UN SILENZIO INTRISO DI SANGUE

Vi ricordate lo slogan dei pacifisti al tempo della guerra in Iraq? “Non una sola goccia di sangue per il petrolio”. Bello, vero? Ma poi, si sa, i giorni passano, i tempi cambiano, i fronti cadono, la piazza calmasi, e ci ritroviamo in un tempo in cui per un po’ di petrolio si può passare sopra non solo a fiumi di sangue, ma anche alle donne fatte a pezzi (NOTA: gli stomaci delicati prima di leggere si procurino un po’ di Maalox).

Ursula, il gas azero vale il tuo silenzio sulle donne armene fatte a pezzi?

Il grande attore francese di origine armena Simon Abkarian ha scritto questa bellissima lettera aperta a Ursula von der Leyen e uscita oggi su Le Figaro. La riproduco, perché nessun giornale italiano oserebbe mai pubblicarla. Per oltraggio alla UE? Per implicito tradimento del campo anti-Putin? Per viltà nei confronti degli sgherri della mezzaluna e dei loro crimini?

Cara signora Ursula von der Leyen,
gli artisti non possono rimanere sordi al frastuono del mondo. Come te, che occupi la prestigiosa carica di Presidente della Commissione Europea, siamo tenuti, a modo nostro, a nominarne le convulsioni per alleviarle. Quando i soldati dell’esercito azero violentano, mutilano e fanno a pezzi Gayane Abgaryan, soldatessa armena, non si pongono la questione del valore della luce, dell’ambientazione, dell’impatto delle loro “immagini”. Non fanno domande.
Un soldato sta filmando. Ha il sole alle spalle. La sua ombra si proietta sul cadavere mutilato di Gayane. Le braccia della soldatessa sono legate sopra la testa. Le sue mani non sono visibili. A torso nudo, sembra una sacerdotessa che inarca la schiena e porge un calice invisibile agli antichi dei. Una scritta nera a pennarello ne macchia la pelle bianca. Una pietra è conficcata nell’orbita sinistra, probabilmente perché ha osato prenderli di mira. L’ombra del “cameraman” si allontana, allarga l’inquadratura, vaga su altri cadaveri. Questa volta sono uomini, soldati armeni. Irriconoscibili. È un Golgota. Poi l’uomo che filma ritorna sul cadavere di Gayane. È lei il “fulcro” di quest’opera macabra. La sua pelle color marmo irradia questo triste spettacolo.
Un calcio di stivale ne fa muovere i seni nudi. Un dito sporge dalla bocca e termina con un’unghia colorata di rosa pallido. Il suo, quello di Gayane. Dove sono gli altri? Sotto la giacca? Il dito nella bocca era quello che premeva il grilletto del suo fucile? È per questo che l’hanno tagliato? Per punirla? Gayane era un cecchino. Spengo il video. Ma poi guardo di nuovo e vedo quello che non volevo vedere la prima volta. Le sue gambe non sono sepolte, sono state tagliate all’altezza del bacino. Non ci sono più, le sue gambe. Una Venere di Milo capovolta, un’opera innaturale. Perché tagliarle le gambe? Cerco di capire. Forse spingeva via con i piedi i suoi aggressori che cercavano di violentarla? Immagino le dimensioni della lama che porta all’orribile scena, poi cado sullo sguardo sconvolto di Gayané e mi arrendo.

Simon Abkarian

Nessuno scrittore può raccontare le urla che questa donna deve aver emesso mentre i suoi assassini la facevano a pezzi. Nessuno scultore potrebbe riprodurre le maschere di sofferenza che ne hanno attraversato il volto. Nessun pittore potrebbe catturare la portata del suo dolore. E poi, da dove sarebbero partiti? Dall’occhio, il dito, le gambe? Le hanno spinto qualcosa nella vagina? Se sì, cosa e con quale frequenza? Quanti erano quelli che la trattenevano durante il calvario? Tre? Quattro? Sette? L’hanno violentata dopo averle cavato un occhio? Il corpo mutilato di Gayane suscita in me domande che speravo fossero superate. Mi ritrovo a sperare nel momento finale della sua vita che la libera dal tormento. Il momento in cui la sua anima lascia il corpo e raggiunge le vette dove si annidano i suoi antenati, il momento finale in cui l’ultimo respiro le esce dalla gola tra due colpi di tosse pieni di sangue, lacrime e maledizioni silenziose.
Gli “attori” di questo sinistro “cortometraggio” mi riportano alla realtà. Sono fuori dall’inquadratura, posso solo sentire le loro voci. Non vediamo mai i loro volti, in nessun momento. Poi mi sembra di capire una frase in turco: “È una donna?”. Ridono e giocano sul registro della crudeltà e vi si applicano. Cos’altro possono fare? Dal X secolo, è lo stesso scenario che costituisce l’identità nazionale dei turco-azeri: far soffrire le minoranze, soprattutto la più simbolica di esse, le donne. Qui non ci sono parole o testi che possano mitigare la violenza inaudita che il corpo di Gayané ha subito. Le frasi improvvisate ruotano intorno a una ventina di parole; la stessa retorica razzista anti-armena, insegnata dalle scuole elementari alle superiori. Gayané è morta per difendere la sua patria. Il sole delle montagne splende sulla schiena del suo carnefice che continua a filmare.
Non possiamo vedere i volti dei suoi aggressori, sono contro luce, contro la vita. Gayane è morta mille volte, la sua tortura è l’orgoglio di questi aguzzini in uniforme. Siamo nel 2022? Se questa donna di 36 anni fosse caduta per difendere il suo Paese, avremmo il diritto di dire che conosceva i rischi. In guerra si uccide, si muore. Ma se fosse stata catturata da un esercito convenzionale che si rispetti, avremmo il diritto di aspettarci che sarebbe stata protetta dalle leggi internazionali. Ma sembra che le Convenzioni di Ginevra non siano applicabili in Anatolia, tanto meno nel Caucaso meridionale.
Quello che vediamo in questo video (ce ne sono tanti altri), cara signora Ursula, è un crimine di guerra, un crimine contro l’umanità, un crimine contro la natura che getta la ragione a coronamento dell’orrore.
Un crimine la cui storia dovrebbe essere gridata in un deserto, ma io devo esserne il triste messaggero perché sappiate cosa hanno fatto questi soldati a questa giovane donna. E continueranno. Da un punto di vista simbolico, potremmo dire che è la dittatura a calpestare la democrazia, che è la barbarie a violentare e uccidere il mondo civilizzato, e voi sareste d’accordo… oppure no. Quello che vedo in questo video sono uomini che hanno metodicamente violentato e torturato una donna fino alla morte. Una donna, una madre.
Oh, Ursula von der Leyen, non si preoccupi, non sto facendo appello al suo carattere femminile, al suo cuore o alla sua morale, ovviamente il suo pragmatismo ha avuto la meglio su tutti e tre. Proprio in questo momento, mentre state concludendo i termini del vostro accordo con l’Azerbaigian, il video in questione spopola sui social di Baku. Le riprese e la trasmissione sono un passo avanti, un “progresso” per un Paese che assume e sguazza nella sua barbarie e nel suo sadismo.

Ursula von der Leyen con Aliyev

Devi posare accanto alla tua preda, che è diventata un trofeo, prenderla a calci, oltraggiarla a morte, brandire i suoi resti, crocifiggerla sulla porta che separa i nostri due mondi. Voi fate parte di una di esse. Quale? Come il gas azero, questi video dell’indicibile circoleranno presto in Europa. Quando stringerete di nuovo la mano ad Aliyev, il vostro partner “affidabile”, con cui ridete e scherzate allegramente, non dimenticate che state firmando un patto con il peggio che la dittatura ha prodotto e che state facendo un accordo contrario alle aspirazioni democratiche dell’Europa. Così facendo, state soffocando l’omicidio di Gayané e tutti quelli che seguiranno. Lei, la cui posizione richiede un’assoluta e indiscutibile correttezza politica, è quindi complice di questa barbarie senza nome. Willy Brandt si starà rivoltando nella tomba. Che triste naufragio. Temo il giorno in cui, di disillusione in disillusione, non sarò più in grado di scrivere la parola democrazia e sarà a causa di persone come voi.
Nonostante le loro uniformi, che sono quelle di un esercito convenzionale, i soldati azeri si comportano come orde barbare. Si uniscono al campo dell’Isis. Ricorda, signora, la micidiale “messa in scena” dei jihadisti che decapitano, bruciano e lapidano uomini e donne inermi? Finché le forze curde, comprese le donne, non li hanno fermati a Kobane. C’è un solo obiettivo in questo video che questi soldati senza onore hanno “fatto”: spaventare. Provocare lo stordimento degli armeni. Farli fuggire dalle loro terre ancestrali. Gli azeri sono protetti innanzitutto dal loro personale militare. Sono la triste eco del loro generale in capo, Ilham Aliyev, che vede gli armeni come cani da scacciare. Non siamo più esseri umani, ma subumani animalizzati.
Sanno che nessun governo o ente li perseguirà. Sanno di essere l’alternativa al gas russo. Perché altrimenti rischierebbero di alienarsi la comunità internazionale, altamente selettiva? Come i loro fratelli maggiori negazionisti in Turchia, stanno perpetuando una tradizione di femminicidio che è stata ritualizzata e celebrata per secoli. E non è solo il corpo della donna che si vuole possedere e distruggere, ma il grembo stesso che dà vita e racchiude in sé la storia del popolo armeno. Il grembo materno: è lì, in questa “terra”, che vogliono piantare il loro stendardo con la mezzaluna. Le donne greche, curde, assire, yazidi, alevite e caldee lo sanno fin troppo bene, signora. Per questi uomini dalla mentalità testicolare con cui fate affari, l’atto di coraggio è la conquista e la devastazione del corpo femminile. Così soggiogato, posseduto, contaminato e sfregiato, avrebbe (secondo la loro illusione) fatto perdere al nemico onore e virilità.
È una castrazione che passa attraverso il corpo della donna conquistata, sottomessa, servile, domata, strisciante, implorante, umiliata, uccisa, massacrata. Gayane non è sfuggita al suo tempo, non è scappata, non gli ha voltato le spalle. Avanzava, armi in mano, all’indietro in questa favola chiamata Storia, che da secoli si costruisce vomitando se stessa. Il corpo di Gayané, che si oppone agli invasori, si incarna come un territorio che essi devono penetrare, conquistare, devastare. Un Paese che devono prendere con la forza, smembrare e dal quale devono cancellare ogni traccia che attesti chi era. Devono sfigurare Gayane, farle pagare la sua audacia di donna fino a renderla irriconoscibile, fino a devastarla come queste case diroccate, senza porte né finestre, senza tetti né case, come queste chiese sventrate che sono diventate parcheggi, stalle o moschee, questi cimiteri rivoltati dai bulldozer, queste khatchkar (stele) polverizzate con il martello pneumatico, questi campi che sono tornati a essere terre desolate, queste antiche città che sono state ribattezzate e rinominate in fretta e furia.
No, ai loro occhi Gayane non sarà mai abbastanza morta. Devono gioire della sua morte finché la polvere e il nulla non si contenderanno il suo nome. Signora Von der Leyen, perché non condannare questi “cortometraggi” dell’orrore che piacciono tanto ai soldati dell’esercito azero? Perché finanziate e “coproducete” il prossimo “lungometraggio”, quello che racconterà la caduta definitiva del popolo armeno? Come potete accettare una sceneggiatura così scadente? Perché lo fate? Per il gas azero? È la stessa cosa di quello russo e lei lo sa!
Pubblicata da Giulio Meotti

Già, il gas russo va sottoposto a sanzione perché Putin “invade” terre altrui, bombarda e uccide; quello immacolato dell’immacolatissimo Aliyev, invece, è praticamente acqua santa, e la limpida coscienza dei nostri burocrati non si lascerà certo distrarre da un po’ di stragi, non importa quanto vaste, non importa quanto feroci. Se poi le vittime oltretutto sono delle semplici donne, perché mai dovrebbero occuparsene? Ursula, dopotutto, è abituata a farsi lasciare in piedi, senza fare una piega, mentre gli uomini si accomodano sulle sedie d’onore: quale prova migliore del fatto che le donne, lassù, valgono meno di zero?

barbara

I RUSSI SONO CATTIVI, DOBBIAMO SMETTERE DI COMPRARE IL GAS DA LORO!

Grande idea: compriamolo dagli azeri!

I barbari che tagliano la testa alle madri cristiane quanto hanno pagato l’omertà dell’Europa?

I soldati azeri hanno violentato quest’armena madre di tre figli, decapitata, tolto gli occhi, tagliato le dita e infilate in bocca. Per sostituire lo zar ci siamo affidati al Tamerlano islamico

Si chiamava Anush Apetyan. I soldati azeri del regime di Aliyev hanno violentato questa soldatessa armena madre di tre figli, l’hanno decapitata, le hanno tolto gli occhi sostituendoli con pietre, le hanno tagliato le dita e gliele hanno infilate in bocca. E hanno filmato tutto. Anush è il simbolo di questo paese povero e martire, “il primo stato cristiano della storia”, questa Lepanto caucasica senza sbocco sul mare, nostalgico della vita del villaggio, delle sue tradizioni, dei suoi balli e canti durante i matrimoni e le feste, che ha la caratteristica (e la colpa?) di essere un’antica nazione cristiana in un ambiente musulmano. “Barbarie, odio e abominio, questo è ciò di cui è colpevole l’Azerbaijan e per questo non possiamo rimanere indifferenti o muti”, commenta Renaud Muselier, presidente della Costa azzurro francese, sul video di Anush.
La storia per gli armeni si ripete. Furono ingoiati durante la Prima guerra mondiale. Il console russo di Khoi raccontò con queste parole il passaggio del popolo condannato a morte: “I pozzi sono pieni di sangue. Legano le vittime e le fanno scendere nei pozzi sino a che il corpo sia immerso lasciando emergere solo la testa. Poi con un colpo di spada le decapitano. La testa infilata in un palo è esposta in piazza”. Prelevati dai villaggi e dalle città, spogliati di tutto, gli armeni si trascinarono strisciando, lasciandosi dietro solo scheletri.
Sono mesi, anni, che azeri e turchi fanno di nuovo a pezzi, letteralmente, gli armeni.
Bella Harutunyan, 72 anni, era rimasta indietro con suo marito Ernest. Ernest è stato ucciso dopo che le forze azere sono entrate nella sua città e il suo corpo mutilato è stato trovato diversi mesi dopo. “Lo hanno ucciso, gli hanno strappato la pelle dove aveva i tatuaggi… Chi pensava che questo genere di cose, decapitazioni e mutilazioni, sarebbero state possibili oggi?”, ha detto Bella. Slavik Galstyan, 68 anni, non voleva lasciare il villaggio. Suo figlio, Ashot, chiamato all’obitorio per identificarne il corpo, ha raccontato: “La sua testa era schiacciata, era come se tutte le ossa del suo corpo fossero state rotte”. Le Monde ha visionato una dozzina di video che mostrano scene di cadaveri con l’uniforme armena accoltellati. La BBC ha il video di altri due civili armeni uccisi a sangue freddo. Come Valera Khalapyan e sua moglie Razmela, assassinati nella loro casa dai soldati azeri, che poi hanno tagliato loro le orecchie. Uccisi come “cani” (così il dittatore azero Alyev chiama gli armeni). Come Alvard Tovmasyan, i parenti hanno identificato il suo corpo nel cortile di casa in un villaggio dell’Artsakh. Piedi, mani e orecchie di Tomasyan erano stati tagliati. In una pagina sono raccolti video atroci realizzati dai soldati azeri contro gli armeni, civili e militari: un giovane armeno decapitato e i soldati azeri che ridono mentre uno di loro usa un coltellaccio da cucina per tagliargli la gola; un anziano armeno che implora per la vita, mentre un soldato azero lo tiene e gli taglia la gola; soldati azeri che trascinano civili armeni fuori dalle case e poi li uccidono; soldati azeri che mutilano i soldati armeni, tagliando loro parti del corpo; soldati azeri che bruciano il corpo di un armeno. E così via, di orrore in orrore. Fino ai video degli anziani armeni decapitati dalle forze azere nel Karabakh. “È così che ci vendichiamo, tagliando le teste”, dice un soldato azero fuori campo. Genadi Petrosyan e Yuri Asryan, 69 e 82 anni, non volevano lasciare il loro villaggio.
L’Europa è presentata da Erdogan e dai suoi soci come un campo di guerra destinato a insediarvi il terrore dell’islamizzazione. L’Europa non si muove, non fa nulla, non dice nulla, è sottomessa. Il destino degli uiguri ha innescato nell’opinione pubblica europea grandi esplosioni di copertura mediatica. Nella società dello spettacolo, a ciascuno il suo Rohingya. Ma in quest’Europa dell’emozione automatica, dove la presidente della Commissione ha appena indossato i colori giallo-blu di un altro paese, non una candela, non un cuoricino con le dita, non un orsacchiotto, per l’Armenia in ginocchio, che non soddisfa i criteri per l’adesione alla pietà globale: gli armeni non sono multiculturali, non sono fluidi e non si lasciano portare come pecore al macello. “Un cristiano con i baffi che beve vino nelle montagne, all’ombra di un campanile fatto saltare in aria da un drone azero, non smuove il pubblico cyber-globale come un rifugiato saheliano”, ha scritto sugli armeni il romanziere francese Sylvain Tesson. Per questo non sentiamo parlare contro questa aggressione all’Armenia. Gli armeni sono, come i cristiani d’Oriente, i grandi dimenticati dalle grandi cause alla moda. Ma non possiamo capire nulla della storia dell’Europa, della sua architettura, della sua arte, dei suoi paesaggi e della sua democrazia se evitiamo di pensare che siamo stati cristiani. E per questo motivo, abbiamo trascurato quello che è successo in Armenia. Pensiamo che sia Oriente, ma no, è una torre di guardia dell’Occidente che era cristiano e che sta cadendo. Erdogan si considera il grande Khan delle steppe turche, la sua mappa va dal Bosforo a Ulan Bator, copre il Caucaso meridionale, il Mar Caspio, i deserti turkmeni, l’oasi uzbeka, le steppe kazako-kirghise. L’Armenia va cancellata perché impedisce il collegamento tra l’altopiano anatolico e le coste del Caspio e perché sono “i resti della spada”. Ma se domani i panturchi attaccheranno Cipro (ne occupano ancora metà) o le isole dell’Egeo o i serbi del Kosovo, in quale risacca di ipocrisia ci nasconderemo? E dove si fermerà Erdogan? A Vienna?
Il settimanale Le Point in edicola fa il punto della situazione: “Lo scoppio delle violenze nel Caucaso meridionale tra le forze armene e azere, che negli ultimi giorni ha ucciso più di 200 persone (tra cui almeno 135 soldati armeni), riflette la volontà di Baku di sfruttare una configurazione geopolitica sempre più favorevole. La guerra in Ucraina ha cambiato la situazione di tre attori chiave della regione: Russia, Unione Europea e Turchia, ogni volta a scapito degli interessi della Repubblica d’Armenia. Risultato: l’Armenia è sempre più debole e isolata. Gli europei, che fanno affidamento sul gas azero per compensare il calo delle forniture russe, hanno sempre meno mezzi di pressione su Baku. I loro acquisti di gas sono aumentati del 30 per cento nei primi otto mesi dell’anno fino a raggiungere i 7,3 miliardi di metri cubi. Gli europei hanno scambiato la loro dipendenza energetica da Mosca con una nuova su Baku. Questo non è senza conseguenze. La Turchia ha consolidato l’influenza nel Caucaso grazie alla guerra in Ucraina. In trentun anni di indipendenza, l’Armenia non è mai stata così in cattive condizioni come oggi”.
120.000 armeni sono oggi circondati nell’enclave del Nagorno Karabakh dall’esercito azero, che negli ultimi mesi ha attaccato i villaggi armeni. Se l’Azerbaijan, sostenuto dalla Turchia e dai jihadisti siriani, si impadronirà del Karabakh, ci saranno altre pulizie etniche e religiose in Armenia. E potrebbero portare, nel peggiore dei casi, allo sterminio definitivo degli armeni nel loro paese. L’Armenia così sprofonda nella certezza della propria maledizione. Per loro, il dolore è una seconda natura. Chi ha radici, spesso crolla più rapidamente di chi non ne ha e le civiltà sono più a rischio dei barbari, perché le profondità sono più vulnerabili delle superfici.
Su La Tribune Juive, il saggista Maxime Tandonnet denuncia la doppia morale: “Ursula von der Leyen si è recata a Baku, capitale dell’Azerbaigian, il 18 luglio per annunciare con grande clamore il raddoppio delle importazioni di gas. ‘Baku rivendica il sud dell’Armenia, ma anche parte del centro, persino la capitale Yerevan’, ricorda Tigrane Yegavian. Tale annessione significherebbe la completa estinzione dell’Armenia come paese indipendente. L’attacco dell’Azerbaigian all’Armenia ha causato diverse centinaia di morti, distruzione e sembra l’inizio di un’invasione. Niente è più sconcertante del silenzio generale dei leader occidentali e dei media, che ignorano questo evento e si astengono accuratamente dallo schierarsi e denunciare la responsabilità dell’invasore. L’attacco all’Ucraina da parte della Russia mobilita da mesi la cronaca in nome del diritto internazionale e dell’intangibile rispetto dei confini. Sull’Armenia, invece, grande silenzio, totale indifferenza, di fronte a un’invasione codarda, illegale e barbara. Questo doppio standard, così palese, così evidente, solleva interrogativi sulle motivazioni profonde del mondo occidentale”.
Ma se temiamo che la Russia di Putin non si fermerà al Donbass, questi barbari islamici non si fermeranno alla “piccola” Armenia. Odiano l’Europa, l’Occidente, la nostra civiltà, la nostra storia, le nostre libertà. Quello che sta accadendo in Armenia è da collegare a quello che sta succedendo in Europa da anni. E chi fa finta di non vedere che non ci siano differenze fra un paese cristiano e un paese musulmano, fra una democrazia che conta le teste e dei barbari che le tagliano, è destinato a perdere la propria.
Giulio Meotti

E mentre ci sveniamo per armare i nazisti, chiudiamo occhi e orecchie sulle vittime vere di un progetto di sterminio che sta andando avanti da oltre un secolo: non c’è che dire, siamo davvero nelle mani del governo dei migliori – e il discorso vale per TUTTI i governi europei e in particolar modo per questa orrida gallina starnazzante e sghignazzante sulla nostra pelle

E soprattutto dei più onesti, e dei più bravi a scegliere la parte dei buoni.
PS: Giulio Meotti, per rispetto, ha scelto di non postare il video; io ho scelto di non postare neppure le foto. Chi desiderasse comunque vederle può andare sul suo profilo FB.

barbara

GLI INVASORI OCCUPANO LISICHANSK

e gli invasi li ricevono come meritano

“We stand in line, and here the Armed Forces of Ukraine begin to shoot at us” The inhabitants of Lisichansk are gradually getting used to living without the yoke of the nationalists, who opened fire on people even when they simply went for water. They come out to greet the military of the Russian Federation and the LPR and leave their hiding places in the basements. Some hang Russian flags on their balconies:

Scene dalla Lisichansk liberata “Vi aspettavamo dal 2014… vi aspettavamo…. si sono ritirati? Grazie a Dio… non ve ne andrete più vero?”

E quest’altro video lo dedico a quelli che “I russi si aspettavano di essere accolti coi fiori!”

La popolazione di Lisichansk accoglie così la liberazione della città dopo 8 anni di occupazione dei nazisti ucraini:

E ancora un po’ di roba qui

Poi ogni tanto c’è fortunatamente qualcuno che si ricorda che in Ucraina, oltre al buffone stipendiato dalla nota cricca, c’è anche il popolo ucraino, fra il quale magari potrebbe anche essere che non siano proprio tutti nazisti. E che magari avrebbe piacere di avere un po’ di voce in capitolo sul proprio destino.

Quanto conta la volontà del popolo in Ucraina?

Se l’Ucraina viene sconfitta in guerra, perderà anche la democrazia e [perderanno] gli Stati Uniti. Questa opinione è stata espressa in un’intervista a NBC News dal presidente Volodymyr Zelensky.
Non abbiamo il diritto di perdere… Se perdiamo, non importa chi e cosa dicono, perderà la democrazia, il che significa che perderanno gli Stati Uniti. Gli stati europei che dichiarano i valori di cui tutti parliamo così molto perderà”, ha detto il capo dello Stato, rispondendo alla domanda di un giornalista.
Inoltre, Zelensky ha affermato che l’Ucraina ha bisogno della parità con la Federazione Russa in termini di armamenti e quindi avrà bisogno di molte più armi di quelle già consegnate dagli Stati Uniti [comprese 9000 testate nucleari?].

Un futuro di sangue

Il Presidente è anche fiducioso che la guerra finirà sicuramente con la vittoria dell’Ucraina e che “costruiremo un nuovo Stato. Uno Stato da sogno”, aggiungendo che però non sa quanto tempo e risorse ciò richiederà.
Un’altra dichiarazione di Volodymyr Zelensky in un’intervista alla NBC riguardava il fatto che, a suo avviso, il Cremlino aveva sottovalutato il potenziale dell’Ucraina prima dell’inizio delle ostilità:
Penso che (la parte russa) in generale abbia sottovalutato l’Ucraina, invece tutto è diverso, a diversi livelli. Penso che questo sia positivo da un lato, perché se avessero saputo che sarei rimasto, che il potere sarebbe rimasto solido, che la gente avrebbe difeso le proprie case difendendo le proprie case a mani nude, se lo avessero saputo, si sarebbero preparati a questa guerra su scala ancora più ampia”.
Che dire di fronte a questi vaneggiamenti? Non so se vi rendete conto che le tesi di Zelensky confliggono con la realtà. Essenzialmente perché questo tipo di enunciazioni non corrispondono ai desideri e alla sofferenza della popolazione. Laddove la realtà è il protrarsi del conflitto ed il continuo afflusso di armi occidentali, che portano solo più morte e distruzione.

Il metodo di portare l’armonia: i battaglioni punitivi

Se Zelensky per 8 anni ha avuto bisogno di tenere le terre del Donbass sotto il tacco dei ‘battaglioni punitivi’ per assoggettare le diversità culturali e linguistiche locali, è segno che la propria idea di nazione non è esattamente la valorizzazione di ciò che già c’è, ma la proiezione di un disegno ideologico che trova nel nazionalismo estremo (di una sola delle fazioni nell’intricata demografia del paese), il suo approdo.
In definitiva, Zelensky non rappresenta il paradiso in terra ma uno stato oppressivo, dove una piccola minoranza – alla pari del movimento 5 stelle in Italia – ha irretito la popolazione promettendo la pace in Donbass. Poi ha sconfessato tutto.
L’unico traguardo che Zelensky ed il suo entourage ha, è la perpetuazione del potere stesso e dell’iper nazionalismo, ove questi può far a meno della stessa società civile, quando non si omologa ai suoi standard.
Altra pessima pagina trattata con indifferenza ed addirittura con compiacimento dai nostri media di regime, è la prospettiva di ‘riconquistare’ le città ‘perdute’ nel Donbass ove la popolazione è del tutto propensa a rimanere sotto la Russia, piuttosto che tornare sotto il regime oppressivo di Kiev. Questa non è una mia valutazione ma niente di più di quanto raccolto da molti giornalisti prima a Mariupol e poi oggi a  Lysychansk tramite innumerevoli testimonianze.
Oh democratico occidente, quanto – nella tua scala di valori – conta la volontà della popolazione che tanto richiami nei tuoi discorsi? Finora questo argomento non ha trovato mai spazio nei report di guerra, come neanche negli approfondimenti eteroguidati.

Inaccettabili le attestazioni di Zelensky di amare il proprio popolo

Termino questo post con un paragone che non dà adito a sospetti di ‘spirito di parte’ (con questo si liquida oggi ogni opinione ragionata): il governo di Zelensky ha prima privato dell’acqua la Crimea (come pure dell’elettricità), poi ha privato delle pensioni tutti gli abitanti delle città del Donbass cosiddette ‘liberate ‘e bombardato costantemente il sistema idrico e i quartieri residenziali, alla pari di un esercito di invasione. Questo è in modo molto anomalo per catturare i cuori di queste popolazioni. È evidente che la linea scelta da Zelnsky è quella assimilazione della riconquista, i vertici statali non si sono mai discostati da questo, anche prima del 24 febbraio. In definitiva, qui si tratta della legittimità di menar duro in famiglia rispetto ad un estraneo che mena duro in famiglia altrui. Ora, se guardiamo il tutto dal punto di vista ella famiglia, non ravviseremo poi grandi differenze. Ma senz’altro certe azioni violente sono più esecrabili se compiute dalla parte di chi si identifica come appartenente ad una data famiglia.

Assad meglio di Zelensky

Forse non tutti lo sanno, ma in una situazione percepita in modo analogo dai nostri media, in Siria, quello che l’occidente descrive come un dittatore , Assad, dal 2011 non ha mai smesso di far percepire le pensioni e gli emolumenti statali ai propri cittadinineanche nelle regioni occupate dagli estremisti islamici nella provincia di Idlib. Questo è la differenza di un presidente che rispetta il suo popolo, rispetto ad uno che è solo un burattino delle potenze occidentali.
Ora sebbene l’operazione militare russa o l’invasione che dir si voglia è opinabile, difficile da interpretare per molti aspetti e oggetto di critiche; è pur vero che le azioni dell’establishment ucraino sono indegne di una classe dirigente che si definisce democratica, libera e patriottica.
Una leadership democratica non si comporta così, non opprime il suo popolo, non scioglie i partiti, non spegne le televisioni, non limita la libertà di parola e di critica, non cerca di spegnere le diversità culturali e linguistiche in nome di una grandezza demagogica che in fin dei conti è solo becero servilismo.
patrizio ricci by VPNews, qui.

E poi c’è quella buffa storia dell’atleta. Ve ne propongo due versioni: a voi la scelta su quale sia quella vera.

VECCHI METODI

Sembra proprio che Ivan Fedotov, giocatore russo di hockey su ghiaccio e considerato il migliore portiere della Federazione, non possa andare più negli Stati Uniti a giocare con i Philadelphia Flyers (contratto firmato il maggio scorso).
A Putin la cosa non è piaciuta, così il giovane giocatore è stato prelevato nella sua casa di San Pietroburgo, messo in un furgone blindato e portato nel più vicino ufficio di reclutamento. Sarebbe infatti, un “disertore”. Da lì, con un’ambulanza, è stato poi portato in una clinica, per non meglio specificati controlli.
Quando si ha la fortuna di vivere in Russia perchè volere andare negli Stati Uniti?

Ecco una bella deformazione dell’informazione.
Fedotov, gioca nel CSKA e suo cartellino è di proprietà del CSKA. CSKA è di proprietà del ministero della difesa.
Come da noi, ci sono atleti prestati dalle forze armate, polizia, GDF, etc.
Il portiere 25enne voleva rescindere il contratto con il CSKA Mosca e trasferirsi al Filadelfia.
Il portiere è stato quindi condannato per rescissione abusiva del contratto, anche perché in passato non aveva prestato servizio nell’esercito russo.
Sarebbe successo anche da noi, con l’accusa di eludere il servizio di leva obbligatorio.

Niente, proprio non ce la fanno, se non inventano ogni giorno la loro vaccata non vivono (a qualcuno piace l’odore del napalm la mattina presto).

Aggiungo un’immagine che mi piace un sacco

E ora buoni, che vi porto al lago

(Certo che senza quel fastidiosissimo cicalare della commentatrice, lo spettacolo avrebbe tutto da guadagnare)

barbara

DI ERDOGAN È GIÀ STATO DETTO TUTTO

Quindi possiamo considerarlo come un compito concluso. Per cui lo salto a piè pari e passo a occuparmi della baldracca che invece di difendere la sua dignità di persona, di alto funzionario europeo, di interlocutore meritevole di pari rispetto e magari, volendo, anche di donna e andarsene immediatamente, ha scelto di prostituirsi al sultano restandosene in disparte come una servetta ad aspettare che il signore finisse di sbrigare gli affari importanti tra uomini prima di ordinarle di portare il caffè. La figura più di merda, fra i tre, l’ha fatta lei.

E si noti che qui non si tratta di Ursula: si tratta dell’Europa, assuefatta a fare pompini all’islam nella ridicola illusione di impedirgli di azzannare e sbranare, e senza neppure accorgersi di essere già azzannata e sbranata per metà, la Gran Troia.
Ritengo tuttavia doveroso dare voce anche alla nostra Oca preferita che, come spesso le accade, ha avuto una di quelle idee geniali che a noi comuni mortali non verrebbero neanche a spremerci le meningi per un anno di fila.

Galatea Vaglio

Non ho idea di come sia andata veramente, ma se io fossi Ursula Von der Leyen e un capo di Stato tentasse di umiliarmi in pubblico, negandomi una sedia d’onore e facendomi sedere in disparte su un divano, per ribadire che le donne sono inferiori, io mi siederei sul divano con il mio più innocente sorriso e poi, dopo l’incontro, farei girare per tutto il mondo le foto, rovinandogli l’immagine internazionale e incamerando io invece consensi in quanto vittima di discriminazione.
Perché gli uomini pensano sempre che il potere sia avere i muscoli, mentre le donne sanno che è un esercizio di perfidia sottile.

Capite perché la chiamiamo oca? A parte il suggerire come geniale strategia quello che è stato effettivamente fatto (e a parte parecchie altre cose), non fa rabbrividire il progetto di “incamerare consensi in quanto vittima di discriminazione”? Decenni di lotte, decenni di prese di posizione, decenni di rivendicazioni per la propria dignità, e poi dobbiamo metterci a cercare consensi con l’arma del vittimismo? Ma quanto marcio hai nel cervello, imbecille?
Molti invece si scagliano contro Michel, sostenendo che avrebbe dovuto o cederle la propria sedia, o andarsi a sedere con lei sul divano; su questa questione mi trovo totalmente d’accordo con questa riflessione:

Roberto Giovannini

La cosa più divertente della saga del sofa turco – fermo restando che nemmeno gli eurolirici più ispirati pare abbiano ben chiaro chi è il capo delegazione dell’Unione Europea in situazioni simili, il che dà abbastanza la misura di quanto genuina sia la loro devozione nei confronti della Chiesa di Bruxelles – è rappresentato da quelle pasionarie della parità di genere e tutto l’ambaradan di slogan e battaglie di civiltà che se la prendono con Michel. Fino a ieri meno conosciuto di un asteroide che orbita intorno a Marte. Doveva alzarsi e protestare! Doveva cedere la sedia alla Von der Leyen! Doveva alzarsi e andarsene! Ora io mi domando: che femminismo cretino è mai quello in cui una donna, per far valere i suoi diritti o presunti tali, ha bisogno di un uomo che le venga in soccorso?

E le femministe, nel frattempo? Eh beh, le dovete perdonare se non le sentite prendere posizione: al momento hanno cose molto più importanti che le tengono totalmente impegnate: il catcalling, quella cosa per cui mentre una sta facendo jogging in calzamaglia incollata addosso qualcuno passando commenta “Bel culetto!” (Io me lo sono sentito dire fino a cinquant’anni suonati e, confesso, non mi è mai venuta l’idea di chiedere una legge che lo vieti). Certo che è abbastanza curiosa questa cosa: da quando esiste il cinema un’infinità di attrici per avere una parte sono allegramente passate per i letti di registi e produttori senza che la cosa sconvolgesse nessuno, poi un bel giorno arriva una ormai in disarmo che si inventa che uno di questi l’avrebbe violentata e immediatamente in tutto il pollaio è partita la gara a chi starnazzava di più: anch’io, anch’io, a me ha rovinato la vita, a me di più, io lo voglio in galera, io lo voglio morto… Da che mondo è mondo tutte noi per strada ci siamo sentite apostrofare in tutti i modi possibili, a volte volgari, a volte aggressivi, a volte tutto sommato carini; poi un bel giorno una ragazzotta sconosciuta ai più, felice sintesi dei suoi genitori avendo ereditato la bruttezza del padre e l’espressione ebete della madre, dice che non ne può più dei commenti per strada, e improvvisamente tutte scoprono di non avere mai sopportato questa autentica violenza, di averne sempre atrocemente sofferto, di essere arrivate all’esasperazione. Non chiedete, però, perché allora non abbiano pensato prima a lamentarsene, a scrivere post sui social e in ogni dove: garantito che vi accuseranno di victim blaming e riusciranno a infilarci anche il mansplaining.

barbara

AGGIORNAMENTO: due parole sull’improvvida uscita di quella testa di cazzo di Draghi, il burattino che il burattinaio capo ci ha imposto come padrone.

IL VACCINO MALEDETTO HA COLPITO ANCORA!

E anche retroattivamente, come se non bastasse!

Davvero, non si sa più come salvarsi, tu dici non mi vaccino perché non mi fido, e lui riesce a fregarti lo stesso, sto bastardo. Perfino quasi peggio della Murgia. Cosa c’entra la Murgia? Parafrasando la Melato (o forse Tognazzi, non ricordo bene), la Murgia c’entra sempre, come dimostra questo signore meravigliosamente scorretto

Per la verità avrei qualche perplessità sulla Canalis, soprattutto per le ginocchia,

e soprattutto per l’espressione intelligente (e anche sulle mani mi sembra che ci sarebbe qualcosina da ridire),

e soprattutto per la vestaglia da camera (e sì, sulle mani c’è decisamente da ridire, e non solo su quelle)

ma insomma il concetto è chiaro, e decisamente condivisibile, direi. Poi c’è anche qualcun altro che ha qualcosa da dire alla signora Murgia.

Alessandro Matta

Breve lettera aperta a Michela Murgia

Gentile Michela

ho avuto modo di ascoltare, stamattina, le dichiarazioni da lei rilasciate sul canale televisivo “la 7” in merito a alcune frasi pronunciate dal nostro Commissario Straordinario per la gestione dell’emergenza da Covid-19 Generale Figliuolo, frasi da lei bollate quasi con senso di superiore nonchalance come “frasi di guerra” che “non verrebbero mai capite da un popolo che militare non è”, ma soprattutto la sua uscita molto infelice sul fatto che Figliuolo gira sempre in divisa e, quando pronuncia alla tv in divisa messaggi, le ricorderebbe i dittatori.
Per quanto concerne il “farsi sempre vedere in divisa”, signora Murgia, posso chiederle gentilmente, come dovrebbe farsi vedere un commissario straordinario all’emergenza che fa parte dell’esercito italiano? Per caso si dovrebbe vestire in giacca cravatta ogni volta che va in diretta tv per apparire “rassicurante”? E quanti capi di stato non sempre in divisa ci sono in giro per il mondo che fanno danni seri?
Per quanto concerne poi il “linguaggio di guerra”: questa che combattiamo tutti contro il virus, cosa altro è, se non una guerra? Per essere una guerra secondo lei e poter quindi usare un dizionario “di conflitto”, cosa dovrebbero esserci, le bombe? le sparatorie? i morti per strada?
Ed infine, una considerazione personale, specie sul “fare paura con la divisa”:
Sarò noioso, signora Murgia, sarò uno monotematico, che finisce sempre col finire sul discorso della memoria storica, e in particolare della storia della Shoah, argomento che studio e divulgo da ormai quasi 30 anni, ma le voglio raccontare una vicenda ancora oggi poco nota, che ha per protagonisti proprio gli Alpini, il corpo militare da cui proviene il Generale Figliuolo.
Io, vedendo il Generale Figliuolo in tv, specialmente vedendo quel cappello con la penna degli Alpini, non ho personalmente paura, ma ho sempre una reminiscenza storica, che mi riporta al periodo che andò dal novembre 1942 al settembre 1943, e vide per protagonista proprio il corpo degli Alpini nella Francia meridionale e soprattutto nella zona della Costa Azzurra occupata dagli italiani.
Lungi da me ora reiterare uno stereotipo quale quello degli “italiani brava gente”, dal momento che all’epoca il nostro esercito obbediva a un dittatore sanguinario quale Mussolini è stato, e purtroppo si è reso colpevole di numerosi crimini di guerra, eppure… sa cosa accadde proprio con il corpo degli Alpini in quel lembo di terra occupato dal nostro paese? Soprattutto nella località di Saint-Martin-Vésubie si realizzò l’impossibile. Gli ebrei della zona, ricercati dalle squadracce di Vichy, trovarono rifugio nel villaggio occupato dagli italiani. Erano francesi, ucraini, russi, olandesi, che per un breve periodo conobbero una vita migliore degli ebrei nel nostro Paese.
A occupare la località erano proprio soldati appartenenti al corpo degli Alpini, che fecero si che in quella località si vivesse insomma come in un tempo sospeso, mentre tutt’intorno in Europa si combatteva e tutti gli ebrei morivano. Nel piccolo borgo francese, invece, quando gli agenti di Vichy pretendevano la consegna degli israeliti, la risposta degli italiani era secca: «Qui decidiamo noi. Andatevene».
Tutto finì con l’8 settembre 1943 e l’esercito italiano allo sbando dopo l’armistizio, e sa gli ebrei della zona cosa fecero? Seguirono la ritirata verso l’Italia dei soldati che li avevano fino a quel momento protetti, andando verso il Piemonte. Ad organizzare questa improbabile fuga fu proprio un colonnello degli Alpini, Federico Strobino, che raccolse attorno a lui oltre 400 persone e guidò una fuga impossibile, ma alla fine riuscita, verso il nostro paese.
Vorrei domandarle: lei in una situazione come quella, cosa avrebbe fatto? avrebbe detto che le divise le fanno paura e non avrebbe mai e poi mai seguito i soldati italiani? Avrebbe preferito finire arrestata di li a pochissimo dalla Gestapo sotto il comando di Alois Brunner, il braccio destro di Eichmann che proprio dopo l’8 settembre 1943 fu mandato in quelle zone a scatenare tedeschi e collaborazionisti francesi nelle retate? E che finì anche con l’arrestare il padre di Serge Klarsfeld, l’avvocato e storico nonché “cacciatore di nazisti” e marito della presidente onoraria della mia associazione, la straordinaria Beate?
Ovviamente, fu inutile, perché anche il nostro paese fu occupato e iniziò anche in Italia la collaborazione attiva al genocidio e alle deportazioni, e solo alcuni di coloro che erano scappati riuscirono poi a sopravvivere. Eppure, il gesto degli Alpini e il loro comportamento in quella regione della Francia è ancora oggi ben ricordato.
Ecco, io spesso vedendo Figliuolo in tv mi ricordo di quegli avvenimenti, e di certo non provo paura davanti a un commissario straordinario in divisa, né provo minimamente a immaginare frasi così offensive come quelle da lei pronunciate.
Cordialmente
Dott. Alessandro Matta, Associazione Memoriale Sardo della Shoah

E non solo Matta

Tornando per un momento al covid, i bollettini ci raccontano che il giorno 7 aprile ci sarebbero stati 627 morti, oltre duecento più del giorno prima, con 21 ricoverati in meno nei reparti ordinari e addirittura 60 in meno nelle terapie intensive. Dici che quelli usciti dagli ospedali lo hanno fatto tutti coi piedi in avanti? Sembrerebbe di no, visto che fra dimessi e guariti nello stesso giorno fanno un mucchio di 20.927 persone: per quanto tempo ancora continueranno a riempirci di balle? Per quanto tempo ancora continueranno a terrorizzare la popolazione con questi ridicoli numeri inventati? E per quanto tempo ancora la popolazione continuerà a bersi queste ignobili menzogne e a lasciarsi terrorizzare come polli nel pollaio?

Concludo con una nota di politica interna

e una di politica estera

barbara

PERCHÉ VOGLIAMO ACCOGLIERE I “MIGRANTI”?

Perché siamo buoni? Perché siamo generosi? Perché li vogliamo aiutare? Per offrire loro una vita migliore? MAPPEPPIACIERE! Li vogliamo perché ci servono!

Che infatti chi è qui da noi con questo white power che ci attacchiamo in questa Europa bianca morta, chi è che sa come si fa a coltivare il grano, eh? Voi per caso conoscete qualcuno che lo sappia fare? No, eh! E a questi nostri bambini rachitici perché noi non gli sappiamo fare i massaggi, ci pensate, voi? No, eh! Quanto ai mulini a costo zero su cui l’amico Marcoz ha scioccamente ironizzato in un altro blog (“Mulini a costo zero e massaggi per le ossa. Niente su moto perpetuo e su metodi naturali per sconfiggere il cancro?”), rispondo quello che gli ho già risposto di là: sono perfettamente fattibili: si attacca il negro alla macina e lo si fa girare girare girare. Dargli da mangiare non è necessario, tanto quando muore  le ONG te ne procurano un’altra carrettata. Poi il cadavere lo vendi alle industrie di cibo per animali, così ti rende anche da morto. Tutto come ai bei tempi antichi: trecento anni fa le navi negriere andavano in Africa a prelevare gli schiavi negri che i razziatori locali avevano già provveduto a fargli trovare pronti per coltivare il cotone (senza tuttavia dimenticare che in quanto a razzie e schiavitù i negri non hanno né l’esclusiva, né la preponderanza), oggi le navi negriere vanno in Africa a prelevare gli schiavi negri che i razziatori locali hanno già provveduto a fargli trovare pronti per raccogliere angurie (o altro) a poco più di un euro al quintale, o per ingrassare la mafia del traffico di droga, della prostituzione, o di traffici minori come quello del pizzo ai parcheggi per non far trovare le auto con le fiancate sfregiate eccetera. O per il traffico di organi. Poi magari a tempo perso ci facciamo anche insegnare come si fa a coltivare il grano, o come si fanno crescere i bambini con le ossa sane. L’unica cosa che non mi torna sono i Nobel che vengono tutti vinti dai sudamericani: io sapevo che a vincerne uno sfracello erano gli ebrei, che stiamo invece facendo scappare dall’Europa a decine di migliaia. Ah già, anche a questo effettivamente ci servono un sacco i “migranti”, che si stanno dando molto da fare a farli scappare.

Quanto a questa Europa bianca morta, bisogna effettivamente riconoscere che l’impegno a farla diventare sempre meno bianca e sempre più morta ha fatto un salto di qualità con la nomina al parlamento europeo delle criminali Christine Lagarde e Ursula von der Leyen e del delirante David Sassoli (“le ong sanno che la porta del Parlamento europeo è sempre aperta: la apriremo ancora di più”). E per quanto riguarda la nave negriera le cui vicende hanno tenuto banco nelle ultime settimane, lo sapevate che la signora (mi rifiuto di attribuirle titoli istituzionali) che ha messo in libertà senza alcun tipo di limitazione la deportatrice di schiavi negri è stata in passato accusata di calunnia, falso ideologico e abuso?

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!

Sic transit gloria mundi

barbara

DONNE A CONFRONTO

ursula-von-der-leyen
oriana-fallaci-velo
Sì, lo so, lei ha detto che poi se lo è levato, e magari sarà anche vero, per carità, però di questo suo coraggioso atto di ribellione di fronte all’ayatollah non esiste alcuna prova: gli unici documenti che abbiamo di quell’incontro sono le immagini di lei coperta di nero dalla testa – testa inclusa – ai piedi. Quindi vediamo di piantarla con la litania della Fallaci meglio di Bonino,
emma-bonino-velo
meglio di Mogherini,
mogherini-velo
meglio di Boldrini:
lauraboldrini-velo
meglio un accidente, quelle almeno hanno conservato i colori e un ciuffo di capelli, lei neanche questo (no, scusate, è che io i santini proprio non li sopporto abbiate pazienza).

barbara