E POI GLI AMBIENTALISTI

o sedicenti tali. Da mandare a cagare, intendo. A proposito, l’ordine in cui ho messo le varie categorie nel post precedente era puramente strumentale al fatto che erano troppi per poterci andare tutti insieme, ma non che qualcuno lo meritasse meno di qualcun altro. E questo vale naturalmente anche per gli ambientalisti. O sedicenti tali. E comincio con questo ennesimo delirio.

Giovanni Bernardini

DIRITTI DEL PIANETA

Sono seduto col nipotone al tavolino di una gelateria. Metto da parte le preoccupazioni per la glicemia e mi concedo l’eccezione di una coppetta di gelato. Notiamo entrambi ad un tratto una locandina che fa bella mostra di se appesa al bancone. Annuncia una serie di spettacoli e manifestazioni culturali in difesa dei “diritti del pianeta”.
Sì, proprio così: gli organizzatori di questi fantastici eventi intendono difendere i “diritti del pianeta”.
I pianeti hanno diritti anche se, come fa notare il nipotone, non sembra abbiano anche doveri.
La cosa mi lascia molto perplesso. Quali mai saranno i “diritti” di un pianeta? Il pianeta ha il “diritto” di essere accogliente, ma avrà anche il “diritto” di non esserlo? Direi di si, così, a naso, da persona ignorante.
Terremoti, maremoti ed eruzioni vulcaniche, inondazioni, siccità ed uragani fanno parte dei “diritti” del pianeta? E se le cose stanno così, difendendoci da tali fenomeni non violiamo i “diritti” di madre terra? E non li violiamo, questi “diritti”, quando costruiamo una casa od una strada? Una tratta ferroviaria, un ospedale od una diga? Che diritto abbiamo ad impedire che un fulmine cada proprio sul tetto di casa nostra? Nessuno direi. Siamo davvero dei prepotenti che violano di continuo una enorme quantità di “diritti” del pianeta!
E se il nostro pianeta ha i suoi “diritti” non ne avranno anche gli altri? E non avranno “diritti” anche il sole e le altre stelle? Il sole ha il “diritto” di collassare distruggendo tutti i pianeti del suo sistema? O collassando viola i “diritti” di questi? E un buco nero ha o non ha il “diritto” di attrarre stelle ed interi sistemi planetari?
Mistero, profondo mistero…
O forse non siamo di fronte a nessun mistero, solo ad una delle sempre più numerose manifestazioni della idiozia ideologica oggi dominante.

Riprendo a gustare il gelato, per inciso… ottimo.

Cioè l’intera umanità al servizio del pianeta che, dal momento che Dio non è più di moda, abbiamo pensato bene di mettere al Suo posto. Un bizzarro dio che se ci comportiamo male ci danna perché ce lo meritiamo e se ci comportiamo bene ci danna lo stesso perché così gli gira e ne ha il diritto.
La cosa che più colpisce, di questa gente, è l’assoluto cinismo nei confronti dell’umanità: per costoro il diritto all’esistenza tocca unicamente al Pianeta e agli animali, punto. A una persona che sognava un’agricoltura interamente priva sia di fertilizzanti chimici (ma meglio ancora priva di qualunque tipo di fertilizzanti) che di antiparassitari ho fatto notare che in quel modo tutte le coltivazioni del pianeta non sarebbero arrivate a sfamare più di un decimo dell’attuale popolazione, e lei ha allargato le braccia con l’aria in parte rassegnata ma in parte anche con una sorta si compiaciuta soddisfazione: ok, dovranno morire sette miliardi di persone, e allora? Io cosa ci dovrei fare?

Poi capita di vedere una cosa come questa

Ora, né nella mia zona, ripetutamente colpita anch’essa, né in Emilia Romagna, che io sappia, nessuno dei fiumi esondati ha subito raddrizzamenti per costruirci le case intorno, quindi già in partenza questa immagine che tanto successo ha riscosso è una cagata. Ma passiamo all’ultima parte. Tutte le civiltà, da sempre, si sono sviluppate vicino all’acqua: mari, laghi, fiumi, o almeno torrenti e ruscelli, perché senza acqua non c’è vita; il deserto si attraversa, ma non ci si vive, tranne che nelle oasi, dove c’è l’acqua. Quindi il messaggio che arriva da quella oscena immagine in cui a provocare il disastro sono le case, è che per non avere disastri non si devono costruire case. E dato che le case servono perché gli esseri umani ci vivano… traiamone le debite conseguenze. E il principio è sempre lo stesso: per la maggior gloria del dio-pianeta, del dio-ambiente, del dio-clima benevolo, l’umanità deve scomparire. Tranne i pochi eletti, i Grandi Saggi della Montagna che avranno meritato di sopravvivere.
Poi, al proposito di quel 97% o 99% di scienziati che confermano la realtà dei cambiamenti climatici e della loro causa antropica vi invito a leggere qui (come ha giustamente detto qualcuno, i numeri sono come gli uomini: se li torturi abbastanza puoi fargli dire tutto quello che vuoi. Ma qualunque cosa dicano, o gli venga fatta dire, il loro valore rimane sempre pari a zero: quando il 100% degli scienziati dell’epoca affermava che il sole girava intorno alla terra, il sole non girava intorno alla terra).

E infine c’è il vecchio comunista redivivo che Dio non esiste però l’alluvione l’ha mandata Lui per dare una mano ai devastatori di opere d’arte.

IL DELIRIO IN DIRETTA DELL’EX PCI ACHILLE OCCHETTO SULL’ALLUVIONE IN EMILIA ROMAGNA

Puniti da Dio perché non abbiamo ascoltato i giovani di Ultima Generazione: secondo l’ultimo segretario Pci Achille Occhettol’alluvione in Emilia Romagna ha una spiegazione “semplice”. Il delirio arriva tra l’altro non da un profondo conoscitore della religiosità e della fede cristiana, ma da uno dei politici più atei mai esistito in Italia: intervenuto a “In Onda”, il talk di La7 presentato da Concita De Gregorio e David Parenzo, l’ex leader comunista traccia la sua personalissima “visione” circa le cause che hanno portato al disastro ambientale e sociale nella “rossa” Emilia Romagna.

«Forse non ce ne rendiamo conto», attacca Occhetto in diretta tv, «il problema riguarda l’umanità intera. Va bene parlare della cementificazione, ma non si svii l’attenzione dal problema centrale. Ci troviamo di fronte a un messaggio che ci manda il Signore, e io non sono credente». E sarebbe stato proprio Dio ad aver visto i giovani di Ultima Generazione «che si arrabattavano a verniciare i muri per far capire alla gente che cosa succedeva», agendo di conseguenza: «il Signore ha detto: ‘Ma poveri ragazzi, adesso ve lo faccio vedere io!’ E abbiamo visto il Dio della Bibbia intervenire. Invece delle cavallette, lui in 3 giorni ha mandato la pioggia di 6 mesi. E il disastro è stato molto più grande della vernice».

OCCHETTO ‘ZITTISCE’ SCHLEIN: “PUNITI DA DIO”

In poche parole, l’alluvione dell’Emilia Romagna e i suoi 14 morti sono una sorta di punizione divina perché politici e società di oggi non ascolta i ragazzi che imbrattano – di oggi l’ultima provocazione con la vernice nera dentro la Fontana di Trevi a Roma, ndr – monumenti in nome del “climatismo” e “surriscaldamento globale”. Il tutto, suggerito da chi come l’ex Pci non crede in Dio e nella Chiesa.

Un delirio del genere ha trovato ben poche risposte in tutti i presenti alla puntata di “In Onda”, a cominciare dai due conduttori rimasti quasi impassibili, eccetto il breve commento abbozzato da Parenzo «Sentire uno storico ateo come lei, citare un episodio biblico…», prontamente replicato da Achille Occhetto «Se la classe dirigente italiana non capisce che il problema è questo, e che bisogna unirsi per salvare il Pianeta, come cittadino io ho paura di questa reazione». Chi è rimasta del tutto immobile e muta alle dichiarazioni dell’ex segretario del Partito Comunista Italiano è chi guida oggi il partito “erede” del Pci, ovvero Elly Schlein. La segretaria Pd in collegamento assiste alla scena e non commenta/aggiunge/smonta nulla di quanto affermato da Occhetto.
Niccolò Magnani (qui)

E ora ammiratelo in tutto il suo splendore

Decisamente siamo un pochino carenti di equilibrio, quindi per compensare sono andata a cercarne un po’ dai russi:

barbara

LA GRAN PUTTANATA DELL’EMERGENZA CLIMATICA, PARTE SESTA

Ovvero: piove, ambientalista ladro!

Renato Miele

L’italia del no è con l’acqua alla gola

Veti ambientalisti sulle infrastrutture chiave. Parla il geologo Fazzini

Il Foglio Quotidiano 18 May 2023 di ERMES ANTONUCCI

Roma. “L’emilia-romagna è da sempre all’avanguardia nella ricerca ambientale. Il problema è che negli ultimi dieci anni dal punto di vista infrastrutturale non è stato fatto nulla, tanto che il territorio è quello mediamente a più alto rischio idrogeologico. La spinta ambientalista all’interno della politica emilianoromagnola è stata talmente forte che non ha permesso di far nulla”. Lo dichiara al Foglio Massimiliano Fazzini, responsabile del team Rischio climatico della Società italiana di geologia ambientale.
Secondo Fazzini, geologo e docente di Rischio climatico all’università di Camerino i primi dati a disposizione sulle precipitazioni in Emilia-romagna “ci consentono di parlare di eventi eccezionali dal punto di vista meteorologico”: “In alcune zone tra Faenza e Forlì, tra l’evento del 2-3 maggio e quello delle ultime ore sono caduti 500 millimetri di pioggia, che rappresentano il 70 per cento della precipitazione media annua. Questo ci fa capire che la prima metà di maggio sarà sicuramente ricordata come eccezionale”. L’eccezionalità dell’evento, tuttavia, non deve impedire di riflettere su quanto è stato fatto (o non è stato fatto) sul piano della prevenzione dei rischi. “L’unica struttura che aveva cominciato a occuparsi seriamente del problema era Italia Sicura, la struttura di missione per la riqualificazione dell’edilizia scolastica e il dissesto idrogeologico, ma è stata cancellata”, afferma Fazzini.
“Adesso il nuovo governo sembrerebbe aver cambiato un po’ le cose. E’ stata fatta la rilettura del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, bloccato da sette anni. Ora però si devono fare i passi decisivi sul piano infrastrutturale”.
“Non si può sempre dire di no a tutto”, aggiunge il geologo. “Con questo nuovo clima bisogna regimare i corsi d’acqua, laddove occorra anche con opere impattanti sull’ambiente, ma sempre nel rispetto di quest’ultimo”, dichiara Fazzini: “Ad esempio, con l’invaso di Ridracoli, nel cesenate, si è risolto il problema dell’approvvigionamento idrico di cinque milioni di abitanti che d’estate popolano la riviera romagnola a scopo turistico. In altre parole, quando occorrono le opere bisogna farle. Non è che andiamo a tagliare cinquanta chilometri di bosco o andiamo a mettere a repentaglio la vita della gente”.
Per l’esperto, dunque, “dobbiamo adattarci e cercare di ridurre al massimo delle nostre potenzialità, tenendo conto dell’ambiente, il rischio effettivo, facendo sì che il rischio residuo sia il più basso possibile. Il rischio zero non esiste, purtroppo. E quindi: dove serve un’infrastruttura grande bisogna farla, dove è sufficiente un’infrastruttura piccola si interviene con l’infrastruttura piccola. Ma bisogna muoversi. Non si può dire sempre di no a tutto, perché altrimenti nel giro di dieci anni siamo rovinati”.
“Il 94 per cento del territorio italiano è messo come la pianura emiliano-romagnola – prosegue Fazzini – quindi i fondi del Pnrr andrebbero maggiormente destinati a opere finalizzate a contrastare il rischio idrogeologico”.
Tutto ciò chiama ovviamente in causa la politica. “Negli ultimi mesi – afferma Fazzini – ci siamo confrontati con i ministri Fratin, Salvini, Lollobrigida. Sono tutti favorevoli alle grandi opere. Il problema è che poi a gestire i soldi sono le regioni e spesso, nel momento in cui il segno politico della regione è opposto a quello del governo, si blocca tutto”.
Eppure, “l’adattamento al rischio” è la chiave fondamentale, “altrimenti continueremo a contare ogni volta morti su morti”, conclude il professor Fazzini.

Stenderei un velo pietoso su “questo nuovo clima” (verso la metà degli anni Novanta a Brunico è piovuto ininterrottamente – cioè tutti i giorni tutto il giorno – per tutto aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, venti giorni a settembre e quindici a ottobre, segnati sul calendario e contati), ma mi interessa riprendere questo articolo per la grande verità che contiene in merito al devastante comportamento dei cosiddetti ambientalisti, per il quale trovo un solo nome: cinismo. E non perdono occasione per dimostrarlo, pronti come sono a sacrificare l’intera umanità in nome della loro delirante ideologia. E a tutti coloro che per “salvare il pianeta” sono pronti a sacrificare l’umanità, vorrei mostrare questo disegnino esplicativo

– non che mi illuda che siano capaci di capire, sia ben chiaro.

Marcello Mazzoleni

Ieri sera ne ho bloccato un altro.
Dopo due o tre messaggi in cui lo stavo aiutando a capire che i ghiacciai in epoca medioevale e fino a tutto il Cinquecento non esistevano sulle Alpi, nonostante gli avessi condiviso delle mappe e dei documenti, questo era ancora convinto che negli ultimi decenni sta accadendo qualcosa di mai visto prima. Gli ho anche spiegato che, ad esempio, dove oggi c’è il ghiacciaio dell’Aletsch, lo spessore massimo del ghiaccio attuale è di circa 900 metri. Fino all’inizio del Seicento lì sotto quasi un chilometro di ghiaccio attuale, passavano delle strade, c’erano delle malghe e dei pascoli. E questo, imperterrito, ancora a darmi contro.
Ma ci rendiamo conto di quanta ignoranza ci sia in giro e di come neanche di fronte all’evidenza della storia questa gente continui imperterrita nelle proprie ideologie?
Leggiamo uno stralcio della storia dei ghiacciai, tratta dal sito della Regione autonoma Valle d’Aosta, dove ben si capisce quale sia stata l’unica vera crisi climatica degli ultimi millenni e perché. Buona lettura.

“…nel periodo del Sacro Romano Impero e della organizzazione feudale dell’Europa sulle Alpi, prendono vita numerosi stati di valico istituiti a controllo e a servizio delle vie transalpine, arterie vitali della grande unità politica. Fra di essi vi è quello dei Conti di Savoia il cui fulcro fu per secoli la Valle d’Aosta con i passi del Piccolo e del Grande San Bernardo.
Il limite climatico delle colture cerealicole si spinge fino all’altitudine di 2300 m. Lo conferma la presenza di settori attrezzati per la trebbiatura del grano in fienili di dimore dell’alta valle di Ayas e di Valgrisenche poste a quell’altitudine, ora diventate stagionali ma costruite nei tempi in cui lassù si poteva abitare tutto l’anno.
Riguardo allo stato dei ghiacciai l’Abbé Henry, noto ricercatore tanto in campo storico quanto in campo naturalistico, scrive in una sua relazione (NOTA 10); “Entre le 1300 e le 1600 les glaciers devaient être très petits et réduits à leur minimum… Sa découle d’un grand nombre de documents tels que les Reconnaissances de l’époque ou le mot glacies est introuvable. Une autre preuve que les glaciers étaient alors très petits et très recules c’est que les passages par les cols élevés de montagne étaient alors très faciles et très fréquentés: on allai communément, on faisait passer vaches et mulets de Prarayé à Evolène par le Col Collon (3130 m), de Zermatt à Evoléne par le Col d’Hérens (3480 m); de Valtournenche à Zermatt par le Col de Saint-Théodule (3380 m).
Il Colle del Teodulo – oggi centro di uno dei più prestigiosi comprensori sciistici – nel Basso Medioevo fu a tutti gli effetti un itinerario “Europeo” sulla via transalpina che univa il porto di Genova con quello di Amsterdam. Tutte le carte geografiche del ‘500 e del ‘600, comprese quelle del grande cartografo olandese Mercatore, rappresentano il “Mons Silvius” – tale era il suo nome in latino – e il villaggio di Ayas, suo principale centro di servizi. In quelle redatte nei paesi d’oltralpe compare la dizione: “Krëmertal”, ovvero “Valle dei mercanti” posta fra i toponimi di Ayas e del valico del Teodulo.
Il controllo delle strade che dalla valle della Dora salivano al colle del Teodulo, era esercitato dagli Challant, la più prestigiosa famiglia nobiliare valdostana che proprio da quel traffico traeva la sua ricchezza e la sua rinomanza a livello europeo.
In questo periodo caldo dai traffici assai vivaci, prese origine la millenaria fiera di Sant’Orso che tutt’ora si celebra il 31 gennaio nel cuore dell’inverno, una stagione che pare ben poco propizia ad un gran concorso di gente, soprattutto in passato quando non esistevano i mezzi spazzaneve. Il più antico documento che riguarda questa rassegna risale al 1305 ma pare che allora essa già fosse secolare, era esclusivamente dedicata agli attrezzi agricoli e si svolgeva nei tre giorni che precedevano la festa di Sant’Orso e nei tre che la seguivano. Questa grande fiera invernale è una testimonianza della mitezza che doveva caratterizzare la stagione fredda durante gli otto secoli dell’Optimum climatico del basso medioevo.
Fra il 1550 e il 1850 ha luogo la più grave crisi climatica del tempi storici denominata dagli specialisti il Pessimum climatico della Piccola Età Glaciale.
Essa provocò un abbassamento di almeno 500 metri dei limiti climatici delle colture, del bosco, del pascolo e delle nevi persistenti determinando un lungo innevamento annuo dei valichi e addirittura la glacializzazione dei più elevati e insieme la perdita di una grande quantità di terre coltivabili. Venendo a mancare contemporaneamente i proventi legati ai traffici transalpini e quelli delle più elevate terre agricole, il periodo della Piccola età glaciale fu per le valli alpine un‘epoca di estrema povertà.
In valle d’Aosta il contraccolpo fu durissimo: da ganglio dei traffici europei la Regione si trasformò in cellula chiusa in se stessa; le attività economiche si ridussero ad una agricoltura volta esclusivamente all’autosussistenza e tanto misera che viene definita dagli studiosi francesi “de acharnement”; la popolazione, poverissima e denutrita, venne falcidiata dalla peste e da malattie endemiche, molte delle quali riconducibili alla malnutrizione e alle grandi fatiche che in tali condizioni ambientali i lavori agricoli richiedevano.
Le condizioni del clima determinarono, nel corso della Piccola età Glaciale, la più imponente crescita volumetrica, areale e lineare dei ghiacciai verificatasi negli ultimi due millenni.
Dopo la metà del secolo XIX inizia il riscaldamento climatico tuttora in corso.
La fine della piccola età glaciale è segnata da una improvvisa forte diminuzione delle precipitazioni e da un sensibile innalzamento delle temperature: all’osservatorio meteorologico del Gran San Bernardo nei vent’anni successivi al 1856 le precipitazioni annue risultano meno di 1600 mm e l’altezza della neve caduta di 870 cm nei confronti di medie di lungo periodo assai più elevate; le temperature medie annue che fino al 1860 erano state attorno ai -1,9 °C si innalzano bruscamente a -1,5 °C”

Chi fosse interessato ad approfondire l’intero articolo dal quale ho tratto questo passaggio, ed estendere l’analisi agli ultimi ottomila anni di variazioni climatiche in Valle d’Aosta può approfondire a questo link
https://www.regione.vda.it/…/aspx/environnement.aspx…
A me spiace continuare a bloccare gente, ma di fronte a tanta ignoranza, a tanta ideologia frutto della becera propaganda in atto e a tanta mancanza di voglia di capire come stanno le cose non posso fare altro.
E questo pure mi dava del negazionista perché metto in ragionevole dubbio strampalate stime e congetture future. E lui che negava le certezze della storia? Ma ci rendiamo conto???
E intanto, questa foto di ieri

ci mostra come sulle stesse strade che anticamente erano percorse tutto l’anno, oggi si stia facendo molta fatica, nonostante le frese e gli strumenti tecnologici attuali, a garantire il passaggio di una tappa del Giro d’Italia nella seconda metà di maggio. Con i valichi alpini che restano aperti a malapena quattro mesi all’anno. E il negazionista poi sono io.
Ma per favore.

E giustamente ricorda, tra le altre cose, che caldo significa prosperità, economica, sociale e culturale, e freddo significa miseria, fame, e regresso su tutti i fronti.

Giovanni Bernardini

DUE MODI…

Ci sono due diversi modi di rapportarsi alle avversità atmosferiche.
Il primo è quello pragmatico: ci si dota degli strumenti tecnici in grado di ridurre le conseguenze negative dei fenomeni meteorologici negativi e si mettono in atto le politiche conseguenti. Ci si dota di una rete idrica efficiente per far fronte ai periodi di siccità, si costruiscono argini, si dragano i fiumi e si puliscono i boschi per far fronte alle piogge torrenziali, si acquistano spazzaneve per far fronte alle nevicate…
Il secondo è quello ideologico. Non si cerca di far fronte agli eventi climatici negativi ma di cambiare il clima. Si teorizza un “clima amico” privo di piogge torrenziali, periodi di siccità, nevicate eccessive e si addebitano tutti gli eventi climatici negativi all’”umana follia”. Si prendono misure costosissime per “cambiare il clima” che cambiano solo, in peggio, la situazione economica e si chiacchiera moltissimo sulle transizioni ecologiche, il nuovo modo di consumare, nuovi modelli di vita eccetera.
Poi arrivano i disastri…
Quale dei due modi sono stati messi in atto nel nostro paese?

E a proposito di eventi climatici negativi, anzi, estremi (oggi è tutto estremo, ve ne siete accorti? Il caldo è sempre equatoriale, il freddo sempre polare, le piogge sempre torrenziali…) non posso non rubare questa chicca all’amico Enrico

E infine un po’ di politica in senso stretto.

Alluvione, piove governo ladro? Bussare a Bonaccini e Schlein

Mai l’espressione “piove governo ladro” poco c’azzecca come in questa alluvione in Emilia Romagna. Checché ne dica Saviano, non solo l’esecutivo Meloni poco poteva farci con le piogge di questi giorni essendo al potere solo da sei mesi. Ma se c’è qualcuno a cui andare a bussare quello è il governo della Regione colpita dal disastro, che da sempre è nelle salde mani dei dem (e dei loro antenati) e che all’ultimo giro vedeva nientepopodimenoche l’attuale presidente del Pd nel ruolo di governatore e la segretaria in quello di vicepresidente.

I danni in Emilia Romagna

Se piove, piove. E le colpe sono sempre difficili da individuare: dunque non saremo noi a puntare il dito per forza contro chi guida la regione. Però oggi il Corriere di Bologna fa notare un confronto interessante tra due eventi simili e vicini sia in ordine di tempo che dal punto di vista geografico. In Emilia Romagna sono caduti in 24 ore qualcosa come 300 millimetri di pioggia, una quantità enorme in troppo poco tempo. Sono esondati fiumi, crollati ponti, interi Comuni sono stati sommersi e l’acqua ha ucciso almeno 13 persone. Per non parlare dei danni incalcolabili alle coltivazioni, alle strade, agli edifici pubblici e a quelli privati. Un disastro a tutti gli effetti che però ha un “precedente”, pure peggiore dal punto di vista della quantità di acqua piovuta ma con meno effetti catastrofici.

L’alluvione in Veneto

Nel 2018 in Veneto la tempesta Vaia colpì le montagne del Nord-Est con venti fortissimi e ben 715 millimetri di pioggia caduta in 70 ore. Più del doppio rispetto all’Emilia Romagna, fa notare il Corriere, eppure “non ci furono allagamenti paragonabili a quelli dell’Emilia Romagna di questi giorni”. Come mai? Merito delle infrastrutture. Il Veneto ha realizzato opere anti alluvionali per un miliardo e mezzo di euro dopo l’alluvione che nel 2010 devastò il Padovano e il Vicentino. La Regione ha messo a punto bacini di laminazione e altri importanti interventi strutturali al territorio. “Finora – ha spiegato Giampaolo Bottacin, assessore all’ambiente e alla Protezione civile del Veneto – abbiamo completato 5 bacini, investito 400 milioni in opere di consolidamento, 320 milioni in opere di manutenzione. E siamo solo a metà. Già oggi, però, possiamo dire che c’è stata una svolta importante. Lo testimoniano gli eventi impattanti del 2018, 2019 e 2020”.
Storia diversa in Emilia Romagna, dove 22 fiumi su 23 sono esondati provocando il disastro cui stiamo assistendo. Anche qui la Regione aveva previsto di costruire delle vasche dove far convogliare i fiumi in caso di alluvioni, ma molte sono ancora in corso d’opera. “Tra il 2015 e il 2022 sono stati destinati oltre 190 milioni di euro per la realizzazione di 23 bacini ma all’esplodere dell’ultima emergenza solo 12 erano funzionanti – scrive il Corriere – Nove sono ancora da finire, altri due funzionano in parte”. Colpa di Elly e Stefano? Difficile dirlo, anzi. Ma una cosa è certa: fosse successo in una regione governata dal centrodestra, oggi gli amministratori sarebbero già sul patibolo. Invece al momento nessuno osa bussare agli uffici del governo regionale targato Pd. (Qui)

In pratica funziona così

Oggi di fare quei lavoretti insulsi non abbiamo più tempo perché siamo troppo occupati a fermare e contrastare i cambiamenti climatici per salvare il pianeta, e tra oche ritardate e galline isteriche, finiremo tutti sommersi.

barbara

DI TERREMOTI E DI ALTRE STORIE

Le “altre storie” – storie anche nel senso di favole – sono quelle della Terra che soffre, che piange, che protesta, che si arrabbia, che si vendica, che si ribella alle malegrazie che le fa l’uomo col suo cieco egoismo. Inizio con una riflessione di

Giovanni Bernardini

TRE METRI

La terra si è spostata di tre metri. Un niente, visto che la circonferenza del nostro piccolo pianeta è di circa 40.000 chilometri [dato che amo i numeri, ho fatto il calcolo: è lo 0,0000075%].
Eppure quel niente ha avuto una potenza di circa 20.000 bombe H, ha provocato mostruose devastazioni e migliaia, probabilmente decine di migliaia, di vittime innocenti.
C’è davvero chi crede che il pianeta sia una casa accogliente che il buon Dio ci ha affidato perché la tenessimo bene?
O che l’uomo può “distruggere il pianeta”?
I terremoti sono uno schiaffo ai malati di ideologia.
I disastri naturali esistono. Invece di cianciare sulla “fine del mondo” o sulla “armoniosa convivenza fra uomo e natura” sarebbe bene usare le nostre conoscenze e risorse tecnologiche per cercare di ridurre al minimo danni e vittime.
Invece mi tocca leggere in rete le idiote farneticazioni di chi sostiene che i terremoti sono un “monito” che “madre natura” ci manda…
Quanti sono i cretini in circolazione?

E qualcuno ha lasciato un commento altrettanto interessante:

Sono gli stessi che non credono a Dio ma credono che la terra abbia facoltà intellettive…

D’altra parte molto spesso quelli che non credono in Dio credono alle medicine alternative, all’astrologia, alla pranoterapia, ai poteri dei cristalli, alla telepatia, alla magia, alla chiromanzia e chi più ne ha più ne metta. E ovviamente credono alla possibilità di determinare il clima ma chissà come mai non si mettono in moto con la stessa determinazione per controllare i terremoti.

Una cosa che più di una volta mi è capitato di sentir dire è che “la Terra è stata programmata per nutrire tre miliardi di persone”. Ora, le possibilità sono due: o Dio esiste, o Dio non esiste. Se esiste e ha creato la Terra e tutto l’universo, e la Terra è stata programmata per sostentare tre miliardi di persone, mi pare ovvio che a programmarla in questo modo sia stato Lui, e allora non capisco come mai, dopo avere detto “prolificate e moltiplicatevi” non abbia aggiunto “ma solo fino a tre miliardi”, oppure, se lo aveva detto, vedendo che noi poi ce lo siamo dimenticato, non abbia provveduto a bloccare la crescita d’autorità. E se invece non esiste, chi diavolo è che avrebbe programmato la Terra per nutrire un numero stabilito di persone? Senza contare che ne sta nutrendo bene ben più di quella cifra, il che rende evidente, se già non lo fosse, che questa è l’ennesima balla inventata e propagata a scopo terroristico.

Un’altra cosa, sempre in relazione alle malegrazie che facciamo a questo povero pianeta, che mi capita ogni tanto di sentire è che “l’uomo è un errore biologico”. Ecco, ora vi faccio una domanda: voi quante anomalie cromosomiche conoscete? Sicuramente tutti o quasi risponderete la sindrome di Down e poi vi fermate. Io ne conosco qualcuna in più:  sindrome di Turner, di Williams, di Klinefelter, poi mi fermo anch’io. Probabilmente gli addetti ai lavori ne conosceranno un altro paio, e poi si fermano anche loro. Ma le anomalie cromosomiche in realtà sono molte. E perché non le conosciamo? Per un motivo molto semplice: perché le persone che ne sono affette non arrivano a nascere. Perché queste sindromi non sono compatibili con la sopravvivenza. Quelle che conosciamo sono, molto semplicemente, le uniche compatibili con la vita: gli errori, la natura, li elimina senza pietà, e dunque “essere” e “errore biologico” sono due concetti che non si possono trovare nella stessa frase, non sono compatibili: se l’uomo fosse un errore biologico, noi, molto semplicemente, non esisteremmo non saremmo mai esistiti.

E infine ci sono quelli che “gli animali sono migliori di noi”. Ebbene, il giorno in cui uno scimpanzé scriverà non dico la Divina Commedia ma almeno I miei primi quarant’anni di Marina Ripa di Meana ex Lante della Rovere nata Punturieri; il giorno in cui uno scoiattolo comporrà non dico La Traviata ma almeno Fin che la barca va; in giorno in cui un coccodrillo dipingerà non dico la Cappella Sistina ma almeno un omino stilizzato; il giorno in cui un puma riuscirà a costruire non dico un transatlantico ma almeno una casetta di Lego; il giorno in cui una giraffa riuscirà a inventare non dico la peridurale che permette di partorire pienamente coscienti e senza il minimo dolore, ma almeno una banale aspirina; il giorno in cui un cane riuscirà non dico a vincere a Master Chef ma almeno a cucinarmi due uova al tegamino quando sono malata; il giorno in cui un gatto escogiterà non dico un sistema per produrre energia senza inquinare, ma anche un qualsiasi sistema per produrre energia, quel giorno ne riparleremo. Nel frattempo tutti gli appartenenti alle sunnominate categorie sono caldamente invitati ad andare a depositare il prodotto della propria digestione.

barbara

LA GRAN PUTTANATA DELL’EMERGENZA CLIMATICA, PARTE TERZA

Clima, la grande bufala sulle colpe dell’uomo: non c’è prova scientifica

La verità scientifica sull’evoluzione del clima terrestre, quella che emerge dallo studio delle carote di ghiaccio e dei sedimenti marini, è incontrovertibile. Le conclusioni ricavate dagli studiosi possono talvolta differire tra loro marginalmente, ma non nella sostanza. Quindi, a meno che non si voglia deliberatamente travisare la verità scientifica, si deve riconoscere che il clima della Terra è costantemente in fase di cambiamento, che cambiamenti anche drammatici si sono verificati più volte nel lontano e nel recente passato e che non esiste alcuna evidenza scientifica del fatto che i suddetti cambiamenti dipendano dalle attività umane. Anzi: esiste evidenza del contrario. Chi oggi vuole convincerci che il clima sta cambiando per colpa dell’uomo e delle sue emissioni di CO2 lo fa senza produrre alcuna prova scientifica. Chi sfodera periodicamente grafici “a mazza da hockey” che mostrano una temperatura costante per duemila anni schizzare improvvisamente alle stelle nell’ultimo secolo lo fa elaborando i dati sulla base di algoritmi errati.

Bufale sul clima

I fautori dell’“origine antropica a tutti i costi” si concentrano oggi nell’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change dell’ONU, un organismo che non è scientifico ma politico: lo si può capire facilmente dall’aggettivo “intergovernmental” e dal fatto che i membri del panel sono nominati dalla politica e non dalla comunità scientifica.
Dato il proprio mandato politico, l’IPCC ha affrontato fin dall’inizio il problema senza considerare tutte le variabili scientifiche che lo condizionano, a cominciare dall’irraggiamento solare. Sembra incredibile, ma in tutti i documenti elaborati finora dall’IPCC si dà per scontato che l’irraggiamento solare sia rimasto costante per centinaia di migliaia di anni, assunzione in netto contrasto con ogni evidenza scientifica. Del resto, l’IPCC dichiara di non fare ricerca, ma di “analizzare e valutare”, con metodi propri, i risultati delle ricerche fatte da altri, con la finalità dichiarata (e orientata) di “evidenziare i rischi associati ai cambiamenti climatici indotti dalle attività umane”.
Il fatto che i cambiamenti climatici siano “indotti dalle attività umane” non è quindi oggetto di discussione e dimostrazione, ma un assunto di base, un presupposto che motiva l’esistenza stessa dell’IPCC.

Carenze di metodo

Se istituisco un gruppo di lavoro e lo incarico di evidenziare i rischi del “cambiamento climatico di origine antropica”, se lo finanzio lautamente e se lo perpetuo nel tempo per tre decenni distribuendo incarichi di carattere diplomatico, stipendi esentasse e un’ampia visibilità internazionale, sarà ben difficile che quel gruppo di lavoro non trovi alcuna prova (reale o presunta) delle origini antropiche del cambiamento climatico. Diverso sarebbe se incaricassi quel gruppo di studiare “le origini” (e basta) del cambiamento climatico. In questo secondo caso il gruppo di lavoro potrebbe analizzare obiettivamente tutte le cause del cambiamento climatico, incluse, se ci sono, quelle antropiche.
Anche la tesi che l’IPCC, nel valutare le ricerche condotte da altri, non “condizioni” le ricerche stesse è palesemente fasulla: le “valutazioni” dell’IPCC, infatti, violano il normale processo scientifico, in quanto introducono una forzante ideologica presupponendo le origini antropiche dei fenomeni osservati, anche se chi ha svolto quelle ricerche non ha menzionato affatto (e talvolta ha escluso) l’origine antropica dei fenomeni stessi.
Altra circostanza non abbastanza conosciuta è che le tesi dell’IPCC sono elaborate all’interno di un contesto di tipo politico, con metodi di tipo politico che giungono fino alla revisione critica su base politica delle risultanze scientifiche.
Quest’ultima prassi è comunemente adottata, ad esempio, nella redazione dei “Summary for Policymakers”, pubblicazioni di sintesi dell’IPCC-pensiero che diventano il “vangelo climatico” sul quale i politici sono chiamati ad assumere le loro decisioni. Chi partecipa ad un processo del tipo descritto, anche se in origine è uno scienziato, assume una posizione che non è più scientifica, ma politica.
Considerato tutto ciò, c’è da chiedersi perché mai le dogmatiche tesi sul clima elaborate in seno all’IPCC dell’ONU dal 1990 in poi siano riuscite ad influenzare le politiche dell’Unione Europea e dei paesi membri tanto profondamente da condizionare negativamente l’economia del continente europeo e il tenore di vita di 450 milioni di cittadini. La risposta è che dietro queste scelte devono esserci altri interessi: sono quegli interessi che, negli ultimi decenni, sono riusciti a mobilitare la politica convincendola a sposare tesi che non hanno nulla di scientifico e che anzi contraddicono la scienza.

Pensiero unico sul clima

La confutazione delle bufale sui cambiamenti climatici e sulle loro cause ha sempre prodotto reazioni scomposte in seno all’universo ambientalista che ruota intorno all’IPCC. Ma che la verità scientifica sia diventata un nemico da combattere è una novità recente. Una novità che assume aspetti inquietanti.
A prendere posizione contro quelli che definisce “negazionisti del cambiamento climatico” è il colosso americano Google, che il 7 ottobre 2021, con la “risposta n. 11221321” di Google Ads“, ha deciso di chiudere la piattaforma ai contenuti promozionali che “contraddicono il consenso scientifico consolidato sull’esistenza e le cause dei cambiamenti climatici”. Nel mirino di Google “i contenuti che fanno riferimento al cambiamento climatico come a una bufala o a una truffa, affermazioni che negano che le tendenze a lungo termine mostrino che il clima globale si sta riscaldando e affermazioni che negano che le emissioni di gas serra o le attività umane contribuiscano al cambiamento climatico”.
Su quale base scientifica è stata assunta da Google questa drastica decisione? Ma naturalmente sulle tesi (politiche e non scientifiche) dell’IPCC: “Abbiamo consultato fonti autorevoli sull’argomento delle scienze climatiche – scrive Google – inclusi gli esperti che hanno contribuito ai report di valutazione del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite”.
Dobbiamo dunque attenderci che, nel prossimo futuro, dalla piattaforma Google spariscano le opinioni scientificamente fondate per lasciare spazio al “pensiero unico” di matrice IPCC-ambientalista. Ed ecco trovato un nuovo metodo, del tutto inedito, per perpetuare le tesi dogmatiche dell’IPCC sul clima.

Reazioni

Di fronte al dogmatismo e all’atteggiamento impositivo dell’ONU-IPCC, il sistema scientifico internazionale ha cominciato a reagire in modo fermo.
Nel 2019, su iniziativa dell’ingegnere e geofisico olandese Guus Berkhout e del chimico-fisico e giornalista scientifico olandese Marcel Crok, oltre 700 scienziati hanno sottoscritto e inviato ai leader mondiali una lettera aperta di richiamo alla realtà. Più recentemente, il 2 gennaio 2023, quando i sottoscrittori del manifesto erano saliti a 1.500 circa, lo stesso Guus Berkhout ha indirizzato una lettera aperta al Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres richiamandolo all’ordine sulla necessità di abbandonare una linea dogmatica e intransigente che non tiene conto della verità scientifica e che rischia di condannare i paesi industriali ad una recessione di durata pluridecennale, che produrrebbe immani sofferenze alla popolazione mondiale, tanto ingiustificate quanto inutili al fine di stabilire un impossibile e velleitario sistema di governo del clima terrestre.
Non credo che l’Onu possa fare marcia indietro su un disegno politico avviato tre decenni fa senza perdere la faccia di fronte al mondo. Ma forse i governi dei paesi europei potrebbero cominciare a rivedere le loro posizioni.
Aspettiamo e speriamo…
Ugo Spezia, 9 gennaio 2023, qui.

3. Fine (ma in realtà continua)

A questo punto direi che ci sta bene questa considerazione.

Giovanni Bernardini

CASE

Tizio compra una casa pagandola, poniamo, 100.000 euro. La compra rispettando tutte le leggi, i regolamenti e gli usi in essere, pagando tutte le tasse dovute.
Per comprare la casa Tizio ha contratto un mutuo con la sua banca ed ora paga regolarmente le rate.
Tutto OK, direbbe una persona normale. Le rate che Tizio paga alla banca riducono il suo reddito disponibile ma lui può godere del bene che con tanti sacrifici ha acquistato.
Invece NO.
A Bruxelles un branco di burocrati decide che la casa di Tizio non è “a norma energetica”. O Tizio fa ristrutturare il suo immobile, spendendo, diciamo, 40.000 euro o perde il diritto di poterlo vendere. La casa che Tizio ha intenzione di lasciare ai figli all’improvviso vale ZERO, a meno che Tizio non sborsi 40.000 euro.
E se non li ha? Semplice, può contrarre un altro mutuo con la banca, così il suo reddito disponibile diminuisce ancora.
Fantascienza? NO, realtà, la realtà di una UE sempre più in preda a deliri ideologici.
E’ chiaro che obbligare tutti a spendere cifre decisamente alte per ristrutturare case acquistate in maniera perfettamente legale viola in maniera clamorosa il principio della irretroattività della legge. Una legge vale dal momento in cui è approvata in poi, non può riferirsi ad eventi del passato.
Qualche Pierino può affermare che “si tratta di salvare il pianeta”, quindi tutto va bene.
Salvare il pianeta? Ma… scusate, la direttiva UE pretende che tutte le abitazioni debbano rientrare nella classe E entro il 2030. Però la nuova eroina verde, Greta Thunberg, ci ha assicurato che nel 2030 ci sarà la fine del mondo… e allora? La direttiva arriva tardi… quindi… lasciateci almeno morire in pace…
Salvare il pianeta? Ma… gli abitanti della UE sono 447 milioni, di questi diciamo una cinquantina di milioni sono interessati dalla direttiva. Nel “pianeta” siamo in 6 MILIARDI [in realtà 8 abbondanti]. Davvero la ristrutturazione di qualche milione di abitazioni “salverà il pianeta”? Non scherziamo…
Salvare il pianeta? Ma… da oltre 40 ANNI i vari governi, e la UE in testa, impongono sempre nuove norme, su tutto. E, malgrado questo diluvio, questa valanga di norme i media strombazzano ogni 5 minuti che la fine del mondo è dietro l’angolo. Forse qualcosa non va…
Salvare il pianeta? Ma… la direttiva dice che le case non ristrutturate continueranno ad “uccidere il pianeta”, solo… non potranno essere vendute. E allora? Di che razza di “salvataggio” si tratta? Se fossero coerenti i burocrati UE dovrebbero stabilire che le case non ristrutturate dovranno essere abbattute ed i loro proprietari costretti a vivere sotto i ponti, magari incarcerati e condannati all’ergastolo per “omicidio del pianeta”.
Sarcasmi a parte, la direttiva sulle abitazioni non “salva” un bel niente. Si tratta dell’ennesima misura burocratica, illiberale, non democratica che si cerca di imporre ai cittadini europei ed italiani in particolare.
Spero solo che l’Italia sappia opporsi adeguatamente.

Aggiungo, a proposito degli eventi estremi che imperversano ai nostri giorni, questa splendida foto

ricordando che le cascate del Niagara si trovano sul 43° parallelo, quello che attraversa Spagna Francia Italia (per la precisione poco a sud dell’isola di Capraia) Croazia, Mediterraneo e Adriatico. Così, giusto per.
E concludo con quest’altra foto che vale un Perù della “piccola Greta”, diventata nel frattempo culona, con la faccia bolsa di chi si nutre male, e sempre con l’espressione ebete.

barbara

LA GRAN PUTTANATA DELL’EMERGENZA CLIMATICA, PARTE PRIMA

e della sua pretesa origine antropica.

La verità sul clima? È sempre cambiato (e l’uomo non c’entra)

Il clima sulla Terra non è mai stato stabile e uguale a sé stesso, ma ha attraversato continue fasi di cambiamento. La temperatura media della Terra è aumentata e diminuita con il trascorrere del tempo e di questo continuo cambiamento abbiamo dimostrazioni scientifiche definitive nelle risultanze dei carotaggi effettuati nei ghiacciai e nei sedimenti oceanici.
I ghiacciai si sono formati progressivamente attraverso la deposizione di strati di neve. Ad ogni nevicata la neve ha trascinato con sé le sostanze che in quel momento erano presenti nell’atmosfera, intrappolando bolle d’aria aventi la composizione chimica e isotopica dell’atmosfera di allora. Queste bolle d’aria contengono anche impurità rappresentative del particolato sospeso nell’atmosfera. Le bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio sono dunque vere e proprie “capsule del tempo” che consentono di ricavare una grande mole di informazioni sulla composizione dell’atmosfera e del particolato e, attraverso questi dati, sulle temperature medie che regnavano sulla Terra nelle diverse epoche.
Ad ogni stagione invernale, durante la quale la neve si depositava, faceva seguito una stagione estiva durante la quale parte della neve depositata si scioglieva. Ma la maggior parte della neve caduta durava fino all’inverno successivo, quando era ricoperta da nuove nevicate. Gli strati di neve si sono così accumulati gli uni sugli altri. Ogni strato ha ricoperto il precedente intrappolando per sempre le sostanze che componevano l’atmosfera. Ogni strato ha aumentato la pressione sugli strati caduti in precedenza comprimendoli progressivamente e trasformandoli in ghiaccio compatto. Con il trascorrere dei millenni, lo spessore del ghiacciaio è aumentato fino a raggiungere, in alcune aree, migliaia di metri. Ogni strato del ghiacciaio ha conservato intatte le informazioni relative alla composizione dell’atmosfera, informazioni che sono oggi disponibili per studiare l’evoluzione del clima.

Carote di ghiaccio

Con una trivella cilindrica chiamata carotatrice è possibile scavare in profondità nel ghiacciaio portando in superficie il ghiaccio che lo costituisce: si ottengono in tal modo cilindri di ghiaccio del diametro di circa dieci centimetri e di lunghezza teoricamente illimitata, grazie all’estrazione di carote successive, ciascuna delle quali, singolarmente, può essere lunga fino a circa 35 metri. Le carote sono poi tagliate in sezioni lunghe un metro che sono racchiuse in cilindri di metallo, a loro volta depositati, ordinati secondo la profondità di estrazione, in magazzini refrigerati in cui la temperatura è mantenuta a – 36 °C.
Ogni strato delle carote di ghiaccio contiene campioni dell’atmosfera che esisteva all’epoca in cui lo strato si è formato. Studiando la composizione delle minuscole bolle d’aria si riesce a ricostruire la temperatura media che regnava sulla Terra nel periodo in cui lo strato di ghiaccio si è formato.
I siti in cui si estraggono e si studiano le carote di ghiaccio si trovano in tutte le zone fredde.
Alcuni di essi si trovano in Groenlandia. Uno di questi siti, denominato GISP2, ha consentito di estrarre e studiare strati di ghiaccio formatisi tra il presente e circa 130 mila anni fa.
Altre ricerche sulle carote di ghiaccio sono state effettuate nell’ambito del progetto EPICA (European Project for Ice Coring in Antarctica), un consorzio di dieci paesi finanziato dall’Unione Europea che ha portato a termine tra il 1996 e il 2003 una perforazione nel ghiaccio antartico profonda tre chilometri il cui strato più antico risale a 740 mila anni fa.

Sedimenti oceanici

Informazioni sull’evoluzione del clima della Terra possono essere estratte anche dal carotaggio dei sedimenti oceanici. In questo caso si studia la stratificazione del materiale fine che si deposita con continuità sul fondo degli oceani fino a costituire strati dello spessore di migliaia di metri. All’interno di questi sedimenti si conservano limi di origine minerale e biologica che intrappolano i resti dei microorganismi che un tempo vivevano nelle acque degli oceani e sui fondali marini. Analizzando lo spessore e la composizione dei singoli strati e la composizione isotopica dell’ossigeno e del carbonio contenuti nei microrganismi, i ricercatori sono in grado di ricostruire in modo dettagliato i cambiamenti climatici avvenuti nel corso degli ultimi 66 milioni di anni.
La carota denominata “MD012443”, campionata nell’Atlantico in corrispondenza del Margine Iberico, ha consentito di ricostruire un profilo della temperatura media dell’oceano relativo agli ultimi 400 mila anni, profilo che è risultato praticamente identico a quello ricavato per il medesimo periodo dall’analisi delle carote di ghiaccio antartico estratte nell’ambito del progetto EPICA.

Evoluzione del clima

I dati derivanti dallo studio delle carote di ghiaccio e dei sedimenti marini consentono di avere informazioni sull’evoluzione del clima terrestre. In particolare, l’analisi delle carote di ghiaccio GISP 2 estratte in Groenlandia ha consentito di ricostruire l’andamento della temperatura media atmosferica dalla fine dell’ultima glaciazione, conclusasi circa diecimila anni fa, ad oggi.
Nel diagramma, l’andamento della temperatura media annuale è espresso come “anomalia termica”, ovvero come allontanamento della temperatura media annuale (linea blu) dalla temperatura media dell’intero periodo post-glaciale (linea rossa). In altri termini, il diagramma evidenzia di quanti gradi centigradi, nel corso del tempo, la temperatura media annuale si è allontanata, in più o in meno, dal valore medio post-glaciale, posto convenzionalmente pari a 0 °C.
La prima considerazione che possiamo esprimere è che, a partire dalla fine dell’ultima glaciazione, la temperatura media annuale ha oscillato intorno alla temperatura media con variazioni aventi un’ampiezza complessiva di 1,5 °C. Per quanto ampie possano essere state le variazioni climatiche che si sono verificate nel periodo post-glaciale, esse non hanno mai determinato temperature medie annuali al di fuori di questo ristretto intervallo. È una circostanza, questa, che può essere letta in modo allarmante o rassicurante. In chiave pessimistica, si può dire che una variazione limitata a 1,5°C può causare catastrofi climatiche; in chiave ottimistica si può affermare che, negli ultimi diecimila anni, anche la variazione climatica più estrema non ha comportato variazioni della temperatura media eccedenti di più di 1,5 °C la temperatura attuale.

“Mai così caldo”?

La seconda considerazione è che, come mostrano i dati, oggi non ci troviamo affatto in un periodo caratterizzato da temperature medie annuali particolarmente elevate. Anzi, è vero il contrario. Considerando l’andamento delle temperature negli ultimi 3.500 anni, periodo che coincide con l’intera epoca storica, notiamo che le temperature medie annuali sono diminuite complessivamente di circa 1 °C.
Le temperature medie annuali sono aumentate e diminuite più volte toccando un massimo intorno al 1300 a.C., un minimo intorno al 750 a.C., un nuovo massimo intorno al 100 a.C., un nuovo minimo intorno al 700 d.C. e un nuovo massimo intorno all’anno 1000 d.C..
Dall’anno 1000 in poi la temperatura media annuale è diminuita fino all’anno 1850 e solo successivamente a quella data ha ripreso a crescere, rimanendo tuttavia al di sotto della temperatura media post-glaciale.
Durante tutta l’epoca storica (dal 1500 a.C. ad oggi) il trend delle temperature medie annuali (linea azzurra tratteggiata nel grafico) evidenzia un netto calo, che colloca la temperatura attuale al di sotto della media post-glaciale di circa 0,3 °C.
La terza considerazione è che le temperature medie attuali sono certamente superiori a quelle degli anni intorno al 1850, ma restano ben al di sotto delle temperature più elevate raggiunte in passato. Questa circostanza fa giustizia di quanto si legge spesso a proposito delle temperature che non sarebbero mai state così calde.
Se dunque è vero che i cambiamenti climatici ci sono (ma ci sono sempre stati, anche prima dell’era industriale) essi non sono affatto liquidabili come un “riscaldamento globale”: quello attualmente in corso è un riscaldamento che sta ponendo fine ad un lungo periodo di raffreddamento (quello che i climatologi hanno chiamato “piccola età glaciale”) e che tende a far risalire la temperatura media annuale verso il valore medio post-glaciale, che non è stato ancora raggiunto.
Ugo Spezia, 7 gennaio 2023, qui, con i grafici.

1. continua

Fra i commenti ho trovato questo, magnifico, di tale NitFo

Il primo grafico non mente, è sempre colpa dell’uomo: l’ultima impennata fuori controllo delle temperature, addirittura +12 gradi, è avvenuta 150.000 anni fa. Guarda caso proprio quando l’uomo ha iniziato ad accendere sistematicamente fuochi davanti alle caverne, facendo impennare le emissioni di CO2. A quei tempi alcuni ecofessi volevano vietare l’accensione dei fuochi, starnazzando “non c’è più tempo!” e gettando succo di bacche per deturpare le pitture rupestri. Avrebbero condannato la razza umana a una non evoluzione e a grugnire per sempre nelle caverne.
Per fortuna, le persone a quei tempi erano molto più intelligenti di oggi.

E poi propongo questa riflessione, di puro buon senso

Giovanni Bernardini

ESTREMO

E’ mattina presto. Come tutti i diversamente giovani sono piuttosto mattiniero [facciamo quasi tutti, va’]. Sorseggio il caffè ed intanto guardo distrattamente la TV, in attesa del primo notiziario. Uno spot pubblicitario attira la mia attenzione. Ci invitano a comprare una stufa elettrica. “Vi tiene caldo anche durante i fenomeni climatici estremi”, sussurra una voce sensuale. E sul teleschermo appaiono le immagini della neve che cade, lenta lenta.
Ecco, una nevicata sarebbe un “fenomeno climatico estremo”!
Tutto è ormai “estremo”. Il freddo come il caldo. La pioggia come la siccità, la neve come la sua assenza.
Per non essere “estremo” il clima dovrebbe essere perfettamente a misura d’uomo. Dovrebbe nevicare solo sulle piste da sci, piovere, leggermente, solo sui campi coltivati ed il vento dovrebbe ridursi a piacevole brezza. Tutto ciò che non quadra con questa melassa climatica è qualificato “estremo” ed addebitato all’”umana follia” ed al “consumismo compulsivo”.
Nessuno è sfiorato dal dubbio che il concetto di “estremo” si riferisce a valori ed esigenze umane nei confronti delle quali la natura è assolutamente indifferente. Per NOI un uragano o un terremoto sono qualcosa di “estremo”, ma a ben vedere le cose si tratta di normalissimi fenomeni naturali. Spiacevoli, addirittura tragici per noi, è vero, ma chi lo ha detto che la natura debba sempre e comunque esser “piacevole” per noi?
Se il dibattito sui mutamenti climatici si liberasse della insopportabile melassa ideologica che oggi lo caratterizza si potrebbe cominciare ad affrontare seriamente i problemi. Sarebbe un gran bel passo avanti.

Il paragone che mi viene più ovvio, per la religione dell’emergenza climatica, è con la religione islamica: una religione fondamentalista, estremamente pericolosa, assolutista, che si manifesta con il lavaggio del cervello, che si realizza attraverso il martirio degli adepti e i sacrifici umani dei miscredenti, che usa come strumento per diffondersi il terrorismo, che a qualcuno costa moltissimo in termini economici, e a qualcun altro rende moltissimo al cubo. Se non ci ribelliamo in massa verremo sommersi, e in questo sì che il conto alla rovescia corre a velocità folle.

barbara

DI QATAR, DI UN PICCOLO SQUALLIDO INFANTE, E DI ALTRO VARIO LIQUAME

Le cose da dire sarebbero molte, ma dato che ho trovato qualcuno che le ha dette molto meglio di quanto potrei mai dire io, rubo le parole a lui.

Giovanni Bernardini

3000 ANNI

Il presidente della Fifa Infantino ha affermato, difendendo il mondiale in Qatar, che l’occidente dovrebbe chiedere scusa per 3.000 anni per ciò che ha fatto negli ultimi 3.000 anni.
Negli ultimi 3.000 l’occidente ha “prodotto” Platone ed Aristotele, Newton e Kant, Dante e Shakespeare, Leonardo e
Michelangelo, Mozart e Beethoven [Louis Jenner e Albert Sabin, Christian Barnard e Pincus-Rock-Garcia]… si potrebbe continuare per ore.
Ed ha “inventato” i diritti umani, la democrazia politica, le libertà personali, la tolleranza, lo stato di diritto, la razionalità scientifica, l’emancipazione della donna, l’economia di mercato, di nuovo, si potrebbe continuare per ore.
In occidente c’è stato anche lo schiavismo, ma solo in occidente è sorto il movimento abolizionista della schiavitù. Siamo stati imperialisti, ma anche critici nei confronti dell’imperialismo. In occidente sono sorti i grandi totalitarismi, ma anche chi li ha saputi affrontare, combattere ed alla fine sconfiggere.
Purtroppo non è stato ovunque così fuori dall’occidente.
Nel mondo ci sono ancora oggi, OGGI, NON 3000 ANNI FA, paesi in cui i fondamentali diritti umani vengono calpestati. In cui nei tribunali la testimonianza di una donna vale la metà di quella di un uomo, vige la pena della fustigazione, esiste la polizia morale, l’adulterio è un reato, non un semplice peccato, a volte punito con la lapidazione. Ancora una volta, si potrebbe continuare per ore.
Il Qatar è uno di questi paesi. Ma per il presidente della FIFA tutto questo non conta. Il Sud Africa è stato tenuto fuori da tutte le competizioni sportive per decenni a causa della apartheid e della conseguente violazione dei diritti umani. Di certo le violazioni dei diritti umani non sono in Qatar meno gravi che nel Sudafrica della apartheid. Eppure proprio in Qatar viene organizzato questo assurdo mondiale invernale, ampliato a dismisura, pieno di squadrette il cui tasso tecnico non supera quello di squadre italiane di serie B o C.
Posso anche capire le ragioni finanziarie che stanno dietro a questo affare colossale, ma, per piacere, evitateci almeno i discorsetti politicamente corretti.
Tenetevi i miliardi, risparmiateci almeno l’ipocrisia.

Che poi, fosse anche vero che per 3000 anni abbiamo perpetrato unicamente nefandezze, sarebbe una buona ragione per suonare la fanfara a chi ne commette di almeno altrettanto gravi?
Risolleviamoci un po’ col ricordo di un mondiale vero.

(PS: Maradona mi ha sempre provocato il più profondo disgusto, e ancora me lo provoca al solo vedere quelle brevi inquadrature tanti decenni dopo)
(PPS: Maqquanto maqquanto maqquanto era bello Beckenbauer! E ancora gradevole da guardare oggi, a 77 anni suonati)

barbara

SPIGOLATURE 5

Titoli urlati: 1000 sindaci vogliono che Draghi resti

A parte questo, il compito istituzionale dei sindaci è far funzionare i propri comuni: a quale titolo mettono il becco sulla Presidenza del Consiglio? E, a proposito del Consiglio dei Ministri:

E se questo consiglio non piace loro, dato che con tutti i problemi che hanno soffriranno sicuramente di ansia, ne ho un altro:

Un problema comune a tutti noi è invece il riscaldamento climatico, questo innegabile riscaldamento climatico che qualche folle si ostina a negare,  e di cui abbiamo l’inconfutabile prova in questi giorni, con questo caldo africano con temperature mai viste prima

e la conseguente siccità

Alle immagini aggiungo una condivisibile considerazione

Giovanni Bernardini

Due immagini: un giornale del 19 luglio 1964 in cui si parla di ondata record di calore ed una petizione di oggi, in cui si invita la gente a firmare contro i fiumi in secca.
Interessante ed estremamente significativo uno dei commenti a questa seconda immagine:
“Il pianeta ci sta’ restituendo tutto il male, che da decenni gli stiamo arrecando !! “
Non si sa se ridere o se piangere. Il “pianeta” trasformato in una persona vendicativa e, diciamolo pure, un po’ stronza. Noi gli facciamo del male e lui cosa ti combina? Ci ricambia con una bella siccità.
Dove oggi ci sono le Dolomiti un tempo c’era il mare. In certi periodi i ghiacci arrivavano sin quasi ai tropici, Fra qualche milione di anni il sole collasserà e il “pianeta” sarà distrutto o diventerà una landa priva di qualsiasi forma di vita. E di tutto questo “il pianeta” se ne fregherà altamente, perché per “lui” che ci sia caldo o freddo, che esista o non esista la vita è qualcosa di assolutamente indifferente.
Non per certi adepti della nuova religione pseudo ambientalista. Loro pregano per i ghiacciai, firmano petizioni contro la siccità, e chiedono scusa al “pianeta” per il male che gli facciamo.
E sperano che diventi un po’ meno suscettibile.
Penoso…

E a proposito delle cose che i folli si rifiutano di credere, aggiungo l’efficacia dell’omeopatia

Sono invece rimasti ormai in pochi a credere che

E ora vi porto a visitare un Paese molto intelligente:

E guardate la reazione dei crucchi quando Trump li avverte che si stanno legando mani e piedi alla Russia e che non andrà a finire bene:

D’altra parte lo sappiamo che i crucchi sono quelli che regolarmente cominciano le guerre e regolarmente le perdono. Perché? Perché sono crucchi! Dall’altra parte in compenso abbiamo un Biden che in Israele ancora una volta porge la mano all’aria e a Yad Vashem invece che di “horror of Holocaust” parla di “Honor of Holocaust”.

E vogliamo parlare dei contorcimenti mentali in fatto di sesso, genere, percezione e altre analoghe cazzate?

Fino all’orrore supremo

Non che questo sia granché da meno

Fulvio Del Deo

Dal canale di Maria Zakharova

Rachel (Richard) Levine – Ammiraglio, Assistente Segretario di Stato per la Salute transgender, MSNBC 18 luglio 2022
Corrispondente: Lei ha recentemente chiesto che le leggi siano scritte e che le dichiarazioni pubbliche siano fatte sulla base di prove scientifiche e un senso di compassione, non di speculazioni. Di recente hai interagito con giovani transgender della Florida, ci racconti di cosa hai parlato con loro?
R. Levin: I giovani transgender sono molto vulnerabili. Sono perseguitati e vittime di bullismo nelle scuole in cui vivono. Ora sono oggetto di attacchi motivati politicamente a causa delle azioni di alcuni stati dirette contro di loro. Queste azioni non sono basate sulla scienza, sono motivate politicamente.
Pertanto, dobbiamo aumentare la capacità di utilizzare i bloccanti della pubertà per questi bambini e di operarli in base al sesso approvato.

Non è nemmeno più eugenetica. Questo è vero fascismo liberale. Qualcuno “affermerà” il sesso del bambino, bloccherà la pubertà naturale e quindi eseguirà un’operazione mutilante.
E sempre in tema di politicamente corretto

Questa potrebbe sembrare satirica, ma è tragicamente autentica

E questa la naturale conclusione di tutta la baracca

Chiudo la rassegna con gli effetti collaterali del ringiovanimento

che comunque, effetti collaterali a parte, è se non altro un filtro di qualità decisamente migliore (e usato con maggiore accortezza) di quelli usati dalle oche narcisiste

e con una comprensibile domanda

E visto che il tema più gettonato resta sempre quello dei cambiamenti climatici, vi propongo le quattro stagioni (no, non la pizza), che come cambia il clima da una stagione all’altra, ragazzi, roba da paura.

barbara

uzova zhulin

NON PIOVE GOVERNO LADRO!

Sì? Cioè voglio dire: no? Cioè insomma: ma davvero davvero?

Siccità, ecco quanto ha piovuto (davvero): i dati che non vi dicono [veramente l’ausiliare di piovere sarebbe essere…]

Continua l’allarme siccità, ma i dati (quelli veri) sembrano rappresentare un’altra realtà, non così allarmistica

Dalla pandemia alla guerra, dal gas alla siccità: i nostri media mainstream vivono in un continuo stato di emergenza, in una costante sfera di cristallo allarmistica, catastrofista, cacofonica, dove qualsiasi problematica viene ricondotta alle conseguenze più nefaste possibili.
Iniziando dal dualismo non vaccinato uguale morte, ora è il turno dell’impatto della produzione industriale sul pianeta. Il messaggio è molto chiaro: se l’essere umano non inverte la rotta, la Terra sarà destinata a morire. E subito, quasi in modo scontato, trova il suo ritorno la propaganda ambientalista gretina, imputando la responsabilità all’uomo bianco per l’enorme pezzo di ghiaccio caduto dalla Marmolada e che ha causato sette vittime. Oppure, qualche mese fa, per l’alluvione estivo in Germania, causa della morte di oltre centocinquanta persone. Ad ogni disastro naturale, la responsabilità è una ed unica: l’uomo, in grado di influenzare, in soli due secoli, un pianeta da più di quattro miliardi e mezzo di anni.

Siccità, i dati che nessuno riporta

Anche la siccità è ascrivibile a questa narrazione ecologista. A livello di piovosità, il corrente 2022 è presentato come un anno senza precedenti, che segna in modo ineluttabile il cambiamento climatico che la nostra generazione ha sul groppone. In realtà, in un’esamina più approfondita e cauta, possiamo notare come fenomeni di questo tipo sono già successi nella storia del nostro pianeta. In alcuni casi, anche ben prima dello sviluppo tecnologico ed industriale delle popolazioni.
A tal riguardo, un lavoro prezioso è stato svolto da Luigi Mariani e Franco Zavatti, sulle colonne del sito Climatemonitor, capaci di sbugiardare le tesi catastrofiste, semplicemente allegando i veri dati della siccità 2022, paragonandola a quelle degli anni precedenti.
Prendendo in esame ventuno stazioni italiane, Mariani e Zavatti mostrano come la città meno soggetta a precipitazioni in questi primi sette mesi, Torino, conobbe il suo record negativo esattamente un secolo fa, quando il minimo registrato fu di 177 mm di pioggia contro i 208 mm di quest’anno.
Da tutte le stazioni, si deduce un elemento di fondamentale importanza: in nessun caso, il 2022 è stato l’anno storico meno piovoso. A Bologna, per esempio, nell’ultimo secolo sono stati riportati 42 anni meno piovosi rispetto a quello in corso; mentre a Pesaro e Cagliari, dati peggiori sono stati registrati rispettivamente per 56 e 66 anni dell’ultimo secolo. Caso particolare rimane ancora il capoluogo dell’Emilia Romagna, dove il record negativo è quello del 1825, appena prima dello sviluppo industriale umano. In allegato, riproponiamo l’ottima tabella riassuntiva di Climatemonitor.

Nel corso dell’analisi, Mariani e Zavatti prendono in considerazione anche il valore delle precipitazioni nell’anno idrologico 2022. Se ne deduce una chiara anomalia solamente nell’estremo Nord-Ovest, comprendendo la Valle d’Aosta e la zona settentrionale del Piemonte. Al contrario, nel resto d’Italia, le precipitazioni rientrano in valori di media-alta frequenza. Nella figura di sotto, i puntini neri rappresentano la localizzazione delle stazioni: come si nota, le Alpi ne sono sprovviste, rendendo “il dato ad esse riferito poco rappresentativo”.

Ma il dato più importante dell’approfondimento riguarda l’ultima cartina, quella che raffigura “il numero di anni idrologici per secolo che hanno presentato precipitazioni inferiori a quelle dell’anno idrologico in corso”. Se ne deduce, ovviamente, che il 2022 rimane un anno non particolarmente piovoso, ma l’anomalia riguarda solo il Nord Italia. Al contrario, dati nella media sono stati registrati lungo la riviera romagnola e nel centro, mentre sono stati ottimi per la zona meridionale della nostra Penisola, a partire da Roma in giù, comprese le due isole.

Si badi bene: con ciò non intendiamo asserire che il cambiamento climatico non esista, o che il riscaldamento globale sia frutto della finzione dei media [ecco, io invece sì che intendo, eccome se intendo]. Ci permettiamo, sempre con estrema umiltà, di offrire un suggerimento: approcciamoci ai dati, quelli veri, presi nella loro generalità, paragonandoli con quelli dei decenni, dei secoli e dei millenni anteriori. Ricordiamoci, per esempio, come l’aumento delle temperature che sta investendo il nostro pianeta nasce 20mila anni fa, direi ben prima della rivoluzione industriale inglese e poi del resto del mondo, entrando in una nuova fase interglaciale circa 12mila anni fa.
Ricordiamo anche come i dati più vecchi, a disposizione delle comunità scientifiche per lo studio della Terra, risalgono a circa 540 milioni di anni fa. Un’enormità se approcciati dal punto di vista umano, ma un dato irrisorio se ragioniamo geologicamente, a fronte di un pianeta da oltre quattro miliardi e mezzo di anni.
In un’analisi a tutto campo, questi dati non possono essere trascurati: se omessi, rischiano di creare un effetto allarmistico eccessivo, superfluo, quasi incontrollabile. L’ecologismo estremo si sta apprestando a diventare la nuova religione globale. E ogni anno diventa sempre peggio.
Matteo Milanesi, 5 luglio 2022, qui.

Ma non c’è niente da fare: terrorismo a manetta è l’unica cosa che sanno fare, prima il rischio glaciazione, dieci anni di tempo per salvare il pianeta perché poi sarà troppo tardi, poi il riscaldamento globale, dieci anni di tempo per salvare il pianeta perché poi sarà troppo tardi, poi i cambiamenti climatici, dieci anni di tempo per salvare il pianeta perché poi sarà troppo tardi, poi la pandemia, poi la guerra, poi il diavolo che se li porti, che vi venisse un bel coccolone a tutti quanti e ci lasciaste finalmente vivere! Poi magari volendo ci sarebbe anche questa cosa qui:

E poi c’è anche chi vuole politicizzare la tragedia della Marmolada, agganciandola alla fantomatica gretesca emergenza climatica e tutti i soliti orpelli che conosciamo fin troppo bene spacciati come causa del disastro. A questo proposito propongo prima un articolo “cattolico” che analizza questa tipologia di disastri nel corso degli anni.

Marmolada, sulle vittime la danza degli ecologisti

Una tragedia come quella della Marmolada – oltre alla pietà e alla preghiera per le vittime – dovrebbe anzitutto ispirare qualche riflessione sul significato e sulla fragilità della vita umana. Invece, come al solito, si scatena la propaganda cambioclimatista, smentita dalla storia e vero pericolo per gli uomini.

Una tragedia come quella della Marmolada – oltre alla pietà e alla preghiera per le vittime – dovrebbe anzitutto ispirare qualche riflessione sul significato e sulla fragilità della vita umana. Più ancora sulla reale dimensione dell’uomo davanti al Creato e quindi al Creatore. Don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, propose fin da subito ai suoi ragazzi vacanze comunitarie in montagna perché, diceva, «la sanità dell’ambiente umano, l’imponente bellezza della natura, favoriscono ogni volta il rinnovarsi della domanda sull’essere, sull’ordine, sulla bontà del reale – il reale è la prima provocazione attraverso cui viene destato in noi il senso religioso».
Ma incidenti come quelli del 3 luglio ci fanno anche toccare con mano quanto la natura possa essere matrigna, contrariamente alla concezione idealizzata che da decenni ci viene inculcata. E quanto l’uomo sia piccolo davanti alla grandezza dell’universo e nulla davanti all’eternità.
Invece, come ormai da copione, ancora una volta una catastrofe naturale viene usata strumentalmente per fare propaganda ecologista, per dare la colpa al riscaldamento globale ovviamente causato dall’uomo cattivo, che inquina, brucia le risorse naturali, sfrutta selvaggiamente l’ambiente. Su giornali e tv è un coro unanime, talmente scontato, che non vale più la pena nemmeno guardarli.
Eppure il distacco di un pezzo di ghiacciaio, per quanto non sia un evento che accade in continuazione, è un fatto ricorrente. E se in questo periodo anche sulle nostre montagne si registra un caldo anomalo, tanti altri eventi del genere sono accaduti in pieno inverno. Come accadde, ad esempio, il 21 dicembre 1952 sul ghiacciaio delle Grandes Jorasses, sul Monte Bianco, al confine tra Francia e Italia: «Un’enorme valanga – scriveva la Rivista del Cai (Centro Alpino Italiano) – simile nelle proporzioni a quelle che si staccano dagli immensi ghiacciai dell’Himalaya, si staccò dall’estrema cresta delle Grandes Jorasses e giunse fino al fondovalle: l’ampiezza delle sue fonti era complessivamente di circa due chilometri e il dislivello superato nella discesa di quasi tremila metri». Fortunatamente si salvò il villaggio di Planpincieux. La stessa valle fu teatro di un altro evento del genere il 1° agosto 1993 e in questo caso furono travolti otto alpinisti, tutti morti.
Ma va ricordata anche la catastrofe di Mattmark, in Svizzera, il 30 agosto 1965: una parte del ghiacciaio dell’Allalin si staccò e due milioni di metri cubi di ghiaccio seppellirono 88 lavoratori impegnati nella costruzione della diga di Mattmark, a 2120 metri di altezza. Tra le vittime, ben 56 erano italiani, la tragedia più grave dell’emigrazione italiana dopo Marcinelle.. Da notare però che il 1952 e il 1965 sono anni che fanno parte di un periodo di raffreddamento globale del clima (che è durato all’incirca tra il 1940 e il 1975) e che spinse all’inizio degli anni ’70 a lanciare allarmi sul pericolo di una prossima nuova glaciazione, ovviamente a causa delle attività umane.
Il distacco di pezzi di ghiacciaio è perciò un fenomeno naturale cui concorrono diversi fattori. Certamente il can can della propaganda anti-umana che ancora una volta si è scatenato non ha niente a che vedere con la scienza e con la cura per l’ambiente. Il riscaldamento e il raffreddamento globali sono parti di un ciclo naturale, così come la crescita e il ritiro dei ghiacciai.
E in effetti, tale propaganda ecologista diseduca alla comprensione della natura. Presentando il distacco di un ghiacciaio come evento eccezionale legato all’emergenza climatica attuale e senza precedenti, si dà l’idea che la natura sia di per sé statica: in equilibrio perenne se non fosse che siamo intervenuti noi uomini negli ultimi decenni a turbare questo equilibrio e mandare tutto in tilt, da cui tutta questa serie di catastrofi.
È una grande menzogna: in realtà la normalità della natura è quella di essere dinamica, in continuo movimento, per il clima un succedersi di periodi di riscaldamento a periodi di raffreddamento, e bisogna conoscerla per adeguarsi da una parte e difendersi dall’altra. Perché certe catastrofi naturali – non solo ghiacciai che si staccano – non si possono evitare, ma si possono evitare o minimizzare vittime e danni.
Se c’è una responsabilità umana grave è quella di chi, per interessi ideologici, economici o politici, genera nelle persone un ingiustificato terrore o, al contrario, una falsa sicurezza. Proprio quest’ultima potrebbe aver avuto un ruolo nel pesante bilancio della tragedia della Marmolada.
Riccardo Cascioli, qui.

E poi voglio proporre un’altra cosa, particolarmente interessante perché dopo avere trattato il tema in questione, allarga il campo ad altri scenari, purtroppo di grande attualità. Precisando che l’autore è un attivo frequentatore e conoscitore della montagna.

Giovanni Bernardini

SERACCHI

Torno dalla montagna, dò per la prima volta da molti giorni una occhiata ai TG e devo ascoltare la terribile notizia della sventura sulla Marmolada, la splendida “regina delle Dolomiti” su cui ho avuto la grande emozione di scarpinare, non fino alla cima, in più di una occasione.
Che il gran caldo anomalo di questi giorni abbia avuto la sua influenza nel distacco del seracco è molto probabile, ma da questo ad imputare la disgrazia all’onnipresente “riscaldamento globale” ce ne passa.
Il distacco di seracchi nel corso della stagione estiva è un fatto abbastanza frequente, presentarlo come una sconvolgente novità è completamente fuorviante.
Ho ascoltato al solito TG5, stamattina che in cima alla Marmolada la temperatura sarebbe di 10 gradi. Per pura curiosità sono andato a controllare in Internet. Oggi la temperatura in cima alla Marmolada varia da un massimo di 6 ad un minimo di 0,5 gradi. Probabilmente sopra la media ma non in maniera mostruosa. Quando, il 20 giugno, ho fatto la bellissima traversata del Bianco la temperatura alla Aiguille du Midì (quota 3854) era, se ricordo bene, di un paio di gradi, più o meno alle 13; al sole aumentava un pò, specie quella percepita, perché a quelle altitudini il sole letteralmente brucia.
Senza voler polemizzare, ma solo per mettere in chiaro le cose, il 3 Luglio 2021 due esperte alpiniste italiane sono morte assiderate sul Rosa, a quota 4.150, sulla Piramide Vincent.
Amo i ghiacciai e sono preoccupato per il loro ritirarsi, ma penso che trasformare ogni disgrazia in montagna in un’arma propagandistica in difesa del finto ambientalismo alla Greta sia una colossale idiozia.

A questo post ne è seguito un altro, che merita di essere letto perché mette il dito su una piaga particolarmente diffusa di questi tempi.

Giovanni Bernardini

Ieri una persona (MOLTO) diversamente intelligente mi ha definito “putiniano” e “novax”.
Ho fatto 4 (QUATTRO) dosi di vaccino ed ho rotto i rapporti con almeno 300 (TRECENTO) contatti a causa delle divergenze sulla brutale aggressione messa in atto dalla Russia di Putin contro l’Ucraina [posso dire senza tema di smentita che fra le persone che seguo, lui è in assoluto uno dei più fanaticamente scatenati contro Putin].
Come mai allora questa persona (che ho immediatamente bannato) mi ha definito “novax“ e “putiniano”?
Semplice. La mia “colpa” è stata quella di affermare che il distacco di seracchi dai ghiacciai è un fenomeno non troppo raro nei periodi estivi. E, ulteriore “colpa”, ho polemizzato con chi usa a fini di propaganda politica ed ideologica ogni sventura, ogni evento naturale tragico o anche solo fastidioso, attribuendo sempre TUTTO all’onnipresente riscaldamento globale. Un atteggiamento ideologico che NULLA ha a che fare con la sacrosanta difesa dell’ambiente che ritengo da sempre un obiettivo che ogni persona ragionevole ha il diritto, e forse anche il dovere, di perseguire.
Nel 1916 sulla Marmolada una enorme valanga uccise circa 300 militari austriaci.
Il video che posto mostra lo stacco un pezzo del ghiacciaio del Miage nel 1996. L’enorme blocco di ghiaccio precipitò nel lago e causò un’onda che travolse decine di turisti. Non ci furono morti solo perché il ghiaccio precipitò in acqua e non direttamente sui turisti che si godevano lo spettacolo della natura. Da notare nel video l’equilibrio del commentatore, molto lontano da certi deliri ideologici oggi di moda e dallo stesso commento scritto, molti anni dopo l’incidente, su You tube.
Non intendo riaprire il vecchio dibattito sulle cause e le dimensioni dei mutamenti climatici, né sul modo di cercare di affrontarli. Vorrei solo invitare le persone di buon senso ad evitare atteggiamenti propagandistici ed ideologici.

Cioè, una persona la pensa diversamente da me su un determinato tema, quindi la accuso di pensarla diversamente da me (crimine immane) anche in tutti gli altri ambiti, anche se so perfettamente, essendo documentato in centinaia di articoli e decise prese di posizione (in qualche caso anche violenti anatemi), che la pensa esattamente come me. E niente, la gente ha il baco nel cervello, ed è per questo, esattamente per questo che sta andando tutto a rotoli.

Prima di chiudere devo assolutamente mettere questa cosa che non c’entra niente, ma amo follemente questa donna, e voglio che la amiate anche voi:

L’avevo presentata già tre mesi fa in un altro mirabile intervento, ma quel video ora non c’è più, per cui l’ho cercato su YT, e lo rimetto qui di seguito

(e al primo che mi viene a parlare di “donna con le palle”, giuro che spappolo le sue con una raffica di calci come non ne ha mai visti neanche a “Italia-Germania” del Settanta)

E per chiudere, una bella ammucchiata di artisti:

barbara

CRISI UCRAINA, ALTRE DUE PAROLE

Chi ha un po’ di anni sulle spalle ricorderà sicuramente le famose marce per il Vietnam in tutto il mondo, America compresa: i cartelli, gli slogan, yankee go home, non è casa vostra… Magari ricorderà anche questa canzone appassionata e bruttina, come quasi sempre le canzoni “impegnate”:

Beh, ora la musica è cambiata. In questo specifico momento il pacifismo non è più di moda, in questa stagione non si porta, il yankee stay home non suona bene alle orecchie politicamente corrette in questo primo quarto dell’anno sotto il regno di quel famoso nonno giovanile di cui ha bisogno l’America – e il mondo ancor di più.

Lauren Chen – Se sei americano e ti opponi alla guerra con la Russia, aspettati di essere bollato come “antipatriottico”

I falchi pro-guerra in Occidente hanno fatto ricorso a tutta la loro ostilità nei confronti di coloro che si oppongono ad un conflitto in Ucraina.

Tratto e tradotto da un articolo di Lauren Chen e pubblicato sul sito Russia Today che spiega come i “falchi” (da lei definiti anche Neo-Con) definiscano “antipatriottici” colore che non vogliono un confronto armato con la Russia, che siano essi Democratici o Repubblicani.

Martedì scorso, dopo settimane di incertezza internazionale e di timori di un conflitto, la Russia aveva annunciato che avrebbe ritirato le sue truppe dal confine con l’Ucraina. Questa notizia era arrivata dopo ripetute rassicurazioni da parte del presidente Vladimir Putin e dei suoi funzionari, secondo cui Mosca non avesse alcun desiderio di guerra e che i movimenti e lo schieramento delle truppe fossero “solo esercitazioni”.
I mercati avevano immediatamente risposto a questo sviluppo con un rinnovato ottimismo, poiché il Dow Jones era balzato di 400 punti, le azioni europee avevano chiuso in positivo ed i prezzi del gas naturale e dell’energia erano scesi. Tuttavia, un gruppo rimasto curiosamente silenzioso alla luce di quella svolta apparentemente positiva degli eventi è stato quello dei “falchi della guerra“, stimolati dai media occidentali (qui qui), dall’intelligence e dai politici, che nelle ore precedenti avevano quasi assicurato all’opinione pubblica che un’invasione ed un conflitto armato fossero ormai “imminenti” ed “inevitabili“.
Ma anche se i Neo-Con e i Neo-Liberals dell’establishment potranno sempre dire che i loro avvertimenti fossero semplicemente la “conclusione logica” – date le informazioni disponibili in quel momento – è importante ricordare che durante tutta questa recente isteria ci sono state delle voci che hanno tentato di rigettare indietro le crescenti richieste di una guerra.
Tuttavia, piuttosto che affrontare i loro ragionamenti, il campo di quelli favorevoli ad una guerra ha fatto ricorso a diffamazioni per giustificare il loro peculiare bisogno di alimentare le tensioni con un’altra superpotenza globale.
In particolare, in un tentativo di contestualizzare le rassicurazioni delle Comunità dell’Intelligence che le azioni delle truppe russe fossero una preparazione all’aggressione contro l’Ucraina, il membro del Partito dei Verdi ed ex-candidato presidenziale Jill Stein ha ricordato ai suoi seguaci sui social media come i funzionari non solo si siano già sbagliati sui conflitti precedenti, ma che avessero anche ed effettivamente mentito al pubblico per ottenere il sostegno all’azione, sia in Vietnam che in Iraq. Allo stesso modo, molti di questi stessi addetti ai lavori sono stati tutt’altro che sinceri sulle recenti storie che coinvolgono Julian Assange ed il Russiagate.
La risposta generale al post di Jill Stein è stata complessivamente positiva, in linea con i sondaggi  che suggeriscono come il pubblico americano non abbia interesse a coinvolgere il proprio paese in nuovi impegni all’estero. Tuttavia, la reazione del campo favorevole ad una guerra è stata quella di accusare la dottoressa Stein di essere una “filo-russa“. Perché, ovviamente, quale altra ragione potrebbe esserci dietro a qualcuno che si oppone ad un costosissimo intervento militare basato su di un’intelligence traballante, se non la slealtà verso il proprio paese?
E su questa stessa lineaTulsi Gabbard, un’altra sostenitrice del movimento che si oppone agli interventi militari all’estero degli Stati Uniti e che ha più volte e ferocemente criticato la politica estera americana, ha passato settimane a mettere in guardia sugli interessi contrastanti che motivano coloro che suonano i tamburi della guerra. Spesso, come la Gabbard ha sottolineato, i funzionari che sono più favorevoli all’azione militare americana all’esterosono poi anche quelli che si trovano a guadagnare monetariamente attraverso contratti e spese per la difesa.
Per di più, la Gabbard è arrivata a suggerire che, incoraggiando l’Ucraina ad unirsi alla NATO, alcuni attori americani potrebbero voler effettivamente cercare di innescare una nuova Guerra Fredda“, non per beneficiare gli interessi alla sicurezza degli Stati Uniti, ma piuttosto per il suo complesso industriale militare.
Dopo tutto, storicamente, anche la politica americana ha considerato le violazioni delle sue sfere di influenza, che si sono verificate anche in paesi a lei vicini, come Cuba, come “atti di aggressione“. Cosa rende l’invasione occidentale in Ucraina diversa?
Come con la dottoressa Jill Stein, tuttavia, purtroppo le critiche a Tulsi Gabbard sono state accolte con le solite accuse di essere un “agente straniero” – con poco o nessun tentativo di affrontare la reale sostanza della sua posizione.
Dall’altra parte dello schieramento della politica, a Destra, una delle voci più prominenti contro la guerra è sicuramente quella di Tucker Carlson, conduttore del programma di punta della rete Fox News, che è stato allo stesso modo attaccato per le sue opinioni. Tucker Carlson ha spesso dedicato del tempo nel suo programma a mettere in discussione se, indipendentemente dalle intenzioni della Russia, coinvolgere gli Stati Uniti negli affari ucraini fosse nell’interesse dell’America stessa, specialmente in un momento in cui i problemi interni abbondano. Inoltre, Tucker Carlson è stato scettico sui tentativi dei politici di dipingere l’Ucraina come una “democrazia in stile occidentale”, al fine di raccogliere il sostegno pubblico per qualsiasi potenziale alleanza od intervento.
Per i suoi sforzi, Tucker Carlson ha ricevuto una condanna particolarmente feroce da persone come David Frum, che nel 2003 ha accusato coloro che erano contrari all’azione militare in Iraq di essere “antipatriottici“. In un feroce articolo su The Atlantic, David Frum ha accusato Tucker Carlson ed altri a Destra contrari ad una guerra di “vomitare i punti di conversazione di Vladimir Putin”, ed ironicamente ha paragonato la sua posizione a quella di “isolazionisti che speravano di trarre un profitto politico da quella passività“.
Il ritiro delle truppe russe poteva aver temporaneamente neutralizzato lo “slancio pro-guerra” che si stava costruendo nel discorso dell’opinione pubblica occidentale. Tuttavia, l’ostilità palese verso coloro che sostengono posizioni contrarie ad un escalation delle tensioni con la Russia può segnalare come sia solo una questione di tempo prima che le forze dell’establishment sostengano, ancora una volta, che non sia solamente benefico, ma piuttosto anche necessario, che i militari occidentali colpiscano prima che le forze russe possano fare lo stesso.
Marco Loriga, qui.

E ora una, saggia come sempre, riflessione di Giovanni Bernardini

Giovanni Bernardini

PIEDI NEL PIATTO

Mi permetto una considerazione estemporanea.
Le guerre sono orribili, ma hanno almeno un merito: mettono all’ordine del giorno le cose davvero importanti.
Cosa dicevano dai nostri teleschermi tanti “intellettuali” sino a poco tempo fa?
I confini sono inutili, le patrie non esistono. Il mondo è la nostra patria.
Oggi tutti parlano, più o meno bene, di patrie, difesa dei confini, diritto delle nazioni all’autodecisione.
Transizione ecologica! Energie “rinnovabili”! NO carbone, NO petrolio, NO gas, NO nucleare! Lo strillavano in tanti. E molti ne parlavano con aria seria, come se si trattasse cose serie.
Oggi le bollette sono alle stelle e la crisi ucraina le farà alzare ancora di più. E tutti se la fanno sotto pensando a Putin che ci potrebbe chiudere il rubinetto del gas.
E poi, sinceramente, se si pensa ad un possibile guerra in Europa a qualcuno frega qualcosa del “grande centro”? O se Conte continuerà ad essere il leader dei 5 stelle?
E, sempre pensando all’orrore di una guerra, a qualcuno frega qualcosa se negli eserciti ci saranno o meno le quote rosa? O le quote gay?
A volte la realtà mette i piedi nel piatto delle idiozie ideologiche o del chiacchiericcio politico.

Ed allora sono guai…

Aggiungo ancora una riflessione: Francia e Gran Bretagna avevano dei precisi accordi con la Polonia, e quando questa è stata aggredita dall’esercito tedesco, erano formalmente obbligate a intervenire. Nessuno è invece intervenuto in occasione dei massacri d’Ungheria, dei carri armati a Praga, delle sanguinose repressioni nei Paesi baltici e tanto altro ancora, per un motivo molto semplice: non avevamo alcun titolo per farlo, non c’erano trattati con quei Paesi che giustificassero un intervento. Eravamo dispiaciuti per le vittime e furibondi contro l’aggressore, abbiamo pianto per Jan Palach, ma non avevamo alcun titolo per intervenire. Ora chiedo: esiste un trattato che regoli un intervento armato della NATO a difesa di un Paese non appartenente alla NATO che qualcuno sostiene essere in procinto di essere aggredito e che potrebbe forse magari può darsi chissà trovarsi ad avere un contenzioso di tipo militare con un altro Paese non appartenente alla NATO?

barbara

QUEL NONNO GIOVANILE DI CUI AVEVA BISOGNO L’AMERICA

Come l’ha definito Beppe Severgnini, l’intelligente, l’acuto, il perspicace, il fine osservatore politico, quello che capisce tutto: guardatelo e ascoltatelo in tutta la sua brillantezza! Biden. Il demente. Il pedofilo. Quello della corruzione in grado di fare concorrenza a quella di Hillary Clinton. Quello degli affari sporchi (molto sporchi) con l’Ucraina. Quello che si addormenta e russa mentre l’interlocutore parla. Quello che scorreggia negli incontri ufficiali. Quello che ha distrutto il confine meridionale e fatto invadere gli Stati Uniti da clandestini, spesso affetti da covid. Quello che ha fatto affondare l’economia provocando un’inflazione da record e un picco di disoccupazione. Quello del disastro afghano. E se la maggior parte delle cose che ho ricordato sono venute dopo, la demenza, caro Severgnini, c’era anche prima. La pedofilia, caro Severgnini, c’era anche prima. La corruzione, caro Severgnini, c’era anche prima. Gli affari sporchi in Ucraina, caro Severgnini, c’erano anche prima.
E ora vediamo un altro paio di cosette.

Svelati i legami della famiglia Biden con la Cina.

Sean Hannity ha elogiato l’ultimo libro di Peter Schweizer, “Red-Handed: How American Elites Get Rich Helping China Win” come “fenomenale” e “da leggere assolutamente” durante un’intervista con l’autore nell’edizione di martedì del suo omonimo show radiofonico.
Hannity ha detto che avrebbe fatto una “serie di interviste” con Peter Schweizer, presidente del  Government Accountability Institute ed ospite del Drill Down oltre ad essere un collaboratore  senior  di  Breitbart News, “per arrivare in fondo a tutta” la documentazione del libro che espone la corruzione delle élite americane rispetto al Partito Comunista Cinese (PCC).
Red-Handed esamina come la strategia del governo cinese della “cattura dell’élite” prenda di mira figure di spicco degli Stati Uniti nel mondo degli affari, dello spettacolo, della politica e della tecnologia. Il PCC si procura influenza e complicità con tali figure attraverso lo sviluppo di relazioni finanziarie.
Il libro di Schweizer documenta un caso di un membro dell’élite del PCC che “se la ride” per il compromesso del governo cinese con Joe Biden.
Hannity ha dichiarato: “Tu parli di una scena. Tu fornisci anche una data. Era il 28 novembre 2020, solo poche settimane dopo le elezioni presidenziali americane, e di come apertamente parlino dell’accesso che ora hanno ai più alti livelli del governo degli Stati Uniti, e letteralmente, i membri del politburo [e] gli ambasciatori stanno quasi ridendo del fatto che – fondamentalmente – hanno compromesso il più alto funzionario eletto degli Stati Uniti d’America“.
Schweizer ha risposto:
“Questo è stato in un incontro a Pechino che si è tenuto poco dopo le elezioni. Un accademico, che è stato anche coinvolto in alcune operazioni di influenza straniera negli Stati Uniti a Washington, D.C., si è alzato di fronte a questo gruppo [di élite cinesi] ed ha parlato di tutti gli amici che Pechino ha ora negli Stati Uniti, ed ha parlato di Wall Street – e naturalmente ho un capitolo nel libro sui titani di Wall Street che sono intimi amici di Pechino – ma a due terzi del discorso dice: “Oh, e abbiamo il figlio del nuovo presidenteHunter Biden, che ha avviato tutte queste imprese. Chi lo ha aiutato ad avviare tutte queste attività?”
“È una scena incredibile, perché questa grande folla di centinaia di alti dirigenti cinesi e funzionari governativi inizia a ridere. Sanno la risposta, ed è davvero straordinario.”
“Questo non è un libro [potremmo] arrivare in fondo [se gli] dessimo tutte le tre ore del nostro show”, ha detto Hannity del nuovo libro di Peter Schweizer Red-Handed.
Schweizer: “Pechino ha potere” sulla famiglia Biden – “Questo richiede un’indagine.
Il collaboratore senior di Breitbart News Peter Schweizer ha detto martedì ad “Hannity” della Fox News che la Cina, la Russia e l’Ucraina hanno anche “assolutamente” informazioni compromettenti  sulla  famiglia  di Joe Biden.
Schweizer ha detto: “Quello che abbiamo scoperto è che circa 31 milioni di dollari sono stati dati alla famiglia Biden da cinque individui provenienti dalla Cina“.
Ha continuato: “Questi individui hanno tutti legami con i più alti livelli dell’intelligence cinese. Così quella che è stata una storia di corruzione e clientelismo è sempre più una storia di spionaggio, spionaggio e di sicurezza nazionale”.
Schweizer ha aggiunto: “Questo richiede un’indagine. Non si tratta solo di politici che ricevono denaro dal loro ufficio”.
Sean Hannity ha chiesto: “Questo dossier su Hunter, e sapevano essere un tossicodipendente. Gli piaceva assumere donne lavoratrici della notte – Lo diremo in questo modo. Lei crede che con tutta probabilità, e che le possibilità siano molto alte, per cui la Cina, la Russia, l’Ucraina, e molti di questi paesi abbiano  compromesso la famiglia Biden?
Schweizer ha detto: “Ohassolutamentenon c’è dubbio. Guarda, se il ministero cinese per la sicurezza dello stato sta cercando di impegnarsi nella ‘cattura dell’élite‘, come la chiamano loro, con i Biden e sono stati forniti 31 milioni di dollari, lo vedrebbero come un fallimento catastrofico dell’intelligence se non avessero ottenuto almeno una leva sulla famiglia Biden. Questo è ciò che rende questo così preoccupante e che richiede un’indagine, perché se non lo facciamo, il presidente sta per basare le decisioni sui suoi interessi finanziari familiari, e sul fatto che Pechino abbia una leva sulla sua famiglia“.
Il collaboratore senior di Breitbart News Peter Schweizer ha poi detto, sempre martedì a “Stinchfield“, un programma di Newsmax TV, che “ogni singolo accordo” che la famiglia di Joe Biden ha ottenuto in Cina è stato fatto con funzionari che erano collegati ai più alti livelli dell’intelligence cinese.
Il conduttore Grant Stinchfield ha chiesto: “Una domanda per te, se puoi, molto veloce. Ci sono accuse impressionanti e fatti realmente accaduti in questo libro. Ce n’è uno che ti colpisce che non potevi credere quando l’hai scoperto?
Schweizer ha detto: “La cosa che mi ha colpito di più sono state le informazioni sui Biden. Ho trovato questa storia sul loro coinvolgimento commerciale con la Cina nel 2018.”
E ha continuato: “Quello che abbiamo fatto in questo libro è stato usare il portatile di Hunter Biden, usando le email che abbiamo ottenuto da uno dei partner commerciali di Hunter Biden. Siamo risaliti a come sono avvenuti quegli affari. E quello che abbiamo scoperto è che ogni singolo affare che i Biden hanno condotto– ed il totale è di circa 31 milioni di dollari – ogni singolo affare che hanno condotto è venuto da un funzionario in Cina che era collegato ai più alti livelli dell’intelligence cinese. Ciò che voglio dire è che erano partner di persone come il viceministro della sicurezza dello stato, le cui responsabilità includono il reclutamento di stranieri, quindi questa è stata la più grande rivelazione per me”.
Schweizer ha aggiunto: “Ecco perché credo che dobbiamo fare la domanda e indagare se i Biden sono compromessi“.
BreitbartNews.comBreitbartNews.comBreitbartNews.com
L’elefantino, qui.

E dopo la distruzione della sicurezza statunitense, passiamo alla distruzione dell’approvvigionamento energetico.

Joe Biden è entrato in carica e, un anno dopo, abbiamo visto un 4% di surplus di produzione interna di petrolio e gas passare a ad un 4% di deficit.

Tratto e tradotto da un articolo di Stephen Moore per Fox Business.

Una volta, durante un incontro con l’allora candidato alla presidenza Donald Trump all’interno della Trump Tower sulla Fifth Avenue a New York, abbiamo discusso di politica energetica. Dissi a Trump che se ci fossimo dati da fare per produrre delle abbondanti riserve di petrolio, gas e carbone per l’America, gli Stati Uniti avrebbero potuto essere indipendenti dal punto di vista energetico in quattro anni.
Trump mi guardò da dietro la sua scrivania e scosse la testa: “Non voglio che l’America sia solo indipendente dal punto di vista energetico. Voglio che l’America sia dominante dal punto di vista energetico”.
Ci sono poche questioni in cui il presidente Donald Trump e Joe Biden abbiano differito più profondamente nelle proprie rispettive politiche come sulla produzione di energia.
Donald Trump è andato a tutta velocità sulla produzione di combustibili fossili. Ha eliminato le restrizioni alle trivellazioni, specialmente in stati come l’Alaska e sulle terre federali negli stati continentali. Ha dato il via libera ad oleodotti di vitale importanza. Ha bloccato nuovi regolamenti ambientali estremisti che avevano solamente lo scopo di soffocare le nostre forniture di petrolio e di gas. Ha riconosciuto la rivoluzione del petrolio e del gas di scisto come un’opportunità senza precedenti per ridurre la dipendenza dal petrolio straniero.
La politica energetica di Trump è stata una sorprendente storia di successo economico. Nel gennaio del 2021, esattamente un anno fa e l’ultimo mese di Trump in carica, per la prima volta da quasi 50 anni, gli Stati Uniti producevano più petrolio di quanto ne consumassero. Non eravamo più un importatore netto di petrolio dall’Arabia Saudita e dalle nazioni del cartello OPEC. Stavamo anche producendo più petrolio e gas dei russi e degli arabi.
Da quando Joe Biden è entrato in carica, un anno dopo, abbiamo visto un 4% di surplus di produzione interna di petrolio e gas scendere ad un 4% di deficit di petrolio e gas. Siamo passati dall’indipendenza energetica alla dipendenza energetica. Questo perché Biden ha dichiarato guerra all’energia americana.
Ha chiuso gli oleodotti ed ha invertito quasi tutte le politiche pro-trivellazioni di Trump. All’inizio di gennaio, Biden ha fermato le trivellazioni in centinaia di migliaia di siti petroliferi potenzialmente eccellenti in Alaska. È ossessionato dal cambiamento climatico, quindi ama l’energia eolica e solare e le auto elettriche che non consumano la benzina. Ma anche nelle ipotesi più ottimistiche, otterremo comunque la maggior parte della nostra energia elettrica, del carburante per i riscaldamenti e del carburante per i trasporti dai combustibili fossili per almeno i prossimi 25-30 anni.
L’unica domanda è se utilizzeremo i nostri combustibili fossili per tenere le luci accese e le auto in funzione da stati come Texas, Oklahoma, Nord Dakota, Wyoming, Pennsylvania, West Virginia e Ohio, oppure se li otterremo dagli arabi, dai russi, dagli iraniani e dai messicani. Dato che gli Stati Uniti hanno degli standard ambientali molto più severi di queste altre nazioni produttrici di petrolio, qualsiasi mossa per abbassare la produzione statunitense ed importare i combustibili dall’estero andrebbe ad aumentare le emissioni di gas serra. È una pessima politica economica, un pericolo per la nostra sicurezza nazionale e non è nemmeno “verde”.
Il costo economico dell’allontanamento dall’indipendenza energetica è già stimato in circa 1 miliardo di dollari di perdita di produzione economica ogni settimana e di circa 50 miliardi di dollari all’anno in meno.
La cosa peggiore di tutte (e una pietosa ed imbarazzante svolta degli eventi) ora che la produzione di petrolio è scesa a causa degli editti di Joe Biden, questo presidente va dai sauditi e dalle nazioni dell’OPEC e li prega di aumentare la loro produzione. È un occhio nero per l’America. Ci fa sembrare deboli, e ci ha reso più deboli.
I due maggiori vincitori della guerra di Biden all’energia americana sono stati il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin. Questi leader di nazioni che sono chiaramente nemiche degli Stati Uniti non possono credere alla loro fortuna di essersi trovati Joe Biden come presidente. Ha reso l’Europa occidentale e settentrionale dipendente da Putin per le forniture costanti di energia. Nel frattempo, in Cina, Xi dà una pacca sulla testa a Biden e promette che ridurrà i livelli di inquinamento cinese nel mentre costruisce decine di nuove centrali a carbone che bruciano carbone sporco, non pulito.
C’è qualcosa di tutto questo che abbia anche solo un briciolo di senso? Questa strategia mette l’America al primo posto? E a proposito, i numeri dell’indice dei prezzi al consumo sono appena stati rilasciati per il primo anno di mandato di Biden. I prezzi della benzina alla pompa sono aumentati del 52% in 12 mesi.
GrazieJoe.
FoxBusiness.com
Luca Maragna, qui.

E infine ci sarebbe quella piccola faccenda dell’Ucraina, che il demente e la serva Europa di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province ma bordello vogliono attirare nella NATO, ossia imporre alla Russia una potenza nemica sui suoi confini, provocando l’inevitabile – e comprensibile – reazione russa, e offrendosi poi di proteggere l’Ucraina dall’aggressore russo, e a quanto pare sta già inviando forze militari in loco. E se continua così, riuscirà davvero a far scoppiare la guerra. E i primi ad allarmarsi sono proprio gli ucraini.

Giovanni Bernardini

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha invitato Joe Biden a smetterla di seminare panico strillando che la guerra è alle porte.
E’ un particolare che la dice lunga sulla natura del presidente americano, la cui elezione, alquanto, diciamo così… sospetta, venne salutata come “il 25 aprile del mondo” da alcuni “giornalisti”, si fa per dire, di casa nostra…

Fulvio Del Deo

UCRAINA – Lo “scoop” di ieri della Reuters (la Russia sta ammassando rifornimenti di sangue e medicinali in vista dell’invasione) è stato smentito dalla vice ministra ucraina della Difesa Anna Malyar che ha detto che “il proposito di simili notizie è seminare il panico nella nostra società”. (Notizia completa qui, attivare traduttore automatico)

E anche qualcun altro comincia a preoccuparsi e mobilitarsi.

Fulvio Del Deo

CROAZIA – Il presidente Milanovic insiste: “Per l’Ucraina non c’è posto nella Nato. La situazione al confine russo-ucraino è grave e risponde principalmente agli interessi della politica interna americana e di Joe Biden. In materia di sicurezza internazionale, Washington si comporta in modo contraddittorio e incoerente”.

E d’altra parte l’abbiamo sempre saputo che Biden alla presidenza avrebbe significato guerra; e così, dopo i quattro anni dell’unico fra l’ultima mezza dozzina di presidenti che non solo non ha cominciato nessuna guerra, ma è riuscito a portare al tavolo della pace stati che erano in guerra da sempre, abbiamo quello che riuscirà a far fare la guerra a due stati che, pur fra varie tensioni e conflitti passati, ad entrare in guerra in questo momento non ci pensavano proprio.

barbara