BENE!!!!

Finalmente qualcosa comincia concretamente a muoversi.

Eitan, arrestato a Cipro l’uomo che aiutò il nonno nel rapimento del bimbo

Gabriel Abutbul Alon è sospettato di essere un contractor impegnato in zone di guerra. È stato bloccato a Limisso, cittadina sul mare nella parte greca dell’isola di Cipro

Lo hanno arrestato a Limisso, la cittadina sul mare a Sud nella parte greca dell’isola di Cipro, in cui Gabriel Abutbul Alon risulta risiedere. La polizia cipriota non deve aver faticato poi così tanto per trovarlo: ha semplicemente seguito le tracce del suo telefonino. Finisce così, fin troppo banalmente per un personaggio sospettato di aver fatto parte di un’agenzia americana di contractor impegnati in teatri di guerra come Iraq ed Afghanistan ed abituati a muoversi con le tecniche più sofisticate di copertura e anonimato, la latitanza del misterioso Alon, inseguito da un Mandato di arresto europeo (Mae) attivato dal procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti e dal pm Valentina De Stefano per il sequestro del piccolo Eitan Biran, l’unico sopravvissuto della tragedia della funivia del Mottarone.

Secondo le indagini, l’11 settembre scorso Alon aiutò il nonno di Eitan, Shmuel Peleg, ex militare israeliano di 58 anni [no, scusi signor giornalista, questa è veramente una puttanata: in Israele tutti i ragazzi di vent’anni, maschi e femmine, sono militari e tutti quelli sopra i vent’anni, maschi e femmine, sono ex militari, quindi il segnalare il fatto per una specifica persona è del tutto privo di senso], a rapire Eitan dopo averlo prelevato, durante uno degli incontri periodici autorizzati dal tribunale, in casa della zia paterna, Aya Biran, che lo aveva in affidamento dall’incidente del 23 maggio in cui il piccolo perse i genitori (la madre era figlia di Peleg), il fratellino di 2 anni e un bisnonno [due, veramente]. Il bambino fu portato in auto in Svizzera e da lì in Israele a bordo di un aereo privato noleggiato nei giorni precedenti da Alon per 46 mila euro, che nel tardo pomeriggio atterrò a Tel Aviv. I sospetti degli investigatori della squadra mobile di Pavia, guidata da Giovanni Calagna, si focalizzarono immediatamente su Peleg e Alon. Appena due giorni dopo il rapimento, su richiesta dei pm, il gip Pasquale Villani emise un’ordinanza di custodia nei loro confronti alla quale seguì il Mae per Alon e un mandato di cattura internazionale per Peleg che, però, è poco probabile venga mai eseguito dalle autorità di Tel Aviv. Alon era già apparso sulla scena di questa storia tragica, in cui la contrapposizione tra i familiari paterni e materni di Eitan è diventata motivo dominante. Ora il piccolo è stato affidato definitivamente anche in Israele ad Aya e presto tornerà in Italia, come potrebbe avvenire anche per Alon con la procedura rapida del Mae. L’uomo si era prima presentato ad agosto come «legale israeliano» tra gli avvocati di Peleg e della ex moglie Esther Cohen (indagata per il sequestro) in un’udienza a Pavia sull’affidamento di Eitan. Non essendo avvocato, fu allontanato. Usa l’indirizzo mail gabriel@blackwater.army, dominio che fino al 2011 era il nome della società di mercenari Usa «Academi».

Dalle indagini la sua figura emerge al momento come quella di braccio operativo di Peleg. Localizzato dalla polizia in Italia più volte prima del sequestro, potrebbe aver preparato le basi dell’azione dell’11 settembre. La Golf noleggiata da Peleg il giorno prima, varcò il confine italo-svizzero di Chiasso senza subire controlli. Nessun approfondimento neanche quando alle 14.10 venne fermata dalla polizia cantonale nei pressi dell’ aeroporto Lugano-Agno che, identificati i passeggeri, li fece proseguire nonostante fosse stato denunciato lo smarrimento del passaporto israeliano di Eitan e il piccolo fosse con due adulti che non risultavano suoi parenti. Tutto liscio anche al check-in, nonno e nipote decollarono per Israele su un volo privato nel quale non risulta la presenza di Alon ma che, guarda caso, prosegue per Cipro.
di Giuseppe Guastella, qui.

Ora, non mi si venga a raccontare la favola del povero nonno disperato: una persona disperata compie, d’impulso, un gesto folle, NON pianifica accuratamente, per settimane, freddamente, lucidamente, un rapimento, ingaggiando un contractor, e con probabili azioni di corruzione (casuale che non siano stati fermati né alla frontiera con la Svizzera, né alla partenza con un volo intercontinentale? E se il bambino non risultava parente, con quali documenti hanno viaggiato? Fabbricati da chi? Quando?) E non voglio sentire neanche le ciance sul nonno pazzo d’amore per il nipotino: se nutrisse non dico uno smisurato amore, ma una semplice briciola di affetto, o almeno di rispetto, per quel bambino, lo avrebbe lasciato là dove ha vissuto ininterrottamente da quando aveva due mesi, dove aveva gli amici di sempre, dove lo aspettava la scuola scelta dai suoi genitori, non lo avrebbe brutalmente sradicato raccontandogli menzogne, non avrebbe interrotto un percorso di recupero psico-fisico (un percorso terapeutico, a meno che non vengano riscontrati errori oggettivi, non va MAI interrotto), non continuerebbe a tenerlo in sospeso tra ricorsi e controricorsi, azioni e situazioni che non potranno non avere su un bambino già così fragile, effetti devastanti e non so fino a che punto reversibili. E, guarda, posso anche dire che mi interessa fino a un certo punto il fatto che abbia commesso un reato: quello che mi interessa è che ha commesso un crimine mostruoso nei confronti del bambino. Aggiungiamo – perché le tessere del mosaico devono esserci tutte, per poter vedere il disegno – la menzogna sul fatto di avere dovuto agire così perché la zia Aya non glielo lasciava vedere: ora, a parte il fatto che ha potuto mettere a segno il suo piano perché il bambino si trovava con lui che era autorizzato a tenerlo fino a sera, così che la zia ha potuto realizzare il rapimento solo quando nonno e nipote erano già in Israele, e che questi incontri avvenivano regolarmente, a parte questo, dicevo: se la zia si è sempre mostrata poco entusiasta di lasciargli il bambino, non sarà che la cognata le aveva fatto qualche confidenza sugli abusi e violenze in famiglia per i quali suo padre è stato processato e condannato, per cui aveva tutte le ragioni per avere poca voglia di lasciare il bambino nelle sue mani? Qualcuno continua a ripetere che quella delle violenze è una calunnia inventata dalla zia e dai mass media, ma il fatto è che sono state confermate in un’intervista dalla ex moglie, sia pure cercando di minimizzare (“È roba vecchia”: e di grazia, lei separata e i figli con lei, su chi avrebbe dovuto commetterli gli abusi e le violenze famigliari?) Io spero davvero che quell’essere infame vada in galera e gli venga impedito di avvicinare il nipote almeno fino alla maggiore età di quest’ultimo.
Quanto alla barzelletta che il motivo sarebbe religioso, in quanto la zia Aya non sarebbe religiosa mentre loro, sia lui che la figlia, sarebbero addirittura ortodossi, faccio sommessamente presente che le donne ebree ortodosse indossano vestiti accollati, con le maniche almeno sotto il gomito e le gonne almeno al polpaccio, e se non sono lunghe fino ai piedi le calze sono coprenti, e i capelli rigorosamente coperti, cioè non esattamente questo

E questo è un matrimonio ortodosso

non molto somigliante a quest’altro, in cui lo sposo addirittura non ha neppure il tallet

Approfittare del fatto che quella povera ragazza è morta e non può più obiettare per cucirle addosso un’identità che non le appartiene per perseguire i loschi scopi di quell’uomo infame, a casa mia si chiama sciacallaggio.

barbara