Non ricordo i nomi, né i tempi, e neppure il luogo, ma ricordo perfettamente il fatto: una donna assassinata dall’uomo che l’aveva stuprata, come punizione per averlo denunciato. Il crimine – il secondo, dico – è stato reso possibile dal fatto che l’uomo, dopo la condanna, si trovava agli arresti domiciliari. Arresti che scontava presso la madre, che viveva, se ricordo bene, nello stesso quartiere, se non addirittura nello stesso condominio, della vittima. E ora rileggete con me, lentamente: STU.PRO – AR.RE.STI DO.MI.CI.LIA.RI. Pacca sul culo un anno e mezzo di galera e 10.000 euro di risarcimento e l’obbligo di seguire dei corsi di rieducazione. Il crimine sarebbe quello di violenza sessuale nei confronti della candida e casta signorina le cui doti ho già mostrato qui ma siccome sono generosa ve ne offro ancora qualche altra dimostrazione
Questa invece è la versione vergine violata del post aggressione (perfino, oltre alla rinuncia al suo amatissimo rossetto rosso fuoco, le calze nere opache da suora laica!)
Ora, il solo discutere se la pacca sul culo possa configurarsi come violenza sessuale lo troverei delirante, ma si può configurare come molestia sessuale? Per rispondere a questa domanda mi viene bene ricordare il Catechismo: una delle sette opere di misericordia invita a “sopportare pazientemente le persone moleste”. Perché pazientemente? Perché il sopportarle richiede pazienza? Perché la molestia, per sua natura, si prolunga nel tempo. Quella del datore di lavoro che insidia la dipendente è una molestia, quella del tizio che mi segue per strada, standomi addosso e allungando le mani e profferendo oscenità è una molestia, il palpeggiamento (e chiariamo anche questo: un palpeggiamento è diverso da una palpata tanto quanto il fissare una persona è diverso dal gettarle uno sguardo) come quello di cui ho parlato nel post sopra linkato, subito sull’autobus da me e da varie altre bambine interminabilmente e ripetutamente, quello è una molestia – e qui siamo, direi, anche al limite della violenza. La pacca sul sedere NO. Non è una cosa da fare, è un gesto cafone, volgare, sgradevole, spregevole, da ricompensare con un sonoro ceffone, NON un crimine da punire con galera più annessi e connessi. E soprattutto NON dovrebbe essere un comodo trampolino su cui costruire una carriera. Una carriera che la signorina, come ampiamente documentato, aveva fin dall’inizio tentato di intraprendere con una interminabile serie di esibizioni del proprio culo. E altro
Quella sentenza è una cosa oscena e abominevole e un crimine contro la giustizia, oltre che uno schiaffo in faccia alle vittime di violenze vere, che spero venga ribaltata in sede di appello. In attesa del quale desidero dedicare alla signorina Greta Beccaglia questa deliziosa canzoncina
PS: ma a me, se per caso mi venisse in mente di chiamarla zoccola, quanti anni mi appiopperebbero?
Roma, Leo Gassmann salva una 30enne americana da uno stupro: “Non dimenticherò mai le sue urla”
Con questa faccia da fighino e questo bel canottierino sono un gran pirla e non lo so…
“Tutti abbiamo il dovere civico di agire: quella ragazza poteva essere mia sorella o la mia fidanzata, non potevo lasciarla lì”, racconta il cantautore 24enne, figlio dell’attore Alessandro
Ha salvato una 30enne americana da uno stupro e ha messo in fuga l’aggressore [veramente più avanti dice che quando lui e i ragazzi sono arrivati l’aggressore era già fuggito: come la mettiamo?].
“Non dimenticherò mai le sue urla” [poteva mancare la nota melodrammatica?]: è ancora molto provato dalla vicenda Leo Gassman, il cantautore 24enne figlio dell’attore Alessandro. Venerdì notte, intorno alle 4, era in zona Portonaccio, a Roma, e tornava a casa da una serata in un locale, quando ha sentito una donna gridare e l’ha vista divincolarsi dalle grinfie di un uomo, tra le auto parcheggiate [al buio in piena notte in mezzo alle macchine lui è riuscito a vedere che cosa stava facendo? Cazzarola!]. Gassman, con l’aiuto di altri giovani presenti sul posto [quindi non l’ha salvata: l’hanno salvata tutti insieme], è intervenuto in soccorso della donna e ha messo in fuga l’aggressore. “Tutti abbiamo il dovere civico di agire: quella ragazza poteva essere mia sorella o la mia fidanzata, non potevo lasciarla lì” [sarebbe a dire che si è chiesto se lasciarla lì o no e poi ha deciso di no perché poteva essere sua sorella o la sua fidanzata? E che se non potesse essere sua sorella o la sua fidanzata avrebbe potuto anche lasciarla lì? Per sentire la necessità di intervenire ha bisogno di un riferimento personale?], ha commentato a Il Messaggero, dopo aver raccontato l’episodio sulla sua pagina Instagram. [“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustiziadavanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensaper voi presso il Padre vostro che è nei cieli.Dunque,quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina,non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.»” Matteo, 6,1-4]
“Io e alcuni passanti [passanti? Come passanti? Non erano dei giovani che erano “presenti sul posto”?] abbiamo soccorso una ragazza americana che era stata poco prima abusata [“era stata poco prima abusata”?! E dunque da dove salta fuori la storia che l’avreste “salvata da uno stupro”?] da un ragazzo di origine francese” [e questo come lo sai? L’aggressore NON È STATO TROVATO, ma tu sai che è “di origine francese” ma che però non è propriamente francese?!], ha riferito Gassman attraverso una story su Instagram. [Starai mica facendo concorrenza alla Ferragni per farti un po’ di pubblicità, visto che sia come cantante che come autore fai cagare?] “Appena ho sentito le urla mi sono avvicinato e ho chiesto una mano a un paio di ragazzi che passavano da quelle parti [cioè ti sei avvicinato, ma prima di intervenire hai aspettato che arrivassero anche gli altri? E se non ci fossero stati quelli saresti intervenuto o no? E quelli non le avevano sentite queste urla? O le hanno sentite ma passavano via?], ma il francese [“il francese”? Ma non era solo “di origine” francese?] era già fuggito”, ha aggiunto, con la morale: “Chi sbaglia va punito”. [E questo cosa c’entra col salvataggio?] Sul posto sono intervenuti la polizia e un’ambulanza e la donna, che ha poi sporto denuncia per violenza sessuale, è stata portata per accertamenti al pronto soccorso dell’ospedale Umberto I. Dimessa, ne avrà per un paio di giorni. “So che si è ripresa e sta meglio, ma ha subito un trauma non indifferente [“non indifferente”. Giuro che se fossi stata io a essere stuprata, un calcio da frantumarti i coglioni non te lo leverebbe nessuno], anche io non dimenticherò mai le sue urla”, [cioè sei traumatizzato quasi uguale a lei?] ha detto Leo Gassmann a Il Messaggero, sottolineando che “ognuno di noi può fare la differenza”. Gli inquirenti, intanto, stanno verificando i racconti della vittima e dei testimoni per risalire all’aggressore, anche attraverso l’analisi delle telecamere di videosorveglianza del vicino deposito di mezzi pubblici Atac. (Qui)
Insomma, tutta la narrazione mi sembra abbastanza confusa e con alcune palesi contraddizioni. Divertente poi questo commento all’articolo
Bravo, da cotanto Nonno e Papà sono sicuro che non avrebbe girato lo sguardo da un’altra parte.
Il nonno è stato indubbiamente un grande attore, ma su come fosse in quanto cittadino non sono sicura che siano note particolari benemerenze. Del padre invece qualcosa sappiamo: è quello che chiama i carabinieri per denunciare i vicini che hanno ospiti a cena, e se ne vanta pubblicamente. Ma c’è chi fa anche di peggio. Di molto peggio.
BRAVO LEO GASSMAN, MA PER QUALCUNO…
dovremmo domandarci perché l’aggressore si sia sentito nella necessità di violentare la ragazza, dovremmo domandarci quante provocazioni la ragazza abbia lanciato allo stupratore, dovremmo ricordarci che in casi simili è meglio favorire il dialogo tra violentatore e violentata per trovare un accordo, del tipo “tu ti accontenti di questo e non arriviamo a un rapporto completo…” perché l’intervento dei soccorritori, se non è improntato al dialogo,, non fa che peggiorare le cose, Tutto questo per i diversamente intelligenti.
Ma quanto infami, quanto immondi, quanto luridi bisogna essere per arrivare a strumentalizzare perfino uno stupro? Quanta merda bisogna avere nel cervello per paragonare una donna stuprata a delle bande di nazisti assassini? Ma già che ci siete perché non prendete le difese anche del povero Hitler, a cui Francia e Gran Bretagna hanno dichiarato guerra senza che lui avesse fatto loro il minimo torto? Ma riuscite a guardarvi allo specchio senza vomitarvi addosso?
Commenterò tra le righe, perché di roba da commentare ce n’è troppa per poterla sistemare tutta in un commento finale.
Capitol Hill come uno stupro: il racconto su IG di Alexandria Ocasio-Cortez
Paragone azzardato o legittimo?
Secondo la scrittrice Dacia Maraini, storica femminista, l’accostamento tra l’assalto a Capitol Hill e lo stupro, a seguito delle dichiarazioni della deputata americana Alexandria Ocasio-Cortez, sarebbe giustificato e plausibile.
E Dacia Maraini è un uomo d’onore.
Vediamo di capire il perché.
L’assalto al Congresso vissuto da Alexandria Ocasio-Cortez
Alexandria era nascosta nel bagno del suo ufficio quando, il 6 gennaio scorso, i sostenitori estremisti di Trump irrompevano all’interno del Congresso americano, mettendolo violentemente a soqquadro.
Se questa è l’idea di soqquadro che ha questa gente,
casa mia in un giorno normale sembra Waterloo dopo la battaglia.
Dei fotogrammi indelebili per la storia americana e per la democrazia intera.
E tutti gli assalti precedenti fatti dalla sinistra, che fotogrammi sono? Tutti spariti? Dimenticati? Cancellati? Immeritevoli di menzione?
La trentunenne deputata democratica ha condiviso pochi giorni fa, in una diretta sul suo profilo Instagram, la trepidazione e la paura di quel momento. Nei primi minuti della diretta-video, Alexandria ribadisce con forza l’importanza di continuare a parlare dell’assalto a Capitol Hill. Sottolineando che chi chiede di dimenticare ciò che è successo assume lo stesso atteggiamento di chi commette violenza.
Quindi riconosce che tutti quelli che non parlano MAI dei violenti assalti precedenti sono complici della violenza, giusto? E, a parte questo, questa non doveva essere la presidenza della pacificazione? Della riunificazione di un’America divisa – ed evitiamo accuratamente di ricordare per colpa di chi è divisa.
Lasciare che tutto venga gettato nel dimenticatoio come se non fosse mai esistito, minimizzandone i traumi e i turbamenti.
Vedi sopra.
“Sono una sopravvissuta”
Tipo Settimia Spizzichino? Primo Levi? Nedo Fiano? Shlomo Venezia? Sami Modiano? Sorella spirituale di tutti loro? O, scendendo a livelli più modesti, di chi ha fatto a piedi decine di piani di scale di una delle Torri Gemelle riuscendo a sbucarne fuori un secondo prima del crollo?
Ed è soffermandosi su questa immagine che la giovane deputata fa la sua spiazzante dichiarazione. Confessa di esser stata lei stessa vittima di abusi, definendosi una sopravvissuta, e l’attacco al Congresso le ha fatto tornare in mente quelle inquietudini del passato che le sono rimaste cucite addosso.
Messa in questi termini, siamo centinaia di milioni di sopravvissute, ma non andiamo in giro a farcene belle. Senza contare che se assimila quando accaduto al Campidoglio a uno stupro e qui si limita a parlare di abusi, non posso che dedurne che deve per forza essersi trattato di cose decisamente modeste: un complimento pesante? Uno sguardo indiscreto?
Alexandria ha raccontato di aver avuto paura di morire quel giorno,
ellapeppa
quando rannicchiata e tremante nel bagno del suo ufficio
tipo Cosetta nella taverna dei suoi aguzzini? Ma quanto ci piacciono queste immagini strizzabudella. E perché rannicchiata poi? Rannicchiati dietro una porta chiusa si è meno visibili? Più al sicuro?
sentiva un uomo urlare dietro la porta: “Where is she?”, “Dov’è lei?”. Volevano lei, facendola ancora sentire il centro di un triste bersaglio.
Hitchcock, sei un dilettante (ma i bersagli sono tristi?).
Nelle ore successive, una volta invitata ad uscire, si scoprì che l’uomo in realtà era un agente di polizia. Ma per Alexandria, purtroppo, la rivelazione della sua identità non fece più alcuna differenza.
Il film dello stupro ormai se lo era già girato tutto e le era piaciuto un sacco, figurati se aveva voglia di riavvolgere la pellicola.
Il terrore provocato da quella possente voce e i pugni sulla porta
un attimo fa aveva parlato solo della voce, adesso saltano fuori anche i pugni?
le avevano fatto tornare a galla il trauma degli abusi subiti.
Il rapporto tra la violenza dei suprematisti di Capitol Hill
suprematisti di cosa? Abbiamo conosciuto i suprematisti bianchi tipo KKK (quattro gatti, ma non sta bene dirlo) che chiamiamo così perché conosciamo le loro aspirazioni di dominio dei bianchi sulle altre razze, abbiamo conosciuto i suprematisti negri, tipo BLM che chiamiamo così perché conosciamo le loro aspirazioni di dominio dei negri sui bianchi, abbiamo conosciuto i suprematisti islamici che chiamiamo così perché conosciamo le loro aspirazioni di dominio dei musulmani sul resto dell’umanità. Questi qui erano suprematisti di quale specie? Qualcuno si è fatto dire da loro chi vogliono che domini e su chi?
e lo stupro
In seguito alla sua diretta, la deputata del Congresso è stata sommersa da commenti solidali e ringraziamenti per il suo coraggio nel parlare di un episodio così doloroso e strettamente personale.
Ah, un coraggio guarda che i pompieri delle torri gemelle al confronto sono dei conigli.
Il contatto che Alexandria ha subito e generato tra la violenza dei protestanti e lo stupro, ad alcuni è sembrato azzardato ma resta comprensibile da un punto di vista “simbolico”.
Io credo che chi ha realmente subito uno stupro, non avrebbe grosse difficoltà a distinguere fra uno stupro e un simbolo.
Il punto di partenza è quello di non concepire lo stupro come un abuso legato prettamente al sesso.
Lo stupro è legato al sesso. Le altre forme di violenza si chiamano violenza, gli altri tipi di abusi si chiamano abusi (per la verità anche gli abusi sessuali, se non sono stupri, si chiamano abusi e non stupri), o devo forse raccontare che sono stata stuprata tutte le volte che qualcuno mi ha insultata, tutte le volte che qualcuno bestemmia in mia presenza, tutte le volte che subisco un’ingiustizia? Le parole hanno un significato, e una società basata, come quella umana, sulla parola, può funzionare solo se ogni parola viene usata con il significato codificato e condiviso. Uno stupro è quando uno te lo mette dentro, punto.
Quest’ultimo è il misero mezzo attraverso cui si realizza, ma la cultura dello stupro resta quella deldominio, il voler sottomettere ed annientare un’altra persona calpestandola nel suo profondo essere.
Lo stupro squarcia irrimediabilmente la dignità e l’anima di una donna; l’assalto al Congresso, come già ribadito, ha colpito l’anima della democrazia.
Al pari di tutti gli altri assalti al Campidoglio di cui nessuno degli stuprati si è mai sognato di parlare, meno che mai condannare.
Sull’onda di questo veemente intreccio,
ecco che torniamo al film
Alexandria Ocasio-Cortez ha deciso perciò di confessare quell’episodio della sua vita,
confessare in che senso? Si confessano gli errori, i torti, le colpe.
cogliendo l’occasione per elaborare il trauma, sia personale che pubblico, dando coraggio a tante altre vittime come lei.
Cioè io ho subito un trauma, vado su instagram, lo racconto e – sim salabim – in tre secondi il trauma è elaborato e non c’è più. C’era l’occasione e non me la sono lasciata scappare.
Ricapitolando: un po’ di persone sono entrate in Campidoglio senza che nessuno glielo impedisse, anzi addirittura accompagnate, e non mi sembra di avere letto che siano anche entrati negli uffici privati; lei se ne sta rannicchiata nel bagno del suo ufficio, un poliziotto bussa (forse: questo non è chiaro), probabilmente, immagino, mandato a cercarla dagli altri che si erano accorti che quella deficiente non era con loro, bussa, dicevo, lei non apre, e lui se ne va. Conclusione: è stata praticamente stuprata. Se qualcuno avesse fatto scattare un accendino per fumare una sigaretta avrebbe detto che era sopravvissuta al rogo. Asia Argento, sei una dilettante.
barbara
AGGIORNAMENTI (grazie ai miei solerti commentatori)
Aggiornamento 1 Myollnir: Alla ricostruzione manca un dettaglio non da poco: La AOC NON era nell’edificio invaso. Era nel suo ufficio, che sta, assieme agli altri uffici dei deputati, a centinaia di metri di distanza, e che non è mai stato preso d’assalto.. Dunque non ha mai corso alcun rischio. E’ solo una piccola contaballe.
Aggiornamento 2 Myollnir: Qualche anno fa si è fatta fotografare piangente davanti alle gabbie dove il perfido Trump rinchiudeva i bambini. Pubblicata su tutti i giornali. Poi qualcuno ha pubblicato una foto da un altro punto di vista, in campo più lungo: circondata dai fotografi, era aggrappata alla recinzione di un parcheggio vuoto. Una cosa ridicola, degna degli eroici reportages da Gaza, più volte sputtanati da Memri. Una piccola contaballe, ma d’altra parte il Grande Contaballe, e plagiaro, ora fa finta di essere il Presidente degli Stati Uniti. C’è in rete un filmato surreale: lui seduto alla scrivania, gli mettono davanti una cartellina e lui, alzando lo sguardo fuori campo con l’occhio perso, chiede: “ma cosa sto firmando?”. per la precisione: “Io non so che cosa sto firmando qui:
Poi ovviamente, mansueto, firma. Che poi hanno anche già mostrato diverse firme da lui apposte sugli ordini esecutivi: identiche, fatte evidentemente con un timbro. (Vale a dire che potrebbe averle messe chiunque? Da quella banda di magliari mi aspetto qualunque cosa. Non dimentichiamo che la Clinton ha sulla coscienza – si fa per dire – decine di morti su cui ha costruito le sue carriere professionale e politica) Siamo in buone mani.
Aggiornamento 3 Paolo Ghezzi: questa una tipa tremante rannicchiata sotto il tappetino del cesso di fronte a un poliziotto deficiente (un bambino di cinque anni avrebbe capito che era nel bagno e avrebbe detto qualcosa tipo: “sono un poliziotto e sono qui per aiutarla. Apra la porta.”)… E un bambino di cinque anni, dovendo inventare, avrebbe inventato un poliziotto che dice qualcosa tipo: “sono un poliziotto e sono qui per aiutarla. Apra la porta.” Che era nel bagno ovviamente lo sapeva, visto che, in questo ridicolo film, i pugni e la voce possente li aveva sentiti solo lì e non anche alle altre porte. Ma in realtà, dovendo inventare un film dell’orrore, il suddetto bambino di cinque anni avrebbe inventato qualcosa di totalmente diverso. A patto che avesse un QI non inferiore a 70. Va bene che patriarcato e machismo non sono più di moda, ma una mozzarella simile dovrebbe rappresentare una superpotenza?
Aggiornamento 4 (a proposito di AOC sconvolta di fronte alla rete di recinzione del parcheggio vuoto) Myollnir: sono qui per servire: clic.
“Un re!” diranno subito i miei piccoli lettori. Ma no, stupidini, quelle sono le fiabe per bambini, siete forse dei bambini voi? Le cose che c’erano una volta di cui voglio raccontarvi sono altre. Il razzismo, per esempio: ne avete mai sentito parlare? Era una cosa bruttissima, sapete. Funzionava così: c’erano delle persone, i razzisti appunto, convinte che ci fossero delle razze superiori e razze inferiori; le vite delle razze inferiori, secondo loro, valevano meno, avevano meno diritti eccetera. Ebbene, adesso non esiste più! Al suo posto ha trionfato l’antirazzismo, che è una cosa bellissima: dice che solo le vite dei negri, preferibilmente musulmani, valgono e tutte le altre no, e se qualcuno si azzarda a dire che tutte le vite valgono – ma si può dire una simile assurdità?! – viene giustamente condannato a morte seduta stante e giustiziato sul posto.
Naturalmente l’antirazzismo punisce, giustamente, anche chi si permette di parlare di razze diverse dalla sua. Cioè no, non in assoluto: solo i bianchi che si permettono di parlare dei negri, mentre il contrario, giustamente, no, non è reato, non è peccato, non è sanzionabile.
“È bianco, non può scrivere di schiavitù”. America e Inghilterra censurano lo scrittore francese de Fombelle. Un mio articolo sul Foglio sulla follia in cui siamo piombati *** Roma. Questo nuovo romanzo Timothée de Fombelle lo aveva pensato trent’anni fa. Aveva tredici anni quando i genitori lo portarono in Ghana per la festa di Ognissanti. “Siamo arrivati sui binari e lì, sulla costa, abbiamo potuto vedere dove gli olandesi, i francesi e gli inglesi hanno tenuto gli schiavi oltre due secoli fa prima di inviarli in America o nei Caraibi. La vegetazione aveva invaso il posto, ma c’erano ancora gli anelli appesi al muro e immagini che non dimenticherò mai…”. Era nata così l’idea di “Alma”, uscito in Francia per Gallimard. Centinaia di migliaia di bambini in tutto il mondo hanno letto i suoi libri. De Fombelle ha scritto alcune delle opere più belle della letteratura francese per l’infanzia. Primo volume di una saga in tre volumi, “Alma” racconta la storia di una ragazza africana durante il periodo della schiavitù e ne evoca la lotta per l’abolizione. Ma il successo francese non sarà bissato in lingua inglese. Perché a differenza di tutti i suoi lavori precedenti, questo di de Fombelle non sarà pubblicato in Inghilterra o negli Stati Uniti. Sarà anche un eccellente scrittore, ma de Fombelle è bianco e in quanto tale non può affrontare il tema della schiavitù. “Da Walker Books, il mio editore inglese che ha una filiale negli Stati Uniti, sono stato avvertito dall’inizio”, ha raccontato lo scrittore al Point. “Un argomento affascinante, ma troppo delicato, mi è stato detto: quando si è bianchi, quindi dalla parte di coloro che hanno sfruttato i neri, non si può appropriarsi della storia della schiavitù. A loro è piaciuto il libro, ma per la prima volta non lo pubblicheranno”. Come se prima di pubblicarlo avessero chiesto a Victor Hugo se avesse mai conosciuto la povertà per potere scrivere di Gavroche e dei “Miserabili”. In “Alma”, il nome dell’eroina, de Fombelle porta il lettore a bordo della “Douce Amélie” nel 1786, che trasporta centinaia di schiavi verso la Francia. Il “crimine” ideologico dello scrittore è emerso negli anni 80 e si chiama “appropriazione culturale”, ovvero quando la cultura “dominante” prende elementi da una minoranza o cultura “dominata”. Due anni fa, a Montreal, la commedia Kanata del famoso drammaturgo del Quebec, Robert Lepage, ha visto una controversia simile perché raccontava la storia dal punto di vista degli amerindi. “Che un uomo bianco possa raccontare la storia della tratta degli schiavi dal punto di vista degli schiavi, anche se questa storia non è ovviamente la sua, è per me la definizione stessa di letteratura”, si è difeso de Fombelle. Ma così va ora. Ora la statua di Victor Schoelcher di fronte al vecchio Palais de Justice di Fort-de-France nella Martinica è gettata a terra e fatta a pezzi. Perché il dandy ateo con vocazione umanitaria che abolì la schiavitù in Francia, per i nuovi antirazzisti, sarebbe in realtà un cripto razzista. E non importa che il vate della negritudine, Aimé Césaire, lo avesse celebrato con queste parole: “Contro la propensione alla tirannia, c’è un antidoto: lo spirito di Victor Schoelcher”. Oggi un bianco non può raccontare gli schiavi, figuriamoci averli liberati. Può solo inginocchiarsi e tacere. E poi c’era una volta, nel barbaro mondo occidentale, patria di ogni oscurantismo, una cosa mostruosa come la libertà religiosa: volevi pregare, non volevi pregare, volevi andare in chiesa, non volevi andarci, volevi pregare per i poveri bambini dell’India che morivano di fame o per le anime del purgatorio per mandarle più presto in paradiso o per la zia malata o perché il fidanzato tornasse da te: erano affari tuoi. Ma oggi per fortuna anche in questo campo la civiltà sta prendendo il sopravvento sulla barbarie: giù le chiese, e basta coi preti che pretendono di pregare per quello che vogliono loro.
E poi c’erano la libertà di pensiero, la libertà di parola, la libertà di stampa. Ecco, provate a rigirarvele in bocca, queste oscenità: non vi viene voglia di sputarle? Non vi viene un conato di vomito per lo schifo? Ma ora rilassatevi: le Forze del Bene hanno lavorato duramente, hanno lottato, hanno sofferto, si sono sacrificate, e alla fine il Bene ha trionfato!
Avevano assunto una columnist non liberal. Ora arrivano le dimissioni di Bari Weiss dal New York Times (oggi si è dimesso anche Andrew Sullivan dal New York Magazine). Storia esemplare su come la sinistra intellettuale sia diventata l’intolleranza ideologica fatta carta. Per quei (pochissimi) giornalisti non progressisti o non ancora allineati al pensiero unico rimasti è sempre più dura. Traduco alcuni stralci della sua lettera di dimissioni perché è un documento importante del tempo miserabile in cui viviamo:
“È con tristezza che scrivo per dirti che mi dimetto dal New York Times. Sulla stampa è emerso un nuovo consenso, ma forse soprattutto in questo giornale: la verità non è un processo di scoperta collettiva, ma un’ortodossia già nota a pochi illuminati il cui compito è informare tutti gli altri. Twitter è diventato l’editor del New York Times. Le mie incursioni nel ‘Wrongthink’ mi hanno reso oggetto di costante bullismo da parte di colleghi che non sono d’accordo con le mie opinioni. Mi hanno chiamato nazista e razzista. Alcuni colleghi insistono sul fatto che ho bisogno di essere sradicata se questa compagnia vuole essere veramente ‘inclusiva’, mentre altri postano emoji accanto al mio nome. Una parte di me vorrebbe poter dire che la mia esperienza è stata unica. Ma la verità è che la curiosità intellettuale – per non parlare dell’assunzione di rischi – è ora una responsabilità al Times. Perché scrivere qualcosa di audace solo per passare attraverso il processo paralizzante di renderlo ideologicamente kosher, quando possiamo assicurarci la sicurezza del lavoro (e dei clic) pubblicando il nostro articolo sostenendo che Donald Trump è un pericolo unico per il paese e il mondo? E così l’autocensura è diventata la norma”
E, aggiungo io, il giornalismo sta morendo…
E infine, nell’orribile mondo arretrato, troglodita, selvaggio, spietato, disumano di una volta c’era lo stupro. La potete immaginare una cosa più orribile, una violenza che non si limita a colpire l’esterno del corpo ma lo vuole colpire anche da dentro, che trasforma l’atto più bello donato alla specie umana in una sofferenza senza fine. E oggi? In questo nostro splendido mondo progressista pieno di luce dove sorge il sol dell’avvenir che sorge libero e giocondo (uhm, no, mi sa che ho fatto un po’ di confusione. Che poi però forse a pensarci bene magari anche no), in questo nostro splendido mondo, dicevo, lo stupro è scomparso? Ecco, proprio scomparso scomparso no, ci vuole un po’ di pazienza, però fortemente diminuito sì. Perché se una donna bianca accusa di stupro un non bianco si tratta chiaramente di una sporca razzista, meritevole del massimo disprezzo e del più deciso ostracismo, e qual è la donna che, dopo avere subito l’onta dello stupro, abbia voglia di coprirsi anche di disonore e di essere trattata come una reietta? E data l’alta percentuale di stupri perpetrati da non bianchi, ecco che la piaga degli stupri denunciati si ritrova come per incanto meravigliosamente ridimensionata.
Ah, come siamo fortunati a vivere oggi, e non nei tempi tristi e bui del C’era una volta!
NON APPENA TU VAI VIA
QUI DIVENTA UN PARADISO E COSÌ SIA
La timeline di CHAZ/CHOP con uno straccio di fonti
Pubblicato il 30 Giugno 2020 alle 19:45
In giro si leggono storie e leggende su quest’esperimento di comune, ma le fonti scarseggiano: ho provato a trovarle io. (…) Giorno 1 – 8 giugno 2020
In seguito alle proteste per l’omicidio di George Floyd, la sede della polizia di Seattle è stata abbandonata, vandalizzata e occupata dai manifestanti assieme a sei quartieri attorno, di norma abitati da persone agiate. Un banner all’ingresso dell’edificio recita “questo spazio ora appartiene alla gente di Seattle” e viene ribattezzata CHAZ, “Capitol Hill Autonomous Zone”. Quando un reporter del NY Times domanda a un manifestante cosa vogliono ottenere, lui risponde: «Vogliamo dimostrare coi fatti che non abbiamo bisogno della polizia.»
Giorno 2 – 9 giugno 2020
A centinaia, i cittadini accorrono per ascoltare dibattiti, poesie e canzoni; arrivano famiglie, i bambini disegnano coi gessetti sull’asfalto, writers dipingono. Viene proiettato in mezzo alla strada il documentario di Ava DuVernay sull’impatto criminale della giustizia americana sulla comunità afroamericana. Dei volontari aprono un sito in cui documentano ogni evento, altri formano un orto ad uso esclusivo degli afroamericani.
ma in realtà avevano fatto anche delle serre, dove si vedono piante ben impamacciate e orti meglio strutturati. Sui social si chiedono donazioni di terra e di manodopera volontaria.
Giorno 3 – 10 giugno 2020
I manifestanti organizzano la prima assemblea popolare di Chaz. Provano a stabilire un ordine gerarchico, ma la folla tuona e ribadisce che la gerarchia deve rimanere orizzontale. Viene istituita la raccolta differenziata, montate le tende, volontari creano un punto di soccorso medico e distribuzione gratuita di acqua, cibo e libri di autori afroamericani o indigeni.
Si fanno vedere alla spicciolata i primi clochard di Seattle in cerca di qualcosa da mangiare e vengono accolti. In Internet viene detto che chi vuole contribuire può fornire vestiti, marijuana, sigarette, pile, bevande energetiche, ricariche telefoniche.
Giorno 4 – 11 giugno 2020
Vengono aperti luoghi di conversazione, ci si dedica a un enorme graffito sull’asfalto con la scritta “Black lives matter”. C’è un’altra assemblea popolare, poi nel pomeriggio si presenta un predicatore cattolico; uomini incappucciati che si autodefiniscono “antifa” lo attaccano, lo strangolano e lo trascinano via cercando di frapporsi tra la vittima e le telecamere.
La portavoce ufficiale della comunità sembrerebbe essere tale Lauracouc, una bianca trans lesbica di 18 anni. “There’s no looting, there’s no violence here, this is really a peaceful zone” dice un intervistato. Lauracouc
Giorno 5 – 12 giugno 2020
Il diario con il resoconto quotidiano di CHAZ smette di essere compilato. I residenti e commercianti della zona si trovano i negozi devastati e non possono raggiungerli né lavorare, mentre i residenti non possono tornare a casa, vengono molestati e servizi di nettezza urbana, polizia, ambulanza e vigili del fuoco non sono garantiti. Quando i commercianti provano a parlare coi cittadini di CHAZ, scoprono che ci sono uno sfacelo di fazioni e ognuna dice di essere quella che comanda.
L’orto diventa accessibile e coltivabile a tutti.
La polizia riferisce che le richieste d’aiuto durante la notte stanno aumentando. L’account Twitter “Seattle antifascist” dice che a CHAZ hanno bisogno di più gente armata. La sera l’atmosfera non è delle migliori, in effetti.
Giorno 6 – 13 giugno 2020
La pagina Facebook di Chaz viene inondata da dozzine di ex fidanzate della portavoce che raccontano di essere state molestate e abusate da lei. Lauracouc ammette di aver fatto quello di cui è accusata e promette di porre fine alla sua vita, poi il giorno dopo torna a scrivere come niente fosse. Durante la notte le telefonate al 911 sono triplicate: e qui arriva Raz Simone.
Raz viene ritratto da Forbes come un uomo di “ampie vedute, intelligente, illuminato, con una mentalità imprenditoriale, appassionato di uguaglianza razziale e giustizia, proprietario di una casa da milioni di dollari a Seattle, che guida una Tesla e vuole agire per aiutare la sua comunità e la sua società”.
Forbes dimentica di menzionare che Raz per sua ammissione era un magnaccia, rapava la testa alle donne che faceva prostituire se protestavano ed era autore di commentini deliziosi tipo
La mentalità imprenditoriale di Raz lo spinge a circondarsi di uomini con armi automatiche, autoproclamarsi polizia di Chaz e girare chiedendo pedaggi o molestando le persone presenti. Qui lo vediamo pestare a sangue uno dei tanti writers (video completo qui) dimostrando le sue ampie vedute: «Mi sa che hai bisogno di un po’ d’amore» dice. Quando il tizio urla «Mi hai rotto gli occhiali!» lui replica «sì, avrei dovuto romperti la faccia», poi lo rapina del cellulare e quando il tizio protesta gli dice «Non provarci o ti faccio saltare il cervello». Qui discute civilmente con un giornalista prima di picchiarlo.
Giorno 7 – 14 giugno 2020 Due tossici distruggono l’orto dedicato agli afroamericani nell’indifferenza generale. C’è una sparatoria nella quale rimane ucciso un ragazzo afroamericano di 19 anni e un 33enne rimane ferito. I residenti di Chaz chiamano la polizia, ma una folla armata e aggressiva gli impedisce di entrare. Alcuni suggeriscono che per coerenza, davanti all’ennesimo omicidio di una persona di colore, la comunità di Chaz dovrebbe mettere tutto a ferro e fuoco e creare una comunità autonoma all’interno della comunità autonoma dove la polizia di Raz Simone non può entrare. Ma c’è un problema maggiore: il cibo. Le donazioni scarseggiano e i barboni si sono rubati le scorte.
Giorno 8 – 15 giugno 2020
C’è una seconda sparatoria in cui perde la vita un ragazzino di 16 anni e un altro di 14 rimane gravemente ferito. La gente comincia ad abbandonare Chaz, mentre i signori della guerra la milizia rafforza le barricate per evitare che entrino provocatori ed estremisti di destra. I furti e le rapine sono all’ordine del giorno e viene registrato il primo caso di tentato stupro ai danni di una ragazza sorda, attratta in una tenda con la promessa di cibo.
I furti si sprecano a cui seguono processi sul posto e punizioni corporali. In Internet vengono fatte richieste di cibo di qualsiasi tipo; gli incendi diventano un problema, perché i pompieri non si fidano a entrare.
Giorno 9 – 16 giugno 2020
Nella terza sparatoria rimane ucciso il rapper di 19 anni Lorenzo Anderson. Ora la polizia e le ambulanze hanno il permesso di entrare, ma non esistono testimoni di alcun tipo: i colpevoli non vengono né cercati né trovati perché gli occupanti di CHAZ sono “non cooperative” con le forze dell’ordine. Commercianti e residenti riferiscono alla polizia tentativi di estorsione da parte dei manifestanti che vogliono il pizzo per permettere alla gente di aprire il negozio o il ristorante. In 18 decidono di querelare la città per mancato servizio.
La polizia decide che può bastare
In meno di 10 giorni la comunità ideale è diventata un luogo con barriere e checkpoint che soffoca e rimuove gente di fede diversa, crea zone e spazi basandosi sul colore della pelle. Ruba, stupra, uccide, estorce, ha un elevato tasso di omertà e di criminalità organizzata, ha bisogno di armi per definire il proprio potere e la propria sicurezza, uccide ragazzini e ha molestatori che occupano qualsiasi posizione sociale. L’esperimento di un mondo senza polizia è considerato concluso. Dall’account Twitter, CHAZ/CHOP dichiara che la protesta continuerà in Internet. Le barriere vengono rimosse e, lentamente, si torna alla normalità.
violentate e decapitate in Marocco, rubo ancora una volta, anzi, ancora due volte, la parola a Giulio Meotti
Ho appena visto il video della decapitazione delle due ragazze scandinave in Marocco. L’umanità ha una tendenza naturale ad abituarsi alle peggiori atrocità. E in quindici anni di giornalismo ne ho visti tanti di macellamenti simili: soldati americani, fedeli cristiani, giornalisti ebrei… E non ho mai abbassato lo sguardo di fronte a questa terribile Gorgone jihadista. Ho letto ogni dettaglio di come hanno evirato gli atleti israeliani a Monaco ’72 e hanno fatto bere la pipì ai bambini di Beslan prima di ucciderli. Ma con il video delle due ragazze non ce l’ho fatta e ho tolto l’audio, dopo aver sentito le prime urla mentre le staccavano la testa, facendo fatica con l’osso del collo. Sarà irrazionale, ma con una donna è diverso. Neppure ai maiali i contadini di una volta, delle mie terre, impartivano una morte simile. Nel video si vede una ragazza sola, a terra, in mutande, con una maglietta, nelle mani di un branco di animali. Pensavo ai loro genitori mentre scorrevano le immagini. Non c’è molto da commentare. Se non sperare che i loro assassini vengano trovati e uccisi. E che l’Occidente, cui è rivolto quel video, capisca una volta per tutte che non è possibile negoziato, debolezza o codardia con l’ideologia di chi fa questo, ma soltanto la guerra.
Io ho visto quello di Daniel Pearl, che doveva essere pesantissimamente drogato e non ha avuto alcuna reazione. Poi non ne ho visti altri. È bene che qualcuno abbia il coraggio – lo stomaco, più che altro – di farlo, ma quella non sono io. Quanto al post di Giulio Meotti, concordo pienamente con la conclusione: contro questa barbarie c’è solo la guerra. E aggiungo questa sua ulteriore riflessione.
Ieri notte ho fatto un sogno. Ero un estremista islamico che pensava fra sé e sé: “Strani questi occidentali. Ci siamo schiantati con gli aerei nei loro grattacieli a New York; li abbiamo macellati nei teatri e nei ristoranti di Parigi, nei treni di Madrid, negli autobus e nella metro di Londra, nelle strade di Nizza e Stoccolma e Berlino e Barcellona, all’aeroporto di Bruxelles, nei centri ebraici di Tolosa e Roma, negli alberghi di Mumbai, nelle spiagge di Sousse e Sharm; abbiamo ucciso i loro vignettisti e li abbiamo costretti a non disegnare e a scrivere più nulla; abbiamo messo in fuga i loro ebrei; abbiamo portato in tribunale i loro scrittori; abbiamo costretto a girare sotto scorta i loro giornalisti; abbiamo trasformato i loro mercatini di Natale in bunker; abbiamo violentato le loro donne a Colonia; ne abbiamo cacciato i fratelli cristiani dalle terre di origine; abbiamo cambiato i connotati di alcune loro bellissime città facendole assomigliare alla nostra casbah e riempiendole di denaro e moschee e veli e spose bambine e mutilazioni genitali e delitti d’onore; abbiamo pure fatto a pezzi due loro ragazze in Marocco. Sono vent’anni che diamo loro la caccia, che li sbraniamo, che li attacchiamo per quello che sono ovvero giudeo-cristiani-illuministi. Abbiamo ucciso non so quanti dei loro bambini. Li abbiamo costretti a togliersi anche le scarpe prima di salire su un aereo. Ma questi occidentali ancora non hanno capito e continuano a dire che è solo colpa loro, il petrolio, il razzismo, Guantanamo, la disoccupazione, le crociate, certi giornalisti cattivi, Israele, le guerre, che noi non conosciamo davvero l’Islam, che dobbiamo andare da uno psicologo e che tutto andrà bene, perché vogliamo tutti le stesse cose e che, comunque, non avremo mai il loro odio”. Poi mi sono svegliato. Non era un sogno. Era tutto terribilmente vero.
Credo valga la pena di ricordare ogni tanto le sagge e, temo, profetiche, parole di Mordechai Horowitz: «Gli arabi amano i loro massacri caldi e ben conditi…e se un giorno riusciranno a “realizzarsi”, noi ebrei rimpiangeremo le buone camere a gas pulite e sterili dei tedeschi….».
Vorrei dire ancora due parole su questo insulso e sconclusionato articolo (pare che i giornali femminili stiano diventando sempre più insulsi e sconclusionati, oltre che inutili), che parte con condivisibili considerazioni sul prezzo che accade di dover pagare quando, in nome della libertà, si sceglie di viaggiare da soli in luoghi pericolosi, soprattutto quando si tratta di donne (e cita come esempio il caso di Pippa Bacca), per poi concludere polemizzando con chi richiama l’attenzione sul fatto che una maggiore prudenza non guasterebbe. Meno male che i giornali femminili ho smesso di leggerli da almeno un quarto di secolo.
Quanto a quelli che ci invitano a non generalizzare, a ricordare che dopotutto gli estremisti sono una minoranza, che l’islam moderato esiste, che non si può fare di tutta l’erba un fascio, che da noi è pieno di musulmani onesti che lavorano dalla mattina alla sera, che… potrà essere utile un’occhiata a questo barbara
Normandia: giudicato per lo stupro di una liceale, viene assolto
22 novembre 2018
Un giovane processato dalla Corte d’Assise della Manica è stato assolto per lo stupro di una liceale e condannato per l’aggressione sessuale di un’altra minorenne. Il verdetto è stato emesso mercoledì 21 novembre 2018.
Il verdetto è stato pronunciato mercoledì 21 novembre 2018 nel processo in tribunale di un giovane di 21 anni accusato di stupro e violenza sessuale di due ragazze liceali a Saint-Lô (Manica) alla fine del 2015. L’accusa aveva richiesto sei anni di reclusione.
L’accusato è stato assolto dallo stupro ma condannato per l’aggressione sessuale della prima vittima a due anni di carcere con sospensione condizionale legata a una messa in prova. Sarà inserito nel registro dei responsabili di reati sessuali. È dunque uscito libero dal tribunale di Coutances.
Niente “codici culturali”
Il difensore ha sostenuto le difficoltà di interpretazione che, secondo lei [sì, l’avvocato è una donna, esattamente come quella che ha esibito in aula le mutande della vittima
(d’altra parte c’è da credere che le mutande altrui siano le uniche che ha l’occasione di poter esibire, dovendosi fortemente dubitare che qualcuno abbia mai manifestato il desiderio vedere più in là del già troppo che tocca contemplare)] sono il filo conduttore di questi casi. Difficoltà di interpretazione da parte del suo cliente che “non aveva i codici culturali” per rendersi conto di aver imposto una relazione per paura o sorpresa. Difficoltà di interpretazione da parte della vittima che potrebbe aver interpretato un’occhiata come una minaccia e quindi una costrizione [questa non l’ho mica capita: come è stato riconosciuto dallo stesso tribunale che lo ha assolto, lui non le ha dato un’occhiata da lei erroneamente interpretata come una minaccia: lui l’ha STUPRATA!]. Difficoltà di interpretazione degli investigatori che non sapevano come misurare lo sgomento della vittima [? Cioè se io sono stata stuprata ma non appaio sufficientemente sgomenta non c’è motivo di condannare lo stupratore?].
Dopo la dichiarazione del verdetto, il presidente ha avuto cura di chiarire che “la decisione della corte non è una messa in discussione della sincerità” della denunciante. La corte ha valutato che l’imputato non aveva coscienza di imporre un rapporto sessuale. (qui, traduzione mia)
Si noti che in nessun punto dell’articolo c’è il minimo cenno all’identità dello stupratore, del quale solo con ulteriori ricerche si apprende che è un immigrato del Bangladesh, e si apprende, inoltre, che la ragazza stuprata ha tentato il suicidio. Noi, d’altra parte, l’anno scorso abbiamo avuto la geniale magistrata Carmen di Genio
che oltre a coltivare la bizzarra convinzione che per strada in casa in auto su un prato in discoteca nel fienile eccetera eccetera la legge italiana consente di stuprare a volontà (libero stupro in libero stato, madre, libero stupro in libero stato) e solo in spiaggia no, ignora anche che non esistono stati in cui lo stupro non sia reato. In vari stati, soprattutto islamici, non è considerato reato il rapporto sessuale imposto alla moglie, ma quello imposto a qualunque altra donna non solo è reato ma non di rado, e soprattutto proprio nei Paesi africani, comporta addirittura la pena di morte. E non ci fermiamo qui: abbiamo anche spacciatori colti in flagrante e assolti perché poverini lo spaccio è la loro unica fonte di sostentamento e varie altre analoghe sciocchezzuole. E niente, dobbiamo rassegnarci all’evidenza che esistono cittadini – e magari neanche cittadini – di serie A e cittadini di serie B. E non ho bisogno di esplicitare le identificazioni dei due gruppi, vero? Vabbè, mi fermo per non farmi venire un attacco di fegato; voi invece non fermatevi e andate a leggere anche qui.
dopo avere vinto l’appello. Già, perché in Inghilterra in attesa dell’appello si sta in galera: niente presunzione di innocenza. Ma mica per tutti, eh! No no, questo trattamento è riservato unicamente ai criminali più pericolosi, come Tommy Robinson, appunto. Nel caso qualcuno non sapesse o avesse dimenticato chi è, vi propongo questo articolo di un po’ più di due mesi fa.
Regno Unito, arrestato Tommy Robinson: oppositore delle gang di stupratori
L’incredibile vicenda giudiziaria di Tommy Robinson, ex leader della English Defense League arrestato nel Regno Unito per uno stream di fronte a un tribunale
È passato perlopiù sottotraccia, in Italia, l’arresto sommario dell’attivista anti-islamico e giornalista indipendente Tommy Robinson, fondatore ed ex leader del movimento English Defense League (Edl).
Robinson è stato prelevato a forza dalla Polizia del Regno Unito venerdì scorso, 25 maggio, all’esterno di un tribunale a Leeds, mentre raccontava via streaming l’ennesimo processo ai membri di uno dei gruppi di stupratori seriali – perlopiù di origini pakistane – che per decenni hanno molestato e violentato, torturato e talvolta ucciso, decine di migliaia, forse addirittura un milione di minori britannici. Le autorità e i media britannici hanno deliberatamente ignorato quest’inferno per oltre trent’anni, in nome del superiore interesse della convivenza multiculturale. Dieci anni fa, però, proprio la Edl di Robinson ha contribuito in maniera determinante a far deflagrare lo scandalo, che oggi è tristemente simboleggiato da Rotherham: una cittadina dove le cosiddette “grooming gangs” (“bande di adescatori”) hanno stuprato almeno 1.400 minorenni. Per questa sua scomoda e rumorosa testimonianza, Robinson è divenuto sin dal 2009 un nemico pubblico dello Stato, e un bersaglio della schiacciante forza coercitiva delle autorità britanniche.
Venerdì scorso, dunque, Robinson è stato arrestato in diretta Facebook, di fronte agli schermi di decine di migliaia di suoi follower, con l’accusa di turbare l’ordine pubblico. Trascinato di fronte a un giudice in assenza del suo avvocato, Robinson è stato sommariamente condannato a 13 mesi di reclusione per oltraggio alla corte, e prontamente trasferito nel penitenziario di Hull. Il giudice che ha convalidato il suo arresto, reso esecutivo in appena cinque ore, si è premurato poi di censurare la stampa nazionale, intimando con un’ordinanza di non dare copertura alla vicenda. I media britannici hanno frettolosamente rimosso i primi resoconti, e sono tornati ad occuparsi del caso solo alcuni giorni più tardi. A onor del vero, il 35enne Robinson era consapevole dei rischi che correva esercitando la sua libertà di espressione: l’attivista era già stato arrestato e condannato lo scorso anno, a Canterbury, sempre fuori da un tribunale, e sempre per aver tentato di accendere i riflettori su un processo a carico di un gruppo di stupratori musulmani. Quanti conoscono i trascorsi giudiziari di Robinson hanno accolto senza sorpresa la notizia del suo arresto. Si tratta infatti dell’ultimo capitolo di una incredibile odissea giudiziaria in corso da un decennio, durante la quale le autorità britanniche hanno sottoposto Robinson e la sua famiglia ad abusi e violenze che lui stesso ha raccontato in libro e in una recente videointervista. Durante i suoi precedenti soggiorni nelle patrie galere, Robinson è sopravvissuto in almeno due occasioni a tentativi di omicidio da parte di detenuti islamici, cui le autorità giudiziarie e carcerarie del paese lo avevano deliberatamente consegnato.
Dalle parole del giudice Heather Norton, che lo scorso anno ha condannato Robinson dopo il suo arresto a Canterbury, emerge una peculiare concezione dei diritti fondamentali: “Questo processo non riguarda la libertà di parola o di stampa, né il legittimo giornalismo o la correttezza politica”, aveva affermato Norton. “Si tratta di giustizia, di assicurare che un processo possa essere portato a termine in maniera giusta ed equa, si tratta di tutelare il principio dell’innocenza sino a prova contraria”. Il giudice Norton si riferiva alla presunzione d’innocenza degli stupratori seriali, minacciati a suo dire da uno streaming fuori da un’aula giudiziaria. Eppure, come sottolinea Bruce Bawer, del think tank Gatestone Institute, il Regno Unito garantisce a quei soggetti “il pieno diritto a un giusto ed equo processo; il diritto a scegliere e farsi rappresentare da un avvocato; il diritto a disporre di tempo sufficiente a preparare il loro caso, ad essere scarcerati su cauzione tra le singole sessioni processuali”. Nessuno di questi diritti è stato concesso a Tommy Robinson. Peggio: è ben noto come le autorità britanniche facciano poco o nulla per proteggere le testimoni dei medesimi procedimenti dalle famiglie estese dei loro violentatori. Folle di uomini e donne in hijab sono solite riunirsi indisturbate fuori, e talvolta addirittura all’interno degli edifici dei tribunali britannici proprio per intimidire le vittime. Questa situazione ha portato i ricercatori della Bath University, autori di uno studio in materia, ad avvertire che nel Regno Unito i diritti delle vittime di stupro sono “quasi subordinati” a quelli dei loro aguzzini.
E voi, care suffragette del #metoo, dove siete? Voi, femministe d’alto bordo, pronte a fare sfracelli se non vi si dice sindaca ministra avvocata ingegnera, dove siete? Voi, opinion leader che scatenate virulente campagne mediatiche contro gli orchi che osano chiedere a signore adulte e vaccinate di fargli un massaggio nella propria camera da letto e se quelle ci stanno, hanno l’incredibile presunzione di pensare che ci stiano, dove siete? Ah già, dimenticavo, scusate: voi non siete razzisti: i crimini vanno denunciati e i criminali banditi dalla società solo quando appartengono alla nostra “razza”, altrimenti è tutto in ordine.
Catherine Deneuve ha recentemente firmato un documento in cui si invitava, tra l’altro, a non confondere un corteggiamento insistente, dei complimenti di dubbio gusto, delle avance un po’ pesanti, con le vere molestie (tipo una persona in famiglia che approfitta di ogni occasione per incantonarti e allungare le mani, per intenderci – e tu sai perfettamente che se parlassi nessuno ti crederebbe e ti riempirebbero di botte per avere osato infangare quell’anima pura -, o il parroco, o l’istruttore scout, o l’allenatore di calcio. Eccetera) e queste ultime con lo stupro. In risposta a questa presa di posizione (che rivendica, in sostanza, il diritto di un uomo di provarci con una donna che gli piace, e quello di una donna di gradire un complimento), un “artista” di nome Alessandro Palombo ha realizzato e pubblicato questo fotomontaggio
il cui significato è chiaramente “meriteresti che capitasse a te”. Dimostrando di essere totalmente incapace di distinguere un’avance da un crimine, una pacca sul culo da un massacro. Dimostrando, cioè, che Catherine Deneuve ha ragione al 100%.
(non è più recentissimo, ma altre urgenze premevano nei giorni scorsi)
Le belle vere, voglio dire. Cioè, tanto per intenderci
E intelligenti. E brave: quelle che non hanno bisogno di comprare favori, perché sono loro a portare ricchezza e fama a registi e produttori che le fanno lavorare. Ecco, loro non si precipitano a strillare anch’io anch’io, non ci stanno a farsi incastrare nella gabbia del vittimismo a oltranza. E prendono le distanze da tutto questo canaio. Riporto dunque integralmente, per prima cosa, la famosa lettera aperta di un centinaio di donne francesi, fra cui Catherine Deneuve.
Lo stupro è un crimine. Ma rimorchiare in maniera insistente o imbarazzante non è un delitto, né la galanteria un’aggressione machista. Dopo l’affaire Weinstein c’è stata una legittima presa di coscienza delle violenze sessuali esercitate sulle donne, specialmente nell’ambiente professionale, dove alcuni uomini abusano del loro potere. Era necessaria. Ma questa liberazione della parola si è trasformata oggi nel suo contrario: ci dicono che bisogna parlare in un certo modo, di tacere su ciò che può urtare, e le donne che rifiutano di piegarsi a queste regole sono guardate come delle traditrici, delle complici! Ora, è proprio del puritanesimo prendere in prestito, in nome di un preteso bene generale, l’argomento della protezione delle donne e della loro emancipazione per incatenarle meglio a uno statuto di vittime eterne, di povere piccole cose in balia di demoni fallocratici, come ai bei vecchi tempi della stregoneria.
Di fatto, #MeToo ha dato vita nella stampa e sui social network a una campagna di delazioni e di messa in stato d’accusa pubblica di individui che, senza che gli sia lasciata la possibilità né di rispondere né di difendersi, sono stati messi esattamente sullo stesso piano di aggressori sessuali. Questa giustizia sommaria ha già fatto le sue vittime, gli uomini sanzionati nell’esercizio del loro mestiere, costretti alle dimissioni, eccetera. Il loro solo torto è aver toccato un ginocchio, rubato un bacio, parlato di cose “intime” durante una cena professionale e inviato dei messaggi a connotazione sessuale a una donna che non era reciprocamente attratta. Questa corsa a inviare i “porci” al mattatoio, al posto di aiutare le donne a diventare autonome, fa il gioco in realtà dei nemici della libertà sessuale, degli estremisti religiosi, dei peggiori reazionari che credono, in nome di una concezione vittoriana del bene e della morale, che le donne siano degli esseri “a parte”, delle bambine col viso da adulte che reclamano di essere protette. Di fronte a loro gli uomini sono costretti a mostrare la loro colpa e dissotterrare, andando al fondo della loro coscienza retrospettiva, un “comportamento oltremisura” che avrebbero potuto tenere dieci, venti o trent’anni fa, e pentirsene. La confessione pubblica, l’incursione di procuratori autoproclamati nella sfera privata, installa un clima da società totalitaria.
L’ondata purificatrice non sembra conoscere alcun limite. Da una parte si censura un nudo di Egon Schiele su una pubblicità, dall’altra si chiede il ritiro di un dipinto di Balthus da un museo perché costituirebbe un’apologia della pedofilia. Confondendo l’uomo e l’opera, si chiede il divieto della retrospettiva di Roman Polanski alla Cinémathèque e si ottiene il rinvio di quella consacrata a Jean-Claude Brisseau. Un’universitaria giudica il film “Blow-Up” di Michelangelo Antonioni, “misogino” e “inaccettabile”. Alla luce di questo revisionismo, John Ford (“La prigioniera del deserto”) e anche Nicolas Poussin (“Il ratto delle sabine”) iniziano ad avere paura.
Alcuni editori chiedono ad alcune di noi di rendere i nostri personaggi maschili meno “sessisti”, parlare di sessualità e di amore con meno dismisura o ancora di fare in modo che “i traumi subiti dai personaggi femminili” siano resi più evidenti! Prossimo al ridicolo, un progetto di legge in Svezia vuole imporre un consenso esplicitamente notificato a ogni candidato a un rapporto sessuale! Ancora uno sforzo e due persone adulte che avranno voglia di andare a letto insieme subito prima dovranno, tramite una app del loro smartphone, firmare un documento nel quale le pratiche che accettano e che rifiutano saranno debitamente specificate.
Il filosofo Ruwen Ogien difendeva la libertà di offendere in quanto indispensabile alla creazione artistica. Allo stesso modo difendiamo la libertà di importunare, indispensabile alla libertà sessuale. Siamo oggi sufficientemente avvertite per ammettere che la pulsione sessuale è per natura offensiva e selvaggia, ma siamo anche sufficientemente perspicaci per non confondere un rimorchio imbarazzante con un’aggressione sessuale. Soprattutto siamo coscienti che la persona umana non è un monolite: una donna può, nella stessa giornata, dirigere un’équipe professionale e gioire di essere l’oggetto sessuale di un uomo senza essere né una “troia” né una vile complice del patriarcato. Ognuna di noi può fare attenzione al fatto che il suo stipendio sia uguale a quello di un uomo, ma non sentirsi traumatizzata per uno “struscio” nella metro, anche se questo è considerato come un reato. Può anche immaginare un comportamento del genere come l’espressione di una grande miseria sessuale, o comunque come un non-avvenimento.
In quanto donne, noi non ci riconosciamo in questo femminismo che, al di là delle denunce degli abusi di potere, prende il viso di un odio degli uomini e della sessualità. Pensiamo che la libertà di dire no a una proposta sessuale non esista senza la libertà di importunare. E consideriamo che bisogna rispondere a questa libertà di importunare in altro modo che trincerandosi dietro il ruolo della preda. Quelle tra noi che hanno deciso di avere dei bambini, credono che sia più giudizioso educare le nostre figlie in modo che siano sufficientemente informate e coscienti per poter vivere pienamente la loro vita senza lasciarsi intimidire né colpevolizzare. Gli incidenti che possono toccare il corpo di una donna non inficiano necessariamente la sua dignità e non devono, per quanto siano duri, necessariamente fare di lei una vittima perpetua. Perché non siamo riducibili al nostro corpo. La nostra libertà interiore è inviolabile. E questa libertà che noi abbiamo cara non esiste né senza rischi né senza responsabilità. (qui l’originale)
Poi è arrivata Brigitte Bardot, a dire la sua:
«Ci sono molte attrici che fanno le civette con i produttori per strappare un ruolo. Poi vengono a raccontare di essere state molestate». Aggiungendo che trovava «Affascinante che mi dicessero che ero bella o che avevo un bel sederino…questo tipo di complimenti sono piacevoli» (qui). [Sì, in effetti: incrociare per strada, magari a cinquant’anni, qualcuno che poi si gira e commenta “bel culetto”, non mi si venga a dire che non fa piacere! (Sì, lo so, sono una zoccola, pervertita, perversa, collaborazionista degli Orchi, e faccio piangere non solo la Madonna, che sarebbe il meno, ma anche, anzi soprattutto, la Sua ancella preferita, Santa Asia Argento vergine e martire)]
E al seguito delle francesi, si è cominciato ad assistere a qualche risveglio anche da noi.
Candida Morvillo, giornalista: “Abbiamo fatto un miscuglio pericoloso, accomunando stupri e molestie, molestie e avance. Stiamo cercando di sostituire un sistema di potere maschile con un sistema di potere femminile, che dal primo ha mutuato il peggio. Non sento il pericolo di un nuovo puritanesimo, ma di un’aggressione cieca all’uomo sì”. Lory Del Santo: “Al fondo di tutto vedo solo una vendetta volgare, di donne molto violente. Il potere che alcune contestano deriva da una codificazione antica, ormai trascorsa, naturalmente superata: puntare oggi il dito contro qualcosa che trent’anni fa era considerato lecito mi sembra meschino e schifoso.” (qui)
E Asia Argento? Tra una fuga e l’altra dal Mossad che, scatenato dall’Orco Weinstein, vuole uccidere lei e i suoi figli, trova il tempo di twittare
che le cento “spiegano al mondo come la misoginia che hanno interiorizzato le abbia lobotomizzate fino al punto di non ritorno”
E Asia Argento che dà della lobotomizzata a qualcuno, lasciatemelo dire, è roba da pisciarsi addosso dal ridere. Ancora due parole sulla nuova meravigliosa avanzatissima proposta di legge in Svezia:
prevede l’obbligo di esplicitare il consenso prima di un rapporto sessuale – con le parole o con dei comportamenti inequivocabili e mi auguro che verrà pubblicata una tabella con l’elenco dettagliato e illustrato di quelli che possono essere presentati in tribunale come “comportamenti inequivocabili”, e che il componente maschio della coppia abbia il diritto di filmare la partner dal momento dell’incontro fino alla completa consumazione del rapporto sessuale, in modo da potersi difendere da eventuali accuse, documentando che i comportamenti della partner sono stati fra quelli stabiliti come inequivocabili. Inoltre
parte dal principio che un rapporto sessuale legale debba essere accettato da entrambe le parti, e non che da un rapporto indesiderato una persona debba dissentire o si debba difendere. Vale a dire che non c’è bisogno che io dica no senti non mi va: è sufficiente che lui controlli la tabella e verifichi che i miei comportamenti non sono fra quelli elencati; fatto questo, se si azzarda a dirmi che gli piaccio lo spedisco a marcire in galera per quattro anni, così impara. Ho anche letto, non ricordo più dove, che una donna ha il diritto di dire di no in qualunque momento, che se dopo qualche bacio, magari con l’aggiunta di qualche carezza, magari anche spinta, magari anche molto spinta, io mi sento a posto così e non desidero altro, lui si deve immediatamente fermare. Ora, se io mi apparto con uno incontrato in discoteca, o al bar, o a una festa, si suppone che abbia l’abitudine agli incontri occasionali; voglio dire, non sono candida e ingenua come la povera Asia Argento, qualche idea sugli uomini, su che cosa in genere fanno con le donne, che cosa si aspettano di fare con una donna che accetta di appartarsi con loro, si suppone che ce l’abbia. Stando così le cose, non sarebbe il caso che se ho solo voglia di due coccole provveda ad avvertirlo in anticipo, in modo che il meschino non si trovi davanti alla sorpresa all’ultimo momento e si prepari a frenare? Cioè, va benissimo i diritti delle donne, ma tutti i diritti noi e tutti i doveri loro siamo sicuri che sia la migliore ricetta per costruire il paradiso in terra? E proviamo magari a immaginare il contrario: lui comincia, e poi va avanti, e poi va ancora avanti, e poi ancora, e quando ormai quasi ci sono dice ok basta, io sono a posto così: che cosa ne dite?
E per chiudere in bellezza, guardate un po’ cosa spunta fuori dall’ombra dei loro armadi…