LO STUPRO DI NANCHINO

In questi giorni, in queste settimane, 86 anni fa stava andando in scena il grande massacro perpetrato dall’esercito giapponese passato alla storia col nome, appunto, di stupro di Nanchino.

Perché tutto deve essere ricordato.
E niente deve essere perdonato.

Il Giappone scatenò tutta la sua ira contro la popolazione cinese di Nanchino nel 1937, nel contesto della guerra di espansione territoriale che l’impero del Sol levante stava conducendo in Cina. Furono 42 giorni di orrore, in cui furono commesse enormi atrocità che il Giappone tentò di far passare sotto silenzio

Il massacro di Nanchino durante la Seconda guerra mondiale

J. M. Sadurní

13 dicembre 2022, 07:00

Gli ordini furono chiari: «Uccidete tutti i prigionieri». Con questa semplice frase il 13 dicembre 1937 l’esercito imperiale giapponese portò il massacro nella città cinese di Nanchino. L’attacco avvenne nel corso di un lungo conflitto asiatico, conclusosi il 9 settembre 1945, noto come Seconda guerra cino-giapponese, che iniziò due anni prima della Seconda guerra mondiale. L’orrore fu tale che si disse che unendo le mani delle vittime del massacro si sarebbe potuta percorrere la distanza che separa Nanchino dalla città di Hangzhou (a duecento chilometri di distanza); che i loro corpi avrebbero potuto riempire 2.500 vagoni, che uno sull’altro avrebbero raggiunto l’altezza di un edificio di settantaquattro piani e che il loro sangue sarebbe pesato 1200 tonnellate.

Vittime del massacro perpetrato dai giapponesi nel 1937

Foto: Pubblico dominio

La casa imperiale fu responsabile del massacro?

I crimini contro l’umanità sono solitamente associati al Terzo Reich, responsabile dell’olocausto, ma il massacro commesso dall’esercito imperiale giapponese a Nanchino è un episodio oscuro e controverso che costò la vita a un numero di persone che va dalle 100mila alle 300mila. Il gesto giapponese, eseguito al grido di banzai, apparve raggelante perfino all’umanità reduce della scoperta degli orrori di Auschwitz e del fronte russo. Questa tuttavia è una tragedia su cui i libri di storia hanno soprasseduto e per cui il governo giapponese non si è mai scusato.
La casa imperiale giapponese è stata accusata di avere avuto qualche responsabilità nel massacro. In effetti, anche se l’esercito giapponese godeva di autonomia decisionale, l’imperatore Hirohito era il capo supremo delle forze armate. D’altra parte, era l’esercito a mantenere l’imperatore al potere e talvolta questi preferì chiudere un occhio e non immischiarsi. Altre fonti sottolineano che il silenzio imperiale potrebbe essere dovuto all’acquiescenza della casa imperiale con la strategia militare giapponese in Cina.
In ogni caso il massacro di Nanchino s’inserì nel contesto delle politiche razziste di espansione promosse dal Giappone per giustificare il proprio imperialismo, molto comuni tra le potenze coloniali. La popolazione cinese veniva così presentata come una “razza inferiore” che doveva essere governata dal Giappone, inculcando al contempo nel popolo nipponico la convinzione che il gesto più nobile fosse morire per l’imperatore. Se la vita di un soldato giapponese valeva poco, si può immaginare che valore avesse la vita di un nemico considerato subumano.

Un gruppo di civili cinesi viene interrato vivo nel 1937

Foto: Pubblico dominio

Assedio di una città indifesa

In realtà la città di Nanchino non seppe di essere in guerra con il Giappone fino al 21 settembre 1937, quando l’aviazione giapponese decise di bombardare la città, da cui il generale Chiang Kai-shek dirigeva le operazioni militari. Tra il 21 e il 25 settembre la città subì continui bombardamenti in cui persero la vita seicento persone e numerosi edifici furono distrutti, tra cui un ospedale pieno di pazienti. Come se non bastasse, anche un campo profughi che si trovava vicino a Nanchino fu bombardato: morirono cento bastasse, anche un campo profughi che si trovava vicino a Nanchino fu bombardato: morirono cento persone.
L’assedio a Nanchino iniziò il 7 dicembre 1937, quando 240mila soldati giapponesi della decima armata del generale Heisuke Yanagawa e del corpo di spedizione di Shangai del generale Hisao Tani affrontarono l’esercito cinese, che contava solo 80mila effettivi. Entrambi i soldati erano al comando del principe Yasuhiko Asaka, zio dell’imperatore Hirohito e sostituto del generale Iwane Matsui, che aveva dichiarato che bisognava rispettare le vite dei civili: un ordine che evidentemente non fu ascoltato.
L’esercito giapponese propose una tregua di ventiquattr’ore per offrire ai militari cinesi quello che i nipponici consideravano un accordo “accettabile e giusto” in cambio della resa, ma il generale Chiang Kai-shek rifiutò categoricamente e spronò l’esercito a resistere a oltranza, condannando Nanchino a subire le conseguenze di una probabile vittoria giapponese.

Un prigioniero di guerra cinese sul punto di essere decapitato da un soldato giapponese

Foto: Pubblico dominio

L’inferno in terra

Alla fine il 13 dicembre cessò qualunque tipo di resistenza organizzata e l’esercito giapponese entrò a Nanchino, dando il via a quarantadue giorni di autentico inferno. La lista degli orrori iniziò quando l’esercito ricevette il seguente ordine: «Tutti i prigionieri di guerra devono essere giustiziati. Metodo di esecuzione: dividere i prigionieri in gruppi di dodici. Sparare a morte singolarmente». L’esercito giapponese girava liberamente per le strade, entrava nelle case, nelle banche, nei negozi… e sparava a caso, senza alcuna pietà: alle spalle, di fronte, dritto al cuore.
Bruciare, massacrare, tutto era lecito per eseguire gli “ordini” ricevuti. Il livello di crudeltà raggiunto quei giorni era difficilmente superabile: si ebbero gare di decapitazione e si seppellivano i prigionieri fino alla cinta per poi farli sbranare dai cani. Il Fiume Azzurro fu uno dei luoghi in cui la barbarie giunse all’estremo. Sulle sue sponde furono condotti migliaia di prigionieri con le mani legate dietro la schiena, che vennero fucilati e gettati in acqua. Per risparmiare le munizioni, altri furono assassinati legandoli a un albero e trafiggendoli con una spada o una baionetta. Circa 12mila prigionieri persero la vita in quello che fu noto come “il fosso dei diecimila cadaveri”, un’immensa trincea lunga trenta metri a larga cinque in cui furono gettati i corpi assassinati; altri furono giustiziati alla porta di Taiping.
A soffrire di più fu la popolazione civile, e soprattutto le donne. Si ritiene che nell’attacco di Nanchino avvenne uno dei più grandi stupri collettivi della storia. È stato calcolato che tra le 20mila e le 80mila donne furono violentate dall’esercito giapponese, per poi venire brutalmente uccise. Nel mezzo di tutto questo orrore, un gruppo di europei e nordamericani rischiò la vita per creare un corridoio di sicurezza, una zona neutrale in cui dare asilo ai cittadini cinesi in fuga dalla barbarie. Questa zona era governata da John Rabe, paradossalmente un rappresentante della Germania nazionalsocialista, che all’epoca era il responsabile del Comitato internazionale per la zona di sicurezza. Grazie alla sua azione umanitaria venne considerato dalla popolazione cinese “il Budda vivente di Nanchino”.

Monumento in ricordo delle vittime del massacro di Nanchino

Foto: Cordon Press

Uno scandalo negato dal Giappone

All’alba del 17 dicembre 1937 giunse a Nanchino il generale Iwane Matsui per prelevare il comando dal principe Yasuhiko Asaka e mettere una toppa su quello che già la stampa iniziava a definire uno scandalo internazionale. Quando Matsui entrò in città e scoprì che cos’era successo, ne ebbe un tale spavento e orrore che non si fece scrupoli a denunciare i trecento ufficiali che avevano partecipato alla mattanza. Aprì una causa giudiziaria che però non fu mai conclusa, perché i suoi superiori lo trasferirono immediatamente a un’altra meta nel tentativo di celare i crimini, secondo le direttive dello stato maggiore a Tokyo.
A Nanchino ci vollero mesi perché le cose tornassero alla normalità. Le migliaia di cadaveri abbandonati per le strade e gli edifici fumanti e in rovina non furono mai registrati dalla stampa internazionale perché il governo giapponese rifiutò qualsiasi permesso finché l’ultima traccia della barbarie non fosse stata eliminata. Quando la città fu riaperta, l’amministrazione venne affidata a un governo fantoccio.

Fare luce sul dramma

Al giorno d’oggi quello che è tristemente noto come lo stupro di Nanchino rimane un olocausto dimenticato. Se tutto il mondo conosce il crudele destino di Anna Frank e l’orrore dell’olocausto nazista, quanto avvenne a Nanchino rimane tuttora nell’ombra. Un’ombra che l’autrice Iris Chang nella sua opera Lo stupro di Nanchino. L’olocausto dimenticato della Seconda guerra mondiale rivela attraverso tre storie: quella dei soldati nipponici, quella dei civili cinesi e quella di un gruppo di europei e nordamericani che rifiutò di abbandonare la città e riuscì a creare una piccola zona di sicurezza per salvare vite umane. Il libro è una buona opportunità per conoscere di prima mano la storia, scritta da un’autrice la cui morte è a sua volta segnata dalla tragedia: secondo alcuni si è suicidata in seguito alla depressione, ma per altri si tratta di un omicidio. (Qui)

Cina, Malesia, Corea… Ovunque siano arrivate le orde nipponiche, è arrivato il regno del terrore. Delle efferatezze che hanno accompagnato l’occupazione giapponese avevo già parlato (I MEDICI DEL SOL LEVANTE), e tornerò a parlarne per approfondire un altro aspetto della questione. Per ora accontentiamoci di questi due video che sono riuscita a recuperare.

barbara

UN AVVERTIMENTO AI MIEI AMATI LETTORI

che potrà forse essere di qualche utilità: se doveste trovarvi tra le mani un attaccapanni, soprattutto se è di quelli pesanti,

fate attenzione, perché se ve lo scaraventate sul naso fa un male cane.

Già che ci sono vi do anche un suggerimento, e precisamente su come si porta la giacca, perché voi siete ignoranti e non lo sapete e invece DOVETE saperlo, dato che adesso “i gradi rasentano lo zero” e, pensate un po’, lo fanno “anche nelle città”, per esempio se andate, che so, a San Pietroburgo, a Tallin, a Helsinki, a Vladivostok, a Murmansk, vi aspettereste di trovare dei gradi che rasentano lo zero? Ma quando mai! E invece, sorpresa delle sorprese, li rasentano anche lì. E allora da bravi, andate qui, leggete, guardate il video, e poi tornate qui a ringraziarmi.

E ancora – crepi l’avarizia – vi elargisco anche una pillola di saggezza che arriva dalla grandissima e antichissima cultura cinese (uno, due, tre, quattro, per chi fosse nuovo da queste parti) dedicata alle donne – pardon, alle persone che mestruano:

Quindi, care amiche mestruanti, fate attenzione, mi raccomando, che ritrovarsi con la circolazione bloccata non deve mica essere una bella esperienza.

E ora, per tirarci su di morale, godiamoci la bellezza del bosco viennese

barbara

DAI, RACCONTATECI QUELL’AMENA STORIELLA CHE DA NOI È COME IN CINA

Sentita un sacco di volte: critichiamo tanto la Cina, ma faremmo meglio a guardare in casa nostra, che siamo messi uguale, se non peggio.

Tutto identico, vero?

Come quando da noi chiedevano il green pass per entrare al bar, preciso sputato.
E magari mettiamoci anche questo

(Qui)

Dov’è la gente inginocchiata? Don’t yellow lives matter?

barbara

MISTIPOST

Non in senso inglese, post nebbioso, e neanche in senso tedesco, post di merda, ma semplicemente italiano: post misto, con argomenti vari. E mescolando parole e immagini.

E comincio con quella che un sacco di teste di cazzo continuano a chiamare “abolizione del diritto all’aborto”; le possibilità sono due: o sono analfabeti funzionali, o sono analfabeti e basta. E comunque, in entrambi i casi, sono teste di cazzo. E ritardati. Perché no, non è successo assolutamente niente del genere: la Corte Suprema ha, molto semplicemente, preso atto che quello all’aborto non è un “diritto costituzionalmente garantito” per il semplice motivo che questa cosa nella Costituzione americana non c’è. C’è il diritto di parola, il diritto a possedere armi, il diritto a non rispondere in determinate situazioni ma il diritto all’aborto, spulciate pure la Costituzione americana quanto volete, non ce lo trovate. E dunque? Dunque ogni stato legifererà per conto proprio, come per tutte le cose che non rientrano nella Costituzione. Ci saranno stati che lo vieteranno? Sì, ci saranno. Perché ogni stato è governato dalla maggioranza democraticamente eletta, e le istanze di quella parte politica sono risultate condivise dalla maggioranza degli elettori: si chiama democrazia, nel caso qualcuno lo ignorasse. La cosa scontenterà qualcuno? Naturalmente: non esistono leggi che non scontentino nessuno. Se io dovessi essere stuprata e non avere prove documentali sufficienti a far condannare il mio stupratore, sarei sicuramente furibonda a vederlo in circolazione e magari sghignazzarmi in faccia, ma non credo che qualcuno troverebbe ragionevole stabilire che basti la mia parola per sbattere qualcuno in galera, anche se in questo caso la mia parola corrisponde alla verità e quello è realmente colpevole. A parte questo, una legge che consenta di abortire ci sta, ma parlare di diritto è roba che mi fa crescere otto metri di pelle d’oca: il corpo è tuo? Quello tuo sì, quello di tuo figlio no. E adesso vi svelo un segreto: esiste la contraccezione. Vuoi scopare come una coniglia e non avere figli? Puoi farlo, senza alcuna limitazione, senza alcuna controindicazione, gratis o quasi. Dici che il corpo è tuo? Certo, quello tuo sì; quello di tuo figlio no, fattene una ragione. Quanto ai refrattari al rispetto della legge, andate su youtube a dare un’occhiata: altro che il famoso assalto del 6 gennaio con cui ancora la stanno menando per cercare di buttare fuori Trump.

E passiamo al covid, che mi ricorda tanto una filastrocca di mia nonna: Questa zè ea storia del sior Intento, che dura poco tempo, che mai no se distriga, vuto che te a conta o vuto che te a diga? – Cóntemea – No se dize mai cóntemea parché questa zè ea storia del sior Intento, che dura poco tempo, che mai no se distriga, vuto che te a conta o vuto che te a diga? – Dìmea – No se dize mai dìmea parché questa zè ea storia del sior Intento, che dura poco tempo, che mai no se distriga, vuto che te a conta o vuto che te a diga? – Cóntemea – No se dize mai cóntemea parché questa zè… Ospedali vuoti, intensive vuote, malati praticamente zero, ma l’allarme si rialza perché crescono i contagi, e io dico ok, figli di puttana i virologi con la sindrome dell’abbandono se l’epidemia finisce o anche solo cala, figli di puttana i giornalisti che cavalcano l’onda del terrore da fare concorrenza a Dario Argento, ma che dire delle teste di cazzo che continuano a spararsi tamponi come se piovesse? Tipo l’oca signorina che soffre di rinite allergica e come finisce l’inverno attacca a starnutire, e dato che la concentrazione di pollini, dipendendo da tanti fattori, non è sempre identica, ogni volta che fa uno starnuto in più si precipita a tamponarsi, e tra un dìmea e un cóntemea riusciranno a protrarre l’epidemia fino al giorno del giudizio magari aggiungendoci, per precauzione, un po’ di vaiolo primatesco e anche – la prudenza non è mai troppa come saggiamente ricorda il pregliasco che raccomanda niente sesso tra fidanzati e chissà se avrà sdoganato, dopo due anni e mezzo, quello tra sposati – un po’ di polio, meglio se di fogna, che profuma di più. Ecco, giusto per restare in tema: andate a cagare.

Sempre in tema di allarmismo catastrofismo terrorismo mediatico, torniamo a parlare di Chernobyl. E di Orvieto. Che cosa c’entra Orvieto con Chernobyl? C’entra, fidatevi, c’entra.

Trova la differenza

Sport: finalmente si comincia a impedire alle persone uccellofore di gareggiare come donne. Io a dire la verità le butterei fuori da tutto: non sei un uomo dato che ti dichiari donna, non sei donna dato che hai l’uccello, quindi non sei assumibile né come operaio né come operaia, né come commesso né come commessa, né come impiegato né come impiegata, quindi fuori dai coglioni, zitt* e a cuccia. Poi ci sarebbe quella scuola additata al pubblico ludibrio con tanto di inchiesta ordinata dal ministro per avere indotto al suicidio “Cloe” sospendendolo/a dall’insegnamento. Ma abbiate pazienza, un uomo che si presenta a scuola vestito da donna con parrucca e tette posticce e tutto il resto, voi nella classe dei vostri figli lo vorreste? Se hai problemi di identità te li vai a risolvere per conto tuo cazzo, non vieni a scaricarli sui miei figli.

E a proposito di figli su cui si scaricano i problemi: la cazzata del secolo, se non del millennio, ossia l’auto elettrica, che già è una cazzata di per sé se viene proposta come soluzione di un problema e diventa una cazzata alla quattrocentesima potenza se con questa si pretende addirittura di controllare il clima (delirio di onnipotenza allo stato puro), ma arrivare addirittura a imporla per legge è roba da ricovero coatto. Le cose che funzionano non hanno bisogno di essere imposte per legge, e se qualcosa deve essere imposto per legge significa che non funziona. Un esempio banale, la plastica: nessuno ha avuto bisogno di leggi per convincersi ad adottare un materiale molto più economico, leggero, resistente, duttile rispetto ai materiali che è andato a sostituire, mentre si vuole ricorrere a leggi per indurre la popolazione ad abbandonarla – leggi che comunque non funzioneranno mai. Questo articolo, di cui non condivido parecchie cose, dall’Europa come soluzione al sostenere comunque, sia pure con riserva, la validità dell’auto elettrica, ha comunque il merito di mettere in fila alcune criticità.

Ma voi vi fareste fare un pompino da un simile canotto di plastica che probabilmente non ha neanche più abbastanza sensibilità da distinguere un pezzo di carbone da uno spaghetto? Che poi comunque sempre racchia rimane

Non posso trascurare del tutto la guerra in corso, e propongo questa bella serie di domande che ho trovato in rete:

Chi ha organizzato un golpe nel 2014? Chi ha promesso ai russi etnici del Donbass che i loro figli avrebbero vissuto nelle cantine, mantenendo poi la promessa? Chi ha mandato aviazione e artiglieria a bombardare civili? Chi ha tagliato le pensioni agli ucraini del Donbass, Chi ha tagliato l’acqua alla Crimea? Chi ha finto l’intenzione di rispettare Minsk? Chi ha ammassato ingenti forze, armi, munizioni, fortificazioni nel Donbass? Chi ha minacciato di procurarsi armi nucleari? Chi ha concesso alla NATO di costituire una testa di ponte NATO prima ancora dell’adesione alla NATO?
E chi ha espanso la NATO per 30 anni violando promesse e minacciando la profondità strategica difensiva russa? Chi l’ha rapinata di tutto negli anni ’90? Chi non ha voluto che partecipasse all’architettura di sicurezza europea? Chi non ha voluto considerare le legittime istanze russe anzi spregiandole? Chi ha emarginato la Russia per anni? Chi l’ha espulsa dal G8? Chi ha costretto gli atleti russi a gareggiare senza bandiera? Chi ha accusato ingiustamente la Russia di stupidaggini alla Litvinenko, Skripal, Navalny?
E soprattutto : chi non ha capito che la guerra alla Russia per procura è la rovina dell’Europa e l’inutile sacrificio dell’Ucraina e del suo popolo?

A proposito delle complicazioni di guerra

E giusto per dimostrare urbi et orbi che loro non sono nazisti no no no assolutamente no, è stata decretata la distruzione di TUTTI i libri di autori russi e bielorussi – entartete Kunst si chiamava 88 anni fa: arte degenerata: proprio non vogliono rischiare di restare indietro neanche di un millimetro rispetto ai fratelli maggiori, nonché rispettati maestri.

E a proposito di influencer:

E infine godiamoci questo mirabile Bach danzato da questi due mirabili artisti russi.

barbara

CHE COSA È SUCCESSO VERAMENTE A ODESSA

Vediamolo nel dettaglio


Cosa è successo ieri ad Odessa?

Missili russi ad Odessa sui rifornimenti giunti all’aeroporto di Shkolny

by Patrizio Ricci, 25 Aprile 2022, qui, con foto e video.

I media dicono che la Russia vuole prendersi tutta la fascia costiera, Odessa compresa. Questa deduzione è stata avanzata dopo che ieri 23 aprile, i missili russi hanno raggiunto la città. Oltre che depositi militari all’aeroporto, sono stati colpiti anche alcuni edifici residenziali. Le vittime civili sarebbero almeno 6.
Anche La Verità (la testata italiana più onesta), nella sua versione online dice: “Il Cremlino parrebbe intenzionato a mettere nel proprio «bottino di guerra» l’intero accesso al Mar Nero. Gli scontri proseguono in modo intenso in tutto il Donbass: 42 piccoli centri sarebbero già stati conquistati.”

Ma è davvero così? Cosa è successo davvero?

Nel pomeriggio, su Internet è circolata la notizia dell’arrivo di missili russi a Odessa. Zelensky, Gerashchenko, Arestovich hanno immediatamente affermato che la Russia ha attaccato edifici residenziali ucraini con i missili lanciati dai bombardieri strategici (probabilmente TU 22).
Immediatamente sono state diffuse nella rete fotografie di edifici residenziali, si vedono grattacieli, tra cui colonne di fumo. A proposito, sembra che agli ucraini sia stato vietato pubblicare i risultati degli attacchi missilistici delle forze aeree russe, ma la cosa non ha avuto successo: ugualmente con i telefonini a disposizione di tutti, ci sono un sacco di foto caricate sui social.
I missili ad alta precisione X-101 delle forze aerospaziali russe ieri pomeriggio hanno reso inservibile il terminal logistico dell’aeroporto militare di Shkolny vicino a Odessa, dove era immagazzinato un grande lotto di armi straniere ricevute dagli Stati Uniti e dai paesi europei, riferisce il ministero della Difesa russo.
Cinque missili hanno colpito il bersaglio e due sono stati abbattuti dalla difesa aerea ucraina. Gli ucraini hanno immediatamente pubblicato le foto sui social network.
Come vedete, qui un missile è prima stato colpito ed i frammenti sono caduti sugli edifici residenziali.
È assai poco probabile che gli obiettivi fossero gli edifici residenziali e non si tratta solo di carità, di cattiveria o rispetto del diritto internazionale: può sembrare cinico, ma in gergo militare si dice che questi obiettivi ‘non sono remunerativi’.
Ma non solo: se guardiano la mappa delle strutture militari che si trovano nei pressi del complesso residenziale di Tiras, nei pressi del quale è avvenuto l’attacco missilistico, possiamo vedere che l’aeroporto militare più vicino dista solo 6,5 chilometri. Perciò tali oggetti sono solitamente coperti da sistemi di difesa aerea: questo particolare rende la ricostruzione ancora più coerente.
Apparentemente, i missili antiaerei delle forze armate ucraine hanno intercettato uno dei missili, ma lo hanno mancato o colpito ed i frammenti sono caduti nelle vicinanze in un edificio residenziale, danneggiando una grande conduttura di gas (da cui il denso fumo nero verticale).
Come potete vedere in queste terribili immagini, a causa dell’onda d’urto, tutte le finestre dell’edificio sono andate in frantumi e parecchi piani sono crollati. Ma non c’è stata alcuna detonazione di munizioni e nessuna esplosione. C’è stato un arrivo di parti enormi di missile con i resti di carburante.
Era altamente prevedibile che il ministero della Difesa russo avrebbe cercato di distruggere carri armati, obici, lanciagranate, MANPADS, ecc. e le montagne di munizioni consegnate ad Odessa in attesa di essere distribuite alle unità d’assalto ucraine.
Quindi non si tratta di estensione del conflitto ma di contrasto ai rifornimenti nelle zone di operazioni. Di conseguenza, gli attacchi in profondità o gli ‘errori’ continueranno inevitabilmente.

Riassumendo:

La difesa antiaerea delle forze armate ucraine ha sparato su uno dei missili, ma lo hanno mancato o colpito, ma i frammenti sono caduti sugli edifici residenziali.
La dinamica assomiglia a quanto visto a Kiev dove oltre il 95% dei danni agli edifici residenziali di sono stati causati da missili colpiti (il sistema di controllo è difettoso, i timoni stessi, ecc.), o da un colpo di un sistema di difesa missilistica abbattuto (l’esplosione di un elemento del sistema di difesa missilistica ha costretto il lanciamissili a cambiare la traiettoria di volo).
Per evitare che si verifichi una situazione del genere, i sistemi di difesa aerea dovrebbero intercettare i missili prima del loro avvicinamento agli insediamenti.
Spero che al più presto tutte le parti si possano mettere seduti ad un tavolo e ragionino senza preclusioni, soprattutto nell’interesse della gente. Naturalmente, non depone a favore di un allentamento della tensione l’immagine di uno dei negoziatori ucciso dalla propria stessa parte perché ‘troppo morbido’. Allo stesso modo non  reputo intelligente una politica priva di una visione del mondo che si affida solo al linguaggio delle armi
VPNews

E state a sentire questa, che è carina da matti, soprattutto per i dettagli.

Australia: le basi non amiche ai propri confini sembra proprio diano fastidio a tutti…

È possibile fare una analogia con la richiesta di sicurezza russa alla Nato?

by Patrizio Ricci, 25 Aprile 2022

Qualche tempo fa è stata ufficialmente annunciata l’informazione che la Cina e le Isole Salomone intendono concludere un accordo di difesa che consentirà alla Marina cinese di avere base in questo Paese.
Ma oggi all’improvviso gli australiani e i loro media si sono adirati: “Nella nostra regione, alle nostre porte, non ci saranno basi navali cinesi”: la base cinese sull’isola è ‘una linea rossa‘ e mai Australia tollererà la presenza dei cinesi.
“Lavorando insieme ai nostri partner in Nuova Zelanda e, naturalmente, negli Stati Uniti, condivido la stessa linea rossa che hanno gli Stati Uniti quando si tratta di questi problemi”, ha affermato Morrison. “Non avremo basi navali militari cinesi nella nostra regione alle nostre porte”. (Abc News)
Dal lato loro, “gli Stati Uniti agiranno “di conseguenza” se la Cina installerà una base militare nelle Isole Salomone, nel Pacifico. Lo rende noto la Casa Bianca, dopo che una delegazione statunitense si è recata nel Paese del Pacifico per incontrare il primo ministro” (Afp)
Gli USA hanno minacciato “ripercussioni se la Cina dovesse stabilire una presenza militare permanente nella nazione del Pacifico in base al nuovo accordo”. (Bol News)
Ora sta il fatto che le Isole Salomone non si può dire che siano proprio vicinissime al continente Australiano: distano circa 2.000 km dall’Australia.
Tuttavia, il ministro della Difesa australiano Peter Dutton ha affermato che “la Cina non dovrebbe essere autorizzata a stabilire basi militari nelle Isole Salomone”.
Questo naturalmente confonde un po’: ci è stato recentemente detto con aria istruttiva che le richieste della Russia di non schierare basi NATO vicino ai confini russi sono infondate. Non si diceva che i paesi d’Europa hanno il diritto sovrano di decidere a quali alleanze militari aderire e quali basi militari ospitare?

In precedenza il governo ha anche affermato che l’accordo tra la Cina e le Isole Salomone è un’altra manifestazione del modello di comportamento della Cina con altri paesi, inclusa l’Africa. Al riguardo, il ministro ha menzionato “pagamenti a scopo di corruzione, ma non ha fornito prove delle sue accuse.
Nello stesso tempo, come già indicato, le strutture militari cinesi potrebbero apparire a 2000 km dall’Australia. Mentre la Nato dovrebbe apparire a poco più di 40 km dal confine ucraino a Belgorod.
Inoltre, c’è da considerare che Usa-Gb-Australia hanno da qualche mese siglato un Patto anti-Cina denominato Aukus, che vedrà Stati Uniti e Gran Bretagna fornire a Canberra la delicata tecnologia per i sottomarini nucleari, nonché opporsi in modo aggressivo nel Pacifico e mar Cinese.
Quindi alla luce di tutto questo, è così sconcertante che la Cina si muova consequenzialmente? E se sì, allora cosa c’è di così difficile da capire nella richiesta russa -fatta l’anno scorso- quando chiedeva garanzie di sicurezza e di non far entrare l’Ucraina nella Nato?
A meno che, dopotutto, anche nel caso della Russia sia la Cina nel mirino. Quindi è possibile organizzare una fustigazione esemplare della Russia attraverso la guerra con l’Ucraina. Sta di fatto che nel Pacifico la Cina è molto presente e non militarmente, ma soprattutto economicamente. In molte isole del Pacifico sono continui i colpi di stato a favore degli USA, ma nelle isole Salomone alla rivolta anticinese ne è seguita una filocinese.
Con questo non si giustifica certo la guerra, ho voluto solo stigmatizzare il bias cognitivo: la temperatura di ebollizione non bisogna crearla, perché la pace si costruisce ascoltando anche le ragioni dell’altra parte.
patrizioricci by @VPNews, qui.

Mattetuppenza! Esisterebbero dunque situazioni geopolitiche per cui uno non sarebbe libero di scegliersi le alleanze che vuole perché questo altererebbe gli equilibri strategici?! Ma guarda cosa si viene a scoprire. Mah. E a proposito di equilibri internazionali, da ascoltare questo

E vale la pena di ascoltare anche il giornalista e scrittore tedesco Thomas Richter che, dopo aver visitato Melitopol, racconta come MSM distorce i fatti e distorce la verità su Mariupol, Azov e la guerra in Ucraina.

E, a piena conferma di quanto affermato da Richter:

https://www.facebook.com/100078480849164/videos/1039440149993448

Ancora un prezioso video sull’addestramento militare dei bambini

http://momovedim.blogspot.com/2022/04/indottrinamento-allodio-e-addestramento.html

Ma è davvero tantissimo diverso da quanto avviene a Gaza? E oltre all’addestramento militare, dal terrorismo palestinese hanno mutuato anche l’odio come materia scolastica, insegnato nei libri di scuola.
E dopo tanta bruttura, godiamoci qualche minuto di bellezza.

barbara

QUEL NONNO GIOVANILE DI CUI AVEVA BISOGNO L’AMERICA

Come l’ha definito Beppe Severgnini, l’intelligente, l’acuto, il perspicace, il fine osservatore politico, quello che capisce tutto: guardatelo e ascoltatelo in tutta la sua brillantezza! Biden. Il demente. Il pedofilo. Quello della corruzione in grado di fare concorrenza a quella di Hillary Clinton. Quello degli affari sporchi (molto sporchi) con l’Ucraina. Quello che si addormenta e russa mentre l’interlocutore parla. Quello che scorreggia negli incontri ufficiali. Quello che ha distrutto il confine meridionale e fatto invadere gli Stati Uniti da clandestini, spesso affetti da covid. Quello che ha fatto affondare l’economia provocando un’inflazione da record e un picco di disoccupazione. Quello del disastro afghano. E se la maggior parte delle cose che ho ricordato sono venute dopo, la demenza, caro Severgnini, c’era anche prima. La pedofilia, caro Severgnini, c’era anche prima. La corruzione, caro Severgnini, c’era anche prima. Gli affari sporchi in Ucraina, caro Severgnini, c’erano anche prima.
E ora vediamo un altro paio di cosette.

Svelati i legami della famiglia Biden con la Cina.

Sean Hannity ha elogiato l’ultimo libro di Peter Schweizer, “Red-Handed: How American Elites Get Rich Helping China Win” come “fenomenale” e “da leggere assolutamente” durante un’intervista con l’autore nell’edizione di martedì del suo omonimo show radiofonico.
Hannity ha detto che avrebbe fatto una “serie di interviste” con Peter Schweizer, presidente del  Government Accountability Institute ed ospite del Drill Down oltre ad essere un collaboratore  senior  di  Breitbart News, “per arrivare in fondo a tutta” la documentazione del libro che espone la corruzione delle élite americane rispetto al Partito Comunista Cinese (PCC).
Red-Handed esamina come la strategia del governo cinese della “cattura dell’élite” prenda di mira figure di spicco degli Stati Uniti nel mondo degli affari, dello spettacolo, della politica e della tecnologia. Il PCC si procura influenza e complicità con tali figure attraverso lo sviluppo di relazioni finanziarie.
Il libro di Schweizer documenta un caso di un membro dell’élite del PCC che “se la ride” per il compromesso del governo cinese con Joe Biden.
Hannity ha dichiarato: “Tu parli di una scena. Tu fornisci anche una data. Era il 28 novembre 2020, solo poche settimane dopo le elezioni presidenziali americane, e di come apertamente parlino dell’accesso che ora hanno ai più alti livelli del governo degli Stati Uniti, e letteralmente, i membri del politburo [e] gli ambasciatori stanno quasi ridendo del fatto che – fondamentalmente – hanno compromesso il più alto funzionario eletto degli Stati Uniti d’America“.
Schweizer ha risposto:
“Questo è stato in un incontro a Pechino che si è tenuto poco dopo le elezioni. Un accademico, che è stato anche coinvolto in alcune operazioni di influenza straniera negli Stati Uniti a Washington, D.C., si è alzato di fronte a questo gruppo [di élite cinesi] ed ha parlato di tutti gli amici che Pechino ha ora negli Stati Uniti, ed ha parlato di Wall Street – e naturalmente ho un capitolo nel libro sui titani di Wall Street che sono intimi amici di Pechino – ma a due terzi del discorso dice: “Oh, e abbiamo il figlio del nuovo presidenteHunter Biden, che ha avviato tutte queste imprese. Chi lo ha aiutato ad avviare tutte queste attività?”
“È una scena incredibile, perché questa grande folla di centinaia di alti dirigenti cinesi e funzionari governativi inizia a ridere. Sanno la risposta, ed è davvero straordinario.”
“Questo non è un libro [potremmo] arrivare in fondo [se gli] dessimo tutte le tre ore del nostro show”, ha detto Hannity del nuovo libro di Peter Schweizer Red-Handed.
Schweizer: “Pechino ha potere” sulla famiglia Biden – “Questo richiede un’indagine.
Il collaboratore senior di Breitbart News Peter Schweizer ha detto martedì ad “Hannity” della Fox News che la Cina, la Russia e l’Ucraina hanno anche “assolutamente” informazioni compromettenti  sulla  famiglia  di Joe Biden.
Schweizer ha detto: “Quello che abbiamo scoperto è che circa 31 milioni di dollari sono stati dati alla famiglia Biden da cinque individui provenienti dalla Cina“.
Ha continuato: “Questi individui hanno tutti legami con i più alti livelli dell’intelligence cinese. Così quella che è stata una storia di corruzione e clientelismo è sempre più una storia di spionaggio, spionaggio e di sicurezza nazionale”.
Schweizer ha aggiunto: “Questo richiede un’indagine. Non si tratta solo di politici che ricevono denaro dal loro ufficio”.
Sean Hannity ha chiesto: “Questo dossier su Hunter, e sapevano essere un tossicodipendente. Gli piaceva assumere donne lavoratrici della notte – Lo diremo in questo modo. Lei crede che con tutta probabilità, e che le possibilità siano molto alte, per cui la Cina, la Russia, l’Ucraina, e molti di questi paesi abbiano  compromesso la famiglia Biden?
Schweizer ha detto: “Ohassolutamentenon c’è dubbio. Guarda, se il ministero cinese per la sicurezza dello stato sta cercando di impegnarsi nella ‘cattura dell’élite‘, come la chiamano loro, con i Biden e sono stati forniti 31 milioni di dollari, lo vedrebbero come un fallimento catastrofico dell’intelligence se non avessero ottenuto almeno una leva sulla famiglia Biden. Questo è ciò che rende questo così preoccupante e che richiede un’indagine, perché se non lo facciamo, il presidente sta per basare le decisioni sui suoi interessi finanziari familiari, e sul fatto che Pechino abbia una leva sulla sua famiglia“.
Il collaboratore senior di Breitbart News Peter Schweizer ha poi detto, sempre martedì a “Stinchfield“, un programma di Newsmax TV, che “ogni singolo accordo” che la famiglia di Joe Biden ha ottenuto in Cina è stato fatto con funzionari che erano collegati ai più alti livelli dell’intelligence cinese.
Il conduttore Grant Stinchfield ha chiesto: “Una domanda per te, se puoi, molto veloce. Ci sono accuse impressionanti e fatti realmente accaduti in questo libro. Ce n’è uno che ti colpisce che non potevi credere quando l’hai scoperto?
Schweizer ha detto: “La cosa che mi ha colpito di più sono state le informazioni sui Biden. Ho trovato questa storia sul loro coinvolgimento commerciale con la Cina nel 2018.”
E ha continuato: “Quello che abbiamo fatto in questo libro è stato usare il portatile di Hunter Biden, usando le email che abbiamo ottenuto da uno dei partner commerciali di Hunter Biden. Siamo risaliti a come sono avvenuti quegli affari. E quello che abbiamo scoperto è che ogni singolo affare che i Biden hanno condotto– ed il totale è di circa 31 milioni di dollari – ogni singolo affare che hanno condotto è venuto da un funzionario in Cina che era collegato ai più alti livelli dell’intelligence cinese. Ciò che voglio dire è che erano partner di persone come il viceministro della sicurezza dello stato, le cui responsabilità includono il reclutamento di stranieri, quindi questa è stata la più grande rivelazione per me”.
Schweizer ha aggiunto: “Ecco perché credo che dobbiamo fare la domanda e indagare se i Biden sono compromessi“.
BreitbartNews.comBreitbartNews.comBreitbartNews.com
L’elefantino, qui.

E dopo la distruzione della sicurezza statunitense, passiamo alla distruzione dell’approvvigionamento energetico.

Joe Biden è entrato in carica e, un anno dopo, abbiamo visto un 4% di surplus di produzione interna di petrolio e gas passare a ad un 4% di deficit.

Tratto e tradotto da un articolo di Stephen Moore per Fox Business.

Una volta, durante un incontro con l’allora candidato alla presidenza Donald Trump all’interno della Trump Tower sulla Fifth Avenue a New York, abbiamo discusso di politica energetica. Dissi a Trump che se ci fossimo dati da fare per produrre delle abbondanti riserve di petrolio, gas e carbone per l’America, gli Stati Uniti avrebbero potuto essere indipendenti dal punto di vista energetico in quattro anni.
Trump mi guardò da dietro la sua scrivania e scosse la testa: “Non voglio che l’America sia solo indipendente dal punto di vista energetico. Voglio che l’America sia dominante dal punto di vista energetico”.
Ci sono poche questioni in cui il presidente Donald Trump e Joe Biden abbiano differito più profondamente nelle proprie rispettive politiche come sulla produzione di energia.
Donald Trump è andato a tutta velocità sulla produzione di combustibili fossili. Ha eliminato le restrizioni alle trivellazioni, specialmente in stati come l’Alaska e sulle terre federali negli stati continentali. Ha dato il via libera ad oleodotti di vitale importanza. Ha bloccato nuovi regolamenti ambientali estremisti che avevano solamente lo scopo di soffocare le nostre forniture di petrolio e di gas. Ha riconosciuto la rivoluzione del petrolio e del gas di scisto come un’opportunità senza precedenti per ridurre la dipendenza dal petrolio straniero.
La politica energetica di Trump è stata una sorprendente storia di successo economico. Nel gennaio del 2021, esattamente un anno fa e l’ultimo mese di Trump in carica, per la prima volta da quasi 50 anni, gli Stati Uniti producevano più petrolio di quanto ne consumassero. Non eravamo più un importatore netto di petrolio dall’Arabia Saudita e dalle nazioni del cartello OPEC. Stavamo anche producendo più petrolio e gas dei russi e degli arabi.
Da quando Joe Biden è entrato in carica, un anno dopo, abbiamo visto un 4% di surplus di produzione interna di petrolio e gas scendere ad un 4% di deficit di petrolio e gas. Siamo passati dall’indipendenza energetica alla dipendenza energetica. Questo perché Biden ha dichiarato guerra all’energia americana.
Ha chiuso gli oleodotti ed ha invertito quasi tutte le politiche pro-trivellazioni di Trump. All’inizio di gennaio, Biden ha fermato le trivellazioni in centinaia di migliaia di siti petroliferi potenzialmente eccellenti in Alaska. È ossessionato dal cambiamento climatico, quindi ama l’energia eolica e solare e le auto elettriche che non consumano la benzina. Ma anche nelle ipotesi più ottimistiche, otterremo comunque la maggior parte della nostra energia elettrica, del carburante per i riscaldamenti e del carburante per i trasporti dai combustibili fossili per almeno i prossimi 25-30 anni.
L’unica domanda è se utilizzeremo i nostri combustibili fossili per tenere le luci accese e le auto in funzione da stati come Texas, Oklahoma, Nord Dakota, Wyoming, Pennsylvania, West Virginia e Ohio, oppure se li otterremo dagli arabi, dai russi, dagli iraniani e dai messicani. Dato che gli Stati Uniti hanno degli standard ambientali molto più severi di queste altre nazioni produttrici di petrolio, qualsiasi mossa per abbassare la produzione statunitense ed importare i combustibili dall’estero andrebbe ad aumentare le emissioni di gas serra. È una pessima politica economica, un pericolo per la nostra sicurezza nazionale e non è nemmeno “verde”.
Il costo economico dell’allontanamento dall’indipendenza energetica è già stimato in circa 1 miliardo di dollari di perdita di produzione economica ogni settimana e di circa 50 miliardi di dollari all’anno in meno.
La cosa peggiore di tutte (e una pietosa ed imbarazzante svolta degli eventi) ora che la produzione di petrolio è scesa a causa degli editti di Joe Biden, questo presidente va dai sauditi e dalle nazioni dell’OPEC e li prega di aumentare la loro produzione. È un occhio nero per l’America. Ci fa sembrare deboli, e ci ha reso più deboli.
I due maggiori vincitori della guerra di Biden all’energia americana sono stati il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin. Questi leader di nazioni che sono chiaramente nemiche degli Stati Uniti non possono credere alla loro fortuna di essersi trovati Joe Biden come presidente. Ha reso l’Europa occidentale e settentrionale dipendente da Putin per le forniture costanti di energia. Nel frattempo, in Cina, Xi dà una pacca sulla testa a Biden e promette che ridurrà i livelli di inquinamento cinese nel mentre costruisce decine di nuove centrali a carbone che bruciano carbone sporco, non pulito.
C’è qualcosa di tutto questo che abbia anche solo un briciolo di senso? Questa strategia mette l’America al primo posto? E a proposito, i numeri dell’indice dei prezzi al consumo sono appena stati rilasciati per il primo anno di mandato di Biden. I prezzi della benzina alla pompa sono aumentati del 52% in 12 mesi.
GrazieJoe.
FoxBusiness.com
Luca Maragna, qui.

E infine ci sarebbe quella piccola faccenda dell’Ucraina, che il demente e la serva Europa di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province ma bordello vogliono attirare nella NATO, ossia imporre alla Russia una potenza nemica sui suoi confini, provocando l’inevitabile – e comprensibile – reazione russa, e offrendosi poi di proteggere l’Ucraina dall’aggressore russo, e a quanto pare sta già inviando forze militari in loco. E se continua così, riuscirà davvero a far scoppiare la guerra. E i primi ad allarmarsi sono proprio gli ucraini.

Giovanni Bernardini

Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha invitato Joe Biden a smetterla di seminare panico strillando che la guerra è alle porte.
E’ un particolare che la dice lunga sulla natura del presidente americano, la cui elezione, alquanto, diciamo così… sospetta, venne salutata come “il 25 aprile del mondo” da alcuni “giornalisti”, si fa per dire, di casa nostra…

Fulvio Del Deo

UCRAINA – Lo “scoop” di ieri della Reuters (la Russia sta ammassando rifornimenti di sangue e medicinali in vista dell’invasione) è stato smentito dalla vice ministra ucraina della Difesa Anna Malyar che ha detto che “il proposito di simili notizie è seminare il panico nella nostra società”. (Notizia completa qui, attivare traduttore automatico)

E anche qualcun altro comincia a preoccuparsi e mobilitarsi.

Fulvio Del Deo

CROAZIA – Il presidente Milanovic insiste: “Per l’Ucraina non c’è posto nella Nato. La situazione al confine russo-ucraino è grave e risponde principalmente agli interessi della politica interna americana e di Joe Biden. In materia di sicurezza internazionale, Washington si comporta in modo contraddittorio e incoerente”.

E d’altra parte l’abbiamo sempre saputo che Biden alla presidenza avrebbe significato guerra; e così, dopo i quattro anni dell’unico fra l’ultima mezza dozzina di presidenti che non solo non ha cominciato nessuna guerra, ma è riuscito a portare al tavolo della pace stati che erano in guerra da sempre, abbiamo quello che riuscirà a far fare la guerra a due stati che, pur fra varie tensioni e conflitti passati, ad entrare in guerra in questo momento non ci pensavano proprio.

barbara

SE PER ESEMPIO

Se per esempio sostituissimo davvero tutte le auto vere con le auto elettriche. Prima una riflessione di puro buon senso.

Fabrizio Santorsola

L’auto elettrica – la più grande truffa che il mondo abbia mai visto?
Qualcuno ci ha pensato?
“Se tutte le auto fossero elettriche… e dovessero restare bloccate in un ingorgo di tre ore nel freddo di una nevicata, le batterie si scaricherebbero tutte, completamente.
Perché nell’auto elettrica praticamente non c’è riscaldamento.
Ed essere bloccato in strada tutta la notte, senza batteria, senza riscaldamento, senza tergicristalli, senza radio, senza GPS per la batteria tutta scarica, non deve essere bello.
Puoi provare a chiamare il 911 e proteggere le donne e i bambini, ma non potranno venire ad aiutarti perché tutte le strade sono bloccate e probabilmente tutte le auto della polizia saranno elettriche.
E quando le strade sono bloccate da migliaia di auto scariche, nessuno potrà muoversi. Le batterie come potranno essere ricaricate in loco?
Lo stesso problema durante le vacanze estive con blocchi chilometrici.
Non ci sarebbe in coda la possibilità di tenere accesa l’aria condizionata in un’auto elettrica. Le tue batterie si scaricherebbero in un attimo.
Naturalmente nessun politico o giornalista ne parla, ma è questo che accadrà.
Testo da me liberamente tradotto, ripreso da Marian Alaksin (Repubblica Ceca)

Poi un articolo con un po’ di calcoli.

Giancarlo Lehner

A proposito della moda del green, qui e subito, una delle più strampalate mistificazioni della storia, cito i seguenti inoppugnabili dati dall’articolo di Dario Rivolta, uno studioso che ragiona e non vende fumo:
«Un parco eolico da 100 megawatt richiede trentamila tonnellate di minerali ferrosi, cinquantamila tonnellate di cemento e almeno novecento tonnellate di plastica e resina.
In un impianto solare della stessa potenza, il ferro e l’acciaio necessari sono tre volte tanto e solo il cemento sarà impiegato in quantità minore che nell’eolico.
Nel progetto lanciato dall’Ue la produzione di energia elettrica derivante da questi impianti dovrebbe passare dai 1500 gigawatt di oggi ad 8000 GW entro il 2030. Il calcolo dei materiali necessari che bisognerà estrarre dalla terra è presto fatto. E lo si dovrà fare con i vecchi metodi industriali.
Inoltre, molti dei componenti che dovranno essere utilizzati appartengono al gruppo di quei minerali che vanno sotto il nome di “terre rare”.
Alcune di loro portano nomi sconosciuti come i lantanidi, lo scambio, l’ittrio, l’eurobio, il lutezio ecc.
Di altri minerali abbiamo forse già sentito parlare:
niobio
tantalio
tungsteno
litio
tellurio
selenio
indio
gallio
Oltre a queste, per creare l’elettricità e stoccarla nelle batterie occorrono anche grandi quantità di cobalto, manganese, nickel, stagno, grafite, rame ecc.
Nella maggior parte dei casi, nonostante l’aggettivo (rare) attribuito ad alcune di queste materie, non si tratta di presenze scarse sul nostro pianeta ma sono minerali dispersi all’interno di rocce che devono essere estratte e lavorate.
Per ottenere un chilo di vanadio bisogna lavorare otto tonnellate di rocce; per un chilo di gallio ne occorrono cinquanta, mentre per ottenere il lutezio in eguale quantità bisogna raffinarne ben duecento tonnellate.
Tutte queste lavorazioni si fanno con l’impiego di grandi quantità di acqua e solventi.
La lavorazione necessaria è così deleteria per l’ambiente circostante che si spiega perché la maggior parte dei Paesi del mondo ha rinunciato ad estrarli, lasciando che sia la Cina ad occuparsi della produzione (e relativa fornitura) di almeno due terzi della domanda mondiale.
Un altro esempio: in una macchina a propulsione elettrica circa duecento chili di quanto pesa in totale sono indispensabili per il funzionamento della batteria e per la sua protezione.
Si tratta di un quantitativo corrispondente a sei volte quello presente nelle auto tradizionali.
Bisogna aggiungere che per la trasmissione dell’elettricità derivante dagli impianti solari, eolici e dall’idrogeno, le reti di distribuzione oggi esistenti saranno riutilizzabili solo in parte.
Serviranno enormi quantità extra di rame per gli elettrodotti e migliaia di tonnellate di acciaio per le nuove tubature necessarie al trasporto dell’idrogeno.
I prezzi schizzeranno alle stelle, causando una nuova e lunga inflazione anche su tutti i prodotti a valle.
Al nuovo ingente sfruttamento delle risorse naturali per procedere verso la “transizione verde” vanno aggiunte le conseguenze socio-economiche all’interno delle nostre società. L’Europa (così come- forse- gli Stati Uniti) si è data l’obiettivo di passare ai nuovi sistemi entro il 2030 e completare il processo entro il 2050, mentre la Cina ha dichiarato che raggiungerà il picco delle proprie emissioni di CO2 solo nel 2030 e raggiungerà l’obiettivo finale non prima del 2060. Per l’India il passaggio richiederà ancora più tempo.
È allora evidente che, negli anni che faranno la differenza, si creerà un divario crescente nei costi di produzione industriali tra i due mondi e certo non a vantaggio delle imprese europee. Con conseguenti crisi che colpiranno molti lavoratori e molte aziende.
Sotto l’aspetto politico va anche aggiunto che, pur riuscendo a liberarci dall’oligopolio dei produttori di gas e petrolio, ci metteremmo, noi europei, totalmente nelle mani dei nostri nuovi fornitori di minerali rari e materie prime.
Va aggiunto che gli utenti dovranno sostituire le loro caldaie per il riscaldamento, tuttora a gas o gasolio, con pompe di calore azionate dall’ energia elettrica da fonti rinnovabili.
Gli automobilisti dovranno rottamare i loro veicoli a benzina, a gasolio o ibridi per sostituirli con autovetture solo elettriche che però, con la tecnologia attuale, non consentiranno loro di andare da Milano a Roma senza fermarsi qualche ora per ricaricare le batterie».
L’imperialismo del regime comunista cinese evidentemente ha pagato e strapagato politici, scienziati (quelli non mercenari non vengono ascoltati) e addetti all’informazione, per montare la mitologia del green.

E tutto questo bordello sarebbe per fermare i “cambiamenti climatici” per via del fatto che ci sarebbe in atto una “emergenza climatica”. Siccome so che purtroppo c’è ancora in giro gente che crede a questa ridicola favola, ricordo che le cose che strilla istericamente la piccola analfabeta ritardata psicopatica mitomane allo scopo preciso di terrorizzare le masse (“voglio che siate terrorizzati” – e riuscendoci perfettamente), ossia che abbiamo ancora dieci anni prima che sia troppo tardi, come già è stato ripetutamente documentato in questo blog, venivano strillate anche dieci anni fa, e venti anni fa, e trenta anni fa, e quaranta anni fa, e cinquanta anni fa. E se i signori della dittatura del terrore climatico avessero ragione, ciò significherebbe che da quarant’anni il pianeta non esiste più  e noi siamo zombie vaganti nello spazio. Fermo restando che, se anche un’emergenza climatica ci fosse – ma non c’è – il solo pensare di poter intervenire sul clima sarebbe puro delirio di onnipotenza. E qualcuno farà bene a cominciare a ridimensionarsi.

barbara

PRATICAMENTE UNA VIA CRUCIS:

Prima Stazione:
Gesù è condannato a morte.

Seconda Stazione:
Gesù è caricato della Croce

Terza Stazione:
La prima caduta.

Eccetera

I “12 giorni di crisi” di Joe Biden

I “12 giorni di crisi” di Joe Biden: dai prezzi in aumento alle carenze nella catena di approvvigionamento, dalla crisi dei migranti al catastrofico ritiro dall’Afghanistan. Tutto questo è successo in meno di un anno con Joe Biden nello Studio Ovale. Il Partito Repubblicano ha pubblicato una serie di video intitolata i “12 giorni di crisi” per mettere in luce questi eventi.

Mentre Joe Biden e la sua amministrazione vantano quelli che dicono essere i loro “successi”, mentre si profila la fine del primo anno di mandato, le parole di Jen Psaki ed altri non corrispondono alla realtà vissuta dagli Americani in tutta la nazione.
Per evidenziare l’ampiezza dei problemi causati dalle politiche di Biden, il RNC ha rilasciato una serie di video intitolata i “12 giorni di crisi” di Biden durante il periodo di Natale al fine di evidenziare il dolore provato dagli Americani. “Crisibugie e fallimenti sono i tratti distintivi della presidenza di Biden“, ha notato la presidente del RNC Ronna McDaniel. “In meno di un anno sotto la guida di Joe Biden, c’è stato un ritiro catastrofico dall’Afghanistan, un aumento storico dei prezzi ed una crisi al confine coi migranti”. Ed è qui che iniziano i “12 giorni di crisi di Biden” – come delineato dal primo video pubblicato dal RNC – che sono stati tutti riportati da Townhall.com quest’anno.

Nel primo giorno di crisi Joe Biden ci ha regalato una crisi migratoria al confine meridionale.

Julio Rosas di Townhall ha riferito ampiamente le notizie provenienti dal confine tra Stati Uniti e Messico a Del Rio, in Texas e a Yuma, in Arizona – e anche da diverse località intermedie – mostrando la mancanza di azione dell’amministrazione Biden nell’arginare i numeri record degli attraversamenti illegali del confine, della politica degli “arresti e rilasci”, oltre all’aumento delle operazioni di contrabbando di persone e droghe. Quando Julio ha affrontato il segretario del DHS di Biden sulla situazione, Alejandro Mayorkas non ha ancora voluto definire la situazione al confine meridionale dell’America come una “crisi”. Biden continua a sostenere che il confine sia chiuso, ma i rapporti di giornalisti come Julio dimostrano che è solo una delle tante crisi non risolte di Biden.

Nel secondo giorno di crisi Joe Biden ci ha regalato un disastroso ritiro dall’Afghanistan.

Townhall aveva guidato la carica avvertendo i suoi lettori che ciò che Joe Biden diceva stesse accadendo in Afghanistan fosse poco più che una “pia illusione“. Mentre la Casa Bianca sosteneva che non ci fosse alcuna evacuazione dei diplomatici in corso a Kabul, Townhall ha riferito che il personale dell’ambasciata stava distruggendo i documenti e i computer. Quando Biden ha affermato che la potenziale caduta del governo afgano in mano ai Talebani era tutt’altro che certa, Townhall ha detto la verità per cui Biden sicuramente lo sapeva ma non lo voleva ammettere. Aveva anche avvertito che il ritiro di Biden dall’Afghanistan stava preparando il terreno alla più grande crisi degli ostaggi nella storia degli Stati Uniti, e quando Biden e la sua amministrazione hanno mentito su quanti Americani erano stati lasciati indietro, ha continuato a raccontare le storie di coloro che Biden ha abbandonato lì. In seguito all’attacco dei droni a Kabul che i funzionari della difesa di Biden avevano definito “un azione corretta”, Townhall aveva avvertito che invece sarebbe potuta essere una azione mal riuscita. E così è stato.

Nel terzo giorno di crisi, Joe Biden ha regalato dei prezzi della benzina alle stelle per ogni americano.”

Il dolore provato dagli Americani alle pompe di benzina è qualcosa che Biden ha ignorato, e la sua presunta soluzione di attingere alla Strategic Petroleum Reserve americana destinata ad essere usata in emergenze come disastri naturali od interruzioni causate da aggressioni militari straniere non ha fatto quasi nulla per aiutare il popolo americano. A peggiorare le cose, Biden ha trascorso il suo primo anno in carica trasformando gli Stati Uniti da un paese energeticamente indipendente ad uno dipendente dalle forniture estere. Uno dei suoi primi atti dopo il giuramento è stato quello di uccidere il progetto dei Keystone Pipeline, solo uno dei tanti atti del suo piano per rendere i combustibili fossili più costosi in modo che improvvisamente l’energia “verde” – meno affidabile – sembri attraente.

Il quarto giorno di crisi, Joe Biden ci ha regalato un obbligo incostituzionale alla vaccinazione.

Dopo aver detto che non avrebbe emesso un obbligo federale alla vaccinazione, Joe Biden – un po’ prevedibilmente – si è rimangiato la parola ed ha imposto tale obbligo ai dipendenti federali, agli appaltatori federali e a decine di milioni di Americani che lavorano per le aziende private. Il suo obbligo si è palesato come un estremo tentativo di distrarre l’opinione pubblica dal suo disastroso ritiro dall’Afghanistan, ed è stato messo insieme così a casaccio che ha rapidamente incontrato le cause legali dei procuratori generali degli stati e delle aziende che volevano combattere per la libertà di scelta in campo sanitario dei loro dipendenti. E, dopo che molte aziende hanno implementato comunque l’obbligo di Biden, un numero sempre più crescente ha anche deciso di non applicare l’obbligo, compresa la sua amata Amtrak (l’azienda federale che gestisce il trasporto ferroviario, n.d.r.).

Il quinto giorno di crisi, Joe Biden ha regalato agli Americani un’impennata di tasse e spese sconsiderate.”

Non importa quante volte Biden, Psaki, Schumer e Pelosi abbiano sostenuto che il costo del budget di Biden per il Build Back Better fosse di “zero dollari“, semplicemente non è vero. Come Townhall ha riportato, il Congressional Budget Office – che Biden ha sempre usato per lodarsi fino a quando non gli è servito più per il suo scopo – ha confermato ciò chela testata aveva riportato per mesi: Build Back Better è in realtà un piano per rendere l’economia americana ancora peggiore.

Nel sesto giorno di crisi, Joe Biden ha posto i genitori e gli studenti per ultimi.

Non c’è bisogno di guardare oltre i rapporti di Joe Biden con i sindacati degli insegnanti per vedere che non dà valore agli studenti ed alle loro famiglie. Chiusura delle scuole e didattica a distanza? Nessun problema per il Joe Biden. Obblighi di indossare le mascherine anche ai bambini piccoli? Secondo Biden è necessario. Terry McAuliffe pensa che i genitori non dovrebbero avere alcun ruolo nell’educazione dei loro figli? Piena approvazione anche da parte di Biden. E non dimenticate che il Dipartimento di Giustizia di Biden ha preso l’esempio fatto dalla National School Boards Association ed ha diretto l’FBI contro i genitori che stavano solamente parlando e chiedendo risposte ai loro consigli scolastici.

Il settimo giorno di crisi, Joe Biden si è concesso un’altra vacanza nel Delaware.

Non era un segreto quando è entrato alla Casa Bianca che Joe Biden amasse il Delaware. Quasi più di quanto ami i coni gelato e i treni dell’Amtrak. Quello che gli Americani forse non avevano messo in conto era quanto tempo avrebbe trascorso lì, anche nel bel mezzo di alcune delle molteplici crisi che ha causato. Forse la più importante è stato il suo pasticciato ritiro dall’Afghanistan, durante il quale Joe Biden sarebbe tornato alla Casa Bianca dalla spiaggia del Delaware per tenere un discorso e poi subito dopo sarebbe risalito sull’elicottero presidenziale Marine One per tornarsene nel Delaware.

Nell’ottavo giorno di crisi, Joe Biden ha regalato a tutti gli Americani dei prezzi in aumento.

Sembra che ogni mese porti un nuovo record di inflazione con Joe Biden alla Casa Bianca. All’inizio, ha detto che sarebbe stato un fenomeno “transitorio”, poi i membri della sua stessa amministrazione hanno smontato quella teoria, ma Biden ancora non sta prendendo alcuna azione per alleviare la pressioneI prezzi di praticamente ogni genere di bene, dai carburanti alla spesa alle bollette, continuano a salire. E mentre Biden continua a cercare di propagandare la crescita dei salari come “prova” che la sua politica economica stia aiutando gli Americani, trascura convenientemente di menzionare che l’inflazione ha spazzato via ogni maggior guadagno nei salari. Infatti, in mesi come ottobre, l’impatto dell’agenda economica di Biden ha comportato che gli Americani hanno effettivamente visto i loro salari reali diminuire dello 0,5%.

Nel nono giorno di crisi, Joe Biden ha creato una crisi della catena di approvvigionamento a livello nazionale.

Il periodo degli acquisti di Natale non è trascorso senza incidenti di percorso per gli Americani, alcuni dei quali stanno ancora aspettando un pacco trasportato su una nave proveniente dall’Asia, che potrebbe ancora stare flottando in rada nelle navi porta container nei porti di Long Beach e di Los Angeles, o fermo in qualche container in attesa di trasporto. La scarsità di beni ha causato dei razionamenti per certi articoli anche per il pasto del Ringraziamento nelle catene dei supermercati ed alimentari, e secondo la dichiarazione di Joe Biden all’inizio della stagione delle vacanze, Babbo Natale era l’unico che potesse garantire che l’albero sarebbe stato circondato dai regali la mattina di Natale.

Nel decimo giorno di crisi, Joe Biden ha messo la Cina al primo posto.”

Le questioni con la Cina, una delle prime incursioni di Biden in politica estera, sono andate male fin dall’inizio. Nonostante la promulgazione dell’Uyghur Forced Labor Prevention Act in legge, l’amministrazione Biden è stata esitante nel sostenere tale legislazione ed i rapporti hanno suggerito che la Casa Bianca stesse sollecitando addirittura un ritardo nell’approvazione della legge. E non dimenticate quanto spesso Biden e la sua amministrazione abbiano respinto le preoccupazioni circa il ruolo della Cina nello scoppio della pandemia del Coronavirus di Wuhan.

Nell’undicesimo giorno di crisi, Joe Biden non ha fatto nulla per affrontare gli aumenti della criminalità in tutto il paese.

Nel caso non ci fossero già abbastanza dati per dimostrare che l’America stia diventando meno sicura con Joe Biden, il furto d’auto a mano armata di questa settimana ai danni di un senatore statale dell’Illinois e di un membro della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti dovrebbero mandare un messaggio forte a Biden ed agli altri Democratici su come la loro agenda del “Defund-The-Police” stia mettendo in pericolo vite in tutto il paese. Omicidi, furti d’auto, rapine ed altri crimini continuano a macinare record mai visti da decenni, ma ancora una volta Biden non vuole agire.

Nel dodicesimo giorno di crisi, l’indice di approvazione di Joe Biden crolla sempre più in basso dopo ogni crisi.

Quindi Sìci sono un sacco di mali causati dall’amministrazione Biden, ma all’interno di questo c’è un filo conduttore che emerge per i Repubblicani in vista delle elezioni di metà mandato: Il calo del favore di Biden significa che le fortune del GOP stanno aumentando nel momento in cui gli elettori in tutto il paese avranno – molti per la prima volta dal 2020 – la possibilità di registrare la loro opinione su Joe Biden nelle urne. Le cose sono andate così male che la Casa Bianca sta ora correndo freneticamente ai ripari parlando dei nuovi animali domestici di Biden nel tentativo di cambiare la narrazione.

Guardando all’anno a venire, la presidente del RNC Ronna McDaniel si è impegnata a “continuare a ritenere Biden e i Democratici responsabili delle loro politiche fallimentari e del rifiuto di assumersene ogni responsabilità” ed ha previsto che “gli elettori rifiuteranno sonoramente Biden ed i suoi fallimenti, e noi non vediamo l’ora di riprenderci la Camera e il Senato nel 2022“.

Guarda la serie “12 giorni di crisi” del RNC qui sotto:

Qui.

Con la piccola differenza che qui stiamo parlando di un criminale, sotto molti punti di vista, e in particolare pedofilo.

barbara

ECCO DOVE CI VOGLIONO PORTARE

Clima, ci vogliono imporre il maoismo energetico

Nelle giornate di conferenza sul clima svoltesi la settimana scorsa a Milano è apparsa chiara la volontà di imporre una rivoluzione economica ed energetica dall’alto, con il pretesto dell’emergenza climatica. E spuntano idee che rimandano al “Grande balzo in avanti” che Mao impose alla Cina nel 1958 e che creò una vera catastrofe economica e umanitaria.

Un passaggio non deve sfuggire di questi giorni di “Circo del Clima” che si è esibito a Milano come antipasto della Cop26 (Conferenza Internazionale sul Clima) di novembre a Glasgow. E la chiave ce la fornisce ancora una volta il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi. Nel suo discorso davanti ai giovani di Youth4Climate il 1° ottobre ha detto che sul clima l’Italia è «pronta a scelte audaci» perché «dobbiamo agire adesso». Ma cosa vuol dire «scelte audaci»? Rimanendo in discorsi astratti, l’affermazione suona bene, dà l’idea di una svolta che finalmente farà fare cose buone che uniscono il benessere delle persone al bene dell’ambiente; sa di investimenti fatti a fin di bene e non per arricchire pochi speculatori, e così via.

Ma se entriamo nel concreto, Draghi suggerisce ben altro. Teniamo presente che tutti i discorsi sentiti in questi giorni a Milano (almeno quelli seri, non i bla bla di Greta e Vanessa) parlano di una transizione ecologica ed energetica che è in realtà, almeno nelle intenzioni, una vera e propria rivoluzione che intende rifondare da zero l’intero sistema economico. La novità sta nel fatto che dopo anni ed anni in cui si è venduta l’idea “green” con la promessa di tanti, nuovi posti di lavoro che avrebbero realizzato un mondo idilliaco fatto di aria profumata e tanti soldi per tutti, il nostro presidente del Consiglio ha fatto capire come stanno effettivamente le cose.

E cioè: «La transizione è una necessità: o la affrontiamo ora o pagheremo un prezzo ancora più alto in futuro». Tradotto: la transizione ecologica sarà un bagno di sangue (economicamente parlando), ma serve per evitare che tra 30-50 anni siamo tutti spazzati via dalle catastrofi naturali. Dunque, dichiarare lo stato di emergenza climatica serve per spingere le persone ad accettare grossi sacrifici ora, reali (il clamoroso aumento delle bollette di luce e gas è solo l’antipasto), per evitare ipotetici e non meglio identificabili sacrifici futuri. Del resto, si sa, se c’è una emergenza tutto diventa lecito da parte dei governi.

Eppure, malgrado la propaganda ecocatastrofista, nessuno può dire oggi cosa accadrà al clima tra 20-30-100 anni e che conseguenze avrà sulla vita delle persone; e le previsioni degli scorsi decenni, che alla prova dei fatti si sono rivelate sballate, inducono almeno alla cautela nel prendere per oro colato gli scenari drammatici che ci vengono prefigurati.

Di sicuro vediamo che c’è oggi una volontà di ridisegnare l’economia dall’alto; far vivere l’opinione pubblica nella paura e nell’emergenza rafforza il potere dello Stato sul cittadino e anche sulla libertà d’impresa. Al riguardo si faccia memoria del discorso con cui Draghi ha presentato il governo alle Camere: con la pandemia – era il concetto espresso – tante attività economiche vengono azzerate o messe in difficoltà, noi aiuteremo a farle ripartire; ma non tutte, solo quelle che sono utili. Chiaro no? È il trionfo del modello cinese, l’economia socialista di mercato. La presunta emergenza climatica serve solo a imprimere la svolta definitiva, e ora si può cominciare a dire che i costi della transizione saranno molto alti, perché la gente nell’emergenza Covid ha già dato prova di essere pronta a sopportare e supportare le «scelte audaci» che il governo ci imporrà.

Se poi andiamo nel dettaglio, vediamo delle proposte concrete decisamente inquietanti, una in particolare vorremmo segnalare: le “comunità energetiche”. Tutti sappiamo che al cuore del programma contro i cambiamenti climatici sta la rinuncia ai combustibili fossili entro 10, 30 o 40 anni secondo i diversi programmi. Il problema è che tale proposito – dati alla mano – appare semplicemente irrealizzabile, essenzialmente perché solare ed eolico, checché se ne dica, sono destinate a rimanere fonti energetiche marginali. Ma invece che prendere atto della realtà, i nostri grandi strateghi sono alla ricerca di soluzioni per realizzare l’obiettivo.

Ed ecco dunque l’idea: trasformare tutti i cittadini da consumatori a produttori di energia. Lo ha ben spiegato nei giorni scorsi dalle colonne di Avvenire Leonardo Becchetti, che è uno degli economisti italiani più in vista, molto ben inserito sia negli organismi internazionali sia nella Chiesa (è anche nel Comitato promotore delle Settimane sociali dei cattolici italiani). È stato coniato anche un nuovo termine per definire il cittadino modello: prosumer, ovvero l’unione tra le due parole producer e consumer (produttore e consumatore, in pratica una crasi energetica). Così condomini e quartieri possono avere la loro mini-centrale elettrica, piazzando pannelli solari sui tetti o turbine eoliche negli spazi verdi e immagazzinando questa energia (che non è continua e stabile) in appositi accumulatori. In questo modo i condomini possono consumare l’energia che producono e possibilmente vendere il di più prodotto immettendolo nella rete nazionale. 

Non entriamo in questa sede nel dettaglio tecnico di questo progetto, ma siamo sicuri che i lettori più attenti avranno a questo punto la sensazione di aver già sentito qualcosa del genere tanti anni fa. Esatto: era il 1958 e Mao Zedong lanciava il piano quinquennale che avrebbe dovuto garantire alla Cina comunista “Il grande balzo in avanti”. Il piano si prefiggeva un rapido sviluppo agricolo e industriale basato su collettivizzazione agraria e produzione dell’acciaio. E come sfidare l’Occidente sul terreno dell’acciaio, visto che Mao prevedeva che in 15 anni la Cina avrebbe prodotto tanto acciaio quanto l’Inghilterra? Con gli “altiforni da cortile”. Cioè, ogni piccolo villaggio o agglomerato doveva dotarsi di piccole fornaci in cui fondere tutto il metallo possibile per produrre l’acciaio necessario.
Decine di milioni di agricoltori e operai furono obbligati a dedicarsi a questa impresa (visto che le fornaci, così come le centrali elettriche, non funzionano da sole). Chiunque può andare a leggersi come andò a finire: nel giro di tre anni si consumò un vero disastro economico, e “Il grande balzo in avanti” provocò una carestia che provocò dai 15 ai 40 milioni di morti [su una popolazione, all’epoca, di circa 600 milioni, ndb].

Qualsiasi persona di buon senso poteva capire che il piano di Mao – sostenuto dagli esperti del tempo – era una vera e propria follia, ma l’ideologia acceca e rende possibile qualsiasi disastro. Anche l’ecologismo è una ideologia, e sta accecando le élites occidentali. A fare veramente paura non dovrebbero essere i cambiamenti climatici, ma questi esperti che ripropongono oggi, come fossero una novità geniale, gli stessi concetti che già tante catastrofi hanno provocato nella Cina di Mao.

Riccardo Cascioli, qui.

Come già detto in altre occasioni, l’ecologismo è una religione fondamentalista con vocazione terroristica, da parte degli adepti, e un colossale affare da miliardi di miliardi per i gran sacerdoti. E la convinzione che l’uomo possa determinare il clima ha un nome ben preciso: delirio di onnipotenza, patologia grave ed estremamente pericolosa, per sé e per gli altri. E adesso state a sentire questa chicca.

Emanuel Segre Amar

E adesso gli ebrei controllano anche il clima: lo sapevate? Questo tipo che afferma questa assoluta verità spera di diventare il sindaco della capitale degli USA, Washington.

Un membro del consiglio di Washington, D.C., che ha suscitato clamore quando ha insinuato che i finanzieri ebrei controllano il clima, è in corsa per diventare il prossimo sindaco della capitale degli Stati Uniti.
Trayon White Sr., un democratico, ha confermato che sperava di spodestare l’attuale sindaco Muriel Bowser, che deve ancora confermare se si candiderà per un terzo mandato.
“Ha un enorme sostegno che gli sta arrivando perché è intenzionato a parlare e a difendere coloro che hanno più bisogno della leadership” ha detto mercoledì uno dei consiglieri di White.
White ha fatto notizia a marzo 2018 quando si è filmato mentre guidava nella neve nel centro di Washington, D.C. e ha affermato che i “Rothschilds controllano il clima per creare disastri naturali per i quali possono pagare per possedere le città.”
Il commento si riferisce alla famiglia ebrea Rothschild, che è stata oggetto di numerose teorie della cospirazione antisemite.

D’altra parte, cosa aspettarsi da un fervente sostenitore di Louis Farrakhan?
(segue alla prossima puntata)

barbara

LA SAPETE QUELLA BARZELLETTA?

Quella della Cina che, grazie ai modi rigorosissimi che, non essendo una democrazia, può permettersi di attuare, ha sconfitto il covid in quattro e quattr’otto. Che grazie a questo, pur avendo quasi un quinto dell’intera popolazione mondiale, se l’è cavata praticamente con una manciata di morti, non più di qualche migliaio, paragonabili più o meno a quelli della Liguria. Ecco, di quella barzelletta lì parlo.

Gli eroi cinesi e i covidioti d’Occidente

Sta morendo in carcere la blogger che mise il naso a Wuhan. Gli scomparsi, i murati vivi in galera, i morti. Colpevoli di essere stati giornalisti migliori della Botteri. Dov’è la nostra solidarietà?

“Siamo quasi estinti”, ha detto Liu Hu, un giornalista detenuto dal regime cinese per un anno. “Nessuno è rimasto a rivelare la verità”.
Zhang Zhan sta scontando una condanna a quattro anni di carcere, emessa il 28 dicembre 2020 al termine di un processo durato solo tre ore, come si faceva in Unione Sovietica. Zhan aveva denunciato gli insabbiamenti del regime cinese sull’epidemia di coronavirus a Wuhan. “Il modo in cui il governo ha gestito l’epidemia è stato solo intimidazioni e minacce, è la tragedia di questo paese”, aveva detto Zhan. La famiglia ora dice che Zhan sta morendo in carcere dopo l’inizio di uno sciopero della fame. Mentre i media cinesi (e la stampa italiana) elogiavano la gestione di Pechino, Zhan filmava i corridoi degli ospedali pieni di letti e barelle e i crematori saturi, incapace di conteggiare i morti. Il regime vorrebbe farle fare la fine di Liu Xiaobo, lo scrittore Premio Nobel per la Pace morto in carcere.
ll “paziente zero” di questa spaventosa repressione cinese è il dottor Li Wenliang, morto a soli 34 anni. Fu arrestato per aver diffuso “voci false” (cioé aver detto la verità quando il regime insabbiava) e costretto a firmare un documento di mea culpa. Wenliang aveva detto poco prima di morire: “Credo che una società sana non dovrebbe avere una sola voce”. Stava criticando la verità di stato, la censura, la repressione di informazioni e la mancanza di pluralismo del Partito Comunista Cinese.
In uno dei suoi video più diffusi da Wuhan, Chen Qiushi disse di conoscere i rischi che stava affrontando andando a Wuhan. “Ho paura. Di fronte a me c’è la malattia, dietro di me c’è il potere legale della Cina, ma finché sarò vivo, parlerò di ciò che ho visto e di ciò che ho sentito. Non ho paura di morire. Perché dovrei avere paura di te, Partito comunista?”. Chen si era già inviso il regime quando si era recato a Hong Kong sfidando la narrazione voluta dai media statali cinesi secondo cui i manifestanti erano violenti separatisti. Qiushi è scomparso per mesi e adesso vive sotto stretta sorveglianza del regime.
Non si hanno notizie di Fang Bin, rivelava a ottobre il Wall Street Journal, il commerciante di Wuhan che ha filmato gli ospedali al collasso. In un video virale, Fang mostra otto sacchi per cadaveri ammassati su un furgone fuori da un ospedale.
E’ stato condannato a 18 anni di carcere il miliardario cinese Ren Zhiqiang, scomparso dopo che in un blog aveva definito Xi Jinping “un clown nudo” per la gestione del coronavirus in Cina.
Il regime ha arrestato Chen Zhaozhi per “aver provocato problemi”. L’ex professore dell’Università di Scienza e Tecnologia di Pechino aveva pubblicato commenti online, tra cui “la polmonite di Wuhan non è un virus cinese ma un virus del Partito comunista cinese”. Un giornalista, Li Zehua, è riapparso dopo essere scomparso per due mesi mentre indagava sull’insabbiamento di Wuhan. Ma addomesticato. In contrasto con il tono del suo resoconto da Wuhan, il nuovo video di Zehua lo mostra elogiare il regime che lo ha detenuto: “Durante l’intero processo, gli agenti di polizia hanno agito in modo civile e legale, assicurandosi che stessi riposando e mangiando bene, si sono presi cura di me, ho fatto tre pasti al giorno, mi sono sentito al sicuro con le guardie e ho potuto guardare le notizie ogni giorno”. Sono le tragiche conseguenze della repressione cinese.
Il famoso professore di legge Xu Zhangrun, che in un saggio aveva criticato il Partito Comunista sul coronavirus, è agli arresti domiciliari. “Questo forse è l’ultimo pezzo che scrivo”, aveva scritto Zhangrun. “Posso prevedere con troppa facilità che sarò sottoposto a nuove punizioni. Lasciate che le vostre vite brucino con una fiamma di decenza; sfondate l’oscurità che si diffonde e date il benvenuto all’alba”. Oggi Zhangrun è oggetto di un terrificante monitoraggio del regime nella sua città, che non può lasciare, come Andrei Sacharov a Gorky.
Mentre infatti molti in Occidente pensavano che l’Unione Sovietica fosse un paradiso, una manciata di eroi oltre la Cortina di ferro ebbero il merito di farci conoscere i gulag, la polizia segreta, la censura, la repressione, in breve che il paradiso era più un inferno. Se ne potrebbero ricordare un centinaio, come il drammaturgo Václav Havel, lo scienziato nucleare Andrei Sakharov, lo scrittore Alexander Solzhenitsyn, il fisico Robert Havemann nella Germania dell’Est e il filosofo Jan Patočka. Allo stesso modo, oggi, se sappiamo qualcosa sulle responsabilità della Cina, lo dobbiamo a questi pochi desaparecidos. E non all’“utile covidiota della Cina”, come il Telegraph ha definito il giornalista collettivo occidentale.
Forse si spiega così il motivo per cui nel mondo cosiddetto “libero” non ci sono state petizioni alle autorità cinesi perché questi attivisti e giornalisti fossero liberati. I nostri media da due anni passano soltanto le veline di Pechino.
Giulio Meotti

La cosa buffa e che ci sono tantissimi che ancora non si sono accorti che è una barzelletta e la raccontano credendo che sia vera: la Cina sì che ci sa fare, vedi per esempio in Cina dove usano il pugno di ferro, in Cina il virus non circola più, la Cina ha risolto il problema, se tutti facessero come la Cina. Quos vult perdere Jupiter…

barbara