E TORNIAMO IN MEDIO ORIENTE

per parlare della geniale soluzione in tre fasi che l’amico let’s go Brandon ha escogitato per risolvere la guerra hamas-Israele.

La prima di queste, che dovrebbe durare sei settimane [interessante, tra le altre cose, l’avere idee precise su quanto debba durare una fase di qualcosa di cui si conosce meno di zero], prevederà un cessate il fuoco pieno e completo [che naturalmente sarà rispettato da entrambe le parti], il ritiro delle forze israeliane da tutte le aree popolate di Gaza [cioè quelle in cui si trovano i tunnel, in cui si nascondono la maggior parte dei terroristi, in cui sono stivate la maggior parte di armi munizioni ed esplosivi, in cui sono stati nascosti gli ostaggi rapiti], il rilascio di un certo numero di ostaggi [prego???] tra cui donne, anziani e feriti in cambio del rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi [che non sono stati arrestati per guida senza patente o per furto di caramelle alla menta, e che appena liberati riprenderanno a compiere attentati, esattamente come dopo la criminale liberazione di oltre 1000 terroristi assassini in cambio di Gilad Shalit, fra cui Yahya Sinwar, pianificatore della strage del 7 ottobre]. Inoltre, verranno restituiti ai familiari i corpi delle vittime massacrate nel raid del 7 ottobre [esiste la possibilità – e la volontà – di controllare che siano tutti?] e nel contempo gli aiuti umanitari a Gaza aumenteranno [in modo da arricchire ulteriormente hamas che se li accaparra e li vende a prezzi esorbitanti] grazie all’invio di 600 camion che ogni giorno faranno la spola per scaricare medicinali e generi di prima necessità.
In questo periodo continueranno le trattative tra Israele e Hamas “per arrivare – secondo Biden – alla fase due, che rappresenta la fine permanente delle ostilità.” [perché la conclusione di una guerra non dipende dalla situazione sul campo, no: la fine della guerra si stabilisce a tavolino quando lo decreta l’autoproclamato burattinaio] Questo passaggio, che rappresenta il punto nodale dei negoziati, vedrà anche la partecipazione di Stati Uniti, Egitto e Qatar [cioè uno dei principali sponsor mondiali del terrorismo] nel ruolo di mediatori. Qualora si giunga ad una accordo, inizierà la seconda fase durante la quale saranno rilasciati tutti gli ostaggi israeliani (anche i soldati catturati in questi mesi di guerra) [interessante iniziativa, resa ancora più interessante dal fatto che hanno ripetutamente dichiarato che li detengono i cosiddetti civili e non hanno idea di dove si trovino], e l’esercito di Tel Aviv si ritirerà dalla Striscia [obiettivo primario di hamas e di Biden].
Dopodiché, ci dovrebbe essere la terza fase in cui, con la restituzione di tutti gli ostaggi israeliani uccisi da Hamas [? Non li avevano già restituiti nella prima fase? A che gioco stiamo giocando, ragazzi? (Domanda puramente retorica, ovviamente: è da quel dì che sappiamo perfettamente a che gioco stanno giocando)] si getteranno le basi per la ricostruzione della Striscia. Ne faranno parte i paesi arabi con il probabile contributo dell’Occidente, dato che al momento i danni stimati ammonterebbero a oltre 40miliardi di dollari.* «Questa è l’offerta che è ora sul tavolo», ha concluso Biden che nel suo discorso ha assicurato che Hamas non è più in grado di compiere un attacco come quello del 7 ottobre scorso, viste le ingenti perdite subite. [E il centinaio abbondante di missili lanciati OGNI GIORNO dal 7 ottobre (non diraderebbero un po’ se si stessero avvicinando alla fine delle scorte?) ossia da 240 giorni ossia almeno 25.000, in aggiunta ai 5000 in poche ore del 7 ottobre. Per non parlare di tutte le armi che potranno comprare con la vendita degli aiuti umanitari rubati alla popolazione] (Qui)

* Non si capisce davvero perché dovremmo contribuire noi, dal momento che:

Centinaia di milioni di shekel rubati da Hamas dalle filiali bancarie di Gaza

Lo rivela l’IDF

di Michelle Zarfati

Il portavoce in lingua araba delle Forze di difesa israeliane, il tenente colonnello Avichay Adraee, ha diffuso mercoledì un documento di Hamas, che mostra come l’organizzazione avesse pianificato di rapinare le casseforti delle banche di Gaza. Un mese dopo dal massacro del 7 ottobre, centinaia di milioni di shekel sarebbero stati rubati da Hamas dalle filiali bancarie della Striscia di Gaza. “Stiamo rivelando un documento scritto da un alto funzionario di Hamas, che mostra che in seguito alle difficoltà finanziarie di Hamas durante la guerra, i terroristi dell’organizzazione hanno fatto irruzione nelle filiali della Banca di Palestina a Gaza rubando oltre 400 milioni di shekel”, ha detto Adraee in un video pubblicato sul suo account X.
“All’inizio di febbraio, i terroristi di Hamas hanno minacciato il personale della Banca di Palestina nel quartiere Rimal di Gaza City, intimando loro di non prelevare i contanti dalle casseforti della banca. Il 16 aprile hanno rubato centinaia di milioni di shekel dalla filiale. Due giorni dopo , hanno fatto irruzione in un’altra filiale a Gaza City e hanno rubato decine di milioni di shekel. Il 19 aprile, i terroristi hanno commesso un’altra rapina presso la filiale principale della banca a Gaza City, rubando centinaia di milioni di shekel”, ha continuato Adraee. “Cosa diranno gli abitanti di Gaza, che diventano ogni giorno più poveri a causa delle sanguinose battaglie di questi tiranni assassini di bambini? Hamas deruba senza vergogna i cittadini della Striscia di Gaza per sopravvivere e finanzia i suoi terroristi attivi sulle spalle e sulle tasche degli abitanti della Striscia di Gaza”, ha concluso il portavoce.
Circa un mese e mezzo fa, il Ministero della Difesa e l’IDF hanno trasferito 12 milioni di shekel alla Banca di Israele, che sono stati successivamente sequestrati nelle roccaforti terroristiche nella Striscia di Gaza. Questa somma si aggiunge ai circa 17 milioni di shekel sequestrati nella Striscia di Gaza dall’inizio della guerra e depositati con una procedura simile presso la Banca d’Israele. L’organismo responsabile della localizzazione del denaro è la Direzione tecnologica e logistica dell’IDF (TLD), che ha confiscato e localizzato i fondi terroristici nella Striscia di Gaza.
Il processo di conteggio del denaro ha avuto luogo nella base di Tzrifin ed è durato circa cinque ore. Sul posto erano presenti il capo del dipartimento delle Finanze del Ministero della Difesa, i comandanti del Dipartimento delle Pubbliche Relazioni, il vice contabile generale del Ministero delle Finanze e altri rappresentanti che hanno supervisionato il processo. Alla fine, il denaro è stato messo in apposite buste e un camion della “Brinks” è arrivato sul posto e ha trasferito il denaro per essere depositato presso la Banca d’Israele.

(Shalom, 31 maggio 2024)

100 milioni di shekel sono circa 25 milioni di euro, e le centinaia di milioni rubati sono molte: che comincino con quelli, poi prendano i miliardi dei capi nababbi che vivono all’estero, poi quelli di tutti i conti bancari esteri dei suddetti capi nababbi, poi vendano le loro ville hollywoodiane, poi vendano tutte le armi in loro possesso e se rimane ancora da fare, si arrangino. O provveda zio Joe che li ama tanto, magari con tutti i soldi dei giochi sporchi fatti con Ucraina, Cina e tutto il resto.

Ad altri, più competenti di me, affido il compito di commentare la delirante proposta di Biden.

Il piano poco geniale di Biden per Gaza

Descrivendo il piano come un percorso verso “una fine duratura” al conflitto attuale, Biden ha detto che Hamas “non è più in grado di portare avanti un altro 7 ottobre”. Ne siamo proprio sicuri?

di Maurizia De Groot Vos

Sono tre i motivi principali per cui Israele ha scatenato l’offensiva contro Hamas a Gaza: riportare a casa gli ostaggi, fare giustizia sull’eccidio del 7 ottobre e fare in modo che Hamas non possa mai più in alcun modo nuocere né a Israele né ai cittadini israeliani.
Il mancato raggiungimento anche di uno solo di questi obiettivi inficia qualsiasi ipotesi di cessate il fuoco e questo a prescindere da chi ci sia al governo a Gerusalemme [e fa sì che tutti i soldati morti in questa guerra siano morti per niente].
Ora, ieri sera il Presidente americano, Joe Biden, ha presentato il piano (definito “israeliano”) per un cessate il fuoco temporaneo da trasformare in un cessate il fuoco permanente dopo che gli ostaggi rimasti in vita e i corpi dei defunti saranno restituiti alle famiglie. Biden considera gli altri due punti raggiunti e quindi, secondo lui, giustizia è fatta per il massacro del 7 ottobre e, soprattutto, Hamas non è nelle condizioni di poter di nuovo nuocere a Israele.
Hamas è sia un esercito terrorista che l’organo di governo di Gaza dal 2007. L’accordo presuppone che il gruppo terrorista sia stato così danneggiato dall’esercito israeliano da non poter più svolgere efficacemente nessuna delle due funzioni. Delinea inoltre rapidi passi per sostituirlo, prima inondando Gaza con gli aiuti umanitari, poi ricostruendo Gaza e installando un nuovo governo sotto l’Autorità Palestinese che ora governa la Cisgiordania [e che ha nel proprio statuto ben 8 articoli che prevedono la distruzione di Israele come obiettivo primario e irrinunciabile].
Ecco dove fa acqua piano di Biden. Prima di tutto, per quanto possa essere stato danneggiato, ancora Hamas non solo è in grado di nuocere ma siccome l’intera struttura gerarchica della Striscia di Gaza dopo tanti anni di governo di Hamas è basata totalmente sul gruppo terrorista, è semplicemente impensabile che Hamas non riesca a infiltrare suoi uomini nei punti di comando della “nuova Gaza”.
In secondo luogo Biden continua a insistere di voler mettere la corrotta Autorità Palestinese al governo della Striscia di Gaza, una soluzione invisa sia a Israele che agli abitanti della Striscia e quindi impraticabile se non si vuole fare la fine del 2007 quando i dirigenti di Fatah volavano giù dai tetti dei palazzi di Gaza. Si era pensato a un “governatorato arabo” gestito da quei paesi arabi che hanno relazioni con Israele. Che fine ha fatto quella proposta? [Che comunque mi sembra ugualmente folle] E solo il pensare di mettere nelle mani di Abu Mazen i miliardi della ricostruzione va venire i brividi.
In terzo luogo c’è la questione non da poco della UNRWA alla quale verrebbe affidata la gestione degli aiuti umanitari. Dire UNRWA nella Striscia di Gaza significa dire Hamas. Non esiste un solo palestinese dipendente della UNRWA che non sia stato messo lì dal gruppo terrorista. Lasciare aperta l’agenzia ONU per i palestinesi significa quindi lasciare che Hamas gestisca tutto l’apparato umanitario. Che fine ha fatto l’obiettivo di distruggere completamente il gruppo terrorista palestinese?
Io capisco la necessità elettorale per Biden di chiudere velocemente la faccenda, ma questo accordo salva la vita di Hamas e di tutta la sua struttura, non rende affatto più sicuro Israele e non è detto che restituisca gli ostaggi o quello che rimane di loro. Non credo che si siano fatti quasi otto mesi di guerra per questo.

(Rights Reporter, 1 giugno 2024)

La capitolazione di Israele che chiede Biden

Il piano in tre fasi articolato ieri da Joe Biden nelle sue modalità essenziali, sei settimane di tregua congiunte a un cessate il fuoco completo e il ritiro di tutte le forze israeliane da Gaza e il rilascio di un numero limitato di ostaggi da pareggiare in ampio esubero con quello di terroristi palestinesi, a cui seguirebbe un negoziato preludente la fase due, ovvero la cessazione permanente delle ostilità con la liberazione di altri ostaggi e quindi l’avviarsi della terza fase la ricostruzione delle zone distrutte di Gaza, non è nulla di nuovo. Si tratta dello stesso canovaccio già presentato al Cairo e il cui esito sarebbe la sconfitta di Israele e la vittoria di Hamas. Nulla in questa bozza, infatti, fa accenno allo scopo fondamentale della guerra, che non è la liberazione degli ostaggi, ma la demilitarizzazione di Hamas a Gaza e il ripristino della sicurezza ai confini di Israele.
Come ha lucidamente evidenziato Jonathan Spyer su The Spectator, “È possibile che la pressione interna delle famiglie degli ostaggi e dei loro sostenitori che giungono fino al gabinetto di guerra, unita alla pressione esterna delle potenze occidentali derivante dall’indignazione per come si presenta la guerra, portino alla fine della campagna militare, lasciando intatto il potere di Hamas. Se così sarà, questo esito conterrà una lezione molto incoraggiante per tutti coloro che desiderano danneggiare le democrazie occidentali”.
Vincere la guerra, per Hamas, come qui non ci siamo mai stancati di ripetere, non significa sconfiggere l’esercito israeliano sotto il profilo militare, compito impossibile per l’esorbitante sproporzione di mezzi a disposizione a favore di Israele, ma restare a Gaza, potere continuare ad avere un ruolo politico nel suo futuro e dunque affermare di avere “resistito” contro “l’entità sionista”.
Per giungere a questo esito, Hamas necessita della garanzia incontrovertibile che Israele lasci Gaza, e che quindi termini la guerra. È la garanzia che la Casa Bianca, appoggiata in maggioranza dalle Cancellerie europee, desidera concedergli.

(L’informale, 1 giugno 2024)

Una cosa che  non andrebbe mai dimenticata ma che fa molto comodo dimenticare: noi parliamo di tregua, loro parlano di hudna, che con la tregua non ha assolutamente niente a che fare. Soprattutto fa comodo a Biden, che ha dimostrato in tutti i modi possibili di volere la salvezza di hamas.
In realtà un modo per risolvere davvero tutta la situazione ci sarebbe, perché abbiamo la fortuna di avere una signora, esperta politica, che ha capito quale è stata esattamente la causa del 7 ottobre, chi e che cosa lo ha provocato, e quindi basta semplicemente rimediare quell’errore e possiamo essere sicuri che non succederà mai più.

Nel frattempo, tuttavia, hezbollah sta martellando il nord di Israele: qui per esempio siamo a Kiriat Shmona

Gaetano Evangelista

Il nord di Israele brucia.
Nel solo mese di maggio Hezbollah ha lanciato dal Libano 325 attacchi. Più di dieci al giorno, in media. Con missili e droni.
Oltre centomila persone sono state costrette a lasciare le loro case. Da settimane vivono chi in albergo nel centro dello stato ebraico, chi in casa da parenti o conoscenti in luoghi più sicuri.
Su una popolazione di 9 milioni di abitanti, è più dell’un percento.
È come se in Italia oltre 600 mila persone fossero state costrette ad evacuazione. Che so, tutta la provincia di Bolzano e Belluno sgomberata con la forza perché dall’Austria arrivano attacchi incendiari devastanti e potenzialmente letali.
Il Libano è alla prostrazione economica e sociale, ma il governo è ostaggio del fondamentalismo sciita, ben finanziato dall’Iran.
È un esercito irregolare, che da anni occupa militarmente il sud del Libano, ignorando le risoluzioni delle Nazioni Unite e sfidando apertamente i caschi blu che, per non correre pericoli, si voltano dall’altro lato quando partono attacchi al di qua del fiume Litani (Leonte).
325 attacchi in un mese, e nemmeno un passaggio sui TG. Una noticina sui giornali. Un post svagato sulla pagine social dei media.
Per quanto tempo è tollerabile questa quotidiana aggressione?
Sappiamo già come andrà a finire: ad un certo punto gli israeliani risponderanno, e passeranno per i soliti cattivi. Un film visto e rivisto.

E mentre gli alunni vanno a scuola

E a proposito di All yes on Rafah, non sarebbe una cattiva idea provare anche

Quanto alla famosa strage di Rafah, di cui già si è parlato:

Chiudo con una brevissima riflessione sui risultati raggiunti per mezzo del terrorismo

e con un branco di pro-pal che fanno irruzione in un evento ebraico

Perché c’è una sola cosa da fare: non lasciarsi sopraffare.

Anzi no, ci ho ripensato. Concludo con questo promemoria, questa cosa che non dobbiamo mai dimenticare

barbara