TITOLO DI MERDA

Per usare un eufemismo.

Shanti sconfitta dalla depressione: eutanasia a 23 anni dopo essere sopr…
Una depressione talmente grave a cui neanche le cure psichiatriche, i farmaci e l’amore della famiglia sono rius…

NO! Shanti non è stata sconfitta dalla depressione: Shanti è stata sconfitta da un branco di “medici” che infangano la propria professione. Shanti è stata sconfitta da uno stato criminale. Shanti è stata sconfitta dalla politica “progressista”, talmente inclusiva da includere anche la pena di morte per gli innocenti.
Per primo lascio parlare Giulio Meotti.

I terroristi islamici che uccidono e la cultura che “cura” la vita con la morte

Una ragazza sopravvissuta agli attentati di Bruxelles ottiene l’eutanasia. “Era traumatizzata”. Cosa diranno gli storici di questo periodo di follia? Che non era decadenza, ma apocalisse di civiltà?

Il suo nome era Shanti De Corte. Aveva 23 anni. Questa ragazza belga è stata soppressa, circondata dalla sua famiglia, dopo aver ottenuto legalmente l’eutanasia. Sei anni prima, Shanti era all’aeroporto internazionale di Bruxelles. Doveva volare a Roma come premio dopo la laurea. Si trovava nella sala partenze, quando i terroristi islamici si sono fatti saltare in aria. Shanti era a pochi metri da loro. Fu portata via ancora in vita dall’aeroporto quella mattina, ma da quell’incubo non ne sarebbe mai davvero uscita. Prendeva undici antidepressivi al giorno e frequentava un progetto di Myriam Vermandel, anche lei vittima degli attentati di Bruxelles e che offre cure mediche e terapeutiche alle vittime degli attentati. Shanti non ha retto e così ha presentato una richiesta di eutanasia per “sofferenze psichiatriche”. Due psichiatri hanno accolto la sua richiesta. Ora presso la procura di Anversa è stata aperta un’indagine sull’eutanasia di Shanti De Corte. Ma sarà archiviata, come tutte le altre inchieste.
Ha ragione Marion Marechal, la nipote di Marine Le Pen che in Francia prova a costruire un’alternativa conservatrice, quando commenta: “Lo shock traumatico di un attacco islamico porta una ragazza belga all’eutanasia che il nostro governo vorrebbe. Una doppia tragedia crudelmente sintomatica del nostro tempo”.
Ma poiché viviamo in una società che trasforma automaticamente ogni desiderio in diritto, ora si chiede allo Stato anche di pagare l’ultima iniezione, in nome della “giustizia sociale” e della “compassione”. Esiste, in un certo senso, un nuovo diritto fondamentale a pretendere dallo stato la medicalizzazione della propria morte. Gli oppositori dell’eutanasia non sono numerosi, il che non significa che siano marginali. Ma la maggior parte di loro avanza argomentazioni che non riescono mai a farsi sentire. Perché è sorda l’epoca rispetto a chi cerca di dare consistenza al bene e al male.
Shanti non era il caso di Christian de Duve, il Nobel per la medicina belga che a 95 anni ha scelto l’eutanasia. Nel caso di Shanti siamo su un altro piano ancora. Come nello scritto di Michel Houellebecq su Le Figaro: “Devo essere molto esplicito, quando un paese – una società, una civiltà – arriva a legalizzare l’eutanasia, perde, secondo me, ogni diritto al rispetto. Allora diventa non solo legittimo, ma desiderabile, distruggerlo, in modo che qualcos’altro – un altro paese, un’altra società, un’altra civiltà – abbia la possibilità di nascere”.
Gli islamisti che hanno cercato di uccidere Shanti De Corte sarebbero d’accordo.
Il giorno prima c’era stata la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (istituzione che non è mai stata certo un baluardo dei valori giudaico-cristiani) che ha condannato il Belgio sulle “salvaguardie” della legge sull’eutanasia, dopo che una donna perfettamente sana l’ha ottenuta solo perché “depressa”, come racconta il Times (il figlio, accademico, ha fatto causa allo stato).
Adesso l’eutanasia di una ragazza di 23 anni per “trauma psicologico” ci mostra fino a che punto possa estendersi l’idea di una “vita senza dignità”, una vita che alla fine appartiene allo Stato o, più esattamente, alla medicina che la abbrevia per motivi “umanitari” e alla “società civile” che decide con diabolici mezzi persuasivi cosa sia giusto o sbagliato. Quale paradosso! Lo spirito pubblico occidentale che si vanta di aver messo fuori legge la pena di morte la glorifica quando non è più comminata per punire, ma per “alleviare” e “curare”, riacquistando così tutti i crismi di nobiltà.
Siamo caduti nell’orrore e siamo passati dal banale slogan “non avrete il mio odio” di alcuni sopravvissuti agli attentati islamici al ben più terrificante “avrete la mia vita”? Chanti non si è suicidata, come è successo ad altre vittime del terrorismo. Uno stato, i suoi medici, le sue “commissioni bioetiche” e i suoi burocrati le hanno dato la morte legale non sapendole offrire alternativa morale e umana. Siamo l’Europa intrappolata tra la barbarie islamista e la cultura della morte, che conta solo sull’arrivo degli stranieri per salvarla? I chiodi che trattengono tutto il nostro “progresso” cadono all’istante quando scopriamo il drappo funebre appoggiato sulle nostre vecchie spalle? Non siamo forse finiti nella barbarie umanitaria, dove l’uomo è cancellato proprio in nome degli ideali che pretendevamo di elevare, “dignità” e “umanità”? Siamo forse usciti da un quadro di Hieronymus Bosch? E cosa diranno gli storici onesti di questo periodo di follia in cui non sappiamo più perché si deve nascere, ma che trova sempre molte ragioni per morire? Chi ne uscirà sano di mente sarà fortunato, ma saranno i nostri figli che dovranno vedere il sequel. I ragazzini olandesi ne sanno già qualcosa e ne sapranno di più in futuro.
Se continua così non sarà più la decadenza, ma l’apocalisse di civiltà.
Giulio Meotti

E ora due parole io. Undici antidepressivi al giorno. Undici antidepressivi al giorno non sono una terapia. Undici antidepressivi al giorno sono un attentato alla salute fisica e mentale. Undici antidepressivi al giorno sono violenza privata. Undici antidepressivi al giorno sono circonvenzione di incapace. Undici antidepressivi al giorno sono un crimine contro l’umanità. Shanti, anziché essere aiutata a superare il trauma, è stata assassinata dal boia di stato. Come Noa Pothoven, con una famiglia che non si è accorta prima delle ripetute molestie da bambina e degli stupri da adolescente e poi della profonda depressione e del suo desiderio di morire, e i cui psicologi hanno pesantemente aggravato la situazione, al punto da ricordare i centri “di cura” come un inferno, e alla fine hanno “riconosciuto” che la sua depressione, a 17 anni, non aveva alcuna possibilità di guarire, e le hanno concesso l’assistenza mentre si lasciava morire di fame e di sete (e se senza assistenza avesse sofferto troppo per la fame e la sete e avesse deciso di provare invece a vivere? E magari alla fine ci fosse riuscita?). Per non parlare di quella che di morire non aveva alcuna intenzione, assassinata dalla dottoressa che l’aveva in cura mentre marito e figlia la tenevano ferma perché stava tentando di ribellarsi all’iniezione letale. E a questa infame crudeltà aggiungono l’ipocrisia di chiamare eutanasia, buona morte, l’assassinio di innocenti.
E ritorniamo per un momento ancora a Shanti, torniamo per un momento a guardarla, anzi, a riguardare il suo sorriso:

i terroristi islamici lo avevano offuscato, uno stato criminale e degli psichiatri criminali lo hanno spento per sempre. Pagherà mai qualcuno per questi crimini?

barbara

GLI EROI CHE HANNO SALVATO WASHINGTON

Le immagini sono un film, la telefonata è autentica.

Ricordando Todd Beamer e il resto degli eroi che hanno combattuto i terroristi e si sono rifiutati di lasciare che il loro aereo diventasse un altro missile diretto al Campidoglio o alla Casa Bianca. Invece l’aereo si è schiantato in un campo vuoto a Shanksville, in Pennsylvania.

Trascrizione effettiva: Todd: Pronto… Operatore… mi ascolti… non posso parlare molto forte. Questa è un’emergenza. Sono un passeggero di un volo United per San Francisco… Abbiamo una situazione qui… Il nostro aereo è stato dirottato… mi capisce?
Lisa: (espirando tra sé e sé) Capisco… I dirottatori possono vederla parlare al telefono?
Todd: no
Lisa: Può dirmi quanti dirottatori ci sono sull’aereo?
Todd: Ce ne sono tre di cui siamo a conoscenza.
Lisa: Riesce a vedere qualche arma? Che tipo di armi hanno?
Todd: Sì…. non hanno pistole… hanno coltelli hanno preso il controllo dell’aereo con i coltelli.
Lisa: Intende… come i coltelli da bistecca?
Todd: No, questi sono coltelli da rasoio… come taglierini.
Lisa: Può dire da quale paese provengono queste persone?
Todd: No….non lo so. Dall’accento sembrano provenire dal Medio Oriente.
Lisa: Hanno detto che cosa vogliono?
Todd: Qualcuno ha annunciato dalla cabina di pilotaggio che c’era una bomba a bordo. Ha detto che era il capitano e di stare ai nostri posti e stare calmi.
Ha detto che stavano soddisfacendo le richieste di questi uomini e stavano tornando all’aeroporto… Era un inglese molto stentato e… glielo dico io… suonava falso!
Lisa: Ok signore, per favore mi dia il suo nome.
Todd: Mi chiamo Todd Beamer.
Lisa: Ok Todd….Mi chiamo Lisa… Sa il numero del suo volo? Se non ricorda, è sul suo biglietto.
Todd: È il volo United 93.
Lisa: Ora Todd, può provare a dirmi esattamente cosa è successo?
Todd: Due dei dirottatori erano seduti in prima classe vicino alla cabina di pilotaggio. Un terzo era seduto vicino al fondo della classe turistica. I due su davanti sono entrati in qualche modo nella cabina di pilotaggio; c’era un grido. Il terzo dirottatore ha detto che aveva una bomba. Sembra una bomba. Ce l’ha legata alla vita con una specie di cintura rossa.
Lisa: Quindi la porta della cabina di pilotaggio è aperta?
Todd: No, i dirottatori l’hanno chiusa dietro di sé.
Lisa: Qualcuno è stato ferito?
Todd: Sì, … loro… hanno ucciso un passeggero seduto in prima classe. Ci sono state molte urla. Non sappiamo se i piloti sono vivi o morti. Un assistente di volo mi ha detto che il pilota e il copilota erano stati costretti a lasciare la cabina di pilotaggio e potrebbero essere stati feriti.
Lisa: Dov’è il terzo dirottatore ora Todd?
Todd: È vicino al fondo dell’aereo. Hanno spinto la maggior parte dei passeggeri in prima classe. Siamo in quattordici qui dietro. Cinque sono assistenti di volo. Non si è accorto che mi sono infilato in questa dispensa per prendere il telefono. Il tipo con la bomba ci ha ordinato di sederci per terra in fondo all’aereo………. oh Gesù.. Aiuto!
Lisa: Todd….sta bene? Mi dica cosa sta succedendo!
Todd: Pronto….. Stiamo andando giù…. Penso che stiamo per schiantarci…… Aspetti aspetti un minuto. No, ci stiamo stabilizzando…. stiamo bene. Penso che forse stiamo virando….. Ecco, abbiamo cambiato direzione. Mi sente… stiamo volando di nuovo verso est.
Lisa: Ok Todd…. Cosa sta succedendo agli altri passeggeri?
Todd: Tutti sono… davvero spaventati. Alcuni passeggeri col cellulare hanno telefonato ai parenti. Un ragazzo, Jeremy, stava parlando con sua moglie poco prima che iniziasse il dirottamento. Gli ha detto che dei dirottatori hanno fatto schiantare due aerei contro il World Trade Center… Lisa è vero??
Lisa: Todd…..devo dirti la verità….. è molto brutta. Il World Trade Center è sparito. Entrambe le torri sono state distrutte.
Todd: Oh Dio aiutaci!
Lisa: Un terzo aereo è stato preso dai terroristi. Si è schiantato contro il Pentagono a Washington DC. Il nostro paese è sotto attacco… e temo che il tuo aereo possa far parte del loro piano.
Todd: Oh mio Dio. Caro Dio…….Lisa, farai qualcosa per me?
Lisa: Ci proverò… se posso… Sì.
Todd: Voglio che chiami mia moglie e i miei figli per me e dica loro cosa è successo. Promettimi che chiamerai..
Lisa: Prometto che chiamerò.
Todd: Il nostro numero di casa è 201 353-1073…….Hai lo stesso nome di mia moglie… Lisa…. Siamo sposati da 10 anni. È incinta del nostro terzo figlio. Dille che la amo…….(gli si strozza la voce).. La amerò sempre..(schiarendosi la voce) Abbiamo due ragazzi.. David, ha 3 anni e Andrew  1….. Diglielo…… (gli si inceppa la voce) digli che il loro papà li ama e che è così orgoglioso di loro. (schiarendosi di nuovo la voce) Il nostro bambino nascerà il 12 gennaio…. ho visto un’ecografia…. è stato fantastico…. non sappiamo ancora se è una femmina o un maschio……… Lisa?
Lisa: (a malapena in grado di parlare) Glielo dirò, lo prometto Todd.
Todd: Ora torno nel gruppo, se posso tornare…
Lisa: Todd, lascia questa linea aperta… ci sei ancora?…
Lisa: (compone un numero..) pronto, FBI, mi chiamo Lisa Jefferson, sono un supervisore telefonico per GTE. Devo denunciare un dirottamento terroristico di un volo United Airlines 93… Sì, resto in linea.
Goodwin: Salve, sono l’agente Goodwin.. Ho saputo che ha una situazione di dirottamento?
Lisa: Sì, signore, ho parlato con un passeggero, un certo Todd Beamer, sul volo 93 che è riuscito a raggiungere un telefono senza essere notato.
Goodwin: Da dove è partito questo volo e qual era la sua destinazione?
Lisa: Il volo è partito da Newark, nel New Jersey, alle 8:00 diretto a San Francisco. I dirottatori hanno preso il controllo dell’aereo poco dopo il decollo e alcuni minuti dopo l’aereo ha cambiato rotta e ora sta volando verso est.
Goodwin: Sig.ra Jefferson… ho bisogno di parlare con qualcuno a bordo di quell’aereo. Può collegarmi al telefono dell’aereo?
Lisa: Ho ancora quella linea aperta, signore, posso collegarla in teleconferenza… aspetti un mo…
Todd: Pronto Lisa, Lisa ci sei?
Lisa: Sì, sono qui. Todd, ho chiamato l’FBI, l’agente Goodwin è in linea e parlerà anche con te.
Todd: Gli altri sanno tutti che questo non è un normale dirottamento. Jeremy ha chiamato di nuovo sua moglie sul cellulare. Gli ha detto di più sul World Trade Center e tutto il resto.
Goodwin: Pronto Todd. Sono l’agente Goodwin dell’FBI. Abbiamo monitorato il tuo volo. Il tuo aereo è in rotta per Washington, DC. Questi terroristi hanno lanciato due aerei contro il World Trade Center e un aereo al Pentagono. La nostra migliore ipotesi è che abbiano in programma di mandare il vostro aereo sulla Casa Bianca o sul Campidoglio.
Todd: ho capito… aspetta… io… torno…
Lisa: Mr. Goodwin, quanto tempo hanno prima di arrivare a Washington?
Goodwin: Non molto, signora. Hanno cambiato rotta su Cleveland; ora si stanno avvicinando a Pittsburgh. Washington potrebbe essere a venti minuti di distanza.
Todd: (respirando un po’ più pesantemente) L’aereo sembra cambiare leggermente direzione. Sta diventando piuttosto duro quassù. L’aereo sta volando in modo davvero irregolare… Non ne usciremo vivi. Ascoltami… voglio che tu senta questo… ho parlato con gli altri… abbiamo deciso che non saremo delle pedine in questo complotto dei dirottatori suicidi.
Lisa: Todd, cosa hai intenzione di fare?
Todd: Abbiamo escogitato un piano. Quattro di noi si getteranno sul dirottatore con la bomba. Dopo averlo eliminato, faremo irruzione nella cabina di pilotaggio. Una hostess sta preparando dell’acqua bollente da gettare sui dirottatori ai comandi. Li prenderemo… e li porteremo fuori. Lisa, …..farai un’ultima cosa per me?
Lisa: Sì… Che cosa?
Todd: Pregheresti con me?
Pregano: Padre nostro che sei nei cieli
Sia santificato il tuo nome,
Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà
in terra come in cielo.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
E perdonaci i nostri peccati
Come noi perdoniamo i nostri trasgressori,
E non indurci in tentazione
Ma liberaci dal male
Poiché tuo è il regno, la potenza e la gloria
Per sempre…..Amen
Il Signore è il mio pastore, non mancherò di niente…
Mi fa riposare su pascoli erbosi
Mi conduce presso acque tranquille
Rinfranca la mia anima
Mi guida su sentieri di giustizia
per amore del suo nome
Sì, anche se cammino attraverso la valle dell’ombra della morte
Non temerò alcun male, perché tu sei con me…
Todd: (più piano) Dio mi aiuti… Gesù aiutami… (si schiarisce la voce e più forte)
Ragazzi siete pronti?……..
Andiamo……………………

Eddie Dvir, qui, traduttore automatico con correzioni e aggiustamenti miei.

Qui potete ammirare gli entusiastici festeggiamenti dei palestinesi – così come l’intero mondo arabo-musulmano – per il meraviglioso successo dell’impresa; questa invece è la moglie  di Todd Beamer.

barbara

ALLA PERIFERIA DELL’ATTENTATO

I vigliacchi occidentali se la fanno sotto sull’Islam

Le 15 coltellate a Salman Rushdie e i benpensanti che non chiamano più alla difesa della libertà di parola perché l’hanno già persa. Ho paura anch’io dei fanatici di Allah, ma anche dei nostri fifoni

Il 26 settembre del 1988 apparve presso la casa editrice Viking Penguin il romanzo dello scrittore anglo-indiano Salman Rushdie, I versetti satanici. Quindici giorni dopo arrivarono le prime minacce di morte. A Bolton, in Inghilterra, il libro fu bruciato in piazza il 2 dicembre. Il 4 dicembre alla moglie di Rushdie arrivò la prima telefonata: “Ti prenderemo stasera al 60 di Burma Road”. Era il loro indirizzo di casa. Il 28 dicembre arrivarono le minacce di pacchi bomba negli uffici della Viking Penguin. Il Capodanno trascorse senza incidenti. Il 1989 cambia tutto. Era il giorno di San Valentino, quando dall’Iran arrivò la fatwa di Khomeini: “Informo l’orgoglioso popolo dell’Islam che l’autore dei ‘Versetti satanici’ che è contro l’islam, il Profeta e il Corano, e tutti coloro che sono implicati nella sua pubblicazione sono condannati a morte”. Il giorno stesso Rushdie e la moglie furono prelevati dalla loro casa a Islington, a nord di Londra, dal servizio segreto inglese, per essere portati nelle oltre cinquanta “case sicure” in cui lo scrittore avrebbe vissuto per dieci anni. I due sono protetti da un apparato di sicurezza gigantesco e costosissimo, simile a quello riservato a un capo di stato. Per anni nessuno sapeva dove vivesse. Quando Rushdie dovette tenere una lezione all’Institute of Contemporary Arts in London, fu l’amico e premio Nobel Harold Pinter a leggerla al posto suo. Per intervistarlo, il regista David Cronenberg alla vigilia dell’appuntamento riceve una telefonata di uno 007 inglese. “Un agente ti incontrerà nella lobby del tuo albergo”, disse, “il suo nome è Sinclair. Prenderete un taxi insieme che vi condurrà a un luogo top secret”. Come ha scritto Daniel Pipes, l’ufficio di Londra assomigliava a “un campo di battaglia”, con la polizia di guardia, i metal detector e una scorta per i visitatori. Nella sede di New York, i cani addestrati annusavano i pacchetti della posta e gli uffici furono definiti un “luogo sensibile”. Molte librerie furono attaccate e molte altre si rifiutarono di vendere il libro. Rushdie scomparve, come in una nuvola. Fu la prima volta che, in nome dell’Islam, uno scrittore veniva condannato a evaporare dalla faccia della terra, lui e il suo libro. Da allora molta strada è stata fatta, mentre Rushdie “rientrava” in società.
Rushdie sembrava averla scampata, fino a ieri, quando è stato pugnalato 15 volte al collo da un islamista mentre stava per tenere una conferenza a New York. Perderà un occhio, come minimo. Ieri a New York gli islamisti ci hanno ricordato che le loro fatwe non cadono in prescrizione.
Per questo l’autocensura dilaga…Già al tempo della fatwa molte case editrici occidentali si piegarono alle intimidazioni. Christian Bourgois, una casa editrice francese, si rifiutò di pubblicare il libro dopo averne acquistato i diritti e lo stesso fece l’editore tedesco Kiepenheuer. Anni in cui il traduttore giapponese di Rushdie fu ucciso, quello norvegese si prese una pistolettata e quello italiano della Mondadori una coltellata a Milano. Il film di Theo Van Gogh Submission, a causa del quale è stato assassinato, è scomparso dai festival del cinema. Le vignette su Maometto pubblicate da Charlie Hebdo sono state celate alla sfera pubblica: dopo la strage, pochi media le hanno ripubblicate. Il Metropolitan Museum of Art di New York ha rimosso da una mostra le immagini di Maometto, mentre la Yale Press ha pubblicato un libro sulle vignette del Profeta senza riprodurle. The Jewel of Medina, un romanzo sulla moglie di Maometto, è stato censurato. A Rotterdam, in Olanda, cancellata un’opera su Aisha, una della mogli di Maometto. In Inghilterra, il Victoria and Albert Museum ha ritirato un ritratto di Maometto. In Germania, la Deutsche Opera ha cancellato l’Idomeneo di Mozart, perché c’era Maometto. “I critici dell’Islam devono temere per la propria vita: minacce di morte e attacchi”, racconta il magazine Tichy. “Chiunque critichi l’islamismo deve aspettarsi di essere violentemente attaccato in questo Paese e senza che nessuno si offenda”, ha affermato il giornalista Jan Aleksander Karon. “In Germania è sempre più pericoloso criticare l’Islam”. Tamerlano il Grande di Christopher Marlowe, che contiene un riferimento in cui Maometto è descritto come “non degno di essere venerato”, è censurato al Barbican di Londra. I vignettisti, i giornalisti e gli scrittori “islamofobi” sono i primi europei dal 1945 a doversi ritirare dalla vita pubblica per proteggere la propria incolumità. Per la prima volta in Europa da quando Hitler ordinò di incenerire i libri nella Bebelplatz di Berlino, film, quadri, poesie, romanzi, vignette, articoli e opere teatrali sono letteralmente messi al rogo.
In Francia ci sono 120 persone sotto la protezione della polizia a causa delle minacce islamiche. Sotto scorta c’è una semplice studentessa come Mila, portata via anche dalla scuola militare dove si era rifugiata a seguito delle 50.000 minacce di morte che ha ricevuto da quando ha “offeso” l’Islam sui social. Sotto scorta c’è Eric Zemmour, l’uomo più coraggioso d’Europa, e il romanziere Michel Houellebecq. Sotto scorta ci sono una decina di professori, da Trappes a Grenoble. Molte di loro hanno visto le proprie carriere, vite e nomi distrutti. Sotto scorta c’è tutta la redazione di Charlie Hebdo, protetta da 85 agenti di polizia e 6 porte blindate. L’ex direttore Philippe Val vive in una casa dalle finestre antiproiettili, agenti di polizia e una “safe room” blindata in cui c’è una linea telefonica per avvisare i soccorsi. 
Sgozzano a morte un parlamentare inglese in una chiesa? Non parliamone.
Sgozzano a morte un medico davanti a una scuola? Non parliamone.
Bruciano le chiese, riempiono di cristiani le fosse comuni, selezionano chi uccidere se sappia o meno recitare la Shahada in Africa come in Medio Oriente? Non parliamone.
Condannano a morte Asia Bibi, che oggi deve persino nascondersi come Rushdie in Canada? Non parliamone. “Non sono riuscita a farmi degli amici e non voglio ancora farlo, quando diventi amico di qualcuno vengono fuori molte cose sulla tua vita”, racconta Bibi al Globe and Mail. Gli islamisti hanno messo una taglia sulla sua testa di 678.000 dollari. Asia ha vinto la sua battaglia. L’Occidente sta perdendo la sua guerra.
Al Qaeda nel 2012 pubblicò una terrificante most wanted list, come quelle dell’FBI. Titolo: “Yes we can. Un proiettile al giorno leva l’infedele di torno…”. Il vignettista svedese Lars Vilks (qui la mia intervista che gli feci al tempo), è morto con gli uomini della sua scorta in un terribile incidente stradale. Carsten Juste, che da direttore del giornale danese Jyllands Posten pubblicò le vignette su Maometto, ha chiesto scusa e lasciato il giornalismo. Flemming Rose, il redattore del Jyllands che commissionò le caricature, con i Talebani che gli hanno messo una taglia sulla testa, ha rassegnato le dimissioni e pubblicato un libro dal titolo eloquente: La tirannia del silenzioKurt Westergaard, il vignettista della più famosa delle caricature, è morto nella sua casa-bunker dove hanno cercato di assassinarlo. Molly Norris, vignettista del Seattle Post, è diventata un “fantasma”. Ha cambiato nome, non si è fatta più vedere in giro. Di lei non si sa più niente dopo che l’FBI la inserì in un programma di protezione dei testimoni. Uno dei suoi datori di lavoro al Seattle Weekly ha scritto: “Paragona la situazione al cancro. Potrebbe non essere niente, potrebbe essere urgente, potrebbe andare via e non tornare mai più, o potrebbe spuntare di nuovo quando uno meno se lo aspetta…”. Geert Wilders è vivo soltanto grazie al fatto che è protetto da una unità militare dell’esercito olandese generalmente addetta a garantire la sicurezza di una ambasciata in Afghanistan. Wilders deve indossare il giubbotto antiproiettile anche nei dibattiti televisivi. Stephane Charbonnier, direttore di Charlie Hebdo, è stato ucciso con otto colleghi e agenti di scorta. Ayaan Hirsi Ali, che con Theo Van Gogh realizzò il film Submission, ha lasciato l’Olanda e cercato riparo negli Stati Uniti, dove è sotto protezione. Rushdie è stato accoltellato ieri a New York…
Direi che quella lista è stata completata. “Yes, we can…”.
Ma l’autore de I Versetti satanici lo aveva un po’ previsto. “All’interno del movimento progressista c’è l’accettazione del fatto che certe idee dovrebbero essere soppresse e penso che sia preoccupante” ha detto Rushdie all’Irish Times. “Mettiamola così: il tipo di persone che mi hanno difeso negli anni brutti – in altre parole, le persone nelle arti liberali e di sinistra – potrebbero non farlo ora”.
Per questo nessun benpensante chiama più alla difesa della libertà di parola dalle grinfie dell’Islam. Perché l’hanno già persa. “Non ve lo sareste mai aspettato di ritrovarmi dalla parte del Papa, eh?”, disse Rushdie. “Neppure io, però è così: chiedergli di scusarsi per il discorso di Ratisbona è stato profondamente sbagliato. Ratzinger ha il coraggio di dire ciò che pensa, e noi dovremmo difendere il suo diritto di farlo”. Perché Papa Ratzinger fu abbandonato da tutta l’intellighenzia occidentale quando disse la verità sull’Islam. Nell’area sottoposta controllo dell’Autorità palestinese, le chiese cristiane furono bruciate e i cristiani presi di mira. Gli islamisti britannici invocarono “l’uccisione” del Papa. In Somalia, una suora italiana venne uccisa. In Iraq, un prete siro-ortodosso fu decapitato e mutilato dopo che i terroristi avevano chiesto alla Chiesa cattolica di scusarsi per il discorso. I Fratelli musulmani in Egitto annunciarono rappresaglie contro il Papa. Nella sua lectio, Benedetto XVI ha chiarito le contraddizioni dell’Islam, ma ha anche offerto un terreno di dialogo con il Cristianesimo e la cultura occidentale. Il pontefice ha parlato della radici ebraiche, greche e cristiane. Chi le difende più? Due anni dopo, a Ratzinger fu impedito di parlare alla Sapienza.
L’Islam ha infilato il suo dito ossuto nelle parti molli degli intellettuali occidentali e ha trovato soltanto cartilagine. Il celebre drammaturgo Simon Gray ha detto che Nicholas Hytner, il direttore del National Theatre, potrebbe mettere in scena un’opera satirica sul Cristianesimo, mai una sull’Islam. Anch’io ho paura. Chi non ne avrebbe, quando dopo trent’anni accoltellano su un palco uno scrittore che ha vissuto dieci anni come un fantasma? Ho paura della violenza islamica, ma anche della viltà di questi intellettuali e giornalisti “perbene” che dopo il primo colpo sono andati al tappeto per salvarsi la pelle. Ci hanno messi tutti in pericolo.
Giulio Meotti

E tutti quelli che non conosciamo.

Quei Rushdie d’Europa, fantasmi della nostra libertà

Gli hanno sparato, vivono con le guardie del corpo, cambiano spesso casa, si spostano su auto blindate e se si mette male scompaiono. L’islamizzazione fa a pezzi la nostra tolleranza di cartapesta

Non sappiamo neanche che esistono perché la nostra stampa conformista e timorata non racconta mai le loro storie incredibili. Vivono in mezzo a noi, a Parigi, a Londra, a Oslo, a Copenaghen, a Berlino, ad Amsterdam e in tutte le altri capitali europee. Vivono secondo un dispositivo di sicurezza militare: devono dire in anticipo alla polizia cosa faranno durante la giornata, chi vedranno e quali locali intendono frequentare e, nel caso non sia ritenuto sicuro, sono costretti a cambiare programma. Spesso, se c’è una minaccia nuova, cambiano anche casa, scompaiono per un po’, protetti dall’anonimato. Non sono pentiti di mafia, sono accademici, attiviste, scrittrici, giornalisti, intellettuali. Parliamo di oltre cento personalità in Europa. La loro “colpa”? Aver criticato l’Islam. Le loro precauzioni per proteggersi non sono mai troppe. Salman Rushdie aveva smesso di essere protetto da molti anni.
Un professore di origine iraniana, Afshin Ellian, lavora all’Università di Utrecht, in Olanda, dove è protetto da guardie del corpo. Al secondo piano del dipartimento di Diritto, dove insegna, si arriva attraverso un corridoio con accesso elettronico e vetri blindati; sembra una banca, più che in un normale dipartimento di Diritto. Quando gli ho fatto visita mi ha aperto un poliziotto, che mi ha fatto entrare dopo avermi controllato lo zaino e avermi perquisito. In Danimarca è sotto protezione Lars Hedegaard, il direttore della International Free Press Society, sopravvissuto miracolosamente a un attentato sotto casa. Un uomo lo ha avvicinato vestito da postino e gli ha sparato alla testa, mancando di un pelo il bersaglio. Una esecuzione in piena regola di fronte alla casa dell’intellettuale in un quartiere borghese di Copenaghen.
La scrittrice turca Lale Gül, racconta Le Monde, per aver denunciato le scuole coraniche della Turchia in Olanda è finita sotto scorta. Siamo nel paese dove l’artista iraniana Sooreh Hera doveva esporre in un museo dell’Aia una serie di opere fotografiche che ritraevano Maometto e Alì. “Ti bruceremo viva”, “abbiamo ucciso una volta siamo pronti a farlo una seconda…”. Kadra Yusuf, giornalista somala, si è infiltrata nelle moschee di Oslo per denunciare gli imam e vive sotto protezione. La giornalista francese Zineb El Rhazoui ha più guardie del corpo di molti ministri di Macron. “Bisogna uccidere Zineb El Rhazoui per vendicare il Profeta“, recita una fatwa. Non è difficile capire perché a Le Point Rhazoui abbia confessato: “Sono arrivata in un momento del mio viaggio in cui sento l’urgente bisogno di uscire dal combattimento”. 
Un accademico francese è finito sotto la protezione per aver voluto discutere un argomento tabù in Francia: il concetto di “islamofobia”. Alla celebre Università Sciences Po a Grenoble, definito “islamofobico” e “fascista”, l’accademico Klaus Kinzler è sotto scorta. Fra le accuse, quella di “ricordare le origini cristiane della Francia”.
Il nuovo indirizzo del giornale Charlie Hebdo è sconosciuto e, come ha rivelato uno dei sopravvissuti alla strage del 7 gennaio 2015 Fabrice Nicolino (era accanto a Bernard Maris, ucciso nell’attacco), oggi la sede di Charlie ha sei porte blindate, un sistema a raggi X e una panic room, in cui devono entrare se sentono rumori sospetti. Come tutti i giornali, Charlie non può permettersi di perdere copie. Ma per un motivo diverso dagli altri. “E’ normale per un giornale di un paese democratico che più di una copia su due venduta in edicola finanzi la sicurezza dei locali in cui i giornalisti lavorano?”, ha chiesto il direttore, “Riss”. Lo stato francese  non protegge i locali, è responsabile esclusivamente della protezione delle persone. Ogni dipendente di Charlie è sempre accompagnato da un’auto con a bordo due poliziotti. E se la minaccia sale, arriva un’altra moto o auto blindata.
In Germania ci sono decine di personalità sotto scorta, come il sociologo Hamed Abdel Samad. Non ricopre cariche pubbliche, ma questo intellettuale di origine egiziana vive sotto la più stretta protezione della polizia come i più alti vertici della politica, sorveglianza a 360 gradi 24 ore su 24. Nessuna residenza permanente, spostamenti in veicoli blindati, ufficiali armati. Non si muove senza scorta Mina Ahadi, che ha fondato il Consiglio degli ex musulmani, coloro che hanno abbandonato l’Islam compiendo “apostasia”, reato passibile di pena di morte in decine di paesi musulmani. Il sociologo tedesco Bassam Tibi è sotto sorveglianza. Come Fatma Bläser, vittima di un matrimonio forzato e autrice del romanzo Hennamond, protetta dalla polizia. L’avvocato di origine turca Syran Ates è protetta da sei agenti della polizia a Berlino. “Riceve tremila di minacce”, ha rivelato l’avvocato. Ates non è nuova alle minacce. Chiuse il suo studio legale a Kreuzberg, il “quartiere turco” di Berlino, sospendendo la collaborazione con i due consultori che offrivano assistenza alle donne musulmane dopo che, fuori dal metrò, venne aggredita dal marito di una cliente che voleva divorziare. Le gridò “hure!”, puttana. Seyran Ates si è beccata anche una pallottola alla gola (i segni di quell’attentato se li porta ancora dietro). I lupi grigi volevano mettere a tacere questa splendida dissidente islamica nata a Istanbul e cresciuta a Berlino. Ma Ates non era destinata a finire come il giornalista armeno Hrant Dink. Il proiettile si fermò tra la quarta e la quinta vertebra. Ates ci ha messo cinque anni per riprendersi dalle ferite. Quando Can Dündar, il più coraggioso giornalista turco, corsaro direttore di Cumhuriyet (l’unica testata turca che ha espresso solidarietà con Charlie Hebdo), ha lasciato Ankara alla volta della Germania, non avrebbe mai immaginato di aver bisogno anche a Berlino della protezione della polizia. Con la differenza che, in Turchia, i poliziotti perquisivano la sua casa in cerca di articoli compromettenti, mentre a Berlino sono a guardia della sua abitazione.
In Danimarca c’è un giornale, il Jyllands Posten, la cui redazione assomiglia oggi a un bunker militare. Nel 2006 pubblicò le vignette su Maometto. Circondata da una barriera di filo spinato, sbarre, lastre metalliche e telecamere che circondano per un chilometro il giornale, la redazione è protetta dallo stesso meccanismo delle chiuse dei fiumi. Si apre una porta, entra una macchina, la porta si richiude e si apre quella di fronte. I giornalisti entrano uno alla volta, digitando un codice personale (una misura che non ha protetto i giornalisti di Charlie Hebdo). Numerosi dipendenti del quotidiano hanno dovuto lasciare il giornale a causa di un forte stress psicologico. I loro vignettisti sono scampati a numerosi attentati, anche dentro casa.
Sotto scorta è Mohammed Sifaoui, giornalista franco-algerino, la sua foto e il suo nome pubblicati sui siti jihadisti accanto alla scritta “apostata”. “Non potrai ritardare la tua ora”. Molte scortate sono donne, da Marika Bret, “esfiltrata” di casa, e la turca Claire Koc. O la giornalista Ophélie Meunier, la reporter di Zone Interdite che ha filmato in prima serata tv l’islamizzazione di Roubaix assieme al giurista Amine Elbahi, che ha ricevuto minacce di decapitazione. 
Non si tratta solo di politici come Marine Le Pen o di giudici come Albert Lévy, titolare di inchieste sui fondamentalisti islamici. Ci sono semplici insegnanti come Fatiha Agag-Boudjahlat, che ha rimproverato alcuni studenti di non aver rispettato il minuto di silenzio durante l’omaggio a Samuel Paty. E imam come Hassen Chalghoumi, inserito in “Uclat 2”, il programma di protezione di cui beneficiano gli ambasciatori di Stati Uniti e Israele a Parigi. Un professore ha raccontato la sua ultima visita a Trappes per un documentario tv: “Mi è stata concessa solo una ripresa di cinque minuti davanti alla stazione di polizia, circondato da una dozzina di agenti. Il resto del tempo sono dovuto rimanere nascosto in auto. Uno dei poliziotti mi ha detto: ‘Se tirano fuori i kalashnikov, non abbiamo niente con cui rispondere, quindi non resteremo a lungo’. Il giornalista voleva che dicessi qualche parola davanti alla scuola, ma la polizia ha rifiutato per motivi di sicurezza. Mi è stato permesso passarci davanti senza fermarmi. Sono stato scortato in un albergo, il cui ingresso era sorvegliato da quattro agenti di polizia, per condurre l’intervista”.
Dateci la sua testa”, hanno urlato gli islamisti fuori dalla scuola inglese a Batley. Volevano uccidere un insegnante di cui non conosciamo neanche il nome e costretto a lasciare la scuola oggetto di pesanti minacce di morte reo di aver mostrato in classe le vignette su Maometto durante una lezione sulla libertà di espressione, che ora vive in una “casa sicura” con sua moglie e i figli a causa del timore di essere uccisi. La minaccia è giudicata così grave che nemmeno i loro parenti sanno dove vivono. “Le finestre della casa dove l’insegnante ha vissuto per più di otto anni sono coperte di lenzuola bianche”.
Adesso è un po’ più chiaro che, assieme alla cancel culture di civiltà, l’Islam radicale è oggi la principale minaccia alla cultura occidentale? Stiamo diventando come dei tacchini che celebrano il giorno del Ringraziamento.
Giulio Meotti

La nostra inquisizione, nella sua forma più cruenta, è durata una manciata scarsa di secoli, la loro sta durando da quasi un millennio e mezzo e, ben lungi dall’attenuarsi, continua a diventare sempre più virulenta. Come le infezioni quando non le curi al loro insorgere.
E ora, prima di chiudere, guardiamoci un po’ di cose sull’Iran, anche se le sappiamo già tutte.

barbara

KABUL E DINTORNI

Dintorni che, in un giorno forse non troppo lontano, potrebbero comprendere anche noi.

“Napoleone disse che in guerra la forza morale è tre volte più importante di quella fisica”

Intervista per la newsletter al saggista americano Joshua Muravchik. “La codarda fuga di Biden darà energia a tutti gli islamisti”. In Africa già si “festeggia” (37 cristiani uccisi)

“Nessuno avrebbe dovuto essere sorpreso dal crollo di Kabul o dalla velocità con cui è avvenuto. Napoleone disse che in guerra la forza morale è tre volte più importante di quella fisica. Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno creato e addestrato l’esercito afghano e fornito ogni tipo di supporto tecnico. Eravamo come il suo fratello maggiore. Poi all’improvviso abbiamo detto: ‘Stiamo scappando, ma tu dovresti restare e combattere’. E poi Joe Biden ha avuto l’idea di castigare le forze afghane per aver seguito il nostro esempio”.
Qui a colloquio in esclusiva con la mia newsletter, Joshua Muravchik è uno di quegli intellettuali e saggisti americani che ci aveva creduto. Democrazia, modernità, diritti delle donne, costituzione…Costruire tutto questo a Kabul. Autore di fortunati saggi come Making David Into Goliath: How the World Turned Against Israel (2014) e Heaven on Earth: The Rise and Fall of Socialism (2002), Muravchik spiega che la deterrenza americana è adesso seriamente compromessa come forse mai prima. “L’attentato suicida all’aeroporto di Kabul ha ucciso 13 membri delle forze armate statunitensi (e forse altri soccomberanno per le ferite; forse ci saranno altri attacchi simili). Nell’anno e mezzo precedente, gli Stati Uniti avevano perso un solo soldato. È vero che Biden ha solo continuato ciò che Trump aveva iniziato con il suo assurdo patto con i Talebani, che ha contribuito a minare il governo afghano. Trump credeva che ci si potesse fidare della parola dei Talebani?”.
Il problema dell’America è anche interno. “E’ ferocemente polarizzata. Nei sondaggi più americani affermano che sarebbero sconvolti se la loro figlia sposasse qualcuno dell’altro partito politico rispetto a qualcuno di una religione diversa. Il problema è che nessuno dei due poli offre ciò di cui abbiamo così disperatamente bisogno: la leadership politica crede nell’America e nei valori che l’America ha a lungo esemplificato e sostenuto, una leadership che può ripristinare la fiducia della nazione. Abbiamo invece da una parte Trump, che dice ‘prima l’America’ ma in realtà significa ‘prima Trump’. Dall’altra abbiamo i Democratici che sembrano essere guidati interamente dall’ala ‘progressista’ del loro partito, portatori di un’ideologia che vede l’America solo come la terra del razzismo, sessismo, omofobia, islamofobia e capitalismo rapace votato al distruggere il pianeta. Biden si era presentato come la via di mezzo, ma ha capitolato subito ai ‘progressisti’”.
Lo stesso in politica estera. “È un’amara ironia che dopo aver criticato Trump sulla Nato, Biden possa aver fatto ancora di più per danneggiare l’Alleanza. E perché? Perché aveva un patto con i Talebani. Biden ha anteposto la fedeltà ai Talebani alla fedeltà ai nostri partner. E qui le ironie abbondano. Biden ha affermato che l’America ha poco interesse nel governo afghano, ma solo nell’impedire l’incubazione di gruppi terroristici”.
Parlando oggi con Le Figaro, il più grande esperto francese di Islam, Gilles Kepel, ha definito quella di Kabul come “una vittoria militare formidabile dell’Islam sunnita fondamentalista contro l’Occidente”. Basta ascoltare quello che dicono i loro commentatori. Come il turco-egiziano Islam al Ghamri: “Forse gli Stati Uniti si disintegreranno come l’Unione Sovietica. Questo è un terremoto enorme. E quando c’è un terremoto, la terra si rompe e crolli che erano inimmaginabili in passato accadono improvvisamente. Quello che è successo a Kabul è un enorme terremoto che colpirà l’Europa, gli Stati Uniti e l’intera civiltà occidentale”.

Il giorno in cui l’Afghanistan è caduto nelle mani dei Talebani, uno dei più famigerati islamisti dell’Africa occidentale ha elogiato i suoi “fratelli”, Iyad Ag Ghaly, capo di al-Qaeda in Mali. Commenta il Washington Post: “I combattenti di tutto il continente africano hanno celebrato la presa del potere da parte dei Talebani”. Saranno anche molti cristiani a pagare. Come i 37 appena assassinati dai jihadisti in Nigeria. “La calamità a Kabul significa più attacchi jihadisti e possibilità che prevalgano altre insurrezioni islamiste”, scrive The Economist. “La fuga dell’America rafforzerà i jihadisti in tutto il mondo”. Basta osservare l’Africa dopo la caduta di Kabul il 15 agosto.

18 agosto, 80 morti in Burkina Faso… 
19 agosto, 15 morti in Mali… 
20 agosto, 16 morti in Niger… 
25 agosto, 36 morti in Nigeria… 
26 agosto, 4 morti in Tanzania

Una “discesa agli inferi”. Così sul quotidiano L’Orient Le Jour Toufic Hindi, analista cristiano libanese e autore in Francia di Une troisième guerre mondiale pas comme les autres (Edizioni Panthéon), definisce il crollo dell’esperienza occidentale in Afghanistan. “Il movimento islamista sta combattendo una battaglia che vuole essere decisiva per conquistare il mondo e assoggettarlo alla legge di Allah. Vuole una guerra mondiale diversa dalle due che l’hanno preceduta.  La politica occidentale di pacificazione può solo portare a una guerra distruttiva, proprio come la politica di pacificazione di Hitler praticata dal primo ministro britannico Neville Chamberlain ha portato alla Seconda guerra mondiale”. Siamo, conclude Hindi, nell’“epicentro di un islamismo che sta investendo il mondo, un terremoto senza precedenti dal quale nessun paese può sfuggire. La situazione è così instabile ed esplosiva che nulla è impossibile”.
Conclude Joshua Muravchik alla mia newsletter. “La codarda fuga dell’America darà energia a tutti i tipi di gruppi islamisti, proprio come la sconfitta dell’Unione Sovietica ha dato origine ad Al Qaeda, così la sconfitta degli Stati Uniti in Afghanistan si rivelerà una fonte d’ispirazione ancora maggiore per l’Islam radicale”.
Il 1989, l’anno che secondo Francis Fukuyama doveva inaugurare la “fine della storia”, si apriva con un documento ben più importante e ignorato. La lettera di Khomeini a Mikhail Gorbaciov. Il leader sovietico era ancora alle prese con il bubbone dell’Afghanistan invaso dieci anni prima (si sarebbe ritirato un mese dopo). Convinto, a ragione, che la caduta del comunismo fosse ormai imminente (ci sarebbero voluti soltanto altri due anni), il vecchio ayatollah rivolge a Gorbaciov un invito a convertirsi all’Islam: “Come può l’Islam essere l’oppio del popolo, quando ci ha resi fermi come una montagna contro le superpotenze?”.
Il Mullah Baradar starà forse scrivendo una lettera simile a Joe Biden?
Giulio Meotti, 28/08/2021

Credo che quanto accaduto a Kabul il 15 agosto non abbia precedenti nella storia moderna, e neanche il successivo comportamento di Biden in relazione al disastro da lui provocato. Invito ora a vedere questo video in cui tre esperti di Medio Oriente (dovevano essere quattro, ma uno è stato costretto a rinunciare per sopravvenuti problemi) cercano di fare il punto della situazione. Dura un po’ più di un’ora, ma ne vale la pena. Casomai guardatelo a rate.

barbara

MI CHIAMO LOCK, WALTER LOCK

E vi butto Down, Italia Down

– Ricciardi: “Coprifuoco inutile, meglio il lockdown” (25 ottobre)”
– Ricciardi: “E’ necessario un altro lockdown” (26 ottobre)
– Ricciardi: “Lockdown? Due settimane sono poche” (6 novembre)
– Ricciardi: “Lockdown subito in alcune aree metropolitane” (8 novembre)
– Ricciardi. “Le persone circolano troppo, non è escluso un lockdown totale” (11 novembre)
– Ricciardi: “Abbiamo due-tre settimane di tempo per decidere sui lockdown” (13 novembre)
– Ricciardi: “Un lockdown a Natale, i contagi sono la punta dell’iceberg” (15 dicembre)
– Ricciardi: “Farei un lockdown da subito e per due mesi” (21 dicembre).
– Ricciardi: “Non riaprire le scuole, serve zona rossa fino al 15 gennaio” (31 dicembre)
– Ricciardi: “Ridurre i contagi con un blocco serio” (6 gennaio)
– Ricciardi: “Le nuove misure non saranno sufficienti” (7 gennaio)
– Ricciardi: “Subito lockdown o le vaccinazioni sono a rischio” (12 gennaio)
– Ricciardi: “Io farei quattro settimane di lockdown” (15 gennaio)
– Ricciardi: “Basta colori, serve un lockdown di un mese” (17 gennaio)
– Ricciardi: “Le misure non fermano il virus, serve un lockdown di un mese” (21 gennaio)
– Ricciardi: “Serve un lockdown rigido a febbraio” (24 gennaio)
– Ricciardi: “E’ la quiete prima della tempesta” (5 febbraio)
– Ricciardi: “Tutta Europa è già ricorsa a lockdown duri” (11 febbraio)- Ricciardi: “Serve un lockdown totale, lo chiederò a Speranza” (14 febbraio)

E ora diamo un’occhiata ai grafici. Questo è quello dei morti.

Ci sono alti e bassi, come vediamo. E allora come si fa a vedere come sta andando? Semplice: si traccia una linea che congiunga i punti centrali fra i massimi e i minimi, e si vede in che direzione va, così

A qualcuno sembra che ci possano essere dubbi sull’andamento dell’epidemia? E quest’altro è il grafico dei contagi

A proposito del quale vi propongo uno scambio avvenuto recentemente nei commenti in un blog che frequento:

Io – Soprattutto considerando che nei quattro mesi in cui è stato tutto aperto, in ristoranti bar palestre piscine non si è registrato un solo caso di contagio, mentre ne è stato registrato uno a teatro, con oltre trecentomila spettatori in alcune migliaia di spettacoli.
Lei – “Si conferma un aumento nei nuovi casi segnalati in Italia per la sesta settimana consecutiva con una incidenza cumulativa (dati flusso ISS) negli ultimi 14 gg (periodo 24/8-6/9) di 27.89 per 100.000 abitanti, in aumento dal periodo 6/7-19/7. La maggior parte dei casi continua ad essere contratta sul territorio nazionale”
Ministero della Salute Dati relativi al 31 agosto e 6 settembre 2020!!!
I metodi per combattere la pandemia possono essere messi in discussione Anche forse i numeri percentuali ma negare il tutto mi sembra fuori fuorissimo luogo soprattutto per chi come me ha vissuto questo gramma direttamente.
Io – La curva dei contagi ha cominciato a risalire in ottobre, e sfido chiunque a guardare i grafici e a negarlo.
Lei -Scusami È colpa mia Mai discutere con le persone presuntuose E privè Di orizzonti
Io – No, colpa mia: mai discutere con persone che preferiscono le parole – di chi, oltretutto, dal primo giorno non ha fatto altro che mentire su tutto – ai dati oggettivi. Non succederà più.

Bella discussione, vero? È sempre un piacere discutere con persone intelligenti e preparate. Ma torniamo a noi. I grafici ci dicono che i morti sono in calo, i contagi sono in calo, i ricoveri, sia in TI che nei reparti ordinari, sono in calo. Oddio, e adesso cosa facciamo? Ci tocca cominciare a riaprire?! Lasciare che la gente vada al ristorante?! Al cinema? A teatro? In piscina? Che qualcuno possa addirittura andare a trovare la vecchia mamma da Rovigo a Ferrara, o magari da Santa Maria Maddalena a Pontelagoscuro?! Dai presto, inventiamo qualcosa! Ed ecco il miracolo: le varianti! Che a differenza della variante di valico che ti permette di muoverti meglio, ti paralizza e non ti muovi più.

Varianti, la nuova parola-chiave della strategia della paura

Il nuovo governo non è ancora operativo ma Walter Ricciardi, il consulente del ministro della Salute e appena nominato membro della Pontificia Accademia per la Vita, già invoca il lockdown totale insieme alla vaccinazione di massa. Non importa se casi e decessi sono in calo, ora si agita lo spauracchio delle varianti per irrigidire ulteriormente le misure di segregazione.

È stata la sua prima uscita dopo la nomina a membro della Pontificia Accademia per la Vita, e come accade immancabilmente per ogni suo intervento ha suscitato immediatamente un focolaio di polemiche. Parliamo di Gualtiero Walter Ricciardi, il professore di Igiene consulente personale del rinnovato ministro della Salute, Roberto Speranza.

Ricciardi nei giorni scorsi è stato nominato da papa Bergoglio membro della prestigiosa istituzione che era stata fondata da san Giovanni Paolo II con il fine di difendere e promuovere il valore della vita umana e della dignità della persona, avvalendosi dell’apporto anche di scienziati impegnati sul fronte della bioetica. Il professor Ricciardi non vanta, tra le sue pubblicazioni scientifiche, alcun intervento su temi quali l’aborto, l’eutanasia, il controllo delle nascite. Si è occupato nella sua carriera di temi di Igiene pubblica, ma non si è mai segnalato per un impegno pro life.

Negli ultimi anni tuttavia, e particolarmente in occasione dell’attuale crisi sanitaria, si è distinto per essere uno dei più convinti assertori della vaccinazione di massa, vaccinazione che in un recente articolo su Avvenire aveva dichiarato dovesse essere fatta anche in modalità “drive through”, cioè a persone che sporgono un braccio dal finestrino dell’automobile nei parcheggi – in barba alle regole di base della sicurezza della pratica vaccinale – o nei palazzetti e negli hangar. La nomina fatta da parte di Bergoglio è sembrata una sorta di endorsement vaticana alla strategia vaccinale del ministro Speranza e del suo Richelieu. D’altra parte dietro le mura leonine le vaccinazioni anti Covid col vaccino Pfeizer fervono da settimane, ed è già stato realizzato il discusso “tesserino vaccinale” che dimostra l’avvenuta vaccinazione.

Così, forte di questa fresca nomina, il neo accademico pontificio si è pronunciato su un altro tema che gli è caro: il lockdown. Occorre una chiusura drastica, totale. “La strategia di convivenza col virus, adottata finora, è inefficace e ci condanna alla instabilità”. Così ha dichiarato, con la retorica bellicistica che contraddistingue ogni suo intervento, in verità poco evangelica. Ha aggiunto che  è urgente cambiare subito la strategia di contrasto al virus, per mezzo di un lockdown totale in tutta Italia immediato, che preveda anche la chiusura delle scuole “facendo salve le attività essenziali”.
Insomma: tutti chiusi in casa, salvo chi deve uscire per fare l’irrinunciabile vaccino. Ma a fronte della  costante diminuzione di casi e di decessi, qual è il motivo che dovrebbe portare alla serrata totale del Paese? Per Ricciardi, come per altri virologi catastrofisti, per via delle varianti. Questa è la nuova parola-chiave della strategia della paura: ci sono le varianti. Ormai non si parla nemmeno di una possibile “terza ondata”: è ondata continua, inarrestabile. Uno tsunami di micidiali varianti.
In realtà, il Covid fin dai primi mesi si è caratterizzato per le sue numerose varianti, la gran parte delle quali non ha determinato forme più gravi o aggressive della malattia. Come possono documentare i clinici, le forme attuali di Covid presentano una gamma di diverse manifestazioni cliniche che vanno dalla dermatite a mialgie, ma ciò che porta a situazione di gravità clinica e al decesso, è sempre l’insufficienza respiratoria acuta. E qui nulla è cambiato, e i malati, quando vengono curati con le terapie adeguate, dagli antinfiammatori FANS e steroidei, con antibiotici e altri presidi terapeutici, rispondono come prima.
Diverso il caso dei vaccini: le forme varianti infatti potrebbero mettere in seria difficoltà l’efficacia dei vaccini. E allora? Allora punto e a capo. In attesa di ulteriori nuovi vaccini ancora tutti da realizzare, si torna a quella che per Ricciardi è l’unica soluzione: la segregazione totale. Tutti in casa, ad aspettare che “passi ‘a nuttata”, come si diceva sulle scene della commedia napoletana che Ricciardi ha praticato da giovane.
A sentire Ricciardi, ogni possibilità di assembramento va assolutamente evitata, almeno fino al raggiungimento dell’immunità di gregge. Ci attendono dunque tempi grami. Occorrono ancora tante lacrime e sangue, perché come il consulente del ministro Speranza ha dichiarato poco tempo fa, siamo in guerra e siamo ancora nel 1941. Il ’45 è molto lontano.
E intanto avanti con le tre armi: lockdown duro, tracciamento dei casi, che secondo il professore bisogna ripristinare in modo massiccio, e vaccinazioni, che bisogna fare in un numero di 300.000 al giorno. Oltre due milioni alla settimana. Un numero surreale, di vaccini teorici ancora non disponibili. Ma Ricciardi si propone di interloquire direttamente con Draghi, per convincerlo della bontà delle sue teorie. In questa fase di interregno tra il precedente governo Conte e l’attuale, Ricciardi sembra volersi fare largo e andare oltre lo stesso ministro di cui pure è consulente. Una sorta di sottosegretario al Covid, con la benedizione da oltre Tevere.

L’auspicio è che invece il Ministero possa avvalersi di un vero sottosegretario, possibilmente competente e che operi una svolta nella gestione della crisi sanitaria senza infliggere nuove sofferenze ad un Paese che non ne ha affatto bisogno. 
Paolo Gulisano (medico), qui.

Che di varianti ce ne sono state migliaia – come ricorda anche il dottor Gulisano – perché la mutazione è intrinseca alla natura del virus, lo sanno anche i polli, ma evidentemente lorsignori sono al di sotto del notorio cervello di gallina. Comunque rasserenatevi, che la variante di moda al momento è quella brasiliana

Nel frattempo oltreoceano Joe-Pisolino ribalta le politiche immigratorie di Trump e fa entrare 25.000 immigrati, che a differenza degli americani, che senza un test negativo non possono spostarsi da una parte all’altra degli Stati Uniti, prendere un autobus ecc., non subiscono alcun controllo, e guarda caso i contagi crescono (e altre cose moolto interessanti, in merito all’epidemia e alla sua gestione, stanno finalmente cominciando a venire fuori). Sempre il suddetto Joe-Pisolino annuncia la rimozione degli Houthi dalla lista delle organizzazioni terroristiche e indovina un po’? Bravi, avete indovinato: dal giorno dell’annuncio i loro attacchi sono diventati quotidiani.
Di qua come di là dell’oceano, il sonno della ragione genera mostri. (E mentre permette ai terroristi ormai sdoganati di attaccare quelli che dovrebbero essere i suoi amici e alleati, oltre che non ostili a Israele e alle sue nuove alleanze, a quasi un mese dall’insediamento Biden ha ormai chiamato tutte le capitali del mondo tranne Gerusalemme).

barbara

ZITTI TUTTI

Ora tacciano gli utili idioti dei tagliagole

Stiano zitti adesso. Tacciano quelli che fingono o addirittura ostentano costernazione ad ogni testa che rotola ma si avviluppano nelle formule più sconciamente conniventi, “sono solo fascioislamici”. Stiano zitti quelli che da vent’anni tacciano chiunque di fobico, di razzista se appena si dice spaventato, sconcertato.

Zitti quanti ci insegnavano che i terroristi non vengono con i barconi. Che le Ong sono la parte umana e pura del mondo infame. Che i porti debbono restare aperti, sempre più aperti. Che ogni controllo, verifica, censimento è già nazismo. E che se uno scanna una vecchia o un prete, è solo un malato di nostalgia, come dice la canzone. Al massimo un pazzo, un disadattato, una vittima della sporca società occidentale dell’egoismo e dell’individualismo.

Stiano zitti quelli che si muovono nella solita ambiguità, “ah, vedete, sono giovani di seconda, di terza generazione, sono nati qui, sono cittadini qui” e glissano sulla evidente totale impossibilità di integrarsi da parte di questi macellai. Che sono sempre di più, sempre di più. E sorvolano sulle infinite opportunità di cui hanno goduto, scuole, sanità, diritti ai quali hanno risposto con la violenza fanatica.

Zitti quelli che per ogni cosa scomodano la povertà delle periferie, delle banlieu, come fa fino dire, come se fosse una legittimazione a staccare teste dal collo. Zitti quelli che più a questi signori gli dai e più non basta, non basta mai, come se questo paese dissestato e disastrato fosse un infinito Bengodi.

Zitti quelli che non hanno mai voluto accettare che grandi diritti comportano anche qualche dovere, per esempio non ammazzare la gente per la strada, se questa gente bene o male ti ha accolto, ti aiuta, ti sopporta, se il sistema di questi infedeli ti riceve, ti ospita, ti tiene e ti mantiene.

Zitti quelli che in via Padova a Milano ci trovano “esperimenti sociali” anziché la constatazione del completo fallimento delle loro teorie oniriche.

Zitti quelli che a maggiore violenza vogliono reagire con sempre maggiore comprensione, e arrendevolezza, e cecità. Zitti tutti gli stronzi armati di palloncini, di gessetti, di slogan balordi, di lagne e girotondi, di esibizionismo sulla pelle dei trucidati, di una sola voglia forte, prepotente, violenta: non far niente, accettare tutto, incolparsi sempre per il sangue innocente.

Zitti quelli che non imparano dall’esperienza di mille traumi. Quelli che si amputano la memoria. Quelli che se bruciano una cattedrale ridono compiaciuti perché è il simbolo dell’imperialismo cristiano e in fondo sono tutti monumenti da demolire. Zitti quelli che sono sempre pronti ad incolpare Cristoforo Colombo, le Crociate, il Dio vendicatore della Bibbia.

Zitti quelli che non riescono a dire la parola magica e si rifugiano nelle circonlocuzioni vigliacche, i terrorismi “qualsivoglia”, il profondo dolore “per tutte le vittime”, il qualunquismo solidale per cui “ogni violenza è sbagliata”.

Zitti quelli che hanno imposto l’agenda e travolto la libertà prima di parlare, poi di pensare, infine di capire: lasciandoci solo quella di morire.

Zitta anche l’incredibile ministro della polizia, la Lamorgese che si arrampica sui vetri con le dita cosparse di sapone, nessuno poteva sapere, a nessuno risultava. Bella gente che hanno messo a tutelarci.

Zitti quelli che hanno spedito l’esercito a correr dietro a un vecchio con la mascherina di traverso e non a controllare queste schegge impazzite che non sono schegge, sono parte di un sistema diffuso e micidiale.

Zitta l’Unione europea che non ha saputo e non ha voluto mai intraprendere alcuna iniziativa, soluzione, prospettiva per combattere un terrorismo islamista ormai fuori controllo. Zitta la politica dei marinaretti al servizio di una noglobal troppo ricca e troppo annoiata, la politica surreale di quelli che volevano un tiranno come Erdogan in Europa. Stiano zitti anche quelli che stanno zitti perché un prete, un sagrestano, una anziana, un professore non valgono neppure un cordoglio di facciata.

Zitti i globalisti col culo degli altri, che vogliono sempre più afflussi ma poi li cacciano dai loro quartieri melliflui, dai loro parchi e giardini perché i poveri debbono stare coi poveri e debbono sbudellarsi tra loro.

Zitte le parlamentari cialtrone che vanno a parlare di diritti degli “ospiti” con la borsa griffata che costa come tre anni di affitto ad un povero diavolo che, magari, gli piglia un colpo e quando torna dall’ospedale trova il loculo occupato da una tribù che rifiuta di sgombrare.

Zitti i cardinali elemosinieri con le elemosine altrui, che aiutano gli accoglienti sovversivi a rubare l’energia elettrica e non solo quella. Zitto anche questo papa che non sta con gli ultimi, come sostiene, ma con quelli che gli piacciono, che considera ultimi a modo suo e gli altri li abbandona, nemmeno un pensiero di passaggio se cadono, da cristiani, sotto i fendenti di un coltello da cucina o una scimitarra.

Stiano zitti tutti questi, perché ad ogni testa che rotola cresce la loro complicità morale, la loro responsabilità di irresponsabili, il loro cinismo che li fa restare disumani.

Max Del Papa, 31 ottobre 2020, qui.

Nessuna aggiunta, nessun commento: è perfetto così.

barbara

HANNO OCCHI E NON VEDONO, HANNO ORECCHI E NON ODONO, HANNO NASO E NON ODORANO

(Salmo 115: 5-6)

Si riferisce agli idoli dei popoli pagani, statue di pietra o di legno, oggetti inanimati che, appunto, hanno parti a forma di occhi, di orecchie, di naso, ma non sono in grado di farne uso. Idoli fabbricati e messi lì da qualcuno affinché il popolo li adori, nonostante sia evidente che non sono in grado di fare alcunché di utile. La contemplazione dello sciagurato operato del governo, messo lì da un altrettanto sciagurato individuo per scopi tutt’altro che nobili, mi ha fatto venire in mente questi versi del salmo. E poi trovo in rete questo commento:

Ivana Guida
io ho un contatto, che ha detto ad una sua amica, rispetto al governo, “devi avere fede”.

Ecco, appunto: fede (e magari sono quelli che sbeffeggiano coloro che hanno una fede religiosa). Fede in un branco di feticci ciechi, sordi, parestesici, asimpatetici. E la stessa percezione nei confronti di chi ci governa ho ritrovato in questo articolo, che chi ha almeno sessant’anni, sicuramente capirà fin troppo bene.

Spuntano i negazionisti della protesta

Scrivo a caldo, all’una di notte, dopo aver seguito l’ultima puntata di Quarta Repubblica e scrivo perché uno come me, che non fa altro nella vita, se non scrive non si calma, non prende sonno. Scrivo per dire che sono ancora inquieto, preda di fantasmi: c’era questo Rinaldo Satolli, questo sindacalista per me indecifrabile, scorrevano le immagini dei tumulti, a Milano, a Napoli, a Torino, vetrine in frantumi e auto incendiate e cariche di polizia, corso Buenos Aires lampeggiante di blindati, camionette in assetto di guerra e il nostro eroe, imperturbabile, polemizzava, ridacchiava, forse ricordando l’odore del Napalm della gioventù dei formidabili anni. [Il video ve lo risparmio, perché qualche briciola di misericordia mi è rimasta. Se proprio volete, lo trovate al link giù in fondo]

Sindacalista lunare

Lo guardavo e non capivo come potesse non capire ma lui sembrava preoccupato solo di fare il suo show da sindacalista influencer finalmente strappato al grigiore del funzionariato, circolari, tavoli, brioscine, sigarette e rivendicazioni surreali come il buono pasto per quelli del pubblico impiego che stanno a casa. Daniele Capezzone perfido gli ha ricordato che ormai è una macchietta, il personaggio più malsopportato d’Italia e mi è parso di scorgere nei suoi occhi sindacali un lampo di soddisfazione, si capiva che più dell’amato Marx gli passava davanti Oscar Wilde: sì, ma intanto io ce l’ho fatta, sono famoso, poi possono dire quello che vogliono. E magari si vedeva proiettato alla Camera o in qualche ministero.
Questi davvero non capiscono. Questi davvero non si rendono conto. Sia nostalgia giovanile, irresponsabilità o cinismo, non gli passa per la testa che il paese, stremato e furibondo, si va avvitando per una spirale micidiale. Ma che dovrebbe pensare uno come me, cresciuto in via Monte Nevoso a Milano quando il commando del generale Dalla Chiesa irrompeva nel covo al pianoterra, di fronte alla mio balcone da cui vedevo in diretta la cattura dei nove brigatisti tra cui Azzolini e la Mantovani, che in preda al panico fuggivano stupidi infilandosi in trappola nel bar Franco d’angolo con via Porpora? E subito manine discrete mettevano le mani sul Memoriale Moro per farlo avere, prima che alla magistratura, ad Andreotti che ne purgava i passaggi più scabrosi come quello su Gladio.
C’era di tutto in quel quartiere, i brigatisti come i servizi segreti, il bandito Vallanzasca come i fascisti che ammazzavano inspiegabilmente Fausto e Iaio, due innocui ragazzini del Leoncavallo. E c’era, nell’aria, sempre, sapore di polvere e piombo, di sangue rappreso e Napalm, di rabbia e di paura; ogni sabato un corteo e sprangate e pistolettate e roghi urbani, cariche della polizia.
Adesso rivedo le stesse scene, risento lo stesso odore anche se vivo altrove, odore di Napalm, di qualcosa che non si capisce bene e penso che al governo ci stanno quattro avventizi che non hanno la minima idea di come fare; cercano di giocare l’unico gioco che conoscono, la distorsione dei fatti, della realtà: i contestatori tutti fascisti, tutti camorristi, ma a Torino ad assaltare le vetrine sono stati nordafricani in combutta coi balordi del famigerato Askatasuna che nessuno si decide a chiudere. Il solito modo degli struzzi per non vedere le cose come stanno, come si preparano. E non vogliono vederle perché non sanno come affrontarle. Anzi le causano e le aggravano, le complicano.

Piazze e cervelli in fiamme

Sapevano che con le loro misure tardive e velleitarie saremmo arrivati allo sbando sociale ma insistono, anche loro posseduti dallo spirito da influencer, dalla vanità suicida. Ma queste escandescenze sono solo un prodromo, non si spegneranno da sole e non si spegneranno presto. Qualcuno ha gettato il cerino acceso e la prateria ha preso fuoco. Anche i cervelli di molti sono in fiamme: la sinistra possibilista, complice morale delle barricate americane del Black Lives Matter contro Trump, vuole sparare sulla feccia, annuncia la militarizzazione dura e già i carabinieri si schierano con i dimostranti sapendoli brava gente disperata e infiltrata da facinorosi chissà quanto spontanei.
C’è, anche se nessuno lo dice, un pericolo nel pericolo, la potenziale saldatura della sovversione interna col radicalismo islamista che è l’antico sogno brigatista, terrorista. Il calcolo è chiaro: più casini scoppiano e più abbiamo il destro per imporre un coprifuoco, uno stato autoritario con la scusa della sicurezza pubblica e sanitaria. Ma, essendo dilettanti, non hanno calcolato la forza dei venti una volta scoperchiato o lasciato scoperchiare il vaso di Pandora.
Sì, uno come me, che scrive per riflettere, ricorda bene e sa che certi scenari sono inequivocabili, che certe derive sono inarrestabili e a questi scalcagnati Stranamore si sente di dire: state attenti, perché non avete idea di cosa state preparando. La situazione vi è già sfuggita di mano e chi deve saperlo lo sa. E mandare avanti i vostri fantocci con le solite provocazioni mediatiche non serve più, se continuate a dipingere morìe dove non ci sono, come in Svezia, se continuate a chiudere tutto, ad imporre veti e divieti demenziali, a prendere per il culo coi gerundi e con le furbate contabili dei bonus, dei crediti d’imposta chi non può pagare le imposte, perché sta perdendo pane e lavoro, e sono milioni, e non sanno perché, è la guerra civile.
E nemmeno i Satolli che ridacchiano sotto i baffi, compiaciuti di trovarsi nel mirino di una telecamera ad impiccarsi da soli, ne usciranno salvi, non avranno più nessuno da tutelare. Nemmeno loro stessi. I buoni pasto non li prenderà più nessuno. Incredibile e agghiacciante è l’astrazione al potere, l’incomprensione degli eventi, la perdita di ogni senso di realtà, la rimozione di quanto si prepara e velocemente si prepara. A meno che non sia un copione preciso, da rispettare alla lettera, un copione cinese.

Comunque sia, non è più tempo di perdere tempo, di trastullarsi con la pornografia ludica e gossippara, con l’egocentrismo osceno. Fuochi si levano ovunque, ne spegni uno a Milano ne appiccano un altro a Roma, a Napoli, a Palermo. Odore del Napalm di notte e presto anche di mattina. Odore di perdita di sicurezza e di libertà, di democrazia. E una sensazione di tutto sospeso, precario, di totale incertezza su quello che verrà, ignoto ma spaventoso. Se hai l’età giusta, certi fantasmi li riconosci dal primo frusciare. Brutto, bruttissimo momento.
Max Del Papa, 28 ottobre 2020, qui.

E non solo i boss, ma anche i gregari, gli scagnozzi, i picciotti:

Qui (Avete fatto caso a quanto assomiglia a Soleimani? Solo, con un’aria più da sfigato)

Strategia della tensione, governo che si sostiene tramite il terrore generalizzato e mantenuto a forza di menzogne. Qualcuno cerca di spiegare che dire la verità sarebbe più proficuo

(aveva avvertito già mesi fa, Bassetti, che col terrore isterico sistematicamente diffuso, con l’arrivo dell’autunno masse di cittadini terrorizzati si sarebbero precipitati al pronto soccorso al primo starnuto, e gli ospedali sarebbero andati in tilt) e qualcuno, come tristemente vediamo e sentiamo, fissato su un unico obiettivo, riesce a non capire quello che gli si sta dicendo nel modo più chiaro. Perché per molti, per troppi, come vediamo in questo video con un esempio sicuramente ingenuo ma ugualmente paradigmatico, andare controcorrente, anche se si vede chiaramente che la corrente sta andando nella direzione sbagliata, è qualcosa di troppo superiore alle proprie forze, al proprio coraggio

E, come si suol dire, quando si crede che abbiano toccato il fondo, hanno già cominciato a scavare, ed ecco quindi a voi il mirabile virologo Lopalco con una perla che voi umani non avreste mai potuto immaginare neanche con un’overdose di acidi:

Nel frattempo la ‘azzolina non si lascia scappare l’occasione di regalarci la sua ennesima gaffe (si scrive gaffe, si legge puttanata), di persona che più è ignorante e più pretende di mettere bocca. Vi toccherà sopportare la vista e l’udito di Fabio Fazio, ma ne vale la pena, credetemi

E già che ci sono, ripesco anche quest’altra:

Concludo con una cosa che non c’entra, ma forse, in tema di idoli falsi e bugiardi, un po’ anche sì.

Giulio Meotti

Sono profondamente indignato per il comunicato del Vaticano dopo la strage di Nizza: “È un momento di dolore, in un tempo di confusione. Il terrorismo e la violenza non possono mai essere accettati. L’attacco di oggi ha seminato morte in un luogo di amore e di consolazione, come la casa del Signore. Il Papa è informato della situazione ed è vicino alla comunità cattolica in lutto. Prega per le vittime e per i loro cari, perché la violenza cessi, perché si torni a guardarsi come fratelli e sorelle e non come nemici, perché l’amato popolo francese possa reagire unito al male con il bene”. E’ una dichiarazione talmente banale, priva di verità e di spina dorsale che avrebbe potuto uscire da un qualunque ufficio stampa. Oggi alle 15 le chiese francesi suonano a lutto. Perché è stato un attacco alla cristianità. Se non il giorno in cui decapitano fedeli cristiani nella cattedrale di Nizza, quando il Papa condannerà l’Islam radicale? Noi giudeocristiani siamo pecore al macello al grido di “Allahu Akbar”, non “Fratelli tutti”.

Papa al servizio della menzogna, dell’ipocrisia, dell’asservimento al padrone più forte, del vigliacco mescolamento, in un unico calderone, di carnefici e vittime. D’altra parte, da uno che ha fatto la sua carriera ecclesiastica sotto Videla, come potremmo aspettarci pietà per le vittime e condanna dei carnefici? Infame quanto il governo, colpevole quanto il governo, delinquente quanto il governo.

barbara

NONSOLOBEIRUT

Ma anche Cipro, Londra, Germania…

E pensare che c’è chi si rifiuta di catalogarli come organizzazione terroristica. E chi pretende di distinguere fra braccio politico e braccio militare. E chi li considera onesti combattenti per una giusta causa. E c’è perfino chi è convinto che la piovra dai mille tentacoli che mette in pericolo tutti noi siano gli ebrei.

barbara