisi, di confusione assordante, di efferata violenza e di grande mediocrità. Tale contributo religioso, culturale e morale, congiunto di ebrei e cristiani, oggi risulta quasi inedito ed estremamente necessario.
Tuttavia, oggi, come ebbe a dire giustamente il filosofo ebreo E. Fackenheim, senza il reale riferimento positivo e non ambiguo a Israele, non sarà né autentico né produttivo il dialogo tra ebrei e cristiani.
Infine, visti i tempi calamitosi in cui ci troviamo e troveremo ancora di più domani a vivere, invito tutte le persone coscienti e responsabili, sia ebree sia cristiane sia musulmane, come pure di altre religioni, a raccogliersi in preghiera invocando dall’alto l’impulso in ciascuno di noi ad agire ai fini del rispetto del prossimo e della pace, concetto e realtà quest’ultima troppo spesso ideologicamente abusata, estremamente difficile, ma, proprio per questo, da perseguirsi con perseveranza, lucidità e caparbia determinazione.

Questo articolo fa parte della categoria “condivido anche le virgole”. Poi, se ti restano ancora cinque minuti, vai a leggere anche questo.

barbara

LE ORIGINI DELL’ANTISEMITISMO LAICO

Da La realtà dell’orco, SilvanaDe Mari, ed Lindau uscita probabilmente giugno 2012

…“I negri sono esseri inferiori, e se non possono essere schiavi meglio siano uccisi” lo ha scritto Voltaire. Voltaire è un apostolo della più assoluta intolleranza. Ècrasez l’infàme, schiacciate l’infame è il suo grido di battaglia, l’ultima frase da lui pronunciata sul letto di morte è “Odio l’umanità”, di Gesù Cristo scrive “Odio quell’uomo”. La famosa frase “odio quello che dici, ma sono disposto a morire perché tu possa continuare a dirlo”, Voltaire non l’ha mai detta, né scritta, né avrebbe potuto: il suo urlo è schiacciate l’infame, e gli infami sono tutti coloro che non la pensano come lui. Gli è attribuita perché di Voltaire si è costruito un santino, una versione apocrifa e idealizzata: spesso le versioni attuali del Dizionario Filosofico sono amputate della parti più razziste e antisemite per non fargli fare brutta figura. Pur di schiacciare gli infami, lo stesso Voltaire raccomanda la menzogna quando utile per screditare gli avversari. Voltaire è un campione dell’odio: quello che odia più di tutto, sono gli Ebrei. Li odia per la loro fede millenaria, e, come Hitler, per essere la “causa” del cristianesimo. Lèon Poliakof, Storia dell’antisemitismo, ci parla del suo odio folle per gli ebrei, che è totale, genetico, senza speranza, condiviso anche da Immanuel Kant, da Hegel, da Montesquieau, e di come i semi della catastrofe finale siano tutti lì.


“È giusto che una specie così perversa (“gli Ebrei”) divori se stessa e che la terra venga purificata da questa razza” Voltaire.

Chiedete e vi sarà dato: tempo meno di due secoli arriverà un caporale austriaco a mettere in atto il progetto. E il mondo si riempirà di orchi, fin oltre l’orizzonte, più atroci e terribili di come Tolkien li ha descritti. Nemmeno le zanne di Alien, lo sguardo vuoto di Terminator riusciranno ad imitare l’orrore.

Voltaire e Kant mettono le basi dell’antisemitismo laico, ben più grave di quello religioso perché razziale, quindi senza speranza: mettono le basi del genocidio …

…Maggiore libertà, inclusa quella di fallire: nasce l’uomo del risentimento.

Il crollo della mortalità infantile rende molto numerosi i figli dei contadini, troppi per i campi paterni. Molti raggiungeranno le città e diventeranno altro.

L’uomo diventa padrone del proprio destino, quindi diventa padrone del proprio successo, ma anche del proprio fallimento. Capire la modernità è difficile. Riescono bene coloro che hanno alle proprie spalle un alto tasso di alfabetizzazione, un bel po’ di studi e un carattere poco incline alla paranoia. Per tutti gli altri la teoria del complotto è sempre a disposizione. Anche se la situazione oggettiva è migliorata infinitamente rispetto alle epoche precedenti, niente più grandi carestie, niente più grandi epidemie, (ma quanti hanno la percezione storica per comprenderlo?), l’uomo contemporaneo si sente sempre più in balia di forze oscure. Banche, assicurazioni, potere economico e finanziario costruiscono un’unica congiura. Chi in questo mondo difficile riesce, viene visto come il proprietario della realtà e quindi il colpevole di tutti i mali, ma non responsabile di tutto quello che invece funziona, per esempio la minore mortalità infantile. Uno dei numerosi e magnifici effetti benefici dell’Illuminismo, fenomeno ricco e complesso, sia chiaro, è stato il primo abbozzo di emancipazione delle donne. E poi, anche se gli illuministi li odiavano, i governi post illuministi, uno dopo l’altro, in Italia Carlo Alberto, hanno  emancipato  gli Ebrei, tolto le leggi che impedivano il libero accesso alle professioni liberali e al commercio. Ma, paradossalmente, mancando una cultura di amore per l’ebraismo, sia nella cristianità che nella laicità, si è rivelato un mezzo per aumentare l’odio. Grazie all’abolizione delle leggi discriminatorie, gli Ebrei dell’Europa occidentale hanno acquistato la libertà di progredire. Grazie alla formidabile potenza filologica data dall’ebraismo, dalla conoscenza dell’ebraico, dallo studio della Torà e del Talmud, cioè del Pentateuco e della sua analisi critica, gli ebrei ottengono risultati straordinari in tutti i campi della cultura, della scienza e della tecnologia, incluso il campo economico finanziario. Sia in campo laico che in campo religioso, questo scatena l’odio. La Chiesa, sempre più priva di potere, per la prima volta dopo secoli subisce attacchi fisici, fino al martirio. Grazie allo stato italiano qualche decennio dopo, perderà anche il territorio. Purtroppo gli uomini di chiesa non capiscono che questa è una fortuna, l’occasione per rifondare il cristianesimo. Cadono nella trappola abituale: rinnegare il cristianesimo, con la ferocia e l’odio, trovare un capro espiatorio: accusare gli ebrei di ogni male. Il cristianesimo sociale schiera il cristianesimo con i diseredati, ed è la parte alta, dall’altro le gerarchie cattoliche accusano gli ebrei di essere dietro a qualsiasi fenomeno che causi povertà e infelicità. Alcune importanti banche, non la maggioranza, sono ebraiche, ma è sufficiente un unico banchiere ebreo perché si scateni la teoria che tutti gli ebrei siano ricchi, che si muovano all’unisono, che controllino l’economia e siano quindi responsabili di tutto il male del mondo, ma di nessuna delle cose positive che stanno succedendo: quindi gli ebrei sono causa di tutto il dolore. Se si potessero eliminare, il dolore del mondo scomparirebbe. Questa teoria circola e alligna, viene spesso ripetuta anche su Civiltà Cattolica, la rivista dei Gesuiti. Nel 1840 ritorna l’accusa del sangue,  usata dalla Francia come strumento di  egemonia politica internazionale. Nel 1840 frate Tommaso da Calangianus, cappuccino sardo in Terra Santa, sparisce. Nella comunità cristiana di Damasco, all’epoca fortemente francesizzata,  si sparge la voce che possa esser stato vittima di un omicidio rituale da parte degli Ebrei. Il console francese conte Benoît de Ratti-Menton presiede personalmente – forte di un diritto di protezione della Francia nei confronti dei cappuccini – alle prime fasi dell’indagine.  Alcuni Ebrei imprigionati e torturati ‘confessano’:  uno muore sotto tortura. Poi ritrattano. Indagini e processi  e torture durano mesi, con i Francesi che sostengono trattarsi certamente di una uccisione rituale ebraica per bere il sangue  di un cristiano, e Austriaci e Inglesi che accusano  Francesi e Arabi di barbarie e di tortura di innocenti. Il  Papa sostiene in lettere a Metternich di non avere ‘neppure un’ombra di incertezza sulla verità di questa imputazione.’ 

Figlio della modernità, e della libertà dalle pastoie feudali, è l’uomo del risentimento. La modernità è difficile. Chi non la capisce, decide di esserne vittima. Un capro espiatorio è sempre presente. Dove eravamo tutti servi della gleba e qualcuno sosteneva che questa era la volontà di Dio, almeno c’era coerenza. Il re era il re perché Dio lo aveva voluto: sia fatta la sua volontà. Ora Dio è fuori dai giochi. Eravamo entrambi ciabattini: ora io sono sempre ciabattino e il mio vicino ha una fabbrica di scarpe con trenta operai. Come posso sopportarlo?…

…Il cristianesimo ha sempre odiato l’ebraismo. Questo odio è il suo vizio gravissimo, il  cancro con cui rinnega sé stesso, quello che può distruggerlo, ma per quanto questo odio fosse enorme il cristianesimo non ha mai sterminato il popolo ebraico. Lo ha trucidato, lo ha umiliato, lo ha sottoposto a sofferenze indicibili, ne ha ridotto il numero con massacri continui ma parziali. L’ordine di sterminio totale da attuare ovunque, includendo anche i bambini non è mai stato dato. Non sarebbe stato possibile: la legge di Mosè e di Cristo per quanto rinnegate dalla follia omicida antisemita ad un certo punto si facevano sentire e gli stermini restavano sempre parziali. Nell’antisemitismo laico le Legge non c’è più: lo sterminio può arrivare fino alla fine, fino all’ultimo neonato…

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Nel ringraziare l’amica Silvana De Mari per questa preziosa anteprima del suo prossimo libro, e in attesa di poterlo leggere tutto, approfittiamo di questo assaggio per cominciare a sfatare qualche mito, purtroppo fortemente radicato.

barbara