È il titolo del libro di Roberto Burioni, ed è un titolo che esprime un concetto molto chiaro: esprimiamo opinioni quando diciamo ciò che pensiamo su cose per le quali non esiste un vero e un falso, un giusto e uno sbagliato; i vaccini non rientrano in questa categoria: se dico che i vaccini sono sicuri dico una cosa vera, se dico che sono pericolosi dico una cosa falsa. E Roberto Burioni lo dimostra inconfutabilmente, con spiegazioni chiare e semplici da poter essere capite anche da chi sia totalmente digiuno sia della materia che di cultura in generale, con assoluto rigore metodologico, con dovizia di esempi, con logica inoppugnabile. Andrebbe letto da tutti, e sono sicura che chi è intellettualmente onesto lo farà. Del testo voglio riportare solo una pagina, questa.
A riprova della teoria del collega e amico Adriano Aguzzi, secondo la quale le cretinate fanno presa anche sulle menti intelligenti, tra gli oppositori della vaccinazione [antivaiolosa] ci fu anche Lord Byron (che la definì “una moda passeggera”) e questo può essere di consolazione per chi oggi si rammarica a causa delle posizioni antivacciniste di Eleonora Brigliadori e Red Ronnie [oddio, accostare questi due nomi – e il primo soprattutto – a “menti intelligenti”…]. Tuttavia il bello della scienza è che prima o poi (spesso prima) la verità viene a galla. I fatti hanno la loro forza inarrestabile. Quando durante la guerra franco-prussiana del 1870 scoppiò una terribile epidemia di vaiolo, tra i soldati prussiani che erano stati vaccinati con germanica precisione ci furono 440 morti, mentre l’esercito francese ne dovette contare oltre 23.000. Oramai nessuno metteva più in dubbio l’efficacia del vaccino, che grazie al contributo decisivo di due italiani (Michele Troja e Gennaro Galbiati) era diventato più semplice da produrre e più efficace. Con quest’arma l’umanità cominciò una marcia trionfale contro il vaiolo. Nel 1974 una bimba, Prisca Elias, fu l’ultima persona infettata dal virus nel Botswana; nel 1976 Kausar Parveen chiuse il capitolo in Pakistan, poco dopo Rahima Banu in Bangladesh e Amina Salat in Etiopia furono gli ultimi malati nei loro paesi. Il cerchio si stava stringendo. Nella serata del 12 ottobre 1977 Ali Maow Maalin, un cuoco somalo ventitreenne, portò in auto due fratellini ammalati di vaiolo dall’ospedale per il quale lavorava verso il centro locale di sorveglianza contro la malattia. Il viaggio era di un solo quarto d’ora e Ali fu molto attento. Ma il 22 ottobre cominciò a stare male; all’inizio si pensò che la causa fosse la malaria, invece era il vaiolo. Ali non voleva finire in isolamento e non si era presentato subito all’ospedale; così entrò in contatto con 161 persone. Ma grazie alla vaccinazione diffusa il virus uscito dal corpo di Ali non riuscì a trovare un solo individuo vulnerabile e quindi non fu in grado d’infettare nessun’altra persona. Non essendo in grado di riprodursi, nel momento in cui l’ultima particella virale dispersa nell’ambiente da Ali perse la capacità d’infettare, il virus semplicemente scomparve dalla faccia della terra. Fu l’ultimo caso di vaiolo nella storia dell’uomo. L’8 maggio 1980, con una cerimonia ufficiale, l’Organizzazione mondiale della sanità dichiarò che il virus del vaiolo era scomparso dal pianeta. Una delle piaghe più terribili che il genere umano avesse mai conosciuto era ormai debellata. Non c’era più bisogno di vaccinarsi, siccome la malattia non esisteva più. Il virus aveva perso. Perché dovete sapere che i virus sono terribili, ma hanno un tallone d’Achille. Sono feroci come lupi affamati, ma vengono sconfitti dal gregge, quando il gregge si procura l’immunità.
Immagino che non per tutte le malattie sia possibile arrivare a una così totale sconfitta del virus (non per quelle che possono contagiare anche gli animali, per esempio), ma per alcune sì. Se non ci siamo ancora arrivati, e per molto tempo ancora saremo costretti a continuare a vaccinare i nostri bambini per queste malattie, ne dobbiamo ringraziare gli antivaccinisti, che danno loro (alle malattie) la possibilità di continuare a circolare e infettare e proliferare. Grazie, signori, a nome di tutta l’umanità.
Roberto Burioni, Ilvaccino non è un’opinione, Mondadori
barbara