SPIGOLATURE 3

Premessa importante: per ogni attività che fallisce, c’è un cinese pronto a comprarla per due soldi. E l’imprenditore fallito DOVRÀ vendergliela, perché lui deve mangiare, e nessun altro, qui, è in grado di comprargliela, perché chi non è ancora fallito è messo poco meno peggio di lui. E quando si saranno comprati tutta l’Italia, ci terranno per la gola, o per le palle, che dir si voglia, e faranno di noi tutto ciò che vorranno.

Cominciamo con qualcosa di leggerino, come quegli stuzzichini che accompagnano l’aperitivo e precedono l’antipasto che precede il pasto vero e proprio, per esempio queste vignette sulle misure prese dal nostro lungimirante governo per garantire le distanze di sicurezza, sul regime di semilibertà graziosamente concesso da Sua Maestà
15+1
bartobus
e questa dotata di didascalia
posso uscire
dpcm fase 2.

Posso uscire?
-siiiiiii?
-a no?
-boh!

(Piera Rossi, qui)
sulla classificazione dei beni di prima necessità, in cui i cani vengono prima degli umani,
tosacani
congiuparr
e sulla bizzarra questione di congiunti e affetti stabili – ma amici esclusi – con cui credo che ci siamo coperti di ridicolo di fronte al mondo intero
amico
E poi questa versione attualizzata di un’antichissima gag.

Il presidente Conte, in visita ufficiale in Germania, viene invitato per un tè da Angela Merkel.
Durante l’incontro le chiede qual è la sua strategia di leadership, e lei risponde che consiste nel circondarsi di persone intelligenti.
A questo punto Conte le chiede come fa a giudicare se siano intelligenti.
‘Lo capisco facendogli la domanda giusta.’, risponde la Merkel.
‘Mi permetta di dimostrarglielo.’
La Merkel allora telefona al ministro delle finanze Schauble e dice:
‘Signor Ministro, la prego di rispondere alla seguente domanda: sua madre ha un bambino, e suo padre ha un bambino, e questo bambino non è né
suo fratello né sua sorella. Chi è?’.
Schauble risponde:
‘Ovviamente sono io!’ [io che amo la logica qui interverrei a gamba tesa, perché non viene detto che il bambino del padre e quello della madre siano la stessa persona e non i due figli di primo letto di ognuno di loro, nel qual caso non sarebbero fratelli bensì fratellastri, per cui risponderebbero perfettamente alle caratteristiche descritte nell’indovinello. Poi volendo ci sarebbero ortografia e grammatica che ho dovuto correggicchiare qua e là, ma insomma, non si può pretendere tutto dalla vita. Soprattutto in tempi di coronavirus]
‘Corretto! Grazie, e a risentirci.’, dice la Merkel.
La Merkel attacca la cornetta e dice:
‘Ha capito Herr Conte?’.
‘Sicuro. Grazie mille. Farò senz’altro anch’io cosi!’.
Al rientro a Roma decide di mettere alla prova uno dei suoi ministri.
Fa quindi venire a palazzo Chigi Di Maio, e gli dice:
‘Ascolta, Gigì, mi chiedevo se potessi rispondere a una domanda.’.
‘Certamente, signor Presidente, cosa vuole sapere?’.
‘Ehm, tua madre ha un bambino, e tuo padre ha un bambino, e questo bambino non è ne tuo fratello ne tua sorella. Chi è?’.
Di Maio ci pensa un po’, poi imbarazzato dice:
‘Posso pensarci meglio e rispondere poi correttamente?’.
Conte acconsente, e Di Maio se ne va.
Appena uscito da palazzo Chigi, Di Maio prova a chiedere a Zingaretti, poi organizza subito una riunione con altri colleghi di partito, i quali si lambiccano il cervello per diverse ore, ma nessuno riesce a trovare la risposta giusta.
A un certo punto Di Maio decide di chiamare Salvini, e gli spiega la situazione.
‘Adesso ascolta la domanda: tua madre ha un bambino, e tuo padre ha un bambino, e questo bambino non è ne tuo fratello ne tua sorella. Chi è?’.
Salvini risponde subito:
‘Ovviamente sono io! Razza di deficienti!!’.
Estremamente sollevato, Di Maio corre a Palazzo Chigi e dice a Conte:
‘Presidente, so la risposta alla sua domanda! So chi è il bambino! E’ Salvini!’.
E Conte risponde, disgustato:
‘Cretino, è Schauble!’

E torno alla gravissima questione dei congiunti e degli affetti stabili che Sua Maestà graziosamente ci concede di incontrare – a patto beninteso che ci comportiamo bene, altrimenti la graziosa concessione ci verrà tolta.

Sui “congiunti” l’ennesimo pasticcio del governo Conte-Casalino: caos e invasione della sfera personale

Quello dei “congiunti” è l’ennesimo pasticcio del governo nella gestione della crisi causata dal coronavirus. Sembrerebbe un’inezia ma un’inezia non è, perché rappresenta plasticamente l’incapacità comunicativa e politica dell’Esecutivo Conte, oltre che una certa tendenza autoritaria. In una settimana, infatti, Palazzo Chigi non è riuscito a fare chiarezza su chi siano i congiunti. Dalla conferenza stampa di domenica scorsa si sono susseguite voci, smentite e controsmentite, ma non si è ancora capito chi si potrà visitare. Sicuramente i parenti, probabilmente i partner e forse gli amici che però sabato sera fonti di Palazzo Chigi ritenevano “affetti non stabili”. A parte l’assurdità secondo la quale spetta al governo stabilire chi è un affetto stabile e chi non lo è, resta l’incertezza. Conte aveva sostenuto che dal 4 maggio non ci sarebbe stato un liberi tutti. Ma se i congiunti oltre ai parenti sono amici e fidanzati si assisterà proprio a quello che l’Esecutivo aveva provato a scongiurare.

Le vie percorribili da Conte, in vista della graduale riapertura, erano sostanzialmente due: impedire per altre due settimane le uscite extra-lavorative e legate ai beni di prima necessità, o ristabilire la libertà di movimento, a patto del mantenimento delle norme del distanziamento sociale e delle precauzioni igienico-sanitarie. La scelta dei congiunti rappresenta invece la solita via di mezzo tipica del contismo, che lascia più dubbi che certezze e che richiede la presenza dello stesso Conte per sbrogliare una matassa appositamente creata. Un circolo vizioso che innesca anche un pericoloso percorso che rovescia la gerarchia delle fonti: le FAQ che devono interpretare i Dpcm che a loro volta devono essere chiarificate dalle veline di Palazzo Chigi. Un processo che, come si vede, necessita del duo Conte-Casalino per essere portato a compimento.

Con questo intricato sistema, tra l’altro, il governo riesce facilmente a inserirsi nella vita degli italiani, stabilendo la natura delle loro relazioni personali. Una pesante violazione della sfera individuale che viene praticamente invasa da uno Stato che si ritiene in diritto di giudicarne l’intimità. Un modo di agire che, ancora una volta, non sorprende vista la propensione di Conte a “concedere” diritti e libertà. Come sottolineato chiaramente dal sindaco di Roma Virginia Raggi, che in una sfortunata clip ha definito la riapertura dei parchi come una “concessione” di Palazzo Chigi, che dovremmo addirittura dimostrare di “meritarci”. Anche in questo caso lo Stato educa i suoi sudditi come un padre che eroga premi e punizioni. Bastone e carota per i cittadini, che qualcuno crede debbano essere rieducati più che serviti.

 Martino Loiacono, 4 Mag 2020, qui.

Valentino Baldacci

Il chiarimento ministeriale in base al quale i fidanzati possono vedersi ma non toccarsi pone un problema ben più serio dell’apparente ridicolaggine. E’ l’espressione del tentativo di entrare nel merito dei rapporti privati tra le persone al di là di ogni necessità di carattere medico, significa un passo in direzione del controllo dei comportamenti morali dei cittadini. Non stupisce che questo tentativo venga dai M5s, la cui indifferenza verso i principi liberali è nota così come il loro falso moralismo. Ma è inammissibile che venga accettato dal PD e anche da Italia Viva. Purtroppo in Italia è debole – a sinistra come a destra – il principio liberale fondato sul vincolo libertà-responsabilità. A ciò si aggiunge il fatto che questa prescrizione è contenuta in una FAQ governativa che così viene elevata a fonte del diritto, altra cosa inammissibile.

I CONGIUNTI ED IL TOTALITARISMO STRISCIANTE

Ieri sera il leader maximo ha sentenziato: “si potranno andare a visitare i congiunti”.
Subito, in tutti, sorge l’angoscioso dilemma: CHI sono i congiunti?
Il vocabolario italiano della lingua Treccani così definisce la parola “congiunto”:
participio passato di congiungere.
Chi è legato ad altri da un vincolo di parentela.
Affine, consanguineo, familiare, parente.
Lasciamo perdere i participi. E’ “congiunto” il parente, quindi il grande Conte ci permette di visitare i parenti.
Nuova angosciosa domanda: e i fidanzati e le fidanzate?
Possibile che Tizio possa visitare un cognato ma non Tizia, sua amata fidanzata?
Nuove angosciose ricerche, nuovi studi di ermeneutica per interpretare il pensiero autentico di Winston Conte.
Interviene il ministro (la ministra per i politicamente corretti) De Micheli che twitta:
“i congiunti sono anche i fidanzati, e si possono incontrare ovviamente mantenendo le distanze…”.
Tutto risolto? NO. Chi lo dice che i fidanzati siano congiunti? Legalmente questo non è vero. La figura del “fidanzato” non ha valore legale. L’articolo 80 del codice civile definisce il così detto fidanzamento come un “ mero fatto sociale e non produttivo di alcun effetto giuridico diretto”.
Siamo di nuovo in alto mare. I fidanzati sono congiunti o no? Tra l’altro chi fa più ormai, in Italia ed in occidente, cerimonie ufficiali di fidanzamento? Su, siamo seri.
Qualcuno avanza l’ipotesi che i fidanzati, per essere considerati congiunti, devono avere un rapporto stabile. Ma, QUALE rapporto è stabile? Due che si vedono da solo un mese ma sono innamorati cotti hanno un rapporto poco stabile? Altri due che si vedono da anni solo per farsi una scopatina ogni tanto lo hanno più stabile? Misteri.
E gli amanti? Di certo loro non sono congiunti, come la mettiamo?
E gli omosessuali? Il loro è un rapporto fra “congiunti” o no? Attento signor Conte che rischia qualche accusa di “sessismo”!
Scherzi a parte, i casi sono due: o andare a trovare persone che conosciamo può provocare migliaia di morti, ed allora la cosa va vietata, congiunti o non congiunti. O non ha simili tragiche conseguenze ed allora distinguere fra congiunti e non congiunti è semplicemente ridicolo.
SOLO IO posso decidere chi mi va di vedere. Solo io posso stabilire se, PER ME, è più importante vedere un cognato o un caro amico.
Dietro alle direttive di Conte si nasconde, malamente, una mostruosa mentalità autoritaria: è lo stato a stabilire chi è importante PER TE. E’ il presidente del consiglio che decide chi tu hai diritto di incontrare e chi no, quali fra i sentimenti che tu provi nei confronti di altre persone sono degni di essere soddisfatti e quali no. Qui l’emergenza sanitaria non c’entra, c’entra una possibile emergenza totalitaria.
Non mi stupirei se dopo la commissione contro l’odio e la task force conte le fake news il grande Conte mettesse su una task force che controlli i nostri sentimenti, magari anche le nostre passioni e pulsioni.
Fuor di ironia e di sarcasmo: non se ne può più di questo incredibile personaggio!!!! (qui)

E chiudo con questo intenso intervento di Vittorio Robiati Bendaud (l’audio parte dal minuto 1)

barbara

IL SINDACO DI PALERMO, ARAFAT E LA PACE

di Valentino Baldacci

Bene ha fatto l’UCEI a usare un linguaggio prudente definendo Yasser Arafat “un personaggio controverso” e “inopportuna” la decisione del Comune di Palermo di intitolare un tratto del lungomare al leader palestinese. Ha fatto bene a usare un linguaggio prudente per le responsabilità che gravano sull’organizzazione che rappresenta gli ebrei italiani.
Ma alla stessa prudenza non è tenuto il privato cittadino che, di fronte all’incredibile decisione del sindaco Leoluca Orlando, ha la possibilità e anche il dovere di parlare chiaro. E allora si deve dire che Arafat non è stato solo il capo di un’organizzazione terroristica ma che su di lui grava l’enorme responsabilità di aver distrutto ogni speranza di pace e di fine del conflitto israelo-palestinese. Fu lui a far fallire i colloqui di Camp David dell’estate del 2000 e di quelli successivi di Taba, quando la pace era a portata di mano, come alcuni leaders palestinesi hanno in seguito ammesso. La sua scelta di far fallire il negoziato getta una diversa luce anche sugli accordi di Oslo del 1993 che, sulla base degli eventi successivi, appaiono solo una mossa tattica di una dirigenza in difficoltà per guadagnare tempo e per assicurarsi una base territoriale da cui riprendere la lotta.
Ma se su Arafat ricade la responsabilità del fallimento della possibilità di un accordo di pace e quella della morte di tanti cittadini israeliani e palestinesi, questi ultimi gettati allo sbaraglio per mantenere aperto il conflitto, una responsabilità altrettanto pesante grava anche su coloro che – in Italia e più in generale in Occidente – fanno credere alla leadership e alla popolazione palestinese di avere un appoggio tale da consentire loro di non ricercare la pace e di continuare a perseguire i loro obiettivi con la violenza.
Sono gravi le responsabilità di Sindaci come Leoluca Orlando e come il suo omologo napoletano Luigi De Magistris, come lo sono quelle di altri rappresentanti delle istituzioni che contribuiscono con il loro comportamento a rafforzare nella leadership palestinese la convinzione che la lotta armata è il solo strumento per conseguire i propri obiettivi. Come grave è la responsabilità di tutte quelle organizzazioni (associazioni propal, centri sociali ecc.) che contribuiscono anch’essi a creare nella leadership palestinese l’illusione di un sostegno che in realtà riguarda solo alcune frange estremiste del quadro politico italiano. Lo stesso discorso si può fare per quelle organizzazioni internazionali – dall’ONU all’Unione Europea – che – dietro lo schermo degli aiuti umanitari – continuano a sostenere e a finanziare le organizzazioni palestinesi.
Se la leadership palestinese fosse messa davanti alla realtà dei fatti, e cioè che il sostegno alla loro politica viene soltanto da Paesi come l’Iran e dai suoi satelliti, mentre gli altri Paesi arabi moderati li hanno da tempo abbandonati, avrebbe da tempo accettato di sedere seriamente al tavolo della pace, risparmiando al proprio popolo, oltre che a quello israeliano, tante sofferenze.

(moked, 31 ottobre 2019)

Bene ha fatto il buon Valentino Baldacci a usare un linguaggio prudente nei confronti dell’UCEI, visto che ha pubblicato questo articolo sul loro giornale; ma noi, privati cittadini, non abbiamo la necessità di usare la stessa prudenza, e ci permettiamo di dire senza mezzi termini che la reticenza dell’UCEI nei confronti di Arafat e del sindaco Orlando è semplicemente inqualificabile. E Grazie a Valentino Baldacci che ha avuto il coraggio di chiamare le cose col loro nome.
soldigaza
barbara

MAXIMA DEBETUR PUERIS REVERENTIA

Un po’ in ritardo, arrivo anch’io a dire la mia sull’argomento, tramite questo articolo, che condivido totalmente.

Potrà sembrare fuori tempo questo richiamo alla massima latina, che, al singolare “puero”, si ritrova in Giovenale e in Quintiliano; eppure essa è quanto mai attuale, perché di “reverentia” – che in questo caso si potrebbe tradurre con “rispetto” – ne è stata offerta assai poca agli studenti dell’Istituto Tecnico Industriale Vittorio Emanuele III di Palermo. Perché non c’è rispetto quando un insegnante – anziché trasmettere conoscenza – interpreta il suo ruolo come trasmissione di opinioni. E questo è diventato il male che sta corrodendo la scuola italiana: sempre meno conoscenza, sempre più opinioni, più o meno condivisibili ma pur sempre opinioni. Quanto agli studenti che, come adolescenti, non si possono definire “pueri”, sono pur sempre persone in formazione, la cui personalità si sta trasformando proprio attraverso l’acquisizione di conoscenze sempre più vaste, e quindi il rispetto per questo loro processo evolutivo dovrebbe essere massimo.
Tre sono le ragioni per le quali è inaccettabile l’accostamento che gli studenti dell’Istituto tecnico di Palermo – ovviamente seguendo le indicazioni dell’insegnante (perché, se così non fosse, sarebbe anche peggio, perché allora non si capisce che ci sta a fare in classe) – hanno creduto di sostenere tra le leggi razziali del 1938 e il recente decreto sulla sicurezza voluto dal ministro dell’Interno Salvini. Ragioni di metodo innanzi tutto; ragioni di contenuto; e infine ragioni legate alla funzione della scuola e specificamente dell’insegnamento.
Le ragioni di metodo riguardano l’inaccettabile abitudine che si sta sempre più diffondendo di proporre come termine di paragone per qualsiasi evento di cui si dà un giudizio negativo le leggi del 1938 o addirittura la Shoah. Se in questo riferimento si può cogliere l’aspetto positivo dato dalla consapevolezza di quanto enorme sia stato il crimine commesso con le leggi razziali (per non parlare dello sterminio degli ebrei), tuttavia è soverchiante l’aspetto banalizzante di questi confronti. Le leggi razziali del 1938 possono sopportare il confronto solo con altre leggi dello stesso genere, come le leggi di Norimberga, non con altri atti che con l’antisemitismo niente hanno a che fare. Addirittura odioso è il confronto, che sempre più spesso viene proposto, di varie situazioni con la Shoah, di fronte alla quale sono possibili solo lo studio e la meditazione, o altrimenti il silenzio.
Dal punto di vista del contenuto l’accostamento del decreto sulla sicurezza alle leggi del 1938 può essere proposto solo da chi ha un’ignoranza totale delle une e dell’altro. Le leggi del 1938 esclusero un’intera categoria di uomini e di donne dal diritto stesso di cittadinanza, preparando con ciò il terreno per la loro eliminazione fisica, che si cercò di attuare dopo l’8 settembre 1943. Se il progetto non fu attuato integralmente ciò non dipese dalla volontà di chi l’aveva concepito, ma dalle circostanze e dalla resistenza che ad esso opposero non solo gli ebrei ma anche tanti cittadini di ogni categoria. Il decreto sulla sicurezza voluto dal ministro Salvini – che può essere contestato e rifiutato con mille argomenti – non sembra contenere alcuna norma che possa essere in alcun modo accostata a quelle del 1938.
Infine la funzione della scuola e specificamente quella dell’insegnamento. Che è fondamentalmente quella di trasmettere conoscenza, e di abituare a esprimere opinioni solo dopo l’acquisizione, appunto, di fondate conoscenze. Altrimenti si perde ogni distinzione tra la scuola e altri luoghi della socializzazione, come le cene tra amici, le chiacchiere al caffè, la partecipazione ai talk-shows ed altre forme della convivenza, tutte ben diverse da quella che si realizza in quello specifico luogo che si chiama scuola.
La scuola in generale, ma anche quella specifica scuola di Palermo, che farebbe il dovere suo se cominciasse intanto a cambiare nome, sostituendo quello del sovrano che appunto delle leggi del 1938 fu il firmatario. Ma forse questo aspetto non era a conoscenza di chi ha proposto il confronto con il decreto sulla sicurezza.

Valentino Baldacci (23 maggio 2019)

Aggiungo, di mio, che la sospensione dell’insegnante, per un comportamento che niente ha da spartire con la libertà di insegnamento, né con la libertà di espressione, e che ha gravemente nociuto agli alunni da ogni punto di vista, era sacrosanta, e pessimo segnale ha dato il provvedimento di revoca.

barbara