Alla quale faccio seguire una domanda: e quale sarà mai, quale potrà mai essere il primo esercito più forte in Ucraina? Dato che neanche un’anguilla cieca ubriaca ritardata potrebbe immaginare che l’esercito ucraino possa essere più forte di quello russo, ed essendo assolutamente fuori discussione che NESSUNO sta conducendo una guerra per procura contro la Russia in Ucraina, io davvero navigo nel buio, non riesco proprio a farmi venire un’idea su quale sia questo esercito più forte di quello russo che sta combattendo in Ucraina (fermo restando che anche un’anguilla cieca ubriaca ritardata diventa un genio di fronte a chi si immagina che ci sia, almeno in questo momento, in Ucraina, qualcuno in grado di sconfiggere la Russia).
Interessante anche questa:
Fatto salvo che in tutte le guerre ci sono stati e sempre ci saranno, su entrambi i fronti, dei disertori, noi sappiamo per certo che fra i soldati dell’Azovstahl, che sapevano di avere davanti o la resa o la fine del sorcio, senza nessun’altra possibilità, qualcuno aveva provato a suggerire di arrendersi ed è stato immediatamente giustiziato; non legalmente deferito alla Corte Marziale e lì legalmente condannato a morte, no: assassinato. E sappiamo che nonostante tutto questo le diserzioni nell’esercito ucraino che “combatte per difendere le proprie città” le diserzioni sono abbastanza numerose. E direi che qui ci sta bene un commento lasciato da un visitatore in un post precedente
Il marito dell’ex badante di mia suocera, un signore ucraino di 55 anni, residente da oltre trenta anni in Italia, con due figli nati e diplomati in Italia, ha ricevuto la cartolina di richiamo alle armi. Se si arriva a richiamare gli emigrati ultacinquantenni, si è proprio alla canna del gas. Gli abbiamo detto: “ma chi te lo fa fare?” Ha risposto che ha molti parenti in Ucraina. Teme sia il loro disprezzo che quello che potrebbero subire come ritorsione. Peraltro ha sempre svolto lavori usuranti in varie aziende agricole e non è esattamente in piena forma fisica.
Il disprezzo non so, magari sarebbero anche comprensivi, ma il rischio di ritorsioni, in uso in tutte le dittature, non è sicuramente da sottovalutare. Dall’altra parte leggo invece che
RUSSIA, L’ARMATA SI ALLARGA – Lo stato maggiore russo ha annunciato la formazione entro il 2023 di due nuovi corpi d’armata (uno di truppe di terra e uno di aviazione) e di due nuovi distretti militari (Mosca e San Pietroburgo) in risposta all’espansione della NATO. Lo ha comunicato il colonnello generale Evgeny Burdinsky, vice capo di stato maggiore. “Dato il desiderio della NATO di sviluppare il potenziale militare vicino ai confini russi, nonché di espandere l’Alleanza del Nord Atlantico a spese della Finlandia e della Svezia, sono necessarie misure di risposta per creare un adeguato raggruppamento di truppe nella Russia nordoccidentale”.
E ci si chiede, visto che le carceri le hanno già svuotate e le hanno dovute svuotare perché tutti quelli mandati al fronte in precedenza sono stati fatti fuori o feriti o fatti prigionieri, dove andranno mai a raccattarli su gli uomini per formare questi due nuovi corpi d’armata? Certo, c’è da dire, per onestà, che anche la Russia è stata alquanto sconsiderata
Poi c’è quest’altra cosa molto carina
Secondo Josep Borrell, responsabile UE per la politica estera e di difesa, le sanzioni contro la Russia sono costate all’Europa 700 miliardi di euro. Più di 10 volte il sostegno diretto all’Ucraina, che ammonta finora a 60 miliardi. (Qui)
Infine, dopo Andrea Rocchelli, assassinato dall’esercito ucraino nel 2014 mentre ne documentava i crimini contro la popolazione civile, e il cui nome, nella lista Myrotvoretz, è stato accompagnato dalla dicitura liquidated, un altro giornalista italiano è stato inserito nella lista.
E per il consueto sboicottamento, vi regalo una bella Cleopatra (se può essere negra, perché non dovrebbe poter essere slava?)
(mentre a me quello spruzzo di Lawrence d’Arabia ha scatenato una botta di nostalgia di Somalia – la volta che mi sono tolta le scarpe e ho proseguito a piedi nudi sulla calda sabbia rossa delle dune con in testa il tema del film).
Fine della guerra per l’Unione Sovietica e data in cui si festeggia la vittoria, ossia la definitiva sconfitta del nazismo. Un po’ più di un anno fa qualcuno, le prossime celebrazioni con la consueta parata militare, le prevedeva così:
A un po’ più di un anno di distanza abbiamo il dittatore nazista aka marionetta della cricca bideniana che ci informa che è praticamente a un passo dalla vittoria totale, dalla disfatta del nemico, dalla riconquista completa di tutti i territori perduti, però bisogna che gli diamo 10 volte le armi che gli stiamo dando ora – da un anno, in aggiunta a tutte quelle mandate da USA e NATO negli otto anni precedenti, oltre a quelli spesi per il colpo di stato e a tutte le altre cose che sappiamo. Per rinfrescare la memoria vi invito a riguardare questo vecchio post, e poi ad ammirare il nostro nelle sue vesti di artista
E dopo il pagliaccio che si spaccia per artista, un artista vero che si finge pagliaccio (con una bella musica klezmer)
Parlamentare tedesco a Scholtz: Ottima idea mandare i Panzer tedeschi contro la Russia in Ucraina, ci avevano già pensato i nonni ai tempi di Bandera. Il risultato? La distruzione dell’Europa, milioni di morti e i russi qui a Berlino . Gli fa eco il premier croato: la Germania ha dichiarato di nuovo guerra alla Russia? Beh, Buona fortuna! Le facciamo tanti auguri che le vada meglio di 75 anni fa, Ma per favore stavolta non coinvolgeteci. Quindi non è vero che nessuno in Europa conosce la storia ! La NATO prima ancora dei russi dovrà occuparsi di liquidare queste sacche di resistenza culturale qui sul suolo europeo…
È da più di un mese che non ne parlo, e il motivo è che non ce la faccio più. Non ce la faccio più a reggere le montagne di ipocrisia. Non ce la faccio più a reggere le montagne di menzogne. Non ce la faccio più a reggere allo spettacolo di questa corsa folle e sempre più accelerata, con gli entusiastici cori della folla plaudente – quella che le bombe se le prenderà in testa – verso la guerra globale e, quasi inevitabilmente, nucleare. Andrà a finire che dovremo constatare che Greta aveva sbagliato per eccesso di fiducia: il mondo finirà molto prima di dieci anni, e con lui tutti noi. E la nausea aumenta ogni giorno di più.
E l’ultima l’avete sentita? Per 78 anni siamo stati ingannati! A liberare Auschwitz sono stati gli ucraini, altro che le balle che ci siamo bevuti, frutto della propaganda del Cremlino! E a condividere queste deiezioni ho trovato anche quella che fino a un anno fa era una delle teste più lucide in circolazione. Ora, a parte il fatto che tutti abbiamo sempre sentito parlare di Armata Rossa, e che quella che adesso “il Cremlino vuole appropriarsi dei meriti ucraini” è l’ultima della serie di invenzioni ucraine con il sistema di proiettare sui nemici le proprie perversioni, e a parte anche il fatto che nessuno “è andato a liberare Auschwitz”: semplicemente andando in quella direzione si sono trovati di fronte a questa cosa che non conoscevano e che hanno impiegato un po’ a decifrare, per cui attribuirsi il merito della liberazione è una cazzata grande come una casa; a parte questo, avevo trovato un articolo che smontava la narrativa ucraina (anche loro, come i palestinesi hanno una “narrativa” parallela alla verità – parallela nel senso che con la verità non si incontra mai, neanche per sbaglio), spiegando bene come funzionava l’attribuzione del nome ai vari battaglioni. L’articolo era stato postato dall’amico Fulvio Del Deo su VK, la nuova piattaforma su cui sono emigrati parecchi utenti di FB, stanchi dei continui blocchi e della costante censura (a proposito, avrete probabilmente sentito che FB ha censurato la pubblicità del panino alla finocchiona toscana perché la parola è un insulto a una categoria protetta. Che poi io vorrei che qualcuno me lo spiegasse perché diavolo i froci dovrebbero essere protetti: ma cosa sono, dei cuccioli di panda? E a me che non sono finocchia invece mi si può tranquillamente prendere a calci sulla pancia?). Purtroppo quando l’ho visto non avevo molto tempo, ho dato una scorsa veloce riservandomi di passare più tardi a leggerlo più attentamente e scaricarlo. E male ho fatto, perché adesso i titolari dei vari profili trovano questo annuncio,
e chi tenta di entrare nella piattaforma si trova l’accesso negato. Un po’ come quando il bambino si mette a parlare di “quel signore che viene a casa quando il papà non c’è” e la mamma si precipita a tappargli la bocca.
In ogni caso per ristabilire la verità penso possa essere utile questo video, di otto anni fa e dunque non condizionato dalle narrative di guerra. Questo è il video
e questa la didascalia:
All’età di 21 anni, il luogotenente dell’Armata Rossa, Ivan Martynushkin, era il comandante di una compagnia di mitraglieri. Durante la Seconda Guerra mondiale ha percorso migliaia di chilometri, ma c’è un giorno molto particolare che è rimasto impresso nella memoria della sua lunga vita: il 27 gennaio del 1945.
Armata Rossa, come dicevo più sopra. Nessuna appropriazione indebita da parte del Cremlino, nessuna mistificazione ad opera di Putin, sempre e solo Armata Rossa. Lui, comunque, pare che sia russo.
E in mezzo a tutto questo c’è il fatto, veramente sconvolgente, di vedere un sacco di ebrei fare un tifo sfegatato per i nazisti, vedere persone che hanno dedicato una vita intera a smontare e documentare le bufale palestinesi che capovolgono la realtà spacciando le proprie azioni terroristiche per azioni israeliane e inventando di sana pianta fatti inesistenti. Persone che hanno imparato a riconoscere a naso il tanfo della bufala e ora si bevono i videogiochi spacciati per bombardamenti notturni russi sul territorio ucraino, si bevono fotomontaggi talmente mal fatti da superare in cialtroneria perfino quelli palestinesi, si bevono qualunque ciancia del buffone in maglietta verde prostituito agli interessi di una banda di magliari, si bevono perfino l’oscena storia degli ucraini liberatori di Auschwitz. Che squallore, mio Dio. E la nausea continua a salire.
E per aiutare a distinguere i fatti dalle leggende, eccovi due video di questi giorni.
qualcuno sceglie di affrontare il problema illudendosi che Putin sia un tenero.
Le riserve sono quasi esaurite, l’occidente finirà presto le armi per l’Ucraina
L’Ucraina ” consuma ” le armi più velocemente di quanto non siano prodotte
Se prima dell’inizio del conflitto in Ucraina, i paesi europei incoraggiavano Kiev ed erano sicuri di far sanguinare la Russia fino alla resa, ora l’Europa e gli USA hanno già annunciato che le scorte di armi sono state esaurite o sono insufficienti alla produzione attuale. Tutto dipenderà dalle capacità di produzione dei rispettivi blocchi industriali militari, il che è molto deludente relativamente al grado di civiltà che l’occidente – che esclude ogni negoziato – dice di avere in maniera superiore. Che dire? Non resta che sperare che questa notizia abbia presto ancora più riscontri, in modo che le diplomazie occidentali siano indotte a fare passi concreti per un accordo e parlino meno di territori ma molto di più di persone.
Ecco la situazione nell’analisi della rivista NEO (New Eastern Outlook):
Le problematiche occidentali per una guerra prolungata contro la Russia cominciano ad emergere – Autore: Brian Berletic-Journal NEO
Dopo mesi di finta fiducia e ottimismo sia da parte dell’Occidente che da parte dei vertici militari ucraini, cominciano ad apparire le prime crepe. Durante la recente intervista rilasciata dal comandante in capo ucraino Valery Zaluzhny all’Economist, è stato palesato l’urgente bisogno dell’Ucraina di ulteriori armi e le conseguenze della mancata accettazione di questa richiesta. La discussione ruotava attorno al disperato bisogno di risorse – ovvero di tutto, dai missili di difesa aerea ai carri armati, veicoli corazzati, pezzi di artiglieria e proiettili di artiglieria stessi – tutte cose che sia l’Occidente che ora l’Ucraina stanno ammettendo che scarseggiano nei loro arsenali e forse non possono essere fornite nel prossimo futuro o nel tempo intermedio.
“Extending Russia” della RAND Corporation
La guerra per procura di Washington contro la Russia in Ucraina è la implementazione del documento “Extending Russia” della RAND Corporation del 2019, che raccomandava ai politici statunitensi di “fornire aiuti letali all’Ucraina” sperando che espandesse le ostilità nell’Ucraina orientale e “aumentasse i costi per la Russia, equivalenti in entrambi sangue e soldi, di tenere la regione del Donbass. Il giornale aveva sperato che le perdite russe in vite e attrezzature nel Donbass avrebbero replicato i costi subiti dall’Unione Sovietica in Afghanistan. Mentre la Federazione Russa sta effettivamente affrontando costi crescenti in Ucraina, si può facilmente sostenere che gli Stati Uniti, il resto della NATO e soprattutto la stessa Ucraina stanno soffrendo almeno altrettanto se non di più. Quello che forse è più importante di quanto una delle due parti sta perdendo nel conflitto è quanto ciascuna di esse può permettersi di perdere a causa della rispettiva capacità dell’apparato industriale militare di rigenerare manodopera ed equipaggiamento durante gli scontri. Dopo quasi un anno di combattimenti, è chiaro che le scorte e l’esercito della Russia erano preparati per questo tipo di conflitto militare prolungato, intenso e su larga scala. L’Ucraina e i suoi sponsor occidentali non lo erano. Il generale ucraino Zaluzhny ha condiviso con l’Economist una “lista dei desideri” di forniture di armi di cui ha affermato di aver bisogno per ripristinare i confini del 23 febbraio 2022 di quella che Kiev sostiene essere ancora il proprio territorio. L’elenco comprendeva 300 carri armati, 600-700 veicoli da combattimento di fanteria e 500 obici: numeri che la NATO non poteva fornire all’Ucraina, non importa quanto lo desiderasse. Questa “lista dei desideri” segue l’Ucraina che spende una massiccia riserva composta da armi, veicoli e munizioni che l’Occidente collettivo ha trasferito in Ucraina prima delle cosiddette offensive di Kharkov e Kherson. Oltre a perdere più uomini nell’ordine di brigate, anche enormi quantità di equipaggiamento sono andate perse quando le forze di terra russe si sono ritirate ed hanno usato invece armi a lungo raggio per colpire le forze ucraine ora uscite fuori da difese trincerate. I punti politici temporanei ottenuti dalle offensive ucraine conquistando il territorio, sono stati ottenuti a costo di spendere la stragrande maggioranza di ciò che l’Occidente poteva permettersi di trasferire all’Ucraina.
Un numero crescente di ammissioni viene ora fatto in merito ai limiti degli aiuti occidentali all’Ucraina.
Un articolo del New York Times di novembre intitolato “USA e NATO si affrettano ad armare l’Ucraina e riempire i propri arsenali”, ammette: La scorsa estate nella regione del Donbass, gli ucraini hanno sparato da 6.000 a 7.000 colpi di artiglieria al giorno, ha detto un alto funzionario della NATO. I russi sparavano da 40.000 a 50.000 colpi al giorno. In confronto, gli Stati Uniti producono solo 15.000 proiettili al mese. Quindi l’Occidente si sta affrettando a trovare attrezzature e munizioni di epoca sovietica sempre più scarse che l’Ucraina possa utilizzare ora, inclusi missili di difesa aerea S-300, carri armati T-72 e soprattutto proiettili di artiglieria di calibro sovietico. Mentre il generale Zaluzhny vuole 300 carri armati, gli Stati Uniti sono riusciti a racimolare solo 90 carri armati T-72 che necessitano di ristrutturazione. Dovrebbero arrivare in Ucraina entro la fine dell’anno, secondo il media del governo statunitense Radio Free Europe/Radio Liberty . I 500 obici richiesti da Zaluzhny non esistono nelle scorte NATO. Ma anche se questi quantitativi fosse ro procacciati in qualche modo, ci sarebbero ugualmente i proiettili da 155 mm che sparano. Il New York Times nel suo articolo afferma che l’Ucraina ha sparato tra i 6.000 ei 7.000 colpi al giorno contro i 40.000-50.000 della Russia, illustrando la disparità tra l’Ucraina e le scorte dei suoi sostenitori occidentali e la Russia. I pacchetti di forniture degli Stati Uniti per l’Ucraina spesso escludono colpi aggiuntivi da 155 mm per gli M777 e altri pezzi di artiglieria che gli USA e il resto della NATO hanno fornito all’Ucraina. Questo perché le scorte si stanno esaurendo poiché gli Stati Uniti producono solo 15.000 proiettili al mese, il che equivale a circa tanti proiettili quanti ne spara l’Ucraina in genere in 2-3 giorni. L’aumento della produzione richiederà anni. Gli Stati Uniti stanno organizzando l’approvvigionamento di armi e munizioni aggiuntive per sostituire ciò che è stato trasferito all’Ucraina. Tuttavia, questi piani di approvvigionamento sono ben lungi dal raggiungere i livelli necessari per continuare a fornire all’Ucraina ciò di cui ha bisogno per mantenere la sua attuale capacità di combattimento. Un articolo di Breaking Defense pubblicato di recente, elenca una serie di munizioni e sistemi d’arma che gli Stati Uniti acquisteranno nel corso dei prossimi anni. Il numero di proiettili di artiglieria che saranno acquisiti attraverso questo processo di approvvigionamento pluriennale è solo di 864.000, il che equivale a circa tanti proiettili quanti ne sparerà l’Ucraina in meno di sei mesi. Gli attuali piani di approvvigionamento degli Stati Uniti non sembrano tenere conto del sostegno per l’Ucraina a lungo termine, né sono in discussione piani di approvvigionamento che lo faranno. Mentre la Russia afferma che la “smilitarizzazione” dell’Ucraina è uno dei suoi obiettivi primari durante la sua operazione militare speciale in corso, sembra che anche gli Stati Uniti e la NATO siano – in un certo senso – smilitarizzati.
Mentre l’Ucraina si esaurisce, le armi russe continuano ad arrivare
Di fronte alle due principali offensive di caduta dell’Ucraina, le forze russe non solo hanno mantenuto la loro capacità di combattimento, ma dopo una mobilitazione parziale che ha richiamato oltre 300.000 truppe aggiuntive, la capacità di combattimento della Russia si è effettivamente ampliata. Oltre alla manodopera extra, la Russia sta anche introducendo un flusso costante di nuove armi. Mentre gli Stati Uniti racimolano 90 carri armati T-72 restaurati, è riportato da Army Recognition che fino a 200 carri armati principali T-90 nuovi di zecca sono stati consegnati al fronte. Mentre il New York Times discute della diminuzione del numero di armi e munizioni inviate dall’Occidente all’Ucraina, ammette (citando funzionari ucraini) che la Russia potrebbe produrre almeno 40 missili da crociera al mese, anche se il numero è probabilmente molto più alto. Un flusso costante di droni kamikaze a lungo raggio Geran-2 continua ad “arrivare” in Ucraina anche dopo che gli analisti occidentali hanno affermato che la Russia li ha esauriti. I missili da crociera e i droni sono stati usati per prendere di mira la rete elettrica dell’Ucraina, mentre altre munizioni a lungo raggio e il fuoco di artiglieria pesante continuano a eliminare la forza lavoro e le attrezzature ucraine dal campo di battaglia. I numeri di produzione nel vasto complesso industriale militare russo, per lo più di proprietà statale, rimangono elusivi, ma sulla base di come le scorte della Russia sono state create appositamente per un conflitto militare su larga scala, intenso e prolungato e di come anche l’esercito russo è stato configurato per condurre tale conflitto militare, è molto probabile che siano stati fatti anche ampi preparativi con anni di anticipo affinché il complesso militare-industriale della Russia producesse quanto necessario per un tale conflitto militare. Solo il tempo dirà quanto la Russia fosse ed è preparata a sostenere operazioni di combattimento contro le risorse combinate degli Stati Uniti e dei suoi alleati della NATO. Quello che è certo è che le violente offensive dell’Ucraina si sono arrestate mentre le forze russe stanno ora nuovamente impegnando con decisione il campo di battaglia. Vale la pena ricordare che il generale Zaluzhny ha detto durante la sua intervista all’Economist: Ottengo quello che ottengo, ma è meno di quello di cui ho bisogno. Non è ancora il momento di fare appello ai soldati ucraini nel modo in cui Mannerheim ha fatto appello ai soldati finlandesi. Possiamo e dobbiamo prendere molto più territorio. Il generale Zaluzhny nella speranza che l’Occidente fornisca ciò che Zaluzhny pensa di aver bisogno per vincere potrebbe non pensare che sia il momento di fare appello alle truppe ucraine riguardo alla loro resa alla Russia, come fece Mannerheim con i soldati finlandesi mentre capitolava all’Unione Sovietica. Ma è chiaro che l’Occidente non ha ciò di cui ha bisogno per vincere, né sta facendo seri preparativi per acquisirlo. L’unica speranza – a quanto pare – risiede nell’idea che la Russia finirà le armi e le munizioni prima che le scarse scorte dell’Ucraina siano finalmente esaurite. È una speranza che viene scossa ogni volta che un nuovo missile da crociera o drone russo colpisce le infrastrutture ucraine in tutto il paese, o ogni volta che un nuovissimo carro armato T-90 entra nella regione del Donbass.
Brian Berletic è un ricercatore geopolitico e scrittore con sede a Bangkok, in particolare per la rivista online “New Eastern Outlook” .
Dai ragazzi, coraggio, ancora un po’ di pazienza e poi potremo brindare. Preferibilmente sul cadavere del guitto criminale cocainomane. Nel frattempo, visto che viviamo in un mondo di matti
Se poi avete voglia di una colazione davvero speciale, gli ucraini hanno qualcosa da suggerire
Prima le avevano fatte con la scritta in ucraino,
(qui) poi hanno deciso di farsi capire meglio anche all’estero. Mi raccomando cerchiamo di tenere duro coi sacrifici che ci vengono imposti, che è per la difesa della democrazia e dei buoni e giusti.
Traduzione: mentre la stampa allineata blatera di bombardamenti russi, i nazisti ucraini continuano a bombardare i civili (e ho appena letto anche dei continui bombardamenti russi sulle centrali nucleari ucraine)
Comunque tranquilli, l’Ucraina sta vincendo, anzi, sono almeno nove mesi che ha definitivamente vinto.
Situazione in Ucraina, stanno dando i numeri, ma sono fasulli, frutto di propaganda e disinformazione.
Diverse volte nei miei articoli precedenti ho cercato di fornire i numeri reali delle perdite subite dagli ucraini nel corso del conflitto, affidandomi a fonti esterne ai regimi coinvolti, meno che mai quello nazista ucraino che è totalmente inaffidabile, perché privo anche del senso del ridicolo, come dimostrato recentemente quando hanno corretto la dichiarazione pubblica della von der Leyen, che riferiva di oltre 100mila soldati morti, riducendo la cifra a soli 10mila. A smentire quest’affermazione del regime di Kiev basterebbe segnalare che quasi tutte le fonti occidentali (non ucraine) concordano nell’attribuire 10mila perdite ucraine al solo fronte di Bachmut (Artemivs’k) negli ultimi due mesi, ai quali andrebbero aggiunti 20 o 30 mila feriti (come dimostrato dai ricoveri negli ospedali militari e civili di tutte le regioni circostanti, oltre a visionare i numerosi video in rete dove si vedono i corpi dei caduti accumulati nelle trincee). Considerando che vi erano circa 60mila soldati impegnati in quest’area del fronte, le perdite complessive si attestano attorno al 50% degli effettivi, per cui non riescono più a sopperire inviando rinforzi. La situazione è gravissima, anche se negata dal regime e dai media occidentali asserviti. Molti esponenti della cosiddetta controinformazione o informazione libera e indipendente, che prima fornivano cifre più credibili e gravi, per qualche strano improvviso motivo si sono adeguati alle dichiarazioni della von der Leyen e hanno ormai preso per buona la cifra di 100mila caduti ucraini nei circa 10 mesi di conflitto. Personalmente non ci credo minimamente. Già in un mio articolo di un paio di mesi fa avevo riportato le stime che erano state diffuse da organizzazioni di tecnici e di studiosi che si erano dedicati al problema e avevano individuato alcune soluzioni per desumere/dedurre/estrapolare cifre più attendibili di quelle fornite dai media. Con una pazienza certosina avevano esaminato i registri delle pompe funebri, dei funerali e dei cimiteri, degli obitori, ecc., e si erano accorti che già in autunno vi erano stati incrementi spaventosi di mortalità in Ucraina, stimati in circa 400mila unità rispetto agli stessi periodi precedenti, e quasi un 10% di questi erano stranieri. Dal che avevano dedotto che anche i mercenari inviati dalla NATO, in particolare dai paesi vicini, che combattono in divisa ucraina, avevano subito perdite elevate. La stessa Polonia ha recentemente rivelato di aver perso circa 1200 soldati combattenti in Ucraina, e generalmente si tengono bassi per non allarmare le proprie popolazioni. Risalire alle cifre reali delle perdite durante un conflitto bellico è impresa ardua se non impossibile, nessuno dei contendenti le fornisce, anzi in taluni casi, come questo, si arriva a porre addirittura il segreto militare (avvenuto recentemente in Ucraina, dopo la circolazione sui social di alcune cifre allarmanti), quindi si rischia di subire gravi ripercussioni solo a parlarne. Oggi come oggi gli studiosi cui ho accennato prima, non potrebbero più fare le ricerche presso i cimiteri, obitori, pompe funebri, ecc., perché rischierebbero di venire arrestati e nessuno in ogni caso gli consentirebbe di accedere ai registri e gli fornirebbe informazioni, sapendo i pericoli cui incorrerebbero collaborando. Si può ovviare ricorrendo alla logica, al buon senso, alle correlazioni, comparazioni, alle deduzioni, ecc.. Se all’inizio del conflitto l’esercito ucraino era composto da 300mila soldati perfettamente addestrati (dalla NATO, che si è dedicata a tale scopo fin dal colpo di stato del 2014 in previsione della guerra contro la Russia) e altri 300mila furono immediatamente mobilitati appena le truppe russe avevano varcato il confine, per un totale di 600mila uomini, se le perdite fossero quelle dichiarate dall’Ucraina o anche dalla von der Leyen (pur di dieci volte superiori), perché hanno richiamato in servizio addirittura gli ultrasessantacinquenni? Perché li mandano al fronte dopo pochi giorni di addestramento, come fossero carne da macello? Perché hanno mandato al fronte anche le milizie territoriali che in teoria, e solo in caso di estrema necessità, dovevano limitarsi a difendere le proprie regioni di appartenenza? Se le perdite fossero limitate a quanto dichiarato dalla von der Leyen, che rammento (repetita iuvant) essere dieci volte più di quanto ammette il regime di Kiev, dovrebbero esserci ancora centinaia di migliaia di soldati disponibili da inviare al fronte. Senza contare le altre centinaia di migliaia che sono stati richiamati durante gli ultimi mesi del conflitto, che secondo alcune fonti occidentali avrebbero fatto ammontare complessivamente le forze armate ucraine a circa 2milioni di unità (personalmente ci credo poco perché moltissimi ucraini ricorrendo alla corruzione si sono dileguati emigrando o nascondendosi, sottraendosi al reclutamento). Allora perché scarseggiano i soldati da inviare al fronte? Perché hanno decuplicato l’apporto dei mercenari stranieri? Perché la NATO insiste tanto per intervenire direttamente sul fronte di guerra? Forse perché quegli studiosi cui ho fatto cenno avevano ragione, si erano quantomeno avvicinati alle cifre reali dei caduti e quei 400mila morti che avevano estrapolato dalle loro ricerche, erano probabilmente in parte preponderante militari morti al fronte, alcune decine di migliaia tra di loro potrebbero essere vittime civili, non dei russi ma dei nazisti ucraini che dall’inizio del conflitto bellico hanno fatto strage di tutti quelli ritenuti collaborazionisti dei russi, e per essere considerati tali occorre veramente poco, anche solo una delazione di un vicino rancoroso, aver accettato aiuti materiali dai russi, aver famigliarizzato con loro, essersi rifiutati di obbedire agli ordini dei militari o anche solo essere russofoni. Ai 400mila indicati da quella ricerca di un paio di mesi fa, di cui abbiamo dedotto una cospicua parte essere militari, occorre aggiungere i feriti, che di solito sono tre o quattro volte superiori ai morti, come dimostra il fronte “bollente” di Bachmut. Poniamo anche il caso ottimistico che solo la metà siano feriti leggeri e possano tornare prima o poi al fronte, ma gli altri? Quelli che hanno subito amputazioni? I feriti gravi che richiedono mesi e mesi di cure e riabilitazione? Quelli che rimangono invalidi? E’ forse azzardato sospettare che almeno la metà delle forze armate mobilitate dal regime di Kiev siano decedute o impossibilitate a combattere? Forse è questo il motivo per cui hanno posto il segreto militare, è vietato parlarne, scriverne, anche solo accennarvi. Il regime conta sul fatto che l’Ucraina è grande, ha una superficie doppia rispetto all’Italia, gli insediamenti sono dispersi e spesso sono solo villaggi con poche decine di case, non esistono più mezzi di comunicazione, i media sono censurati e riportano solo le veline della propaganda, e in quasi tutto il paese manca la corrente elettrica. Non è per nulla facile per la popolazione informarsi. Le famiglie ucraine possono capire la gravità della situazione solo incontrandosi tra loro, per rendersi conto che quasi ognuna ha avuto parenti e conoscenti uccisi o feriti, solo in questo caso possono percepire le dimensioni reali della distruzione in corso del loro paese. Del resto cosa altro potrebbero fare, se protestassero per strada finirebbero in carcere o verrebbero uccisi, perché il potere è in mano ai nazisti, armati fino ai denti, privi di scrupoli se non addirittura psicopatici, forti coi deboli e deboli coi forti, che anziché andare a combattere al fronte, preferiscono svolgere funzioni di polizia militare e polizia segreta, per tenere sotto controllo e intimidazione costante la popolazione civile inerme. Occorre precisare che non tutta la popolazione civile è inerme, decine di migliaia di armi da fuoco sono state distribuite dal regime di Kiev ai cittadini all’inizio del conflitto e altre pervenute dalla NATO sono finite nel mercato nero, favorito da numerosi ufficiali e funzionari corrotti che si stanno arricchendo grazie alla guerra, alimentando anche gruppi e bande di malavitosi e paramilitari che girano per il paese a saccheggiare i civili, provocando spesso conflitti a fuoco tra di loro. E’ un paese totalmente allo sbando, e la situazione aggravatasi per i bombardamenti russi alle infrastrutture energetiche del paese, non potrà che portare al collasso sociale, economico e politico, della serie tutti contro tutti e si salvi chi può. Già da alcune settimane pervengano notizie di scontri armati tra polacchi e ucraini per divergenze sulle modalità di condurre le operazioni militari e probabilmente per incompatibilità reciproca. Consideriamo che la Polonia cova risentimento (altroché amicizia e alleanza) verso l’Ucraina fin dai tempi della II Guerra Mondiale e mira ad annettersi la Galizia, regione nordoccidentale dell’Ucraina. Potrebbe cogliere l’opportunità della disfatta ucraina per espandere il suo territorio, avendo già truppe dislocate in esso. Sono numerose anche le esecuzioni, alcune anche filmate, di militari ucraini che hanno disertato o semplicemente hanno abbandonato il posto assegnato o non hanno ubbidito agli ordini. Queste brevi note sono già più che sufficienti per dubitare che le perdite ucraine nel conflitto in corso, intendendo sia morti che feriti gravi, siano quelle indicate dalle fonti ufficiali e neppure quelli reperibili dalle fonti dell’informazione alternativa che gira in rete, anche quest’ultime a mio avviso sono molto sottostimate. Personalmente alla luce di quanto letto e visionato finora (e vi assicuro che non è poco) mi sono convinto che siano gravissime, almeno 300mila morti e altrettanti feriti gravi non più in grado di tornare a combattere, pertanto considero l’esercito ucraino ormai al collasso, non solo demotivato e non più in grado di reggere a eventuali incisive offensive russe, ma addirittura in inferiorità numerica rispetto ai russi, mentre all’inizio del conflitto il rapporto era di 6 a 1. Tenendo conto dei rinforzi russi già pervenuti e di quelli che arriveranno nelle prossime settimane, gli ucraini si troveranno in una situazione insostenibile che potrebbe preludere a una totale débâcle, ecco perché la NATO preme per intervenire direttamente sul campo, perché sa che la disfatta è imminente. Claudio Martinotti Doria, qui.
La rovina dell’Ucraina e i profitti stratosferici delle industrie delle armi
Media e politici d’Occidente “insistono fino alla nausea sul fatto che l’Ucraina stia vincendo contro la Russia. Ma i fatti sul campo non si adattano a tale narrazione e l’amministrazione e i media lo sanno. I falchi della guerra sanno che la loro cinica politica ucraina non è riuscita a cacciare la Russia dall’Ucraina. Tragicamente, sono gli ucraini a pagare l’immenso costo di questo fallimento di politica estera. La loro nazione è rovinata […] su istigazione dell’impero globalista americano”. Così George O’Neill jr. su American Conservative. Alquanto duro, il suo articolo riporta però dati significativi. Ne riportiamo ampi stralci.
“Sul campo di battaglia, l’Ucraina ha avuto difficoltà a riconquistare uno qualsiasi dei territori attivamente difesi dalla Russia. La recente ‘vittoria’ dell’Ucraina, che ha ripreso il controllo di Kherson è svaporata. L’Ucraina sta evacuando Kherson a causa dei bombardamenti russi. La macchina militare ucraina non è in grado di mantenere il controllo di una città che abbandonata dal loro avversario. Tutte le offensive ucraine di settembre e ottobre sono state bloccate e sembra che i russi stiano consolidando le loro linee di difesa e aumentando drasticamente le loro forze sul campo mentre l’ Ucraina sta arruolando uomini di sessant’anni”. “Inoltre, l’Ucraina sta perdendo l’accesso alle risorse di cui necessita per continuare la guerra. Gli Stati Uniti e l’Europa stanno finendo le armi da inviare in Ucraina. Anche la CNN ha comunicato che le forniture di armi per l’Ucraina si stanno esaurendo. L’equipaggiamento militare dell’Ucraina, in particolare la sua artiglieria, si sta sgretolando e l’Occidente non può sostituirla”. “Foreign Policy spiega che i funzionari della NATO sono molto preoccupati per le carenze. Anche il neocon Frederick Kagan ammette che la NATO non è preparata per un conflitto come quello ucraino. ‘La NATO non ha nessuna intenzione di combattere guerre come questa, e con questo intendo guerre con un uso super intensivo di sistemi di artiglieria prodotto da carri armati e cannoni. Non abbiamo rifornimenti adatti a questo tipo di guerra.” Secondo il CEO di Raytheon, l’Ucraina ha utilizzato tredici anni di produzione di Javelin in dieci mesi”. “Non doveva essere così. L’Ucraina e la Russia avrebbero potuto concludere un accordo di pace duraturo se non fosse stato per l’ingerenza dell’Impero globalista americano. Nel marzo del 2022, le due parti sembravano essere vicine a concordare i termini per una risoluzione del conflitto”. “L’accordo doveva assicurare che l’Ucraina non avrebbe mai aderito alla NATO. La questione della NATO è la più importante in tutta questa vicenda. Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno ostacolato l’intesa e la guerra è proseguita, uccidendo decine di migliaia di ucraini, russi e altri. Il loro sangue è nelle mani dei leader statunitensi e britannici”. L’invito dell’ambasciatore Purtroppo sono troppi gli interessi in gioco perché questa mattanza abbia termine. L’apparato militar industriale sta lucrando profitti stratosferici, come dimostra la cifra monstre stanziata dagli Stati Uniti per la Difesa per l’anno 2023: 850 miliardi di dollari. Nel riferirlo, William Hartung, in un articolo apparso sul Ron Paul Institute, spiega che neanche durante la guerra Fredda si era mai toccata una simile cifra e dettaglia i profitti milionari degli amministratori delegati delle industrie delle armi (rimandiamo alla sua nota). Non solo lo stanziamento monstre, il Congresso Usa ha appena votato una legge che elimina i già scarsi controlli su tali finanziamenti, cosa che alimenterà la possibilità di guadagni indebiti da parte dell’apparato militar industriale, come spiega un articolo di Julia Gledhill su Responsibile Statecraft. A evidenziare il ruolo ormai dominante dell’apparato militar industriale nella guerra ucraina, un ricevimento organizzato dall’ambasciata ucraina presso gli Stati Uniti. Ne riferisce su Vox Jonathan Guyer che racconta così l’invito diramato dalla sede diplomatica: “Nell’invito erano stampigliati con grande evidenza i loghi delle industrie militari Northrop Grumman, Raytheon, Pratt & Whitney e Lockheed Martin, in qualità di sponsor dell’evento, sotto gli stemmi ufficiali dell’Ucraina e l’elegante scritta blu nella quale si leggeva che l’ambasciatore ucraino e l’addetto alla difesa “gradirebbero la presenza della tua azienda”. Tutto alla luce del sole. Va tenuto presente, oltretutto, che in America la corruzione dei politici è lecita quando può essere inscritta nell’ambito delle attività di lobbyng. Un circolo perverso, che rende più impervia la via della pace. (Qui)
Ricapitolando: l’Ucraina è mezza distrutta, il Donbass è mezzo distrutto, un sacco di Ucraini morti, un sacco di russi del Donbass morti, una discreta botta di russi di Russia morti, un bel po’ di mercenari o volontari o comandati di vari Paesi morti, noi dissanguati. Il tutto per fare piacere a una manica di criminali. E mezzo mondo a fare il tifo per loro. Io invece faccio il tifo per Alina Zagitova, qui diciassettenne
Avendo un problema a un piede che le terapie non hanno risolto, l’ortopedica sospetta che ci sia qualcosa che i raggi non sono riusciti a evidenziare, e mi prescrive una risonanza. Al CUP, come sempre, mi dicono che in sede non si trova niente (tranne che a pagamento, come ho dovuto fare con i raggi, ma la risonanza costa troppo e quindi devo prendere quello che passa il convento) e mi danno un posto in trasferta per il 9 settembre. Il giorno prima mi chiamano dalla clinica per avvertirmi che hanno un problema con la manutenzione, e mi spostano l’appuntamento al 3 ottobre (in realtà c’era un posto anche il 26 settembre, ma era il giorno in cui avevo l’intervento). Poi la mattina dopo alle sette e mezza vado al CUP per vedere se c’è qualcosa prima tra la manciata di disponibilità che hanno ogni giorno per le urgenze, e chi ne ha bisogno va lì all’apertura perché in poche decine di minuti va via tutto. Sì, dice, c’è un posto in un’altra città per il 20 settembre: perfetto, lo prendo. Sennonché ci si mette di mezzo l’alluvione, le strade sono un mare di acqua e melma, provo a chiamare un taxi che mi porti alla stazione ma il tassista, quando gli dico l’indirizzo, mi dice mi dispiace, lì non possiamo arrivare perché non ci fanno passare. Allora parto a piedi, la strada consueta non è praticabile e quindi ne provo un’altra: impraticabile, ne provo una terza: impraticabile. Rassegnata torno a casa e chiamo la clinica per spiegare che da casa mia non c’è modo di raggiungere la stazione e che quindi sono costretta a disdire l’appuntamento. Per fortuna non avevo ancora disdetto l’altro, quello del 3 ottobre, e quindi mi tengo buono quello e il giorno 3, ancora parecchio dolorante per l’intervento, mi alzo, chiamo un taxi e mi faccio portare alla stazione. Arrivata alla clinica prendo il numero e quando arriva il mio turno vado allo sportello e consegno l’impegnativa. Il tizio inserisce i dati nel computer, aggrotta la fronte e dice “Ma lei è già prenotata da un’altra parte”. No dico, cioè sì, ma l’ho disdetta. Qui risulta attiva, dice lui. Allora gli spiego tutta la storia, e lui riconosce che non è colpa mia se all’altra clinica non hanno cancellato la prenotazione, però sta di fatto che il sistema non accetta la mia impegnativa e di conseguenza non si può procedere. Allora mi scrive il numero del CUP regionale e mi dice di chiamare e disdire, raccomandandomi di non affidarmi alle procedure robotizzate ma di parlare con un operatore. Per una decina di minuti trovo sempre occupato, poi finalmente mi rispondono ma, primo, tra le varie opzioni non c’è “se vuoi parlare con un operatore premi x”, secondo, il robot mi chiede il numero della prenotazione, che io non ho perché in mano ho solo quello dell’impegnativa. Torno allo sportello, il tizio prova a chiamare lui, ma non riesce a combinare niente neppure lui. Gli viene un’altra idea: il suo medico fa ambulatorio oggi? Sì, dico, ma fino alle dieci, e sono quasi le undici; se c’è gente continua, ma se non c’è più nessuno ovviamente se ne va. Provi, dice, si faccia fare un’altra impegnativa nuova e la faccia mandare al mio indirizzo email qui. Dubito che ci sia ancora, ma comunque provo a chiamare, e riprovo, e ri-riprovo, e ri-ri-riprovo, all’infinito, ma non risponde, evidentemente se n’è già andata. Torno allo sportello. Il tizio va a cercare una collega per vedere se lei ha qualche altra idea su come uscirne, e lei ce l’ha: fa una verifica e constata che l’altra clinica appartiene allo stesso circuito di quella, e quindi con una telefonata diretta riescono a far cancellare la prenotazione. Se l’avessi avuta con uno degli ospedali generali non ci sarebbe stata alcuna possibilità di venirne fuori. Poi al ritorno non mi sento troppo male e decido di tornare a casa a piedi dalla stazione. Mi avvio, e ho la sensazione di camminare in modo strano, sensazione che più procedo e più aumenta. Arrivata a casa ho capito perché.
Sempre in tema di burocrazia, in settembre sono andata a fare la dichiarazione dei redditi e ho portato il 730 provvisorio che avevo scaricato l’anno scorso dall’INPS ma quello non andava bene, mi è stato detto: serviva quello dell’Agenzia delle Entrate. Così quando sono arrivata a casa ho chiamato per sapere se potevo andare lì direttamente o se dovevo prendere un appuntamento. La procedura standard, come mi è stato spiegato in seguito, consiste nel fare la richiesta via mail, poi loro, quando sono in comodo, rispondono fissando un appuntamento per andarlo a prendere. Quel giorno però la titolare dell’ufficio era assente, e il tizio che la sostituiva, nel tempo che avrebbe dovuto impiegare per spiegarmi la procedura mi ha chiesto i miei dati, ha recuperato il mio documento nel computer, mi ha chiesto l’indirizzo email e mezzo minuto dopo il mio 730 era qui. Che poi quella notte stessa è arrivata l’alluvione, dopo di che per una settimana almeno non avrei potuto fare niente. Quando poi sono andata a consegnarlo per completare la dichiarazione l’ho raccontato alla tizia, che a sua volta mi ha raccontato di una a cui, sempre all’Agenzia delle Entrate, era stato detto che doveva mettere una marca da bollo su ogni pagina.
Non meravigliamoci se poi, in mano a un simile branco di burocrati, ci ritroviamo in guerra senza neanche sapere perché, e dalla parte dei nazisti, come se non bastasse. Sembra proprio in tema questo “Marte, il portatore di guerra”.
PERCHÉ I SOLDATI UCRAINI SI FANNO MASSACRARE DA ZELENSKY CHE A SUA VOLTA PRENDE ORDINI DA WASHINGTON E LONDRA?
Chi mi legge abitualmente s’informa tramite i media indipendenti nel web e quindi presumo sia al corrente dell’offensiva che Zelensky ha lanciato a fine agosto contro l’oblast di Cherson nel sud dell’Ucraina. Ha voluto essere di parola, anche se ha scelto l’ultimo giorno dopo numerosi rinvii, aveva ripetutamente promesso da mesi una controffensiva entro agosto che avrebbe spazzato via i russi dai territori conquistati, almeno quelle erano le intenzioni. Tutti gli analisti militari e geopolitici seri e indipendenti lo deridevano, pensando a un bluff, invece anche i comici e buffoni, seppur criminali, corrotti e incapaci, possono essere di parola, soprattutto quando la vita la fanno rischiare ad altri. Appena sono riusciti a raccogliere il maggior numero possibile di mezzi corazzati (soprattutto polacchi) e concentrare circa 40mila soldati nell’area, Zelensky nonostante la netta contrarietà dello Stato Maggiore Militare che poneva scarsa o nulla fiducia nella riuscita del piano, ha ordinato l’offensiva, commettendo il classico errore dello stratega da salotto, addestrato a giocare a Risiko (forse manco a quello). Anziché concentrare tutte le forze in un solo punto per avere maggior impatto e possibilità di sfondamento, li ha divisi in cinque aree e quindi cinque direzioni di attacco diverse, disperdendo le forze che già non sarebbero state sufficienti per un solo attacco in un unico punto, considerando la potenza di fuoco dell’artiglieria e aviazione russa. Così ha disperso la forza d’attacco su un fronte di poco meno di 200 km. Considerando che di solito ad attaccare sono il 50% delle forze, l’altra metà rimane di riserva nelle retrovie per compensare le perdite o rinforzare i punti deboli, se dividete per cinque 20mila soldati su 200 km, vi renderete conto che l’impatto non poteva che essere lieve per i russi, i quali applicano la stessa tattica da mesi, a ogni offensiva ucraina. Arretrano e li lasciano avanzare e poi man mano che si trovano sempre più allo scoperto in un territorio pianeggiante, senza riuscire ad arrivare a centri abitati (l’unico modo che hanno per trovare riparo e trincerarsi), i russi iniziano a bombardarli senza tregua arrecando loro gravissime perdite.
Cliccare l’immagine per ingrandire (c’è anche il video, ma non è scaricabile)
E’ la tecnica militare del “tritacarne”, una tattica di logoramento lenta e inesorabile che riduce gradatamente il numero dei soldati e dei mezzi degli ucraini fino a che saranno costretti alla resa o a far intervenire le forze di altri paesi della NATO, che in questo caso non potrebbero invocare l’articolo 5 del Trattato Atlantico, perché non sono loro a essere attaccati ma ad attaccare. Com’è possibile che Zelensky ripeta sempre gli stessi errori? E soprattutto come mai gli ucraini si prestano a farsi massacrare, anziché fuggire, per non essere arruolati oppure finire in prigione per essersi rifiutati di indossare la divisa? Cercherò di rispondere a entrambe le domande essenziali per capire l’esito e lo sviluppo di questo conflitto. Zelensky non ha alcuna capacità strategica, gli unici ordini che sa impartire sono quelli di attaccare e resistere senza cedere un metro, combattere fino all’ultimo uomo. Vi ricorda qualcuno? Un certo Hitler, quando ormai era impazzito e drogato fino al midollo (altra analogia con Zelensky) e psichicamente alterato perché l’esito della guerra non corrispondeva alle sue attese e tutti i suoi comandanti lo deludevano e li sostituiva in continuazione. Zelensky prende decisioni a scopo politico, per influenzare i suoi sponsor angloamericani e UE, che ultimamente lo stanno sostenendo sempre meno. Ha assolutamente bisogno di una vittoria, seppur minima, per continuare a mungere i suoi finanziatori, ben sapendo che una cospicua parte di questi finanziamenti non finisce al fronte ma nelle tasche dei numerosi oligarchi e comandanti corrotti, a tutti i livelli, che vendono le armi ricevute facendo finta siano andate distrutte dai bombardamenti russi. E questo in parte spiega anche la seconda domanda, come vedremo meglio in seguito. Inoltre una cospicua parte di questi lauti finanziamenti sono utilizzati per pagare tutto l’apparato militare, con stipendi che per i canoni ucraini sono piuttosto elevati. Zelensky compie scelte ciniche e spietate esclusivamente per motivi economici, personali e del suo entourage di sostenitori interni, neonazisti e nazionalisti in primis. Della vita dei suoi soldati non gliene frega nulla, per cui non esita a mandarli a morte certa. Ora veniamo al perché i soldati si prestano a farsi massacrare. L’Ucraina è da parecchio tempo in miseria, in particolare dall’inizio del conflitto che dura ormai da sei mesi, il paese vive prevalentemente di un’economia di guerra, gli unici soldi che arrivano e circolano sono quelli che alimentano la guerra. E per convincere la gente a combattere, occorre prima averli ridotti nella miseria, privi di scelte di lavoro, ai limiti della sopravvivenza, dopo di ché gli fornisci degli incentivi convincenti perché si arruolino, oltre all’obbligo, che però funziona poco, perché molti si sottraggono emigrando e nascondendosi o rifugiandosi all’Estero, Russia compresa (ne ospita circa due milioni). Quelli rimasti in patria che scelta hanno per sopravvivere economicamente se non arruolandosi? Per comprendere perché sono disposti a rischiare la vita, facciamo un paragone con la situazione italiana, così vi sarà più chiaro. Un Carabiniere appena assunto in Italia percepisce uno stipendio netto di circa 1200 euro mensili, un maresciallo maggiore anziano poco meno di 2000 euro mensili e un capitano poco più di 2000, gli scatti di grado non sono particolarmente rilevanti in termini salariali, poche centinaia di euro l’anno. Nell’esercito ucraino in seguito allo stato di guerra gli stipendi sono tutta un’altra cosa, proporzionalmente al potere di acquisto che si ha nel loro paese. Utilizzando l’esempio italiano sarebbe come se un soldato ucraino prendesse in Italia 2800 euro al mese, un maresciallo maggiore anziano circa 10mila, e un capitano 15mila. A queste somme erogate diciamo legittimamente dalle istituzioni governative, aggiungiamo la corruzione diffusa capillarmente, cioè le rendite che provengono dai saccheggi, dalle estorsioni ai civili, dalla vendita di armi, ecc., e ci rendiamo meglio conto di quanto possano accumulare i combattenti, soprattutto sottufficiali e ufficiali, che riescono a sopravvivere (magari ricorrendo a cinismo, furberie e sotterfugi), facendo perlopiù rischiare la vita ai loro sottoposti. In due o tre mesi di guerra, se sopravvivono, possono accumulare una piccola fortuna che gli consentirà di vivere agiatamente per tutto il resto della loro vita (inflazione permettendo). Quindi la motivazione primaria è l’avidità e la mancanza di alternative. Ecco perché gli ucraini combattono una guerra per procura, è l’unico lavoro di cui dispongono, l’Occidente li foraggia per questo scopo, combattere e morire al posto degli occidentali. Ma c’è un problema che si sta facendo sempre più grave, diventa sempre più difficile sopravvivere alla guerra. Prendiamo l’esempio degli ultimi due giorni, tra fine agosto e inizio settembre. Zelensky ha appunto ordinato l’attacco in cinque aree diverse, e inoltre ha ordinato l’incursione notturna alla centrale nucleare di Zaporižžja, da parte delle forze speciali ucraine, per cercare di riprenderla prima che arrivasse la delegazione dell’AIEA dell’ONU che doveva ispezionare la centrale, probabilmente per poi utilizzare la delegazione come scudo umano contro i russi, come fanno abitualmente gli ucraini, che di crimini di guerra ne hanno commessi a iosa. L’incursione è finita malissimo, nonostante pensassero che il piano fosse ottimo, utilizzando imbarcazioni silenziose con motori elettrici e poi delle chiatte che trasportavano il grosso delle forze e dei mezzi da sbarco. Tutte le imbarcazioni e le chiatte sono state distrutte e affondate dalle forze aeree russe, la maggioranza degli incursori sono morti o fatti prigionieri. Si stima fossero circa 500, il minimo necessario per compiere un’operazione di questa portata, considerando che la centrale nucleare di Zaporižžja è la più grande d’Europa, estendendosi su una superficie gigantesca. Anche le forze attaccanti nel resto del fronte non hanno subito una sorte migliore. Si stima che le perdite in vite umane subìte dall’esercito ucraino siano di oltre mille al giorno. Molto probabilmente fra qualche giorno saranno costretti a ritirarsi, lasciando sul campo quasi tutti i mezzi corazzati impiegati. A Zelensky non rimarrà altro da giocare che la carta della commiserazione: “Avete visto con quale coraggio combattono gli ucraini?” “Come si sacrificano per il bene dell’Occidente?” “Meritano di essere sostenuti di più, dovete aumentare le risorse e i finanziamenti!” Una carta cinica e ignobile ma l’unica che gli rimane, possibilmente prima che i comandi militari si stanchino di lui e lo facciano fuori con un colpo di stato. Magari con il beneplacito degli anglosassoni. Altrimenti non rimarrà che far combattere anche i polacchi e i baltici, i più fanatici russofobi che ci siano in Europa. I polacchi e i baltici saranno fanatici ma non sono stupidi, sono consapevoli che se non ci sono riusciti gli ucraini a sconfiggere i russi, che dopo otto anni di addestramento e armati fino ai denti erano diventati l’esercito più potente d’Europa, come potrebbero riuscirci loro che sono anche inferiori di numero (militarmente) rispetto agli ucraini? Perché mai dovrebbero seguirne la sorte? Solo per fanatismo? No. Per farlo prima dovrebbero essere ridotti alla fame anche loro, e sono sulla buona strada per riuscirci, dopo le ultime demenziali mosse politiche ed economiche che hanno compiuto contro la Russia e contro la Cina, le cui ritorsioni si stanno facendo sentire pesantemente. I porti baltici ad esempio non lavorano più. Tra non molto anche loro potranno sopravvivere solo tramite l’economia di guerra. Una tale situazione diverrà insostenibile da mantenere per l’Occidente, diventerà peggiore di un “buco nero” per le finanze già travagliate dei paesi occidentali. Ormai i paesi occidentali hanno oltrepassato il precipizio e come riferisce l’aneddoto “ se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà dentro di te …”. E probabilmente stiamo già precipitando nell’abisso, dobbiamo solo toccare il fondo. CLAUDIO MARTINOTTI DORIA, 11/09/22, qui.
In realtà non è da sei mesi, come detto nell’articolo, che la Russia usa quella tattica, bensì da 320 anni, avendo cominciato esattamente nel 1700 con Carlo XII di Svezia, per proseguire poi con Napoleone e in seguito con Hitler, ma la storia, evidentemente, è maestra di vita solo per chi ha la voglia di studiarla e l’intelligenza di capirla. Mancano soprattutto, la voglia e l’intelligenza, a chi ora sta esultando per i grandi successi della controffensiva ucraina che “sta riconquistando i territori invasi dalla Russia” e magari arriva addirittura a citare “I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza.” Fenomenale poi Lorenzo Cremonesi – che non a caso è stato per anni uno dei peggiori disinformatori e demonizzatori di Israele – che scrive impavido: “Gli esperti del Pentagono cominciarono a parlare delle difficoltà russe attorno a Kiev già a fine febbraio”. Poi è passato marzo poi è passato aprile poi è passato maggio poi è passato giugno poi è passato luglio poi è passato agosto poi è passato quasi metà settembre… E quanto la fatidica reconquista ucraina sia una buffonesca messinscena – la miliardesima messinscena da parte del buffone di corte -, c’è chi per fortuna ha provveduto a documentarlo: il nostro Vittorio Rangeloni
e Graham Phillips, quello a cui ha dichiarato guerra la primiera (carte denari e settebello) Liz Truss a causa delle sue documentazioni sulla guerra in Donbass
Entrambi i video sono di oggi
Nel frattempo in giro per l’Europa
GERMANIA – Centinaia di cittadini tedeschi sono scesi in strada per protestare contro la fornitura di armi all’Ucraina. A Kassel, hanno bloccato l’ingresso della fabbrica di armi Rheinmetall AG. La polizia ha usato manganelli e gas lacrimogeni contro i manifestanti. L’autunno non e’ ancora iniziato ma le proteste contro i governi che stanno conducendo l’Europa al suicidio si fanno gia’ sentire. Dalla Moldavia alla Repubblica Ceca, dalla Germania alla Francia, dall’Inghilterra all’Italia, l’onda del malcontento e della protesta cresce e potrebbe travolgere una classe politica inetta e asservita. Anche se chiamarla “classe politica” e’ improprio, trattandosi in realta’ di imbonitori e propagandisti manovrati da un’elite sovranazionale. @LauraRuHK
Mentre nella democraticissima Ucraina, per la cui democrazia ci stiamo svenando e per giunta annientando il futuro dei nostri figli e nipoti
Una cosa è certa: ci faremo tutti molto molto male, ma qualcuno se ne farà di più. Molto di più. Quando il Terzo Reich è ignominiosamente crollato, parecchi di quelli che con fede religiosa avevano creduto nella sua incrollabilità e nella sua possibilità di vincere, si sono suicidati: non mi dispiacerebbe se un po’ dei nazisti di casa nostra ne seguissero l’esempio (è noto che le situazioni eccezionali tirano fuori da qualcuno il meglio e da qualcuno il peggio: io per oggi ho deciso di lasciar sgorgare il peggio: è una questione di salutare equilibrio psicofisico).
POST SCRIPTUM molto OT, ma lo devo mettere: in almeno una cosa gli inglesi sono di sicuro infinitamente superiori a noi: non applaudono i cadaveri
Da qualche giorno non riesco a scrivere, e a bloccarmi è la nausea: nausea per la manifesta malafede, nausea per la cecità selettiva, nausea per questo incredibile e inspiegabile tifo sfegatato per i nazisti, nausea per tutto. Ho visto per esempio sul profilo di uno che una volta era un amico carissimo, oltre che una delle migliori teste in circolazione il video (non so se il video vero e proprio o la denuncia dell’esistenza del video) della castrazione “in vivo” di un prigioniero ucraino da parte di un russo. Bene ha fatto, naturalmente, a denunciare l’orrenda barbarie se è sicuro che il documento sia autentico, ma… e l’infinità di episodi analoghi della controparte in tutti questi cinque mesi abbondanti, dove sta la denuncia? Dove sta lo sdegno? Dove sta l’impellenza di documentare? I prigionieri russi va bene torturarli? Va bene mutilarli? Va bene castrarli? E magari telefonare ai famigliari per mostrare loro che cosa si sta facendo in quel momento al loro congiunto? Sono Untermenschen i russi? Riuscite ancora a guardarvi allo specchio e a non vedere dei vermi brulicanti? Perché io questo vedo: vermi.
E la guerra. Che con Biden alla presidenza la guerra fosse una certezza lo abbiamo sempre saputo e sempre detto, ma che si sarebbe addirittura rischiata – e adesso la stiamo ormai sfiorando – la guerra mondiale, questo non eravamo arrivati a immaginarlo, e invece ci stiamo arrivando a passo di carica, in un crescendo da dare le vertigini: in Ucraina sono riusciti a portare a compimento il piano accuratamente coltivato per otto anni, poi Taiwan su cui la vecchia baldracca sta spingendo con tutte le proprie forze, ora il Kossovo, l’Iran ormai con l’atomica in mano: e chi ne parla? Chi se ne preoccupa? Oltre a Russia male assoluto Putin anticristo cacca pupù c’è qualcos’altro che turbi i pensieri della feccia nazista che ci circonda?
E dei “petali”, le piccole mine antiuomo di cui i nazisti ucraini stanno disseminando le città del Donbass, quanti ne stanno parlando? Quanti lo stanno denunciando? Quanti si stanno preoccupando dei bambini che salteranno in aria restando uccisi o mutilati? Vi va bene perché sono gli ucraini della parte sbagliata esattamente come ai nazipallestinisti va bene quando vengono fatti a pezzi i bambini ebrei? E quando ne avrete un numero sufficiente che cosa farete, vermi? Troverete il modo di accusarne i russi? Come per Bucha? Come per la stazione di Kramatorsk?
Forse domani riuscirò a mettere insieme qualcosa di più concreto e coerente, adesso ho solo una gran voglia di vomitare. Peccato solo non poterlo fare sulle vostre facce.
l’unica speranza di sopravvivenza della specie umana sul pianeta Terra è che Putin cominci a giocare duro sul serio, e sbaragli in una botta sola Ucraina, NATO e UE: dopodiché vivremo sicuramente in un mondo migliore.
Il sostegno incondizionato all’Ucraina semina dubbi
La Nato mostra i muscoli e al vertice di Madrid ridisegna la sua strategia volta al confronto con la Russia, mentre gli Stati Uniti inviano più forze in Europa. L’Ucraina “sarà sostenuta per tutto il tempo necessario“, è lo slogan che rimbalza sui giornali, che se, da una parte, appare una nuova dichiarazione di supporto senza limiti, dall’altra interpella.
Necessario a cosa? A raggiungere gli obiettivi della Nato, ovviamente, cioè degli Stati Uniti che ne sono i dominus, obiettivi che potrebbero essere diversi da quelli di Kiev, anche in maniera drammatica, come si sta vedendo sui campo di battaglia, dove gli ucraini sono mandati al macello – mille soldati spazzati via dal campo di battaglia al giorno – per erodere le forze della Russia. Tale impegno “necessario” è stato deciso dai governi d’Occidente, meglio: dall’apparato militar-industriale americano e dai suoi attaché nell’amministrazione e nel Congresso Usa, contro le necessità dei popoli che essi governano e delle moltitudini del mondo, costrette a sopportare le sempre più gravi conseguenze economiche del conflitto e delle sanzioni annesse. Così Jordan Schachtel in un articolo di The Dossier rilanciato dal Ron Paul Institute: “Le prospettive della guerra in Ucraina, finanziata dagli Stati Uniti e dalla UE, sono del tutto insostenibili, e il sostegno dato a una fazione di questa guerra tra popoli slavi sta bruciando denaro a una velocità tale da far sembrare l’avventura in Afghanistan una cosa di bassa lega”. “L’amministrazione guidata da Volodymr Zelensky – prosegue Schachtel – ha chiesto adesso oltre 5 miliardi di dollari al mese solo per coprire i costi del suo governo, nel quale lavorano molti burocrati, e gli stipendi dei dipendenti del governo. Si tratta di oltre 60 miliardi di dollari all’anno solo per finanziare i costi operativi del governo di Kiev, che è stato classificato negli anni passati come il più corrotto di tutta Europa” (lo scriveva anche Thomas Friedman sul New York Times del 6 maggio scorso: “L’Ucraina era, ed è ancora, un paese affondato nella corruzione”). “Quest’ultima richiesta si aggiunge ai 100 miliardi di dollari […] già stanziati per sostenere il suo esercito al collasso”. Tutto ciò, continua Schachtel , va considerato nell’ottica fotografata da una stupenda osservazione di Ron Paul, “gli aiuti esteri si concretizzano nel prendere soldi dai poveri del nostro paese per darli ai ricchi dei paesi poveri” (vale non solo per l’America). “L’Ucraina sta diventando l’Afghanistan 2.0 e il suo governo dovrà affrontare la stessa sorte del governo appoggiato dagli Stati Uniti a Kabul se continuerà su questa strada costellata di spese irrecuperabili. Tutti i soldi e le forniture di armi non sembra che possano compensare gli squilibri di un esercito scarsamente addestrato e di un paese mal governato che, ogni giorno che passa, vede approssimarsi la prospettiva di una resa incondizionata invero umiliante”. Forse tale conclusione è troppo tranchant, ma iniziano a essere tanti a reputare che il conflitto non riservi prospettive rosee per l’Ucraina, vittima sacrificale di questa guerra per procura della Nato contro la Russia. Tra questi, David Ignatius, che ha dato questo titolo a un articolo pubblicato sul Washington Post di oggi: “La NATO è unita sull’Ucraina. Bene, ma tante cose potrebbero ancora andare storte”. Nella nota riprende temi consueti, cioè come il mondo stia subendo la stretta delle conseguenze economiche della guerra e come tale situazione potrebbe incrinare l’unità della Nato (peraltro garantita dalla coercizione di Washington e non da una sincera adesione a tale linea, che per l’Europa è semplicemente suicida… a proposito dello slogan in voga sulla lotta tra Paesi liberi contro Paesi autoritari). E spiega come la Nato difetti in strategia, tanto che tutto questo sforzo potrebbe non avere un esito positivo. Infatti, “gli alleati dell’Ucraina potrebbero concludere di aver sperperato i loro attuali vantaggi e finire per perdere questo conflitto”. Nella nota, in ogni caso consegnata alla necessità di fare di questo conflitto una guerra infinita, dettaglia problemi logistici e strategici da risolvere per evitare la disfatta. Ma non è detto che possano essere risolti. Ancora più importante quanto scrive sulla recente crisi di Kaliningrad: “Un modo per perdere le guerre è quello di prodursi in provocazioni poco sagge. La recente decisione della Lituania di bloccare il transito verso la vicina enclave russa di Kaliningrad aveva lo scopo di far rispettare le sanzioni dell’UE, ma era ragionevole? Diversi funzionari europei e statunitensi mi hanno confidato dubbi al riguardo, dal momento che la mossa potrebbe provocare un contrattacco russo e poi un’invocazione della Lituania del patto di mutua difesa proprio dell’articolo 5 della NATO” (sul punto vedi anche American Conservative: “La Lituania Vuole Iniziare Una Guerra Con La Russia?”). Più che probabile, se non certo, che la Lituania ha agito su suggerimento altrui, ché da sola non poteva neanche immaginare una simile boutade. Ma al di là dello specifico, resta che il blocco di Kaliningrad non è la prima né sarà l’ultima provocazione “poco saggia” di questa guerra, che offre agli ambiti consegnati alla follia delle guerre infinite – che stanno gestendo quasi tutto il potere d’Occidente – grandi spazi di manovra, a tutti i livelli e a tutto campo. Anche per questo urge chiudere questa pazzia intraprendendo quanto prima la via del negoziato, come chiesto più volte da Kissinger. (Qui)
Tenendo però presente che Kissinger, come ha precisato il giorno successivo a quell’intervento, intende che il completo ritiro della Russia sia condizione preliminare al negoziato. Quanto al merito della questione, è chiaro che non ci sono alternative alla resa incondizionata dell’Ucraina. E, conseguentemente di NATO e UE, che dopo la disfatta e la totale sconfessione dei loro infami progetti, dovrebbero ragionevolmente scomparire. A proposito di Lituania e Kaliningrad, propongo un altro pezzo lucido e interessante.
Lituania e Zelensky decidono tutto? Anche no
Nel frenetico scambio di lettere tra la Commissione Europea e il Governo della Lituania, l’ultima proposta pare sia questa: la Ue farebbe un’eccezione alle sanzioni e permetterebbe alla Russia di continuare a rifornire l’exclave di Kaliningrad attraverso i 90 chilometri di territorio lituano tra la Bielorussia e, appunto, Kaliningrad, a patto che la Russia non aumenti il volume delle merci attualmente trasportate verso l’exclave. L’idea è di evitare, in questo modo, che il porto di Kaliningrad diventi lo strumento del Cremlino per importare ed esportare e alleviare il peso della guerra economica decretata da Usa e Ue. Il timore è invece che la Russia a un certo punto si stufi e, d’accordo con la Bielorussia, occupi il cosiddetto “corridoio di Suwalki”, interrompendo il confine di terra dei Paesi Baltici con il resto d’Europa e mettendo la Nato, nell’ipotesi più estrema, nella condizione di scegliere (per dirla brutalmente) se affrontare una guerra mondiale per difendere la Lituania (6 milioni di abitanti). Al di là delle soluzioni ipotizzate di quelle che verranno eventualmente adottate per risolvere questa crisi, una cosa è chiara: piaccia o no ai saputelli dei neo-atlantismo estremo, è chiaro che l’iniziativa della Lituania di bloccare il 50% delle merci dirette verso Kaliningrad NON era stata concordata con i vertici Ue. Josep Borrell, alto rappresentante Ue per la politica estera e di difesa dell’Unione, la “coprì” subito, com’era politicamente giusto fare dal punto di vista della Ue (soprattutto di questa Ue sempre più succursale della Nato). Ma le trattative e le lettere tra Ue e Lituania (per non parlare dei borbottii della Germania, che ha registrato il suo primo deficit commerciale trimestrale degli ultimi trent’anni) dimostrano che a Bruxelles non hanno gradito, e sono preoccupati. La domanda quindi è: la Lituania ha deciso da sola? Se così fosse, dovremmo davvero cominciare a tremare: vorrebbe dire che una minuscola porzione umana e politica dell’Unione Europea si sente in diritto di intervenire a piedi uniti (e per me in maniera sconsiderata) in una crisi che già minaccia di far saltare in aria l’Europa. Se non è così, invece, cioè se la Lituania ha agito in base a qualche “suggerimento” (per esempio degli Usa, che sono in crisi per ragioni interne, non certo perché quanto avviene in Europa li preoccupi più di tanto, o del Regno Unito, che accarezza l’idea di minare la Ue e sostituirla con altre alleanze), peggio ancora: vuol dire che nella Ue ci sono Paesi che rispondono a politiche e influenze che non sono quelle di Bruxelles. Per la verità lo sapevamo già, ma quando si gioca alla terza guerra mondiale le cose cambiano un po’. Tutto questo sta dentro una retorica di finta umanità ma di vera dismissione delle responsabilità che nella Ue impera, anche a proposito dell’invasione russa e della guerra in Ucraina. Ogni giorno ci sentiamo dire che l’Ucraina è Europa e che questa guerra maledetta si svolge in Europa. Giusto. Ma allora perché per otto anni (dal Maidan al Donbass, dal 2014 al 2022) l’Europa non ha saputo far nulla per disinnescare un problema che col tempo poteva solo incancrenire? Perché Francia e Germania, allora spina dorsale della Ue e garanti degli Accordi di Minsk, hanno concluso così poco? Davvero ci raccontiamo che in tutto questo c’entrano solo la cattiva volontà e la perfidia di Vladimir Putin? Ma non basta. Da mesi, di nuovo con cadenza quotidiana, sentiamo dire che devono essere gli ucraini a decidere se e quando dire basta, che dev’essere il presidente Zelensky a stabilire la condizioni della pace. Vien da chiedersi se i vari leader politici parlino sul serio. Ci diciamo che la guerra in Ucraina sta provocando una crisi mondiale, che rischia di mandare in tilt i Paesi sviluppati e ridurre alla fame quelli in via di sviluppo, parliamo spessissimo di allargamento possibile del conflitto e di bombe atomiche, e davvero pensiamo di affidare le sorti del pianeta a Zelensky e i suoi? L’Ucraina è vittima, d’accordo, ma stiamo pur sempre parlando di un Presidente che, nel caso qualcuno l’avesse dimenticato, prima della guerra aveva in patria un indice di gradimento del 20%? Se noi europei non siamo capaci di prendere in mano il nostro destino, almeno cerchiamo di smetterla con una retorica che sta diventando uno dei più insidiosi fattori di rischio di questo dramma epocale. Fulvio Scaglione, 4 luglio 2022, qui.
Leggo che gli stati baltici sono convinti che se l’Ucraina dovesse cadere, il prossimo obiettivo saranno loro, dato che hanno anch’essi minoranze russofone; a questo rispondo con una domanda: anche loro stanno da anni opprimendo massacrando bombardando affamando e assetando le minoranze russofone? Se la risposta è sì, hanno sicuramente ragione di temere un’invasione russa, e Putin avrà dieci volte ragione a farla; se la risposta è no, evidentemente si nutrono di seghe mentali, che quasi sempre sono molto ma molto più pericolose di quelle carnali (e accecano almeno altrettanto). In ogni caso c’è da ricordare che ucraini e lituani sono sempre stati in prima fila nel fare per i tedeschi la maggior parte del lavoro sporco con gli ebrei: non stupisce che anche in quest’altra guerra si sentano così uniti. Aggiungo questa riflessione, che mi sento di condividere in toto.
Quando l’Ucraina sarà un deserto di rovine, smembrato tra Russia e Polonia, con milioni di profughi, mentre la recessione distruggerà quel che resta del welfare europeo e la nuova cortina di ferro sul mar Baltico ci costringerà a tempo indefinito a spendere le ultime risorse in armamenti, quel giorno e in tutti gli anni a venire, per piacere, ricordatevi di tutta la compagine di politici, opinionisti e giornalisti che nel febbraio scorso vi spiegavano come fosse un affronto inaccettabile per l’Ucraina sovrana rinunciare all’adesione alla Nato e accettare gli accordi di Minsk, che aveva sottoscritto. Ricordatevi di quelli che hanno lavorato indefessamente giorno dopo giorno per rendere ogni trattativa impossibile, che hanno nutrito ad arte un’ondata russofobica, che vi hanno descritto con tinte lugubri la pazzia / malattia di Putin, che vi hanno spiegato come l’Europa ne sarebbe uscita più forte di prima, che vi hanno raccontato che la via della pace passava attraverso la consegna di tutte le armi disponibili, che hanno incensato un servo di scena costruito in studio come un prode condottiero del suo popolo. Se 5 mesi fa non avessero avuto la meglio queste voci miserabili, se l’Ucraina non fosse stata incoraggiata in ogni modo a “tenere il punto” con la Russia (che tanto garantivamo noi, l’Occidente democratico), l’Ucraina oggi sarebbe un paese cuscinetto, neutrale, tra Nato e Russia – con tutti i vantaggi dei paesi neutrali che sono contesi commercialmente da tutte le direzioni – un paese pacifico dove si starebbe raccogliendo il grano, e che non piangerebbe decine di migliaia di morti (né piangerebbero i loro morti le madri russe). Ma, mosso dal consueto amore per un bene superiore, dai propri celebri principi non negoziabili e incorruttibili, il blocco politico-mediatico occidentale ha condotto la popolazione ucraina al macello e i popoli europei all’immiserimento e ad una subordinazione terminale. Non si pretende che reagiate, figuriamoci, ma almeno, per piacere, non dimenticate.
Assolutamente da leggere, e meditare, e magari imparare a memoria, questo articolo.
Io non ho certezze e non esprimo giudizi morali che inevitabilmente sarebbero moralistici. Sottopongo però questa analisi a tutti coloro che vogliono cercare di capire e non avere la verità in tasca, senza nulla concedere a chi la pensa diversamente o ha comunque dubbi!
Putin: “l’inizio della transizione verso un mondo multipolare”
L’ex comandante della NATO Philip Breedlove ha esortato l’Ucraina a far saltare in aria il ponte di Crimea. Secondo il generale, il ponte sarebbe un obiettivo legittimo per l’Ucraina. E forse non è un caso che il periodico tedesco Stern dia notizia che due soldati tedeschi avrebbero rubato armi ed equipaggiamento da alcune caserme per pianificare di far saltare in aria proprio il ponte di Crimea. Nel frattempo le ostilità nei confronti di Mosca proseguono anche in ambito diplomatico. A Bali i ministri degli Esteri dei paesi del G20 non avrebbero scattato la tradizionale foto congiunta a causa del rifiuto di alcuni diplomatici, tra cui lo statunitense Blinken, di ritrarsi con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov che dal canto suo ha fatto sapere di non essere interessato a correre dietro agli Stati Uniti per chiedere incontri: “Se non vogliono parlare, sono affari loro e se l’Occidente non vuole negoziati, ma la vittoria dell’Ucraina sulla Russia sul campo di battaglia, allora non c’è nulla di cui parlare”, ha detto secco Lavrov affermando invece che la Russia sarebbe pronta per i negoziati con Kiev e Ankara sulla questione del grano. “Se l’Occidente desidera davvero fare uscire dall’Ucraina il grano, tutto ciò che serve è costringere gli ucraini a liberare i porti del Mar Nero dalle mine e consentire alle navi di attraversare le acque territoriali dell’Ucraina. Nelle acque internazionali la Russia, con l’aiuto della Turchia, è pronta a garantire la sicurezza di tali convogli verso il Bosforo”. Il capo della diplomazia russa ha poi abbandonato la sezione del G20 senza attendere il discorso del ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock. Nel frattempo l’Euro per la prima volta in 20 anni scende al di sotto di $ 1,01 [nel 2008 era arrivato a 1,6038, ndb]. Il che significa che se anche le materie prime perdono valore sul mercato, con il crollo dell’euro il prezzo pagato per gli europei continua ad essere alto e l’Unione rischia di importare inflazione in una possibile situazione di recessione globale. Per Putin anche questo è l’inizio della transizione verso un mondo multipolare. Queste le parole del capo del Cremlino: ”Se l’Occidente voleva provocare il conflitto per passare a una nuova tappa della guerra contro la Russia, allora si può dire che c’è riuscito, la guerra è stata scatenata e le sanzioni sono state introdotte. In condizioni normali sarebbe stato difficile farlo. Ma ciò su cui vorrei porre l’attenzione è che l’Occidente doveva capire che avrebbe perso sin dall’inizio della nostra operazione militare speciale, perché l’inizio dell’operazione significa anche l’inizio della rottura cardinale dell’ordine mondiale impostato all’americana. Questo è l’inizio del passaggio dall’egocentrismo liberale globalista americano al mondo davvero multipolare, un mondo fondato non sulle regole egoistiche, inventate da qualcuno per se stesso e dietro le quali non c’è niente, tranne l’aspirazione all’egemonia, un mondo fondato non sugli ipocriti doppi standard, ma sul diritto internazionale, sulla vera sovranità dei popoli e delle civiltà, sulla loro volontà di vivere secondo i propri valori e tradizioni, di costruire una collaborazione sulla base della democrazia, sulla giustizia e sull’uguaglianza. A causa della politica occidentale è avvenuta la demolizione dell’ordine mondiale e bisogna capire che fermare adesso questo processo non è più possibile. Il corso della storia è spietato e i tentativi dell’Occidente collettivo di imporre al mondo il suo nuovo ordine mondiale sono tentativi condannati al fallimento. Perciò voglio dire e sottolineare: noi abbiamo tanti sostenitori, negli stessi Stati Uniti, in Europa e a maggior ragione in altri continenti e paesi, e ce ne saranno sempre di più, su questo non c’è alcun dubbio. Ripeto, anche nei paesi che sono ancora satelliti degli Stati Uniti, cresce la comprensione del fatto che la cieca obbedienza delle élite governanti al “signore supremo” non corrisponde agli interessi nazionali, anzi, molto spesso li contraddice radicalmente. Alla fine tutti dovranno fare i conti con la crescita di questi umori nella società di questi paesi satelliti degli USA. L’Occidente, che un tempo proclamava i principi di democrazia, quali la libertà di parola, il pluralismo, il rispetto delle altre opinioni, oggi sta degenerando nell’esatto opposto: nel totalitarismo. Ha messo in moto la censura, ha chiuso i mezzi di informazione di massa, usa il sopruso e la prepotenza verso i giornalisti, i personaggi pubblici. Nonostante tutto ciò, noi non rifiutiamo le trattative pacifiche, ma coloro che le rifiutano devono sapere che più avanti si va, più difficile sarà mettersi d’accordo con noi”.
Che non posso commentare che con un convinto: Grande Putin! E, connesso con le considerazioni di questo articolo, vorrei riproporre un brano che avevo già postato tre mesi e mezzo fa, e che mi sembra diventare sempre più attuale.
VIETNAM di Max Hastings. È un malloppone di oltre 1000 pagine ma vale la pena di leggerlo, e comunque scorre via bene. E vale anche la pena di ricordare un paio di cose. La prima è che in quella che è passata alla storia come la sporca guerra del Vietnam di Nixon boia, l’escalation è stata iniziata da John Kennedy, democratico, e portata poi avanti dal suo vice, diventato poi presidente, Lyndon Johnson, democratico. Richard Nixon, repubblicano, quello rozzo, quello antipatico, quello col mascellone da duro, quello da cui nessuno avrebbe comprato un’auto usata, è stato quello che la guerra l’ha fatta finire. Il bilancio finale è stato di oltre 58.000 soldati statunitensi uccisi e più di 153.000 feriti. Il calcolo dei morti vietnamiti va da almeno mezzo milione fino a 4 milioni. La guerra è costata quasi 150 miliardi di dollari. I termini del trattato che ha posto fine a dieci anni di guerra sanguinosissima e alla carneficina da entrambe le parti sono gli stessi abbozzati da La Pira e Ho Chi Minh già otto anni prima. La seconda è che tutto è cominciato con l’invio di soldi, tanti tanti soldi, per sostenere governi amici, non importa quanto corrotti, poi anche armi, poi colpi di stato, anche cruenti, per sostituire i governi quando non erano più utili (il burattino Zelensky, socio e complice di Hunter Biden nei suoi sporchissimi affari e a conoscenza di tanti segreti che potrebbero renderlo scomodo, farebbe bene a ricordarsene. Sempre che lo abbia mai saputo. E sicuramente a ricordarglielo non sarà che gli scrive quei bellissimi e tanto commoventi copioni da recitare di fronte ai parlamenti mondiali). Meditate gente, meditate.
Qui, in realtà, quattro mesi e mezzo fa sarebbe potuta finire allo stesso modo, ma oggi no: prima che tutto questo cominciasse, la Russia si sarebbe accontentata del rispetto degli accordi di Minsk, che l’Ucraina ha firmato e mai rispettato; alla vigilia della guerra o a guerra appena iniziata si sarebbe potuta accontentare del riconoscimento della Crimea come appartenente alla Russia e dell’autonomia del Donbass: ma oggi? Dopo che NATO e Ucraina l’hanno costretta a mesi di guerra? A migliaia di morti? A enormi spese? Dopo che a questo prezzo ha conquistato il 20% dell’Ucraina dovrebbe accontentarsi dello stesso pezzo di pane che prima sarebbe stato gratis? Oltre a raccontarvi che è pazzo, adesso pretendete che sia anche scemo? E a proposito di chi è scemo, guardate un po’ questa:
E dopo tanto nerume, risolleviamoci un po’ lo spirito con un po’ di biancore (e con una piccola magia)