DUE PAROLE SUL CARO ESTINTO

che affido all’ottimo Giulio Meotti

L’Occidente si spezzerà il collo: condoglianze allo strangolatore di Teheran, mandati d’arresto per Gerusalemme

Raisi impiccava sei dissidenti alla volta (cristiani compresi). Impunito fino alla fine. Ora avvocati e apologeti di Hamas convincono il procuratore dell’Aia a processare chi si difende dai tagliagole

Il migliore di tutti è come sempre Geert Wilders, che attacca la pelosa solidarietà europea all’Iran per la morte di Ebrahim Raisi. Il leader del Partito per le Libertà olandese, che ha appena concluso un accordo di coalizione per un nuovo governo in cui Wilders sarà l’azionista di maggioranza, ha ripreso le dichiarazioni del presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, in cui si esprimevano le condoglianze europee, dichiarando: “Non nel mio nome”.
Ma andiamo per ordine.
Ali Montazeri, il grande ayatollah successore di Khomeini, che un tempo lo chiamava “il frutto della mia vita”, scriverà: “Nel resto del mondo credono che la sola attività praticata in Iran sia uccidere”.
Si riferiva a quanto accadde nel 1988, l’anno in cui apparvero I versetti satanici di Rushdie e le torture e le esecuzioni dilagarono nelle carceri della Repubblica islamica dell’Iran. Il massacro dei prigionieri politici divenne l’apice dei crimini contro l’umanità della Repubblica islamica. In una fatwa emessa tramite il figlio, un Khomeini anziano e malato ordinò che le carceri fossero svuotate e i detenuti uccisi fino all’ultimo. Bambini di appena tredici anni vennero impiccati alle gru, sei alla volta, in una epurazione durata due mesi per ordine diretto di Khomeini. Dettagli contenuti nelle memorie di Montazeri. La fatwa di Khomeini recitava: “Si decreta che coloro che sono nelle carceri di tutto il paese stanno dichiarando guerra a Dio e sono condannati all’esecuzione”. Montazeri lo avrebbe definito “il più grande crimine nella storia della Repubblica Islamica” quando uscì la notizia che l’Iran stava ripulendo le fosse comuni dove aveva sepolto le vittime.
30.000 morti, riformatori, dissidenti, oppositori politici.
A Teheran, uno dei membri del comitato della morte era il defunto presidente Ebrahim Raisi, il cui elicottero si è appena schiantato in Azerbaijan (tra dittatori e mezzelune si intendono).
La raffica di esecuzioni decisa da Khomeini dispose la formazione di una commissione incaricata di condannare come “mohareb” (contrari ad Allah) e “mortads” (apostati) i prigionieri politici. Vennero fucilati da plotoni di esecuzione, impiccati alle gru, stipati in camion refrigerati e sepolti in fosse comuni anonime in giro per l’Iran. Gran parte dei loro corpi non sono mai stati localizzati.
Anche otto cristiani vennero uccisi per la loro fede in Iran. Come Arastoo Sayyah, un anglicano a cui fu tagliata la gola. Poi Bahram Deghani-Tafti, a cui spararono. Il pastore anglicano Haik Hovsepian venne ucciso e sepolto in una fossa comune con un musulmano convertito al cristianesimo e Mohammad Bagheri Yousefi fu trovato impiccato a un albero. Rashin Soodmand venne impiccato per essersi convertito al Cristianesimo.
E mentre prestava servizio come procuratore di Teheran, Raisi aveva ordinato anche le sevizie di donne incinte, rivela il Mail on Sunday. Farideh Goudarzi, che è stata incarcerata per far parte di un gruppo politico vietato, ha raccontato al Mail di come Raisi l’abbia fatta torturare durante la gravidanza e costretta a partorire in prigione. Allo stesso modo Mahmoud Royaee, un altro prigioniero politico interrogato da Raisi durante le esecuzioni del 1988, ha affermato che ha emesso una condanna a morte di un detenuto che era nel bel mezzo di un attacco epilettico. “Sono stata arrestata con mio marito e mio fratello nell’estate del 1983” ha raccontato Goudarzi. “Ero incinta al momento dell’arresto e mi restava poco tempo prima della nascita del mio bambino. Nonostante le mie condizioni, mi hanno portato nella stanza delle torture subito dopo il mio arresto. Era una stanza buia con una panca nel mezzo e una varietà di cavi elettrici. Una delle persone che era presente durante la mia tortura era Raisi, allora procuratore capo di Hamedan e uno dei membri del ‘comitato della morte’. Dopo la nascita di mio figlio, ci trasferirono in isolamento. Sono stati giorni così orribili in quanto ho dovuto subire diversi interrogatori ogni giorno con il mio bambino appena nato…”.
Mahmoud Royaee ha raccontato al Sun della propria tortura per mano di Raisi. Royaee ha trascorso dieci anni in prigione dove ha subito torture dopo che gli è stata offerta la possibilità di fare una confessione televisiva, ma ha rifiutato. Mahmoud fu così dichiarato colpevole di essere in “guerra con Dio” e gli fu detto che “meritava di essere ucciso”. “Raisi picchiava i prigionieri con un cavo elettrico” ha raccontato Royaee. “La prima volta che sono stato picchiato sulla pianta dei piedi ho provato a contare ma il dolore lo ha reso impossibile. Era anche uno dei pochi giudici che firmava una sentenza religiosa per qualcuno che veniva gettato da un dirupo”.
Di cosa sia capace questa gente è purtroppo storia nota. Come certa ipocrisia in Occidente. Dove sono legioni di indignados che accusano l’Occidente di essere iniquo, malvagio e razzista? Dove sono le piazze? Dove le marce arcobaleno? Dove l’Onu, che era pronto a mandare ispettori in Italia per fare inchieste sul nostro razzismo?
L’Iran è stato eletto alla “Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile e l’uguaglianza di genere”. L’Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, Louise Arbour, è andata a Teheran a una conferenza su “i diritti dell’uomo e la diversità culturale”. La Repubblica islamica dell’Iran è eletta anche alla presidenza del “Forum sociale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite”.E mentre il regime iraniano vietava ai genitori di Mahsa Amini di andare a Bruxelles a ritirare il Premio Sakharov, il ministro degli Esteri iraniano (morto con Raisi nell’elicottero) era a Ginevra al Consiglio dei diritti umani dell’Onu per le sue raccomandazioni per il “rispetto dei diritti umani”. 
Si calcola che tra 4.000 e 6.000 omosessuali sino stati giustiziati dall’Iran in quarant’anni di rivoluzione islamica. Nel 2010 scrissi un articolo per il Wall Street Journal raccontando come molti dissidenti in Iran venivano impiccati dai camion della Iveco.
L’ayatollah Montazeri si sbagliava: in Iran sono specializzati non soltanto in uccisioni, ma anche in amputazioni. L’Osservatorio Internazionale dei Diritti Umani ha registrato 129 casi di persone amputate negli ultimi vent’anni. 
Nelle stesse ore in cui Raisi raggiungeva il paradiso delle 72 vergini dopo esserci schiantato con un elicottero in Azerbaijan dopo aver fatto visita al dittatore Alyev, dall’Aia un procuratore musulmano, Karem Khan, spiccava un mandato d’arresto per il premier israeliano Netanyahu, nonostante i corridoi umanitari e le telefonate e i volantini per avvertire la popolazione di Gaza di un attacco militare.
Il premier della Repubblica ceca, Petr Fiala, definisce “agghiacciante” la decisione dell’Aia.
“Il mondo libero sta toccando nuove vette di assurdità” scrive Ben Dror Yemini su Yedioth Ahronoth. “Israele sta combattendo un’organizzazione terroristica la cui ideologia è a tutti gli effetti nazista, un’organizzazione i cui rappresentanti parlano di sterminare gli ebrei, tutti gli ebrei, e anche di sterminare i cristiani, un’organizzazione i cui capi parlano di conquistare il mondo, il mondo intero, per fondare un impero malvagio. Il 7 ottobre sono state trucidate più di 1.200 persone, tra cui ebrei, arabi e altri. Molte donne sono state seviziate e violentate. Intere famiglie, bambini compresi, sono state bruciate vive nelle loro case. E come reagiscono i due tribunali internazionali, la Corte Internazionale di Giustizia e la Corte Penale Internazionale? Starebbe completando i preparativi per emettere dei mandati d’arresto internazionali contro diversi capi dello stato e dell’esercito israeliani. È un po’ come se un tribunale internazionale avesse emesso un mandato d’arresto contro Winston Churchill per i bombardamenti su Dresda e Amburgo e non contro Adolf Hitler, il più spregevole mostro umano che l’umanità ha conosciuto”.
Soltanto 25 Premi Nobel avevano provato a chiedere alla Corte dell’Aia di processare Raisi per i massacri del 1988. Per il resto, solo silenzio.
Ma c’è di peggio.
Gli avvocati che hanno affermato che il massacro del 7 ottobre era giustificato e che Israele non aveva diritto all’autodifesa a Gaza sono figure chiave nella causa affinché Netanyahu e altri leader israeliani vengano processati alla Corte penale internazionale. Khaled al Shouli ha affermato in un’intervista televisiva trasmessa il giorno successivo al massacro del 7 ottobre che l’attacco era giustificato dal diritto internazionale. Abdelmajid Mrari, un franco-algerino, ha definito Hamas un “movimento di resistenza”. Entrambi gli avvocati sono membri chiave di un gruppo di avvocati che hanno presentato “prove” sull’attuale conflitto alla Corte penale internazionale. Sia Mrari che Al-Shouli, che risiedono in Francia, hanno rappresentato Hamas in precedenti azioni legali.
Scrive Mosab Hassan Yousef, il figlio del fondatore di Hamas che ha abiurato il padre e si è convertito al Cristianesimo: “Karim Ahamad Khan, il principale procuratore della Corte penale internazionale (che era musulmano) non ha l’autorità per perseguire i funzionari eletti di una democrazia che attraversa una guerra esistenziale”. Simile il commento di Ayaan Hirsi Ali: “Non riescono a distinguere tra Israele e Hamas o i loro leader. Sono parassiti moralmente in bancarotta che vivono generosamente con il denaro dei contribuenti solo per sfornare mandati di arresto ripugnanti che equiparano macellai e prepotenti a leader che cercano di difendere i loro cittadini”.
In Iran viene utilizzata l’impiccagione lenta per strangolamento, non quella rapida con la rottura del collo. Anche nella morte, gli islamisti vogliono infliggere la sofferenza. Gli struzzi occidentali dal collo lungo lo sanno?

E le nostre massime cariche dello stato hanno espresso le condoglianze, mi si dice, non alle istituzioni, come impongono gli obblighi diplomatici ai quali nessuna autorità statale si può sottrarre, bensì al popolo. AL POPOLO. Fanno sentire la propria vicinanza al popolo iraniano distrutto dal dolore per l’incolmabile perdita. Ma andatevene un po’ affanculo, va’.

barbara

Una risposta

  1. Oltre il 70% della popolazione risiede in aree urbane, quindi – anche se non vivete come me nella cintura che costituisce il bordo esterno dell’area metropolitana di Milano – sono sicuro che siete ormai familiari con la presenza di donne musulane intorno a voi.

    Provate a pensare a loro. Cosa vi viene in mente? Sapete che ci sono, vi passano accanto per portare i loro marmocchi all’asilo comunale o alla scuola elementare, ma non sapete che faccia hanno, non ricordate le loro voci. Probabilmente vi vengono in mente i loro vestiti informi dai colori slavati, il loro incedere lento e poco elegante, la loro stazza: sono tutte o quasi parecchio sovrappeso. Sono, in sintesi, sciatte e quasi invisibili. Non si scambia uno sguardo con loro, e non solo per il loro abbigliamento. Non si scambiano sguardi con loro perché nulla di loro attrae, nulla fa intravedere una luce. Sono silenziose, ma sopratutto ogni cosa mette in evidenzia, sebbene in modo insonscio, la loro sottomissione all’uomo e al dio. Tutto è spento, un grande buio e nessuna speranza.

    Le donne iraniane non sono numerose, anzi, sono piuttosto rare, ma quando ne incontri una vedi la vita. Sono belle, indipendenti, eleganti, ben tenute e gli abiti che portano hanno colori vivaci, ma allo stesso tempo sobri. Tutto sembra ragionato e scelto con cura. Anche il trucco. Non le guardi con un senso di attrazione sessuale, ma per l’attrazione della bellezza, nel senso più nobile di questo termine. La loro cultura intriga, vorresti saperne di più, ne capisci il fascino secolare, probabilmente millenario. Quelle donne, in ogni istante, ti fanno capire che sono libere, perché è così che si sentono, e dunque lo sono davvero e prima o poi lo saranno anche nei fatti. Capisci, o almeno intuisci, che non saranno mai sottomesse, che nessuno potrà mai metterle a tacere. Ognuna di loro è una piccola braveheart che, anche in punto di morte, urlerà sempre “libertà”. Non appaiono fragili, e infatti non lo sono. In loro vedi la luce, la vita, la determinazione, la forza. E capisci, senti, che quello è un qualcosa di troppo prezioso per non essere protetto.

    In nostri rappresentanti politici e istituzionali, invece, le sbeffeggiano, portando loro una solidarietà che non è nella logica e nella realtà. Come se alla morte di Riina si fossero fatte le condoglianze ai familiari di Falcone e Borsellino. La moda (ostentata a favor di telecamera) del taglio della ciocca di capelli delle donne occidentali, dalla sempre più retrograda Svezia giù giù fino a Malta, è già finita; si sono stancate, poverine. Le donne iraniane non ispirano e non raccolgono la pietà degli intellettuali della sinistra internazionale, quella che possiede un radar interno per stare immancabilmente dalla parte sbagliata di qualunque cosa decida di discutere. Le donne iraniane sono forti e determinate, quindi possono ben arrangiarsi da sole, no? Meglio manifestare per quelle di Gaza, che vogliamo salvare a tutti i costi senza che probabilmente lo vogliano per prime, e davvero, loro stesse.

    E, per una volta, condivido le sei parole che chiudono il post.

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    • Una cosa che mi colpisce, nelle donne musulmane che vedo spesso per lavoro, è che moltissime sono residenti da dieci anni e più, e tuttora non parlano una parola di Italiano: non mi succede con straniere di nessun’altra provenienza. Questo significa che non solo non escono mai di casa da sole, se pure escono, ma non guardano neppure la TV.

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      • TV?!?!?! Vade retro satana! E anche nel caso l’avessero in casa e avessero il permesso di guardarla, quando mai guarderebbero quella italiana? In Somalia nel secondo semestre avevo un padrone di casa arabo: sia lui che i figli oltre all’arabo parlavano somalo italiano e inglese. La moglie al di fuori dell’arabo non conosceva una sola parola. E tieni presente che si trovavano in una cultura musulmana, dove non rischiavano, a mettere fuori il naso, di farsi corrompere dai costumi degli infedeli.

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      • Io le vedo solo accompagnare i figli all’asilo o alle elementari e più sporadicamente in qualche negozio (sopratutto cartolerie, piccoli alimentari e anche qui tendono a non discutere, a non parlare), ma sono sempre almeno in coppia. Sembrano programmate per non farsi notare, come se avessero un mantello dell’invisibilità. Una bella la guardi perché è bella, una brutta la guardi perché è brutta, ma loro non le guardi proprio.

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    • Sei riuscito a scrivere un poema. E a commuovermi.

      PS: sottomissione all’uomo e al dio – nel caso delle donne è una ridondanza.
      PPS: la camminata lenta e goffa non di rado è dovuta alle mutilazioni genitali. Anche quelle meno radicali comportano comunque del tessuto cicatriziale al centro del corpo, che “tira”. Io, vecchia e priva da sempre di pratica sportiva, se mi trovo davanti una pozzanghera di 70-80 centimetri, la salto, anche senza rincorsa, loro non possono, neanche se fosse la metà, e in larghezza posso allargare le gambe almeno quanto basta per poter andare in bicicletta (in realtà molto di più), loro non ci arrivano.

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      • Grazie.

        Alle mutilazioni non avevo pensato, ma spero che molte di quelle che sono qui non siano in quelle condizioni. Ricordo una sera di una trentina d’anni fa quando avevo letto un articolo su come venivano eseguite quelle pratiche. Lo ricordo perché mi ero praticamente sentito male, come un misto tra un calo di pressione e una forte nausea.

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        • Tutte le donne che vengono da una cultura di mutilazioni genitali le subiscono anche all’estero, compresa la più radicale cioè l’infibulazione. Le eccezioni si contano sulle dita, è semplicemente impensabile lasciare una figlia coi genitali interi, così come per te sarebbe stato impensabile lasciare tua figlia senza vaccinazioni.

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