LE PERLE DI KABUL

Le perle di Biden 1

Le perle di Biden 2

Niram Ferretti

L’APPRENDISTA STREGONE

Il disastro della gestione Biden dell’uscita di scena americana dall’Afghanistan è sotto gli occhi di tutto il mondo. Uno scenario che fa sembrare un picnic la crisi degli ostaggi americani a Teheran nel 1979.
In Afghanistan, al momento, mentre i talebani stanno allargando il loro perimetro, ci sono tra i 10,000 e i 15,000 cittadini americani e al presente non esistono piani per evacuare quelli che sono rimasti fuori da Kabul.
Il Segretario alla Difesa, Llyod Austin ha dichiarato che, al momento, non c’è la possibilità di fare rientrare un ampio numero di persone. Come ha scritto Noah Rothman su Commentary Magazine:

“Abbiamo messo il destino di migliaia di americani e dei nostri alleati afgani nelle mani dei talebani. Dettano i termini e il ritmo delle nostre operazioni. Dipendiamo dai talebani per consentire a cittadini stranieri e afgani accreditati di accedere all’aeroporto internazionale di Hamid Karzai. Secondo quanto resta della presenza diplomatica americana a Kabul, ‘il governo degli Stati Uniti non può garantire un passaggio sicuro’ all’interno dell’aeroporto. Dipendiamo dalla beneficenza di una milizia teocratica che non ha dimostrato capacità di misericordia. E il governo degli Stati Uniti non ha intenzione di porre rimedio a questa condizione”.

Questo è lo scenario senza precedenti. Questa è la presidenza Biden, colui che avrebbe riportato l’America alla sua grandezza dopo gli anni “terribili” della presidenza Trump.

Le perle di John Kerry

Noi che amiamo Israele

L’ex primo ministro israeliano Netanyahu sull’Afghanistan:

“Nel 2013, sono stato contattato dall’allora Segretario di Stato americano John Kerry. Mi ha invitato per una visita segreta in Afghanistan per vedere come gli Stati Uniti avessero istituito una forza militare locale in grado di combattere da soli il terrorismo.
Il messaggio era chiaro: il “modello afgano” è il modello che gli Stati Uniti cercano di applicare anche alla causa palestinese.
Ho gentilmente rifiutato l’offerta e ho previsto che non appena gli Stati Uniti avessero lasciato l’Afghanistan tutto sarebbe crollato. Purtroppo è quello che è successo in questi giorni: un regime islamico estremista ha conquistato l’Afghanistan e lo trasformerà in uno stato terrorista che metterà in pericolo la pace mondiale.
Otterremo lo stesso risultato se, D-O non voglia, cederemo i territori contesi. I palestinesi non stabiliranno una Singapore. Stabiliranno uno stato terrorista in Giudea e Samaria, a breve distanza dall’aeroporto Ben Gurion, da Tel Aviv, da Kfar Saba e da Netanya. Abbiamo visto la stessa politica sbagliata nei confronti dell’Iran. La comunità internazionale si è imbarcata in un pericoloso accordo che avrebbe fornito all’Iran un arsenale di bombe nucleari destinato alla nostra distruzione.
La conclusione è chiara. Non possiamo fare affidamento alla comunita’ internazionale per garantire la nostra sicurezza, dobbiamo difenderci da qualsiasi minaccia da soli “.

E a me resta una curiosità: nei suoi settantasette anni di vita ci sarà una cosa, una, che sia riuscito ad azzeccare?

Le perle di Conte

E anche qui vale la domanda formulata sopra

Le perle di Di Maio

“Come può essere sicuro che non sarà abbandonato?” “Non sarà abbandonato” Neanche fosse andato a scuola da Mattia Santori.

Le perle del papa

Il vispo Tereso, che gran birichino,
giocava ridendo con il biliardino,
e tutto giulivo spingendo gli omini
gridava a distesa “Ho preso i pallini!”

Le perle della Germania

“Dopo che anche la Repubblica federale di Germania ha deciso di ritirare i suoi soldati dall’Afghanistan, il ministro degli Esteri tedesco è entrato in scena e ha impartito ai Talebani il seguente ordine del giorno: ‘I Talebani devono riconoscere che non ci sarà un ‘ritorno al 2001’”, commenta non poco sarcastico Henryk Broder, il columnist della Welt. “La fiduciosa società civile afghana ha atteso con impazienza questo consiglio”. Già a fine aprile, il ministro degli Esteri tedesco aveva avvertito i Talebani: “Ogni aiuto dipenderà dagli standard democratici”. Poco impressionati dalle minacce tedesche, i tagliagole afghani hanno iniziato la loro marcia verso Kabul, uccidendo donne, soldati, interpreti, giornalisti e poeti.
Giulio Meotti

Le perle della UE

Le perle di Emergency

E perché mai non dovrebbero esserci buone aspettative ora che sono tornati al potere i migliori amici di Emergency

Le perle di Letta

Giovanni Bernardini

ANIMALE RAZIONALE?

Enrico Letta ha pronta la soluzione: aiutare le ONG che operano in Afghanistan. In questo modo le migliaia, o decine di migliaia di sventurati che rischiano la pelle in quel disgraziato paese saranno salvi, o quasi. Il burka imposto alle donne sarà più leggero e mentre in Italia ci appassioneremo dibattendo sulla “parità di genere” in Afghanistan le adultere saranno lapidate con sassi meno duri e tutte donne avranno il diritto di uscire di casa anche una volta al mese, accompagnate dal marito o da un figlio, ovviamente. L’azione delle ONG che Letta vuole aiutare darà ottimi risultatati.

Intanto, lo comunica l’Ansa, il 16 agosto il signor Alberto Zanin, coordinatore medico di “emergency” a Kabul rassicurava il mondo. La situazione è tranquilla, affermava l’eroico difensore di donne e bambini. Certo, per “emergency” la situazione resterà “tranquilla”, c’è da scommetterci. Per tanti altri… un po’ meno. Ieri circa 35 persone sono state fatte fuori dagli angioletti talebani, quelli che “lasciano tranquille” le ONG. Manifestavano in piazza i furfanti. Un vero crimine!

Lo dico sinceramente: ogni volta che Letta parla mi chiedo se il vecchio Aristotele aveva ragione quando definiva l’uomo “animale razionale”.

Io, per la verità, oltre che sull’aggettivo, avrei da ridire anche sul sostantivo: più che un animale a me pare tanto un vegetale.

Le perle della Cina

Le perle della CNN

Emanuel Segre Amar

Vi ricorderete questa giornalista della CNN

che l’altro giorno diceva che “sembravano amichevoli”?

Ebbene oggi è stata avvicinata dai talebani che, con un semplice gesto della mano, le hanno “amichevolmente” (ovvio, no?) ordinato di coprirsi il volto,

poi hanno caricato due della sua scorta che è stata anche disarmata:

tra amici evidentemente le armi non servono, anche se uno se le tiene bene in evidenza, per far capire quale è l’aria che tira a Kabul.
Nell’ultima immagine i talebani all’aeroporto, ben equipaggiati (hanno trovato i magazzini dell’esercito afghano pieni di tutto) sparano sulla folla disperata ad altezza d’uomo.

Le perle di Twitter

Twitter, il gigante digitale su cui si svolge oggi buona parte della diplomazia occidentale, che dichiara che i Talebani potranno continuare a usare i social “fintanto che rispetteranno le regole”.
Giulio Meotti

E Donald Trump, evidentemente molto più pericoloso dei talebani, no.

Le perle dell’Unicef

l’Unicef, che si dice “abbastanza ottimista” che i Talebani rispetteranno il diritto all’istruzione delle donne.
Giulio Meotti

Lei un po’ meno, sembrerebbe

Le perle di Ernesto Galli della Loggia

“Oggi” scrive “molti si affrettano a sostenere che un regime siffatto — che trae origine da un’evoluzione storica propria della cultura dell’Occidente — sia adatto per ciò solo alle popolazioni che condividono tale cultura, e che quindi esso non possa essere in alcun modo trapiantato dove tale cultura non ha mai allignato. Tuttavia questa affermazione perentoria solleva inevitabilmente una domanda: chi lo decide che le cose stanno davvero così? Chi decide circa la validità di questa sorta di legge bronzea dell’incompatibilità culturale? Il Congresso Mondiale degli Antropologi e degli Storici Riuniti? Chi? Sembrerebbe abbastanza ovvio che forse dovrebbero deciderlo gli interessati, cioè gli stessi appartenenti alla cultura «altra» rispetto alla nostra. Che dovrebbero essere loro a dire: «No grazie, la libertà di parola non c’interessa, e della garanzia di non essere prelevati nottetempo dalla polizia e magari fucilati senza processo facciamo volentieri a meno». Peccato che invece a invocare l’argomento della incompatibilità culturale rispetto alla democrazia siano regolarmente non già gli eventuali diretti interessati ma solo e sempre coloro che sono arrivati a governarli, sebbene non abbiano ricevuto quasi mai, guarda caso, alcuna effettiva e credibile investitura” (qui).

Le perle dell’America dem progressista

che, liberatasi una buona volta del fastidio dell’Afghanistan, può finalmente dedicarsi alle cose serie

I bagni transgender!

Una perla che farà sicuramente felici i novax

che hanno trovato dei nuovi alleati

Qui

E chiudo con quella che probabilmente rimarrà, al pari dei voli dalle Torri Gemelle, l’immagine simbolo  dell’orrore, del terrore, della disperazione di fronte alla tragedia piombata sull’Afghanistan

barbara

INFORMAZIONI A CONFRONTO 2

Silvio Cerulli, giornalista di Liberazione, ha raccontato ai suoi lettori tutto ciò che egli aveva “visto” coi propri occhi: «A Jenin vi erano esecuzioni e fosse comuni, corpi anneriti e straziati, brandelli di carne umana … 1200 profughi sono ancora dispersi … sono almeno 150 i corpi delle vittime che sono già state identificati. Nessuno conosce il destino dei 500 partigiani che per otto giorni difesero Jenin dallo strapotere militare israeliano. Secondo la gente del campo molti corpi sono stati gettati dai bulldozers nella rete fognaria, altri sono stati bruciati o sepolti in fosse comuni in uno speciale cimitero dove l’Idf seppellisce i corpi di forze nemiche o terroristi».

ANALISI E DOCUMENTAZIONE DELL’OSSERVATORIO ONU DI GINEVRA

Mercoledì 1 maggio 2002, Pubblicazione n 81

Notizie:

La commissione incaricata di indagare su Jenin dell’ex premier finlandese Martti Ahtisaari, dell’ex alto commissario per i rifugiati Sadako Ogata e dell’ex capo della CRI Cornelio Sommaruga è a Ginevra aspettando il raggiungimento di un accordo tra Onu e lo stato di Israele sui termini della missione.

Analisi:
Mentre si continua la discussione politica a New York e i 3 della commissione aspettano a Ginevra, l’ONU è già al lavoro per valutare la situazione a Jenin.
In data 29 aprile 2002 l’ufficio dell’Onu per il coordinamento delle relazioni umanitarie (OCHA) ha rilasciato un resoconto intitolato “Statistiche e informazioni dal campo di Jenin”.
Questo rapporto conferma che il numero delle vittime tra il 4 aprile, quando l’operazione israeliana è cominciata, e il 20 aprile ammonta a 53.
44 palestinesi sono stati uccisi nel campo profughi di Jenin e 9 nella città di Jenin.
260 sono stati feriti.
Quale è la fonte dell’ONU? L’ufficio del governatore di Jenin.
Se i governanti locali palestinesi non sostengono che è stato un massacro e l’Agenzia dell’Onu sul posto conferma questi dati, perché bisogna dare credito alle accuse di Yasser Arafat e dei suoi seguaci su un omicidio di massa?
E per quanto riguarda le accuse palestinesi su centinaia di persone che mancano all’appello e che sono state seppellite in fosse comuni segrete? L’ufficio per il coordinamento per i diritti umani dell’Onu (OCHA) ha riferito la mancanza di 8 persone dal campo profughi e 17 persone dalla città. Qual è la loro fonte? UNRWA, l’agenzia dell’Onu che si occupa dei rifugiati palestinesi. Il comitato internazionale della Croce e l’UNRWA hanno intervistato 150 famiglie di Jenin. Oltre a questi numeri non risulta mancare nessuno.
L’ONU è attualmente in possesso delle prove che le leggi umanitarie sono state violate dai combattenti palestinesi in Jenin, in specifico con l’uso di mine e trappole esplosive in aree civili densamente popolate. L’ufficio per il coordinamento degli affari umanitari ha documentato i seguenti fatti:
“Ci sono molti ordigni inesplosi e molti ordigni esplosivi improvvisati nel campo (esempio: in 4 giorni sono stati scoperte 285 trappole esplosive) che devono essere urgentemente rimossi”. Alcune squadre internazionali hanno compiuto accertamenti ma questi non potevano ancora essere rimossi. UNRWA ha richiesto all’ufficio del coordinamento per gli affari umanitari di fornire l’assistenza di esperti per sminare il campo profughi. L’ufficio per il coordinamento degli affari umanitari ha creato i contatti con il servizio sminamento dell’ONU per ottenere l’impiego immediato di un esperto (già arrivato sul posto) per provvedere allo sminamento a Jenin.
In particolare è un esperto di trappole esplosive improvvisate.”
Immaginatevi quanto intensamente il campo era minato se l’ONU ha scoperto 285 trappole esplosive e ha richiesto un esperto di trappole improvvisate.
Anche l’agenzia dell’ONU per i bambini UNICEF si trova nel campo.
Loro avevano lo spiacevole compito di informare l’ufficio per il coordinamento degli affari umanitari che un bambino è stato ucciso da una di queste bombe improvvisate. Altri 5 bambini e 8 adulti sono stati feriti da questi ordigni, secondo l’UNICEF.
Hanno inventariato anche le palazzine distrutte e pericolanti e i servizi di acqua, elettricità e le fogne distrutti.
In conclusione le agenzie dell’ONU sul terreno hanno confermato il numero dei morti, dei feriti e dei mancanti, confutando il mito dei palestinesi di un massacro e di fosse comuni.
Il campo di battaglia è stato esaminato e le accuse israeliane di minare massivamente una zona densamente popolata, da parte dei palestinesi è stato confermato.
Mentre si discute ancora sul mandato della commissione, i fatti sul campo sono ormai chiari.

Questo documento lo abbiamo mandato a tutti i giornali: nessuno lo ha pubblicato.

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Tornando ai giorni nostri, un’altra notizia che difficilmente i giornali pubblicheranno, è quella relativa all’ospedale che Israele ha costruito a ridosso della frontiera con Gaza per curare gli abitanti di Gaza feriti, i quali però hanno grosse difficoltà ad accedervi perché Hamas lo impedisce: i bambini morti fanno audience, quelli curati da Israele no.

barbara