LO “STATO DI PALESTINA”

Quello che l’Onu (che è, tra le innumerevoli cose dello stesso calibro, anche questa cosa qui: ONU ovvero TE LA DO IO LA PACE ) ha “riconosciuto” – e di virgolette ne occorrerebbero almeno una dozzina – lo “stato di Palestina” (a proposito del quale può essere il caso di rileggere qui e qui) e magari anche questa breve considerazione che non posso linkare per cessata esistenza della piattaforma sulla quale l’avevo pubblicata

TRE PAROLE

“Si tratta con chi c’è”. “Non sempre gli interlocutori si possono scegliere”. “Se abbiamo di fronte Hamas bisogna trattare con Hamas. Dopotutto è il governo democraticamente scelto dai palestinesi in democratiche elezioni”. Già sentite – vero? – queste belle frasi. Miliardi di volte. Ecco, ora io vorrei chiedere ai sostenitori della trattativa: voi avete letto lo statuto di Hamas? Letto tutto? Letto bene? Io l’ho fatto, e vorrei scambiare con voi due chiacchiere su questa faccenda. Probabilmente avete intenzione di dirmi che non mi dovrei impuntare sulla questione pregiudiziale della distruzione di Israele, perché su quella magari si potrebbe anche indurre Hamas a venire a patti. Se è questo che volete dirmi, risparmiatevi la fatica: non intendo parlare di questo. La questione della distruzione di Israele non mi interessa. Non in questo momento. Non in questo contesto. Non intendo occuparmi neanche del rifiuto pregiudiziale da parte di Hamas di qualunque trattativa nei confronti di Israele: anche questo, dopotutto, è secondario. Ciò di cui voglio parlare è altro. Ciò di cui mi voglio occupare sono tre parole. Tre parole che nello statuto di Hamas non ci sono. Tre parole che rappresentano il mantra di tutti i fautori del dialogo ad oltranza: “Stato di Palestina”. Non ci sono. Lo statuto di Hamas non parla di stato di Palestina. Non c’è un articolo, non c’è un comma, non c’è un paragrafo, non c’è una frase in cui compaiano le parole “Stato di Palestina”. Lo stato di Palestina non fa parte dei programmi di Hamas. Lo stato di Palestina non è nei progetti di Hamas. Lo stato di Palestina non rientra negli obiettivi di Hamas. Se Hamas vincerà la guerra e distruggerà Israele, dalle ceneri di Israele non nascerà lo stato di Palestina. La domanda, alla quale i dialoghisti senza se e senza ma sicuramente avranno una miriade di risposte da proporre, è: su che cosa trattiamo, con Hamas? [E l’ineffabile Gabrielita ha risposto: “Si tratta sui confini”. E no, non era una battuta, era proprio una risposta seria]

E può valere la pena di ricordare che quando nel 1939 con il famigerato Libro Bianco fu proposta la creazione di un stato arabo su tutta l’area (tutta quella, per la precisione, rimasta dopo che la Gran Bretagna ne aveva sottratto il 78% per regalarla all’amico emiro Abdallah detronizzato dall’Arabia ad opera dei predoni Ibn Saud), cancellando ogni ipotesi di stato ebraico

anche questa proposta fu rifiutata dal Gran Muftì e dal «Consiglio Palestinese (Carlo Panella, Il libro nero dei regimi islamici, pag. 109)

Quanto sopra l’ho messo affinché sia chiaro di che cosa stiamo parlando. E dunque ecco, il “riconoscimento” di un bello stato di Palestina è la trovata che l’Organizzazione Neurolesi Ubriachi ha escogitato per portare la pace in quella martoriata regione. E ora lascio i commenti a chi ha provveduto a elaborarli prima di me.

Giovanni Bernardini

PALESTINA ?

Sento stamattina in TV che l’ONU dovrebbe riconoscere la “Palestina” quale stato suo membro a pieno titolo.
Benissimo, però… val la pena di farsi alcune domande.
Quali sono i confini di questo nuovo stato? Quale la capitale? Quale il suo governo?
Questo nuovo stato ha una sua moneta? Una sua Banca centrale, sue forze di polizia, un suo esercito regolare, con tanto di gradi e divise che rendano i suoi soldati riconoscibili e distinguibili da masse di civili fanatici e armati sino ai denti?
Questo stato ha una sua economia? Che tipo di beni e servizi questa produce, a parte le gallerie sotterranee cariche di armi acquistate coi fondi degli “aiuti umanitari”?
Questo stato ha una sua storia? Sue tradizioni, una sua lingua?
Soprattutto, chi governa o governerà questo stato ne accetta i confini? Accetta di vivere accanto e non al posto di Israele? Chi lo governa intende operare per il benessere della sua popolazione o trasformarlo in base militare da cui lanciare continui attacchi allo stato ebraico?
Hamas NON vuole uno stato palestinese, meno che mai lo vuole accanto ad Israele, vuole un grande califfato islamico. Cosa vuole la ANP nessuno lo sa, di certo non vuole convivere con Israele. E allora? Chi governerà la fantomatica “Palestina”?
Se non si risponde a queste domande ogni discorso sulla “Palestina” altro non è che una infame manovra propagandistica ai danni delle stato di Israele.
Del resto, lo sa chi conosce anche molto superficialmente la storia, uno stato arabo palestinese esisterebbe dal 1948 se gli arabi avessero accettato la risoluzione ONU sulla divisione della Palestina.
Sappiamo tutti (quasi tutti) come sono andate le cose.

Per contro, vale la pena di ricordare che quando è stato rifondato lo stato di Israele in base alla risoluzione 181, lo stato esisteva già di fatto, con le sue leggi, la sua università (la cui prima facoltà era stata quella di giurisprudenza, perché non è concepibile un consorzio umano senza leggi) e tutte le strutture e infrastrutture su cui uno stato si basa. E che, appena diventato ufficialmente uno stato riconosciuto, ha saputo incorporare nel proprio esercito le bande armate che avevano precedentemente combattuto per la liberazione dalla Gran Bretagna e per la difesa dalle aggressioni arabe, e disarmare e rendere illegali quelle non disposte a essere integrate e a rispettare le norme statali. Quanto alla delirante decisione dell’Assemblea Generale dell’Onu, è forse il caso di ricordare che il riconoscimento di uno stato spetta al Consiglio di Sicurezza, non all’Assemblea Generale, che su questo tema non ha maggiore voce in capitolo di quanta ne avrebbe il mio consiglio di condominio che dichiarasse stato sovrano la vicina frazione dell’entroterra.

Meravigliosa la reazione dell’ambasciatore israeliano all’Onu a questa grottesca iniziativa.

Fabrizio Piola

SHREDDING TIME

L’Ambasciatore di Israele all'”ONU” prende atto che pur di approvare in un lampo e a tradimento – per puro supporto ad Hamas e contro Israele – lo status di “stato riconosciuto” alla sedicente Palestina, senza l’intervento del Consiglio di Sicurezza COME IMPONE IL REGOLAMENTO DELLA CARTA COSTITUTIVA DELLE NAZIONI UNITE, che è stata ieri clamorosamente violata, una volta salito al podio, davanti a tutti, ha preso la carta dell’Onu e l’ha distrutta dentro ad un mini shredder per documenti.
Forse per noi è venuto il tempo di uscire da questa cloMark Levin,Joeaca putrescente e di unirci alla Svizzera, finora unico paese fuori dall’ONU.
E quindi, rivoltosi all’Assemblea il nostro ambasciatore ha detto: “Questo è quello che avete fatto voi oggi”.
Kol ha Kavod, Ambasciatore.

Poi c’è questo signor Mark Levin che ha due parole da dire al signor Biden

Poi c’è questo signore, col quale mi trovo in perfetta sintonia

E poi c’è la famiglia Kedem-Siman di Nir Oz. No, mi correggo, e poi c’era una volta la famiglia Kedem-Siman di Nir Oz (e anche Nir Oz c’era una volta)

barbara

LA VOCE DELL’IRAN

Quest’altra invece è la voce di Biden che raccomanda agli israeliani a non attaccare Haifa.

E se questo tipo di effetti della demenza suscita il riso, altre mosse statunitensi mettono invece a rischio il mondo intero.
Dopo l’attacco israeliano in Iran, appare evidente che i due stati sono strettamente legati nel comune impegno a bloccare ogni possibilità di escalation. La risposta israeliana era, per chiunque conosca mentalità e modus vivendi dei protagonisti, non solo scontata ma anche obbligatoria: il non rispondere sarebbe stato interpretato come segno di debolezza, che, nella cultura arabo-islamica, rappresenta un invito a colpire a fondo (il non colpire in una circostanza di questo tipo sarebbe a sua volta interpretato come debolezza e farebbe perdere la faccia, e perdere la faccia, in quel mondo, è la peggiore sciagura che possa capitare). E dunque Israele ha risposto, e lo ha fatto non solo nel modo più sobrio e moderato, ma anche con il messaggio più esplicito e inequivocabile: ha colpito un obiettivo, uno solo, ha scelto un obiettivo militare, e lo ha scelto ben lontano dagli impianti nucleari. E non ha rivendicato l’attacco. E l’Iran?

«“Non è stato chiarito quale sia il Paese straniero da cui è stato generato l’incidente. Non abbiamo ricevuto alcun attacco esterno e non abbiamo in programma ritorsioni da attuare con urgenza”, ha dichiarato una fonte ufficiale del regime di Teheran alla stampa. Il comandante in capo dell’Esercito iraniano, Abdolrahim Mousavi, ha invece definito “assurde” le ricostruzioni che considerano Israele colpevole dell’attacco.»
«La Mehr News, agenzia semi-ufficiale iraniana, ha riferito che la situazione a Esfahan, città vicina agli attacchi, rimane “completamente calma”.»

Tutto bene, dunque? Ahimè no: fonti ufficiali americane hanno fatto arrivare ai giornali l’informazione che l’attacco è stato condotto da Israele, aprendo così la porta alla possibilità un’escalation di rappresaglie e contro rappresaglie.

Questo invece, quello coperto di sangue, è Yarden Bibas, marito di Shira e padre di Ariel e Kfir; quelli intorno che lo stanno massacrando e quello che guida la moto con cui, dopo averlo catturato, lo ha portato a Gaza, sono i famosi civili innocenti palestinesi

Questa è l’evoluzione dei tempi

Questa è l’ennesima smentita della leggenda nera della povera Gaza zona più densamente popolata del mondo

E questo è un bambino palestinese steso, non si capisce bene perché, sopra le macerie (e senza un solo granello di polvere addosso) che stringe al petto il suo gatto. I gatti palestinesi, come tutti certamente saprete, per adeguarsi ai bambini palestinesi che hanno 6 dita,

si sono dotati di 5 zampe.

E questi sono due inni della resistenza ebraica, che curiosamente terminano con le stesse parole: Mir zaynen do, noi siamo qui. Il primo, di cui trovate qui la traduzione in inglese (che non ho controllato) è il canto dei partigiani ebrei di Vilna, Zog nit keynmol, Non dire mai, di Hirsh Glick (1922-1944)

L’altro (qui la traduzione) è di Lejb Rosenthal, anch’egli di Vilna, novembre 1916-gennaio 1945

barbara

DUE PAROLE A BIDEN, ALL’ONU E AL MONDO

Questa è davvero una notizia enorme.

L’organizzazione moralmente fallita chiamata Nazioni Unite ha appena approvato una decisione che chiede un cessate il fuoco a Gaza. Vogliono che Israele tenga conto del Ramadan [cioè il mese in cui più ancora che in ogni altro periodo dell’anno si scatena la loro “guerra santa”, il mese in cui la conta degli attentati terroristici islamici tocca vette stratosferiche, il mese in cui il sangue delle mattanze di infedeli, con particolare predilezione per gli ebrei, scorre a fiumi] e fermi la guerra [per la serie “stai fermo che ti meno”]. Sai, nello stesso modo in cui Hamas ha preso in considerazione la nostra festività.
Ok, non è una novità. Le Nazioni Unite sono sempre state una vergogna morale. Le Nazioni Unite sono un gruppo di antisemiti sfigati.
La novità è che gli Stati Uniti, il nostro cosiddetto alleato, non hanno usato il loro potere di veto per annullare la risoluzione.
Si tratta di un disastro diplomatico senza precedenti, così significativo che, molto realisticamente, potrebbe essere l’inizio della fine dell’amicizia tra Israele e Stati Uniti.
Ora, per alcune persone, questa potrebbe essere una sorpresa, ma non è una sorpresa per quelle persone che hanno prestato attenzione.
Chiunque pensi/pensasse che Biden si preoccupi di Israele o del popolo ebraico, chiaramente non sta prestando attenzione.
A Biden non potrebbe importare di meno di noi.
Ora lasciate che vi dica come va a finire.
Nel breve termine, questo è estremamente preoccupante per Israele. Senza il nostro alleato americano, siamo praticamente totalmente isolati diplomaticamente. Sì, ci sono ancora uno o due paesi che in un certo senso ci sostengono, ma senza gli Stati Uniti siamo soli.
Allarmante.
Ma facciamo qualche passo indietro e guardiamo le notizie di oggi in una prospettiva storica.
Abbiamo appena festeggiato Purim.
Il paragone tra Haman e Hamas si scrive da solo. Ne ho già parlato.
Ma il paragone tra il re malvagio della storia di Purim, Achashverosh, e il leader più potente di oggi; il leader del mondo libero, Joe Biden, non era chiaro al 100%.
Sono davvero paragonabili?
Ebbene, oggi abbiamo la nostra risposta ed è un sì inequivocabile!!
Il re nella storia di Purim non si preoccupava degli ebrei. Ha accettato di annientarli. Ma poi, quando sua moglie implorò per il suo popolo, si dice che Achashverosh andò nel giardino a contemplare.
Fino ad ora, Biden è rimasto nel giardino riflettendo se scegliere la scelta impopolare ma morale di stare dalla parte degli ebrei o unirsi alla folla e fare degli ebrei il capro espiatorio.
Oggi Biden ha preso la chiara decisione di abbandonare il suo alleato.
Quindi cosa succede dopo?
Netanyahu ha detto che non invierà la delegazione che sarebbe dovuta partire per Washington. Lo sta cancellando. Come dovrebbe!
La spaccatura tra Israele e Stati Uniti non farà altro che aumentare e alla fine la relazione scomparirà completamente.
Gli Stati Uniti d’America sono stati buoni con gli ebrei per molti anni [tutte le volte che il vantaggio degli ebrei coincideva con quello degli Stati Uniti, altrimenti ciccia], ma ora è la fine di un’era.
Potreste considerare questa decisione di non porre il veto alla risoluzione delle Nazioni Unite come qualcosa di piccolo e insignificante. Vi sbagliereste di grosso! Si tratta di un enorme cambiamento nella politica.
Allora cosa succede quando un impero si occupa degli ebrei?
Gli ebrei si sforzano ancora di più di assimilarsi e di dimostrare che non sono diversi, ma senza successo.
Se pensavate che l’antisemitismo visto fin qui fosse una cosa negativa, non avete ancora visto nulla. Ora, quei pazzi che odiano gli ebrei hanno il sostegno del loro governo, un governo che chiede di premiare gli stupratori e i pedofili di Hamas.
Ora, per quanto riguarda la guerra, Israele ovviamente non ascolterà l’ONU, ma non è questo il punto. Il punto è che il ragazzo che era vittima di bullismo a scuola ma aveva protezione da uno dei ragazzi più grandi della classe, ora è solo e il bullismo sta per peggiorare di molto.
E allora?
Ecco il copione che si ripete in ogni generazione.
Gli ebrei sono a loro agio. Raggiungono i vertici della società. Si assimilano. L’antisemitismo comincia a mostrare il suo volto. Si assimilano di più (penso che ora siamo arrivati ​​a circa il 72% di assimilazione). Gli ebrei pensano che se si assimilassero, l’odio finirebbe, quando in realtà è vero il contrario.
Più ci assimiliamo e diciamo alle nazioni quanto siamo proprio come loro, più loro rispondono “No, non lo sei. Non sei proprio come noi e abbiamo uno strumento per dimostrarlo. Si chiama antisemitismo”.
Poi le cose si mettono davvero male, molto velocemente.
Abbiamo alcuni anni difficili davanti a noi.
Le buone notizie? Ogni singolo impero, con zero eccezioni, che è andato contro gli ebrei, è ormai estinto.
Si scopre che schierarsi dalla parte dei nemici degli ebrei è una strategia davvero pessima.
Ciò non accadrà domani o la prossima settimana, ma gli Stati Uniti d’America si uniranno ora alla lunga lista di imperi che andarono contro gli ebrei e scomparvero.
Ecco un elenco parziale di quegli imperi:

  • babilonese
  • romano
  • assiro
  • persiano
  • greco
  • sovietico
  • nazista

Oggi l’America ha compiuto il primo passo significativo verso l’adesione a tale lista.
Ancora una volta, dubito che questa decisione alle Nazioni Unite verrà presa sul serio da Israele, per non parlare poi della sua attuazione, ma non è questo il punto.
Oggi, la storia d’amore tra Israele e gli Stati Uniti mostra segni molto concreti di un’imminente rottura.
Ora, una volta completata la disgregazione, accadrà qualcos’altro, oltre alla perdita del dominio mondiale da parte degli Stati Uniti.
Israele sarà indipendente e produrrà il proprio equipaggiamento militare. Ora, è un pensiero spaventoso. Se sapeste quanto costa ogni missile del sistema “cupola di ferro”, capireste perché è spaventoso.
I jet F35, i fucili M16 e quasi tutte le altre attrezzature, fino alle munizioni vere e proprie, sono prodotti negli Stati Uniti. Senza questa partnership, Israele dovrà capire come finanziare tutto questo.
Ma ne verremo a capo.
Siamo una nazione che è rimasta sola nel corso della storia. Ogni volta che dipendevamo da qualcun altro oltre a noi stessi e al nostro Dio, le cose non finivano bene.
Quindi ci svincoleremo, aumenteremo la nostra produzione militare e capiremo finalmente che non possiamo dipendere dagli Stati Uniti o da qualsiasi altro paese per difenderci. Possiamo dipendere solo da noi stessi, dal nostro esercito e dal nostro Dio.
Con questa fragile amicizia che avevamo con gli Stati Uniti, ci stavamo illudendo di poter contare su di essa. Non possiamo e questo è diventato chiaro oggi.
La Torah descrive il popolo ebraico come:

הן עם לבדד ישכון ובגויים לא יתחשב

Un popolo che abita da solo e non tiene in considerazione le altre nazioni.

Infine, questo è vero. Vivremo da soli e non cercheremo più protezione nel nostro falso amico. Questo è tutto. Quei giorni sono finiti. La fine di un era.
La buona notizia è che sappiamo come andrà a finire ed è un lieto fine, almeno per noi, non tanto per l’America.
Il voto di oggi per il cessate il fuoco è stato sostenuto anche dal Regno Unito. Che vergogna.
La conclusione è che Israele manterrà la sua promessa di non farlo mai più, con o senza gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno allontanato gli ebrei durante l’Olocausto, e ora stanno voltando loro le spalle ancora una volta.
Questa notizia è da un lato molto inquietante, ma è anche un invito a festeggiare. Sapevamo che sarebbe successo. Ce lo aspettavamo. O almeno se lo aspettava chi conosce la storia.
Se questo si avverasse, il resto del copione si avvererà e le profezie sarebbero ora un passo avanti verso la loro realizzazione.

Caro Presidente Biden,
Dovresti vergognarti di te stesso e ora ti sei assicurato il tuo posto nei libri di storia come il primo presidente a voltare completamente le spalle agli ebrei. Sì, Obama è stato decisamente pessimo, ma questa mossa di oggi è il chiodo finale alla bara delle relazioni tra Stati Uniti e Israele. Congratulazioni, sei un codardo e un leader debole e rimpiangerai la decisione di oggi per tutto il tempo in cui vivrai.

Carissima ONU,
Non perdi mai l’occasione di ricordare al mondo quanto sei immorale, ma non solo sei immorale, sei anche poco importante e irrilevante. Vai a portare il tuo odio verso gli ebrei altrove. Hai adempiuto al tuo ruolo in questo mondo donandoci il nostro stato [più che altro riconoscendo formalmente uno stato che di fatto esisteva già, creato dagli ebrei con le proprie mani e non regalato da nessuno]. Ora puoi sparire nei libri di storia. Non mancherai a nessuno.

E nei confronti di tutti i paesi che hanno votato a favore di questa ripugnante risoluzione voi siete deboli e patetici. Sapete cosa hanno fatto ieri gli ebrei di tutto il mondo? Abbiamo celebrato la caduta di un nemico malvagio che ha cercato di annientarci. Quel nemico fu eliminato insieme ai suoi dieci figli e a tutti coloro che lo sostenevano. Festeggeremo anche la vostra caduta, ed è dietro l’angolo.
Gente, questo è un enorme passo avanti verso lo svolgimento del complotto e verso l’uscita vittoriosa degli ebrei.
Non preoccupatevi, le notizie di oggi non cambiano altro che la consapevolezza che non possiamo dipendere dall’America o da chiunque altro. Speriamo che questo ci porti a guardarci dentro, a rafforzarci dall’interno e a rivolgerci a Dio chiedendogli di dare all’IDF la forza per ottenere la vittoria completa.

Grazie, presidente Biden, per esserti finalmente tolto la maschera. Ora abbiamo la chiarezza necessaria per fare ciò che dobbiamo fare.
Quanto a te e al tuo impero, goditelo finché dura perché la tua fine è vicina.
Molto molto vicina.
Questa decisione monumentale (non in senso positivo) mi fa star male. Biden mi fa schifo. Non è amico di Israele e dobbiamo smettere di fingere che lo sia. Quello spettacolo adesso è finito!
Hillel Fuld, qui, traduttore automatico con qualche correzione e qualche aggiustamento miei (E ALTRE CORREZIONI POSTUME GRAZIE ALL’AMICO MYOLLNIR).

Nel frattempo arriva una ulteriore conferma del fatto che gli stupri palestinesi sono autentici (non che NOI avessimo bisogno di conferme)

contemporaneamente alla conferma che i presunti stupri degli israeliani erano invece una balla (non che NOI avessimo bisogno di conferme), fabbricata per drammatizzare un po’ (? Drammatizzare? Ma non stavano già vivendo il peggiore dramma della storia dell’umanità?).

Poi, in mezzo a tutto questo bordello c’è ancora qualcuno – sì, sempre lui – capace di vedere la realtà che gli sta di fronte:

Trump: ‘Only a Crazy or an Idiot Wouldn’t Respond like Israel did to Oct. 7’

E ora riconfortiamoci un po’ con queste note dal Camerun:

barbara

SULL’ATTENTATO IN RUSSIA

Per fortuna, in mezzo a tanti imbrogli e tanta ipocrisia, c’è ancora qualcuno che ha il coraggio di gridare al mondo la verità:

Danilo
isis = Cia ? ucraini = Cia o Mi5 ? Come facevano Usa Uk ma anche littaglia a sapere prima del pericolo e dare un allarme di evitare luoghi affollati, non ai Russi ovvio. Terrorismo di stato ! Stesso metro dei talmudici ? Putin può radere al suolo il paese dei terroristi ? e dei mandanti ? IPOCRITI ! [Talmudici a parte, non è che il discorso sia molto chiaro, ma non è che si possa pretendere chissà cosa da certi soggetti]

Aguirre
Il sionismo utilizza gli Usa che utilizzano l’islamismo per i suoi (loro) interessi

Quindi, se ho capito bene, il sionismo paga gli USA (perché non è che quelli si faranno utilizzare gratis, no?) che stanno facendo di tutto per impedire a Israele di difendersi (grazie Russia e grazie Cina che hanno posto il veto alla risoluzione che voleva imporre il cessate il fuoco ) e contemporaneamente, mediante triangolazione, paga l’islamismo perché li vada a massacrare dentro casa: giuro che da sola non ci sarei mai arrivata. (Il signore in questione è quello che per non rischiare di cadere nelle maglie della censura parla sempre di etruschi: gli etruschi che hanno il nasone, gli etruschi che controllano tutta l’informazione mondiale, gli etruschi che hanno in mano tutta l’economia mondiale, gli etruschi che hanno la menzogna e l’inganno nel DNA, gli etruschi che odiano tutti gli altri popoli e li vogliono prima sottomettere e poi sterminare… E quel famoso libro che qualcuno dice essere falso, magari potrebbe anche esserlo, ma sta di fatto che dice proprio esattamente quello che gli etruschi stanno facendo sotto i nostri occhi).

Nel frattempo abbiamo appreso che il numero dei morti è salito a 143 e i feriti sono centinaia.

Nel frattempo abbiamo appreso che l’ISIS ha rivendicato l’attentato.

Nel frattempo però qualcuno ha notato che qualche conto non torna.

E nel frattempo gli attentatori sono stati fermati nel pressi del confine ucraino dove a quanto pare avevano dei contatti e intendevano rifugiarsi lì.

Ma nel frattempo qualcuno fa notare che tutto il confine dalla parte russa è fortemente militarizzato per cui è semplicemente ridicolo pensare che a qualcuno possa venire in mente di potervisi infiltrare.

Nel frattempo, d’altra parte, il confronto fra i fermati nei pressi del confine ucraino e gli attentatori ripresi in alcuni video mostra che le magliette indossate sono le stesse, oltre ad avere la stessa auto su cui erano stati visti fuggire i terroristi subito dopo l’attentato.

Nel frattempo Putin dice che ha stato Zelensly e Zelensky dice che ha stato Putin e il povero Biden, frastornato da queste accuse contrastanti, si guarda intorno smarrito senza sapere da che parte rivolgersi

Bene ragazzi, ora, come vedete, è tutto chiaro, sappiamo tutto (occhio ai talmudici, mi raccomando, che vi voglio bene e ci tengo alla vostra salute) e possiamo sparare sentenze a raffica.

Nel frattempo comunque La Stampa titola

Se contro l’Occidente lo Zar usa la Jihad

Che a me per la verità, e anche a tanta altra brava gente, sembrava che fosse l’Occidente a usare l’Ucraina contro la Russia (e l’ultimo Zar, tra l’altro, è stato detronizzato 107 anni fa e ucciso un po’ meno di 106 anni fa. A parte questo, se ci raccontano che c’è un uomo solo che combatte contro tutto l’Occidente, lo stanno presentando come un Gigante, praticamente un Messia… Sicuri che fosse questa l’idea che volevate trasmettere? Oltretutto con un uomo che già due anni fa aveva un cancro al cervello, uno al pancreas e un’altra mezza dozzina di patologie, una più letale dell’altra?)

PS: interessante leggere i messaggi di condoglianze da parte dei vari governanti: normalmente in questi casi le condoglianze vengono rivolte alle vittime, alle famiglie e allo stato colpito dal terrorismo o da una catastrofe naturale. Indovinate quale dei tre destinatari manca da TUTTI i messaggi internazionali – almeno tutti quelli che ho trovato (sì lo so, è una domanda molto difficilissima, d’altra parte lo sapete che noi sionisti siamo congenitamente perfidi).

barbara

GLI USA ESCLUDONO IL COINVOLGIMENTO DELL’UCRAINA

(Sottotitolo: la tragedia di due uomini ridicoli)

Esattamente come per il NordStream2, giusto? E la diga, giusto? E la figlia di Dugin, giusto? E tutto il resto, giusto? Identico alle “fonti del ministero della sanità di hamas” che alla fine di ogni giornata sa il numero esatto dei morti del giorno suddivisi in uomini (pochi), donne (tante) e bambini (tantissimi) e mai una volta che in tutta questa ecatombe salti fuori un morto terrorista, il signor Let’s go Brandon sa immediatamente, con assoluta certezza, chi non è stato. E intanto Sniffolo, nominato per il prossimo Nobel per la pace (il che mi pare giusto: che cos’ha lui di meno di Arafat?) deciso a superare il maestro, sa che ha stato Putin.

barbara

E POI

E poi in Svizzera

E poi a Parigi

E poi in California

E poi sempre in California
E oltre a quanto scritto nel commento all’articolo citato, c’è da dire che da anni gli studenti ebrei nei campus statunitensi sono sempre più bullizzati, ostracizzati, minacciati. Ora si sta avendo un picco, ma la loro persecuzione non è nata il 7 ottobre, esattamente come la Shoah non è nata il 20 gennaio del ’42.

E poi c’è tutto il resto.

Signori dei mass media: voi non avete niente a che fare con tutto questo?
Signori dell’Onu: voi non avete niente a che fare con tutto questo?
Signori della Croce Rossa: voi non avete niente a che fare con tutto questo?
Signori di Amnesty International: voi non avete niente a che fare con tutto questo?
Signori di Medici senza frontiere: voi non avete niente a che fare con tutto questo?
Signori dell’Unicef: voi non avete niente a che fare con tutto questo?
Signori di Save the Children: voi non avete niente a che fare con tutto questo?
Signori governanti europei: voi non avete niente a che fare con tutto questo?
Signor Biden (e tutta la cricca che ne tira i fili): lei non ha niente a che fare con tutto questo?

C’è poi questo articolo di Ugo Volli relativo a un tema trattato nei commenti al post precedente, ossia la questione della comunicazione. Volli propone molte spiegazioni, tutte assolutamente valide, ma manca LA spiegazione, che è in realtà molto semplice: quando mi si mette davanti una foto, io mi accorgo immediatamente se ci sono due ombre che vanno in direzioni diverse, e che quindi quella non è una foto bensì un fotomontaggio e che il fatto che la foto mostra non è mai avvenuto: perché i responsabili dei mass media fingono di non accorgersene? Se vedo questa foto

mi appare del tutto evidente che è stata tagliata, salta proprio agli occhi, e infatti la scena reale è questa:

perché i responsabili dei mass media prendono per buona la prima e pubblicano quella senza porsi domande? E che dire dell’arte delle moltiplicazioni che quella dei pani e dei pesci al confronto diventa roba da dilettanti? Che dire delle deprecazioni ripetute ogni volta di fronte alla stessa immagine? Tutti senza memoria? Adesso è diventata virale la foto di questo ragazzo fortemente iponutrito, del quale però non viene raccontata la causa, gettandone la responsabilità su “Israele che affama Gaza”. Oppure queste immagini, la cui assurdità dovrebbe saltare agli occhi e invece no, vengono sciorinate come “prove” dei “crimini” di Israele.
Verissimo che le disponibilità palestinesi, economiche e di personale, oltre alla propensione all’imbroglio e alla fabbricazione di notizie false, sono infinitamente superiori a quelle israeliane, ma le notizie vere ci sono, escono, sono disponibili; il punto è che i titolari dell’informazione preferiscono le altre. Ricordate il video che ho mostrato tempo fa di Carmen Lasorella che negava pervicacemente  l’esistenza di prove delle decapitazioni e tutto il resto? E l’ambasciatore e Paolo Mieli a ripetere ci sono i video, deve solo guardarli, e lei imperterrita: “No, non esistono prove, non c’è alcuna prova”, guardandosi bene dall’andare a guardare i video che le avrebbero irrefutabilmente dimostrato che quei fatti sono avvenuti. Se ho deciso che il mio dio è più bello del tuo, è inutile che mi portiate davanti tutte le prove di questo mondo: non accetterò mai di guardarle perché “la verità la conosco già”. E quindi no, la causa delle informazioni distorte, parziali, manipolate o addirittura capovolte che arrivano dai nostri massa media non sta nella maggiore abilità palestinese, qui non si tratta di un “votate per me perché le mie promesse sono più belle di quelle di Gianfederico” e loro si lasciano convincere a votarmi perché sono più brava a parlare del mio avversario, qui si tratta di una precisa scelta aprioristica: ho di fronte le affermazioni – spesso illogiche, incoerenti, contraddittorie, assurde (cade il missile e tre secondi dopo ho il numero esatto di morti, magari anche già suddiviso in donne vecchi bambini) – di una parte e le informazioni documentate dell’altra, e scelgo di accogliere e rendere note le prime, scegliendo, oltretutto, accuratamente il lessico per renderle ancora più criminalizzanti nei confronti della controparte. Quanto a quelli che scendono in piazza, loro le notizie non le ascoltano proprio, né da una parte né dall’altra, lo abbiamo visto in diversi video che ho pubblicato, non sanno neppure di che cosa parlano e non sono minimamente interessati a saperlo: l’unica cosa che sanno e che gli interessa è che ci sono di mezzo gli ebrei, e quindi stanno dall’altra parte, tutto qui.

Per avere poi la misura dell’entità delle menzogne che vengono diffuse, basti pensare a quello che è ormai diventato un mantra, ossia che quella che sta perpetrando Israele è la più grande strage di musulmani mai vista:

E infine vi faccio spiegare da questo signore, che lo sa fare molto meglio di me, tutto quello che abbiamo capito in questi cinque mesi da quel fatidico 7 ottobre.

Odio sistemico. La pretesa futile che le democrazie occidentali sappiano difendersi dall’antisemitismo

Iuri Maria Prado

Antisemitismo: ricapitoliamo? Premesso che l’antisemitismo è bbrutto bbrutto bbrutto, specie alla luce della Costituzione antifascista della Repubblica democratica fondata sulla Resistenza antifascista, sul reddito da 25 aprile e sul vitalizio da Bella Ciao, sull’Anpi, sull’Atac, sulla pace, su Sanremo, sulle leggi democratiche contro l’odio e contro il ritiro dei ghiacciai, sulla magistratura democratica, sul sindacato democratico, sulla Rai democratica, sulla Prima della Scala democratica, sul cinema democratico, sul teatro democratico, sui fumetti democratici, sul giornalismo democratico e sui comitati di redazione democratici, sulla scuola democratica, sull’università democratica, sui vigili urbani democratici, sui forestali democratici e sul taglio democratico delle ciocche democratiche dei capelli democratici, ecco, premesso tutto questo, ma dove sta l’antisemitismo?
Abbiamo capito che non sta nel 7 ottobre, che non viene dal nulla, come ha spiegato il Senhor Guterres e come ha raddoppiato la sua consulente, l’avvocata farlocca dei diritti umani – sì sì, quella lì, quella che gli Stati Uniti sono soggiogati dalla lobby giudaica – che l’altro giorno gliel’ha spiegato da par suo al sionista, a Emmanuel Macron, che il 7 ottobre non ne hanno sgozzati milleduecento e rapiti qualche centinaio perché sono antisemiti. Macché lo hanno fatto perché Israele è genocida.
Poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta nei proclami dei terroristi secondo cui bisogna rifarlo, il 7 ottobre, dal fiume al mare, e ammazzare gli ebrei ovunque si trovino: è resistenza. Poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta negli aeroporti e negli alberghi in cui si esercita la caccia all’ebreo: è protesta.
Poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta nel corteo capeggiato dalla stronza che grida «Fuori i sionisti da Roma»: so’ ragazzi. Poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta nell’assalto alle fiere che ospitano gli stand degli usurai: è critica anticapitalista. Poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta nel bastardo che in un liceo romano invita gli studenti a mettersi nei panni del compagno israelita, affinché provino ad assumere il suo punto di vista di appartenente alla schiatta genocidiaria: è educazione pluralista. Poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta nel malvissuto stalinista secondo cui “Israele ha perso il diritto a essere Stato, se mai lo ha avuto”: è geopolitica coi controcazzi.
Poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta nelle stelle disegnate sulle case degli ebrei, nelle sassate ai bambini con la kippah, nelle bastonate ai rabbini, nelle squadracce pacifiste adunate davanti ai negozi e ai ristoranti degli ebrei: è confronto sociale. Poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta, da Londra a Parigi a Berlino a New York a Madrid, nello strappo dei volantini con le immagini degli ostaggi: è tutela del decoro urbano.
Poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta, qui da noi, nella Repubblica democratica fondata sulla Costituzione antifascista fondata sulla Resistenza eccetera, non sta nella rimozione e deposizione nella monnezza dei volantini con le immagini degli ostaggi: è par condicio, dice Amnesty Italia, perché se fossero stati ostaggi valdostani, o liguri, o del Principato di Monaco, o di Berna, o maltesi, o di San Marino, e pure di Frascati o di Abbiategrasso, cari i miei critici, avremmo fatto lo stesso nonostante le proteste dei discendenti delle vittime del genocidio dei valdostani, dei liguri e dei sudditi del Principato di Monaco, nonostante il disappunto dei bernesi, dei maltesi e dei sanmarinesi sopravvissuti ai campi di concentramento e nonostante la rabbia dei superstiti dei pogrom inflitti alla razza frascatese o ai fedeli della religione abbiategrassina.
Schiena dritta, perdio: non sono forse tutti uguali, gli ostaggi? Poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta nel boicottaggio delle imprese esercitate dagli ebrei: è che fanno concorrenza sleale alle produzioni democratiche yemenite e nordcoreane. Poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta nel boicottaggio delle istituzioni scolastiche ebraiche: è che l’alfabeto è diverso. Ah, poi dimenticavamo che poi abbiamo capito che l’antisemitismo non sta nelle rettoresse democratiche secondo cui mica puoi farla semplice nel giudicare l’inno al genocidio degli ebrei, perché dipende dal contesto, e il giorno dopo il pacifista dell’Italia pacifista a spiegare che guarda un po’ cosa ti combina l’Entità Sionista, che vuole cacciare quelle coraggiose donne di pace.
Quindi, no: niente antisemitismo in tutta quella roba. Ma allora ’ndo sta questo antisemitismo? Non c’è, perché se poco poco fa capolino, la Repubblica democratica eccetera eccetera je mena forte. (Qui)
(Amo quest’uomo)

Inutile cercare spiegazioni complesse, magari trascendentali, la spiegazione a quanto sta accadendo è una sola: ANTISEMITISMO. Perché Hitler ce l’ha insegnato: l’unico ebreo buono è l’ebreo morto, e se è un ebreo sionista non è buono neanche da morto e dopo morto va squartato decapitato smembrato bruciato e poi portato in corteo per essere sputato, che si divertano un po’ anche i poveri civili rimasti a casa.

barbara

A 13 ANNI E MEZZO DI DISTANZA

Corsi e ricorsi storici.

14/02/2024

Mario Sechi: c’è un errore su Gaza, il cessate il fuoco

Il Parlamento italiano ha deciso che nella guerra tra Israele e Hamas è giunto il momento di un “cessate il fuoco”. La sintesi politica è questa: il Partito democratico ha presentato una mozione che è passata con il voto di Dem, Cinque Stelle e l’astensione del centrodestra. Il passaggio politico è stato siglato con un’intesa tra Giorgia Meloni e Elly Schlein, preceduto dalle dichiarazioni da “colomba” del ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

Il premier e il segretario del Pd hanno messo il sigillo su una posizione (che dovrebbe basarsi su dei principi non negoziabili, immagino) che ha come centro di gravità la salvaguardia dei civili a Gaza e Rafah. L’iniziativa va inserita nello scenario di un pressing diplomatico, guidato dall’amministrazione Biden, sul governo israeliano e il suo primo ministro, Benjamin Netanyahu. È una linea “onusiana” che tende automaticamente a rimuovere la strage del 7 ottobre (e non a caso l’Onu fatica a ricordarla nei documenti ufficiali, perché è l’elemento scatenante della guerra), mette le belve di Hamas tra parentesi e si avventura in pericolose teorie sul “genocidio” dei palestinesi, una tesi vergognosa sul piano storico e del diritto. A questo punto, bisogna chiedersi se sia davvero questa la via per “vincere la pace”, perché la storia è una foresta di pugnali, di nobili intenzioni che poi si rivelano tragici errori. E temo che il governo, la maggioranza, non abbiano pensato alle inattese conseguenze di una scelta che apre la porta come minimo del “giustificazionismo” ai nemici di Israele.
Il rischio è quello di una nuova sindrome di Monaco. Cercare un “accomodamento” con il nemico, l’Idra dalle molte teste che sibila morte all’Occidente. Con un nemico letale, che in maniera esplicita programma e attua il genocidio del popolo ebraico (questo è successo il 7 ottobre), non ci sono possibilità di negoziato, Hamas deve essere eliminato. Questo è lo scopo della guerra.
Voltarsi indietro aiuta a capire. Non c’è peggior errore di una guerra non finita. O conclusa (male) con le premesse per innescarne un’altra ancora più grande.
Non andrò indietro fino alle lezioni della rivalità tra Atene e Sparta, il Novecento e questi primi vent’anni del Duemila sono un memento. Un libro di ricordi prezioso e inquietante. La storia è un pendolo di conflitti irrisolti: negli anni Novanta George Herbert Walker Bush non finì la guerra in Iraq contro Saddam (1990-1991), il conto con Baghdad rimase in sospeso e George Walker Bush (il figlio) dopo l’attacco alle Torri Gemelle (2001) invase l’Afghanistan (2001) tentando di porre le basi per un avamposto dell’Occidente in Medio Oriente con l’invasione dell’Iraq (2003). È una storia che arriva fino a oggi, con la tragica decisione di Joe Biden di ritirarsi dall’Afghanistan (2021, una ritirata che ha incoraggiato la Russia e la Cina), fino alla richiesta di questi giorni del governo iracheno di far partire le ultime truppe americane rimaste. E poi? Il vuoto, l’incognita dell’Iran che muove i fili delle milizie sciite in Iraq e muove i fili contro Israele. Ieri e oggi, un altro capitolo del romanzo su cui gli Stati Uniti non hanno messo il punto. A Washington furono colti di sorpresa dalla rivoluzione khomeinista (1978-1979), Jimmy Carter rovinò la presidenza con la crisi degli ostaggi (1979-1981), gli Stati Uniti provarono a piegare Teheran con le sanzioni, mentre Ronald Reagan era impegnato a far cadere il Muro di Berlino (1989) e domare l’Unione Sovietica fino alla sua dissoluzione (1991). Risultato, l’Iran oggi è l’officina di tutte le guerre: produce droni per la Russia nella guerra in Ucraina, muove Hezbollah, protegge Hamas, supporta i guerriglieri dello Yemen, alimenta la crisi del Mar Rosso.
Il bersaglio siamo noi. La storia è maestra inascoltata, le guerre vanno combattute fino in fondo. La Prima guerra mondiale fu il detonatore della Seconda, ne vide il bagliore in lontananza John Maynard Keynes che con profetica lucidità spiegò ne Le conseguenze economiche della pace perché la Germania avrebbe ricostruito e mosso di nuovo il suo esercito contro i vincitori dell’epoca. E fu lo sterminio, fu la Shoah, fu una guerra che non ha più testimoni in grado di risvegliare le coscienze. Stiamo scivolando al “se questo è un uomo” pensando che sia fiction e altro da noi. E non è “colpa degli ebrei”, frase che schiude la pianta carnivora dell’antisemitismo. È colpa nostra, perché non abbiamo chiuso bene le guerre, come avevano fatto Winston Churchill, Franklin Delano Roosevelt e Josif Stalin. Berlino non cadde con il negoziato, ma con la guerra degli Alleati. Il Giappone fu piegato dalle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. I conflitti sono orribili, in un mondo che si è illuso di poter cancellare il sacrificio e la morte, è tornato il Novecento di ferro e fuoco. E non sarà un voto in un Parlamento che cerca una pace in guanti bianchi a cancellare la realtà.

Mario Sechi, Direttore di Libero, capo ufficio stampa del Governo

20/08/2010

Qualche riflessione sugli ennesimi “colloqui di pace”

Dato che si sa ma nessuno osa dirlo, qualcuno dovrà pure decidersi a farlo…

La settimana prossima si riuniranno negli USA israeliani e palestinesi, finalmente di nuovo gli uni di fronte agli altri. Ma con quali speranze? Di mettere fine a un conflitto che dura da un secolo? Certamente no. L’unico obiettivo immediato che si può ravvisare è quello che sta a cuore al presidente americano: porre un freno al suo drammatico calo di consensi. Nell’impossibilità di modificare in fretta i parametri dell’economia, nell’incapacità di trovare una onorevole via di uscita ai conflitti che vedono schierati tanti soldati americani, Obama sembra aver pensato che una correzione (reale? duratura?) del suo atteggiamento verso Israele e verso il conflitto che l’oppone ai palestinesi sia l’unica speranza per salvare le oramai vicine elezioni di midterm.
Abu Mazen sa bene di non avere alcun margine di trattativa di fronte alle offerte molto generose a suo tempo rifiutate da Arafat. Potrebbe egli accettare quanto Arafat ha rifiutato? Ed è immaginabile che un qualsiasi leader israeliano possa oggi offrire ancora di più?
Anche a causa di questa realtà non è mai stato possibile trovare una base da cui partire per la riapertura dei colloqui diretti. Ma esaminiamo meglio i termini della questione.
Innanzitutto guardiamo ai negoziatori palestinesi: Abu Mazen non ha titolo alcuno per firmare alcunché, dato che i termini della sua presidenza sono scaduti da lungo tempo; inoltre la sua leadership è contestata da larga parte della sua gente e, soprattutto, non ha mai goduto dell’autorità e del prestigio indispensabili per poter condurre qualsivoglia trattativa. E il suo primo ministro, pur abile nella gestione del governo, non gode di alcuna popolarità tra i palestinesi. Qualunque documento da loro sottoscritto sarebbe contestato dai capi arabi. Se si pensa al rifiuto opposto dalla Lega araba agli accordi firmati dal Presidente Sadat, lui sì titolato a firmare quegli accordi, è difficile immaginare che un trattamento migliore potrebbe essere riservato ad un Abu Mazen che eventualmente firmasse un accordo di pace. Vale inoltre la pena di ricordare che anche l’Onu approvò ben due risoluzioni di condanna, il 6 e il 12 dicembre 1979, contro l’Egitto che aveva concluso con Israele una pace separata – cosa, allora come oggi, inevitabile dal momento che la quasi totalità degli stati belligeranti continuano a rifiutare qualunque ipotesi di negoziato e di accordo con Israele – e, addirittura, dichiarò nullo tale accordo (qui e qui i testi delle due risoluzioni). Nel 1994 anche la Giordania concluse una pace separata con Israele, e se non vi furono conseguenze negative, viene da pensare con un pizzico (forse) di cinismo, fu solo perché a togliere di mezzo re Hussein arrivò prima il cancro. Ricordiamo, per inciso, che nel frattempo, nell’ambito degli accordi di Oslo, era nata l’ANP, Autorità Nazionale Palestinese, teoricamente svincolata dall’obbligo statutario dell’OLP di perseguire la distruzione di Israele (qui la Costituzione di al-Fatah, sua principale componente), in realtà, in quanto emanazione dell’OLP, legata agli stessi vincoli.
Alle considerazioni di carattere politico va poi aggiunto il fatto che l’islam vieta ai musulmani di stipulare veri e propri accordi di pace con i non musulmani (Dal Corano 5:51: “O voi che credete, non sceglietevi per alleati i giudei e i nazareni, sono alleati gli uni degli altri. E chi li sceglie come alleati è uno di loro. In verità Allah non guida un popolo di ingiusti” e 5:57: “O voi che credete, non sceglietevi alleati tra quelli ai quali fu data la Scrittura prima di voi, quelli che volgono in gioco e derisione la vostra religione e [neppure] tra i miscredenti. Temete Allah se siete credenti.” “La fine dei giorni sopraggiungerà solo quando  i musulmani uccideranno tutti gli ebrei. Verrà l’ora in cui il musulmano muoverà guerra all’ebreo e lo ucciderà, e finché vi sarà un ebreo nascosto dietro una roccia o un albero, la roccia e l’albero diranno: musulmano, servo di Dio, c’è un ebreo nascosto dietro di me, vieni e uccidilo” (Muslim, 2921; al-Bukhaari, 2926). E, sempre per al-Bukhaari: “per Allah, e se Allah vuole, se faccio un giuramento e successivamente trovo qualcosa migliore di quello, allora faccio ciò che è meglio e faccio ammenda per il giuramento.”), divieto che, soprattutto in questi tempi, difficilmente i dirigenti palestinesi potranno permettersi di trasgredire.
In queste ultime settimane ci sono state dure discussioni sull’opportunità di aprire le trattative con o senza precondizioni, ma gli americani sembrano non preoccuparsi di questi aspetti fondamentali, tutti tesi come sono a raggiungere il loro obiettivo, cioè superare le elezioni, e non certo preoccupati di raggiungere un accordo che anche loro sanno impossibile. Se Netanyahu riprendesse, alla scadenza dei 10 mesi di interruzione, le costruzioni sospese nei territori di Giudea e Samaria (e tralasciamo, in questo contesto, di occuparci di quelle di Gerusalemme, problema ancor più complesso e intricato), i palestinesi, hanno preavvertito, interromperebbero subito i negoziati. Ci si dovrebbe a questo punto domandare perché abbiano aspettato tanto a lungo prima di acconsentire a sedere allo stesso tavolo degli israeliani: la sospensione non era stata concessa proprio in risposta alle richieste palestinesi, come condizione preliminare per iniziare una trattativa? Di chi dunque la responsabilità se durante questi dieci mesi di sospensione le trattative non sono iniziate? Concediamoci tuttavia una botta di ottimismo e immaginiamo che i palestinesi non interrompano immediatamente le trattative e che queste partano regolarmente. Immaginiamo, giusto come ipotesi, che Netanyahu, ufficialmente o ufficiosamente, tenga ancora bloccate le nuove costruzioni. E immaginiamo anche che si arrivino a delimitare i territori che gli arabi, sconfitti nelle varie guerre che si sono succedute dal ‘48 in avanti, concederanno agli israeliani vincitori di quelle guerre (e già questo è un ben anomalo modo di procedere, quando da che mondo è mondo sono sempre state le potenze vincitrici a imporre le proprie condizioni). Ed infine immaginiamo ancora che Netanyahu non pretenda l’accettazione da parte palestinese di uno Stato di Israele che si definisca “stato ebraico” (cosa che Abu Mazen non potrebbe mai accettare, in quanto per l’islam qualunque terra che sia stata in passato islamica, fosse anche per un solo giorno, dovrà restare islamica per sempre).
A questo punto, se anche si fossero risolti gli altri problemi, ci si scontrerebbe sul problema dei profughi che il mondo, e l’ONU per prima, sta ignominiosamente tenendo aperto da 62 anni, concedendo quanto non ha permesso altrove, e quanto nessuna logica può giustificare. Quella stessa ONU ha avallato il trasferimento, nei medesimi anni del dopoguerra, di oltre 10 milioni di profughi tedeschi (non necessariamente colpevoli per i crimini del nazismo), di milioni di induisti cacciati dal Pakistan e di altri milioni di musulmani cacciati dall’India, e via via, seguendo la stessa logica, nelle varie aree di conflitto fino ai più recenti trasferimenti di popolazioni greche dalla Cipro occupata militarmente dalla Turchia, e delle varie etnie all’interno della ex Yugoslavia; tutti trasferimenti dettati dalla corretta logica di cercare, nelle varie nazioni, una omogeneità etnica e religiosa necessaria per creare condizioni di stabilità (qui un ricco e documentato articolo di Ben Dror Yemini sul tema). Israele non potrà mai accogliere quei milioni di uomini, donne e bambini che nessuno stato arabo vuole, che non sono mai vissuti in quelle terre, e che non potranno mai integrarsi nella civiltà israeliana anche a causa degli insegnamenti che, da sempre, sono stati loro impartiti dagli arabi e dagli occidentali (questi ultimi, non dimentichiamolo, per via degli enormi interessi in gioco). Se addirittura si applicassero le proposte fatte nel 2004 dall’allora segretario dell’ONU Kofi Annan per risolvere il problema dei profughi ciprioti, Israele, lungi dal doverne accettare di nuovi, dovrebbe espellere molti musulmani residenti nello Stato. Non vi è oggi spazio per trovare una soluzione a questo problema, dato il modo in cui è stato, fin dall’inizio, impostato e gestito, così come non ha potuto trovarlo il negoziatore Mitchell.
E poi rimane ancora il problema di Gerusalemme, per la quale gli arabi rifiutano perfino di ammettere i legami storici che gli ebrei hanno con la città, atteggiamento che toglie ogni spazio residuo alla possibilità di una trattativa.
Qual è allora la strada da perseguire? È triste dirlo, ma non è l’apertura di questi negoziati.
Uno dei mantra più gettonati fra le anime belle, da decenni ormai, è che “le guerre non hanno mai risolto niente”. Ebbene, chi lo afferma o ignora la storia, o mente in malafede, perché un semplice sguardo a tutta la storia passata permette di constatare che, al contrario, spesso le guerre hanno risolto i problemi per i quali erano state scatenate, fossero essi di natura religiosa, o politica, o territoriale o di qualunque altro genere. Non si vuole certo, con questo, affermare che la guerra sia bella, o buona, o giusta – e meno che mai santa – ma solo fare un po’ di chiarezza: che le guerre non risolvano i problemi è falso. Le guerre possono risolvere, e spesso di fatto risolvono, i problemi (e magari capita anche che, dopo una pesante sconfitta, riescano ad aprire la porta alla democrazia, vedi Germania, vedi Italia, vedi Giappone). A condizione che vengano lasciate combattere. A condizione che fra i contendenti non si intromettano entità estranee e interessi estranei. A condizione che alle guerre venga consentito di giungere alla loro naturale conclusione: la vittoria del più forte. Ed è questo che non è MAI stato fatto nelle guerre combattute da Israele: ogni volta che Israele, aggredito allo scopo di annientarlo, stava per prendere il sopravvento, ogni volta che Israele stava per avere ragione degli eserciti nemici o delle organizzazioni terroristiche, ogni volta che Israele è stato in procinto di concludere finalmente, in modo definitivo, questa che si avvia ormai a diventare una delle guerre più lunghe della storia dell’umanità, l’intero consesso internazionale si è massicciamente mobilitato per impedire che ciò avvenisse. Ed è per questo che, per fare un solo esempio, quando l’Onu e il mondo intero hanno imposto a Israele di interrompere la guerra del 1967 prima di giungere a una vera, definitiva sconfitta dei suoi nemici, tutti gli stati arabi si sono potuti permettere di respingere in blocco tutte le richieste contenute nella risoluzione 242 (no al riconoscimento, no al negoziato, no alla pace) e continuare lo stato di belligeranza. Qualcuno immagina forse che si sarebbe potuto fermare Hitler con qualche bel discorso? O lanciando palloncini colorati? O con qualche pressione internazionale? O magari con la “politica della mano tesa” e generose concessioni? Qualcuno si è illuso di poterlo fare, e si è puntualmente realizzata la profezia lanciata già nel 1938 da Churchill: “Potevate scegliere tra la guerra e il disonore. Avete scelto il disonore. Avrete la guerra“. E le parole di Churchill rimangono sempre di scottante attualità: negoziare con chi ti vuole distruggere senza averlo prima sconfitto non porterà non solo l’onore, ma neanche la pace.
Discorso cinico? No, semplicemente realistico. Che spiacerà soprattutto agli israeliani, talmente desiderosi di pace da essere disposti, in nome di essa, quasi a tutto, ma sessant’anni di guerra preceduti da quasi trent’anni di terrorismo sono lì a dimostrare che ogni altra via è destinata al fallimento. E di un altro mantra occorrerà sbarazzarsi al più presto: quello della “proporzione”. Quando ci si avventura in una contesa, sia essa una guerra di offesa, una guerra di difesa, un incontro di calcio o una partita a briscola, non lo si fa per essere proporzionati: si fa per vincere. Altrimenti la contesa continuerà all’infinito in una situazione di sostanziale stallo, con un interminabile stillicidio di morti, da una parte come dall’altra. Perché non solo in medicina, ma anche in politica e in guerra il medico pietoso fa la piaga purulenta: ricordarlo farebbe un gran bene a tutti. E soprattutto alla pace.

Barbara Mella, Emanuel Segre Amar

Ma il mondo non vuole capire, e i presidenti dem coi consensi in calo a causa dei disastri che hanno combinato devono vincere le elezioni, e l’Onu ha la sua agenda nella quale la sopravvivenza di Israele non trova spazio, e gli emissari di hamas sono in mezzo a noi e non fanno passare giorno senza farci sentire il loro fetido fiato sul collo – fiato che in troppi respirano assorbendo tutto il suo veleno – e la corsa a un micidiale cessate il fuoco che significa ecatombe di ebrei e fine di Israele si fa sempre più frenetica.

Dal 1948 Israele si è sempre lasciato fermare quando stava per vincere, e ogni volta ciò ha regalato a coloro che vivono all’unico scopo di portare a termine la soluzione finale la possibilità di riprendere subito la lotta, con la conseguenza di morte e distruzione da entrambe le parti. Auguriamoci tutti, noi amanti della pace – quella vera – che stavolta Israele riesca a non farsi fermare e a poter mettere finalmente il sigillo definitivo al proprio diritto a esistere.

barbara

LA PERSONA GIUSTA

È quella che si trova nel posto giusto al momento giusto. La persona ancora più giusta è quella che non si trova nel posto giusto al momento giusto, e allora ci va, pur consapevole dei rischi che ciò comporta.

E giusta è anche la persona che dice le cose giuste al momento giusto

Poi ci sono persone orribili, che hanno passato la vita, per ragioni ideologiche, a fare cose orribili, e a farle fare a chi ne aveva il potere, come la deportazione degli ottomila ebrei di Gush Katif, l’abbandono di Gaza in mano ai peggiori terroristi che mai il pianeta abbia conosciuto con le conseguenze di devastazione e morte cui da 18 anni stiamo assistendo. E che tuttavia a ottant’anni suonati, di fronte al massacro peggiore che mai si sia visto riesce a trovare le parole giuste.

Un intervento tanto lucido quanto amaro. Collegato su Zoom dalla sua abitazione di Gerusalemme, il professor Sergio Della Pergola ha portato il suo contributo al Consiglio UCEI in corso a Roma. “Dal 7 ottobre – ha dichiarato l’accademico – sono state fatte cose che nella Shoah non erano state fatte. E con una euforia e una partecipazione popolare che durante il nazismo non si erano mai viste”. Un massacro tragico con conseguenze devastanti: “Siamo tornati indietro di 75 anni con zone abbandonate – e Israele non aveva mai ceduto un centimetro di territorio – e decine di migliaia di sfollati interni.” [Centinaia di migliaia, per la precisione] Da cui la considerazione: “Stiamo combattendo di nuovo la guerra d’indipendenza e il nostro diritto a difenderci non è accettato da tutti. Anzi, oggi probabilmente una risoluzione Onu per dare vita a uno stato ebraico non otterrebbe la maggioranza dei voti. Siamo delusi – ha aggiunto Della Pergola – e osserviamo la perdita di dignità di organizzazioni come la Croce Rossa [alla perdita di dignità della Croce Rossa abbiamo abbondantemente assistito durante la seconda guerra mondiale, e Israele l’ha ripetutamente sperimentata nel corso della sua storia] che a oggi non ha ancora incontrato uno solo dei nostri deportati. Poi c’è la Chiesa Cattolica che cerca di tenere una posizione intermedia. E l’accademia, di cui faccio parte, che dimostra non essere un centro di riflessione e di studio ma di attivismo politico, in un sistema degenerato. L’intervista delle tre presidenti di ateneo è un segnale di regresso dell’America”. Secondo Della Pergola, “abbiamo un esercito eccezionalmente morale nel combattere, anche se può cadere in errore, ma siamo tornati all’impotenza politica di 75 anni fa. Io – ha concluso – ho proposto uno sciopero del 27 gennaio: un’idea non applicabile e forse anche peregrina. Che però parte da un assunto: se per le strade si chiede la morte degli ebrei e la cancellazione di Israele “dal fiume al mare”, la Giornata della Memoria ha fallito. Noi la memoria ce l’abbiamo, semmai sono altri che non ce l’hanno”. (Pagine ebraiche)

E a proposito di Croce Rossa:

Guido Guastalla

Questo il comportamento della Croce rossa internazionale! Come ai tempi del nazismo!
Tal Amnu, la figlia dell’84enne Alma Avraham, liberata l’altro ieri dalla prigionia di Hamas, ha commentato lo stato di salute di sua madre, che rimane difficile. La Croce Rossa ha ripetutamente rifiutato di prendere le medicine portate alla sede della Croce Rossa. È con assoluta freddezza e sdegno che questa organizzazione ha rifiutato il minimo aiuto per gli ostaggi israeliani. “Ha totalmente abbandonato mia madre dal punto di vista della salute.”
Alma Avraham è arrivata stordita, tutta ferita. È stata abbandonata due volte, la prima il 7 ottobre e la seconda da tutte le organizzazioni che avrebbero dovuto salvarla.
La madre è tornata a poche ore da morte certa perché la sua temperatura era bassa (27°) e il suo cuore molto debole (40 battiti al minuto), per non parlare dei numerosi segni sul suo corpo.

E qui siamo anche al di là, molto al di là dell’indifferenza: qui siamo all’aperta complicità in tentativo di omicidio. E credo che questo ci stia proprio bene

Poi ci sono i terribili coloni che vanno in giro ad ammazzare i poveri civili palestinesi innocenti e che giustamente, cattivi come sono, fanno preoccupare il povero Biden

E poi c’è il NYT che titola

Weapons found in hospital, Israel says

Ma non si illudano che noi siamo così scemi da crederci solo perché lo dicono loro.

Rainews invece titola

Esercito israeliano uccide 3 ostaggi “per errore” (Qui)

perché si sa che l’esercito israeliano è talmente assetato di sangue che se non trova immediatamente qualche bambino palestinese da scuoiare vivo, si accontenta di ammazzare la propria gente, salvo poi raccontare che è stato un errore, ma a noi che siamo furbi non la danno mica a bere.

E ora un piccolo sforzo di immaginazione, da proporre soprattutto a quelli che si proclamano amici dei palestinesi

Sì, lo so, troveranno il modo di rigirare comunque la frittata: quando mai l’antisemitismo si lascia incastrare dalla logica? E infatti guardate cosa hanno fatto questi

The city of Hamtramck in Michigan has decided to rename one its streets to “Palestine Avenue”.
During the booming years of Detroit’s automobile industry, Hamtramck was majority Polish.
Today, it’s the only majority-Muslim city in the U.S.

Notare poi che sul tabellone non c’è Palestine Avenue, bensì un ben più inquietante Palestine way. Perché giustamente hanno il sacrosanto diritto di difendersi e resistere a modo loro

Poi c’è chi, avendolo apprezzato durante la pandemia, continua a dedicarti a quello che da noi si chiama bizzarramente smart working (e qualunque interpretazione si scelga per il termine smart, non è molto chiaro che cosa abbia a che fare col lavoro da casa) lanciando comodamente i missili dalla propria cucina, mentre nell’altra stanza si provvede all’educazione dei pargoli

E per quando cominceranno a crescere hanno già approntato delle deliziose cinturine esplosive su misura, e poi subito dopo via, di corsa a farne macchine per uccidere

(con quegli occhi che mettono i brividi)

E a proposito di pargoli, sembra che qualcuno stia cominciando a scoprire che

Ma ci sono, a Gaza, civili innocui? (Non dico innocenti che, anche se l’etimologia è la stessa, ha tutt’altra valenza) Sì, ci sono, e quando li incontra Israele fa quello che deve fare

Come sempre

barbara

MAMMA MIA CHE DOMANDE DIFFICILI CHE FA CERTA GENTE!

Cioè più o meno

Questa invece è Lucy Aharish, giornalista araba israeliana musulmana, che ha un po’ di cose da dire a un sacco di gente

E questa è Batia Holin

Gaetano Evangelista

La dottoressa Batia Holin è un’agronoma israeliana che vive in un kibbutz nei pressi del confine con Gaza.
Batia ama la fotografia. È entrata in contatto con un giovane fotografo di Gaza che sembrava condividere la sua passione per la pace, la coesistenza e la fotografia.
Lui le mandava foto della vita a Gaza e lei gli mandava foto della vita sul lato israeliano della barriera.
Lui le parlava del suo amore per la pace e la coesistenza. Le loro foto in collaborazione sono apparse in Israele e in tutto il mondo come simbolo di pace, speranza e coesistenza. Si sono sentiti quasi ogni giorno.
Il 7 ottobre Batia ha sentito i terroristi di Hamas entrare nel suo kibbutz. Si è nascosta nella sua stanza di sicurezza e all’improvviso ha ricevuto una telefonata dal suo amico gazawo. Le parlava e voleva sapere dove si trovasse e se l’IDF fosse lì. In quel momento capì che il suo amico di Gaza, che aveva parlato con lei per anni, stava lavorando con Hamas per cercare di far uccidere lei e la sua famiglia.
Batia ha riattaccato immediatamente. Più tardi, ha visto le foto del fotografo gazawo “pacifico” ferito, avendo partecipato al massacro del 7 Ottobre.
Il tradimento del 7 ottobre ha distrutto una fiducia che sarà impossibile ricostruire a meno che Gaza non venga deradicalizzata e non si pensi che abbandoni il suo odio genocida e pervasivo per Israele e gli ebrei.

Utili idioti, si chiamano, come Vittorio Arrigoni, come Vivian Silver, una vita spesa a difendere i diritti dei palestinesi e dai palestinesi fatta fuori. Questa qui li ha addirittura aiutati a perpetrare il massacro.

E ora vi mostro questo bel camion adibito al trasporto di acqua (per attenuare la terribile crisi umanitaria dei poveri civili innocenti di Gaza, per ordine di Biden), adattato con qualche modifica al trasporto di lanciamissili

Procedo con un quadro della situazione demografica, già altre volte mostrato, ma una volta in più non fa mai male

In casa nostra invece, nella nostra bella e amata Eurabia

Fulvio Diddì

Germania  
Grazie ad una sentenza allucinante 8 dei 9 uomini, facenti parte di una gang di migranti (provenienti da Egitto, Libia, Kuwait, Polonia e Iran), che hanno abusato sessualmente di una ragazzina di 15 anni in condizioni di inferiorità psichica nel Hamburg Stadtpark non faranno nemmeno un giorno prigione. 
Una psichiatra, che ha testimoniato a nome degli imputati, ha sostenuto che il loro “presunto” stupro di gruppo non è altro che un “mezzo per sfogare la frustrazione e la rabbia derivante dalle loro esperienze di migrazione e dal fatto di essere dei senzatetto socio-culturali”
– Hamburger Morgenpost 
Game over

Noi comunque si resiste. Perché sì, anche questa è resistenza

Very sad. This is a photo of a son lighting the menorah in his murdered parents house.
Last night, Tamir Hershkovitz lit the first candle at the home of his parents, Noah and Maaina Hid, who were murdered in Kibbutz Bari – in the warped menorah that survived the fire. (Photo: Gadi Keblo\’Yedyot’)

Wow what a picture!!!
How much power and symbolism in one frame.
From the ruins we will build anew.
With a deep connection to our roots and a brave choice in a new future.
Happy holiday

joanofjudea

E non posso concludere se non con i due più tradizionali canti di chanukkah: Chanukkah e Maoz Tsur Jeshuati

barbara

NOTIZIE SPARSE

Comincio con la nonna affranta

Certo che con tutta una famiglia così, povera ragazza, inutile provare a dire che hai paura, che hai tanta paura, che hai sempre più paura, che vorresti che lui sparisse dalla tua vita per non ricomparire mai più…

E a proposito di violenza sulla donne:

Stefania Malka Hepeisen

Forza, scendete in piazza per la Sierra Leone dove ci sono 10.000 stupri all’anno di ragazze sotto i 15 anni. Dove la sifilide cerebrale la fa da padrona, dove le bambine vengono drogate per subire lo stupro data l’anatomia non pronta ai rapporti sessuali.
Che aspettate?
Dove sta l’Onu? L’Unrwa?
Troppo impegnato con Israele?
La Sierra Leone non ha diritto ai diritti umani? Mentre le bambine lì muoiono, qui siamo occupati a combattere il patriarcato e Israele.

Insomma, praticamente così:

Poi c’è sempre chi proietta su di te le proprie perversioni sessuali

Qui.

Le ho chiamate perversioni sessuali in mancanza di un termine più adatto, ma sessuali non è il termine corretto, perché in questi casi il sesso, la soddisfazione sessuale non è lo scopo, bensì un mezzo: un mezzo per fare male fisicamente e per umiliare, per – come ha detto un prigioniero durante l’interrogatorio – “disonorarle”. E come si può chiaramente capire anche da queste testimonianze

E a proposito di queste violenze, due parole a Lucia Annunziata che ha visto le registrazioni, che ne è rimasta talmente sconvolta da non poter reggere fino alla fine, da sentire la necessità di denunciarle in un crudo e dettagliato articolo: dimmi, cara Lucia, adesso che hai visto coi tuoi occhi che cosa ESATTAMENTE fanno i tuoi beniamini sui civili innocenti – al punto da infierire perfino sui neonati – continuerai a trovare loro ogni sorta di giustificazione? Continuerai a scagliarti contro Israele chiamando crimini la sua lotta in difesa della vita? E prima di quest’ultima mattanza, di vederli direttamente in azione, non sapevi quello che facevano, che hanno sempre fatto da quando è nato l’islam senza mai smettere? E dimmi, così per curiosità, hai ancora…?

E inoltre

Emanuel Segre Amar

A proposito degli stupri del 7 ottobre (continuati poi magari sulle persone ostaggio dei nazi-terroristi.
Due particolari che iniziano a circolare.
Due donne tornate sono risultate essere incinte.
Su dei cadaveri di donne uccise sono stati trovati fino a 14 tipi di sperma.
Ma tutto ciò non interessa alle varie Boldrini and co. che sentenziano a ruota libera

(Nel caso qualcuno si chiedesse come mai gli sia venuta la bizzarra idea di andare a esaminare lo sperma: serve per identificare i responsabili fra i terroristi catturati e quelli che si stanno arrendendo a mandrie intere. Come si diceva una volta nei cortei: pagherete caro, pagherete tutto. Il tempo, oggi, non è più dalla vostra parte

No, decisamente no)

E come se non bastasse

Niram Ferretti

DENTRO L’ABIEZIONE

«Sappiamo che alcuni bambini rapiti da Hamas sono stati abusati sessualmente. Non sono tra i piccoli che abbiamo in cura noi qui, si trovano in una delle altre strutture mediche che hanno preso in carico gli ostaggi minorenni dopo il rilascio». Lo dice all’Ansa Omer Niv, vice direttore dello Schneider children’s medical center, il primo e più grande ospedale pediatrico di Israele e del Medio Oriente. Nell’istituto sono in cura 19 piccoli ostaggi tornati alla libertà dopo 50 giorni di prigionia a Gaza. «Sono come fantasmi. Soffrono di depressione profonda grave, sono tristi, camminano lentamente, non vogliono uscire dalla stanza, scoppiano a piangere se vedono un estraneo, hanno paura, masticano il cibo lentamente, temono ogni rumore», racconta il dottor Niv.
Che non si nasconde dietro al pudore e ammette che anche i team di medici che curano i piccoli pazienti stanno andando avanti per tentativi, a secondo delle reazioni che raccolgono: «Non ci sono nella letteratura scientifica esempi in cui bambini piccoli, di 2, 3, 4 anni, siano stati rapiti, tenuti in posti claustrofobici, in condizioni igieniche estreme, separati dai loro genitori, nutriti a malapena, torturati con false notizie come la morte di papà e mamma anche se non era vero. Non c’è mai stata una terapia per questi danni. Perché non era mai successo niente del genere nella storia dell’umanità», osserva Niv. «Con psichiatri, psicologi, pediatri, sociologi, affrontiamo i bambini caso per caso. In un certo senso ci sentiamo impotenti. Una madre con due bambine di 3 anni è con noi dal momento del rilascio, vogliono restare qui: la loro casa è stata bruciata, il papà è in ostaggio a Gaza, non vogliono uscire. Questi bambini probabilmente avranno bisogno di essere curati e seguiti per tutta la loro vita», conclude il vice direttore dello Schneider children’s medical center.

E poi c’è lo zio Sam, il “migliore alleato di Israele” quando gli interessi di Israele coincidono coi suoi, altrimenti Israele si fotta, e che con Obama e Biden è diventato un sordido nemico.

Con la ripresa dei combattimenti nella Striscia di Gaza, il segretario di Stato americano Blinken ha informato Israele delle restrizioni sotto cui gli Stati Uniti gli permetteranno di operare. Nessuno sfollamento della popolazione civile e meno vittime civili (anche se non ci sono numeri tranne quelli che provengono direttamente da Hamas). Nessun bombardamento su ospedali o  scuole, anche quando sono di fatto santuari delle truppe di Hamas. Nessuna interruzione della fornitura di carburante, che Hamas utilizza per mantenere i suoi tunnel illuminati e ventilati. Tuttavia ci viene detto di finire la guerra in fretta, perché il nostro “credito” sta finendo. E nel caso qualcuno pensasse che un giorno i bambini israeliani avranno il diritto di dormire sonni tranquilli nelle comunità del Negev occidentale, ebbene, non dovrà esserci alcuna zona di sicurezza sul lato di Gaza del confine e nessun controllo di sicurezza israeliano su Gaza. La minaccia implicita è che se Israele esce dalla riserva, gli Stati Uniti non gli forniranno munizioni e pezzi di ricambio essenziali per i nostri sistemi d’arma americani, né porranno il veto alle risoluzioni ostili del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Non so come Israele abbia risposto a queste richieste fatte al nostro gabinetto di guerra dove il signor Blinken ha evidentemente il diritto di sedere. Ma so come penso che dovremmo rispondere. E quindi invio quanto segue:

Caro Segretario Blinken,
Apprezziamo il sostegno che riceviamo dall’America nella nostra guerra contro il genocida  Hamas. Apprezziamo il fatto che sembriate capire che questi mostri devono essere rimossi dal potere a Gaza, da dove hanno promesso di ripetere ancora e ancora le atrocità commesse contro il nostro popolo il 7 ottobre, atrocità proporzionalmente venti volte maggiori di quelle perpetrate contro negli Stati Uniti l’11 settembre. Ma nonostante la vostra comprensione, insistete nel porre restrizioni su come possiamo combattere; di fatto, per noi, una micro gestione della guerra.
Parliamo francamente: ci state chiedendo, nel breve termine, di barattare la vita dei nostri soldati con quella dei civili di Gaza, e  state misurando la nostra capacità di soddisfare questa richiesta con i numeri forniti da Hamas! Ci state chiedendo di combattere in un modo che, nella migliore delle ipotesi, sconfiggerà Hamas solo parzialmente. Dite di volere che Hamas venga rimosso dal potere, ma il probabile effetto del seguire le vostre istruzioni non sarà questo. Ci state chiedendo di combattere in un modo che gli americani non hanno mai perseguito, né mai perseguirebbero. Non è così che avete combattuto durante la seconda guerra mondiale, in Corea, Vietnam, Afghanistan e Iraq.
Sul lungo termine, ci state chiedendo di rinunciare all’intero Negev occidentale, che diventerà inabitabile per gli ebrei se non manteniamo il controllo di sicurezza di Gaza e se non possiamo stabilire una zona cuscinetto tra esso e la nostra popolazione. Aspirate addirittura a creare uno stato palestinese unificato e sovrano in tutta la Giudea, Samaria e Gaza, qualcosa che porterebbe in breve alla fine dello stato ebraico.
Noi non accettiamo le vostre restrizioni e la microgestione della guerra, e non scambieremo la vita dei nostri soldati con nessuno, né con gli abitanti di Gaza (che sostengono in stragrande maggioranza la violenza omicida contro gli ebrei, sia da parte di Hamas che di altri gruppi), e nemmeno con le fortune elettorali della fazione Obama-Biden del Partito Democratico.
Insistiamo sul fatto che quando la guerra finirà, dovranno essere create condizioni adeguate per la sicurezza del Negev occidentale. E dobbiamo informarvi che se metterete in atto la vostra minaccia di tagliare la nostra fornitura di munizioni e ricambi per le nostre moderne armi americane, saremo costretti a combattere in modi meno moderni e per molto più tempo [ma secondo me potreste anche scegliere di combattere in modi MOLTO più moderni, e per molto meno tempo]. La crisi umanitaria, come conseguenza diretta, sarà molto più grave e voi ne sarete responsabili. Perché non smetteremo di combattere quella che consideriamo una battaglia essenziale nella guerra per la sopravvivenza della nostra nazione e del nostro popolo, anche se dovremo combattere con le armi più primitive.
Noi non abbiamo scelta. Ma voi l’avete: potete sostenerci, o potete di fatto sostenere coloro che pensano che l’omicidio, la tortura e lo stupro siano tattiche non solo accettabili, ma lodevoli. Potete aiutarci a finire la guerra in fretta, oppure potete prolungarla, con tutto il dolore e la sofferenza che ciò comporta. Ma sappiate questo: in ogni caso Hamas non sfuggirà al giudizio.
Cordiali saluti,
praticamente tutti in Israele (qui, traduttore automatico con correzioni a aggiustamenti miei)

Scenario già visto. E l’altra volta la risposta c’è stata davvero

Nel frattempo

Emanuel Segre Amar

Ma guardate che strano: in un camion che portava aiuti ai civili di Gaza (ai civili, mica a Hamas: e se fosse la stessa cosa?) sono stati scoperti dei droni.

Mentre in casa nostra

A quanto pare, anche se il sindaco è cambiato, i sentimenti da quelle parti restano sempre gli stessi.

Ma voglio chiudere con due cose almeno relativamente positive. Questa è Amit Soussana,

quarant’anni, avvocato. Questo è il suo rapimento (qui)

E questa è di nuovo lei, 55 giorni dopo

E questa è Emilia Aloni di ritorno all’asilo

barbara