IDA

Ida si chiamava, Ida e non Dora, come l’ha ribattezzata il suo aguzzino, lo psicopatico dal cervello spappolato dalla cocaina, inventore del complesso di Edipo e dell’invidia del pene; lo psicopatico che ha fabbricato due etichette in cui riversare le proprie perversioni; lo psicopatico che proiettava poi le sue personali perversioni sulle proprie pazienti; lo psicopatico che quando una paziente denunciava i continui abusi sessuali subiti dal padre si inventava che questi non erano mai esistiti, che erano tutte fantasie sviluppate dalla paziente per mascherare a se stessa il folle desiderio di essere scopata dal paparino. Lui.

Era stato suo padre a portare Ida da Freud. Il padre aveva un’amante, e il marito dell’amante aveva ripetutamente insidiato Ida, fin da quando era quasi una bambina. Quando Ida si decide a raccontare al padre quanto avvenuto, il padre chiama l’amico e molto pacatamente gli chiede se sia vero, e l’amico – indovinate un po’? – non solo nega categoricamente, ma insinua che, a dirla proprio tutta, in realtà è la ragazza che… E il padre – indovinate un po’ anche questa – sceglie di credere all’amico, che gli è parso sincero e convincente. Ida, persona evidentemente un po’ fragile che anche in passato aveva avuto dei problemi, somatizza il doppio colpo ricevuto dall’amico di famiglia e dal padre. Il quale prima va da Freud e gli racconta i fatti dal suo punto di vista (la ragazza si comporta male e si è inventata che…) e poi la costringe ad andare dal geniale dottore che, bontà sua, accetta di prenderla in cura: un’ora al giorno, sei giorni la settimana. E, come in un processo staliniano in cui la colpevolezza è stata stabilita a priori e l’unico scopo della commedia è quello di costringere l’imputato a confessare, senza limiti né legali né morali agli strumenti usati per raggiungere lo scopo, comincia la tortura, ossia il tentativo di convincerla che lei è follemente innamorata del padre, che muore dalla voglia di scopare col padre, che è follemente innamorata anche del persecutore sul quale ha trasferito l’amore impossibile per il padre, e naturalmente, avendo deciso che questa è la verità, qualunque argomento, qualunque episodio, qualunque spiegazione serve a dimostrarlo. I periodi di afonia? La prima volta è durato esattamente quanto l’assenza del suo amante (sic!): chiaro: se manca lui che è la sua ragione di vita, non vale la pena di parlare. Ma altre volte sono rimasta afona anche quando lui era presente: chiaro, per mascherare la verità, che sarebbe apparsa evidente a tutti se la tua afonia avesse coinciso con l’assenza di lui. La tosse? Un tentativo per indurre il padre a lasciare l’amante. E come?! La tosse è una proiezione: speri che venga a lui così non potrà più incontrare la sua amante, della quale sei gelosa perché vorresti essere tu al posto suo. E in che modo la tosse potrebbe impedirglielo? Non c’è un solo tipo di rapporto sessuale, tu stai pensando al rapporto orale (naturalmente la ragazza non ha la minima idea di che cosa stia parlando, usando oltretutto termini latini, ma questo non ha importanza: lei non conosce quella faccenda, ma il suo inconscio sicuramente sì). Mal di pancia? Viene alle donne che si masturbano. Perdite vaginali? Vengono alle donne che si masturbano (lui è al corrente del fatto che il padre nel corso delle scorribande prematrimoniali si è beccato una malattia venerea, che dopo il matrimonio l’ha trasmessa alla moglie che non è mai guarita e ne soffre tuttora, e che non si può escludere che lei l’abbia a sua volta trasmessa alla figlia durante la gravidanza, ma dal momento che lui sa qual è la vera causa, neppure per un momento è disposto a prendere in considerazione questa possibilità). Apre la borsetta appena comprata e infila le dita per accarezzare le sue iniziali ricamate nella fodera? Sta simulando un atto masturbatorio. Ha comprato la borsetta coi soldi che le ha regalato il padre? Allora è chiaro come il sole: sta morendo dalla voglia che quel gesto su di lei lo faccia suo padre. E così via, con un crescendo di toni aggressivi e intimidazioni, in un delirio senza fine, in un abisso di follia in cui tenta di trascinare la vittima, come fa con tutte le sue vittime – ma questa volta accade qualcosa di imprevisto: la vittima oppone resistenza, la vittima riesce a sottrarsi al tentativo di lavaggio del cervello, la vittima, pur con qualche perplessità e dubbio iniziale, sa perfettamente che non è innamorata del proprio padre, sa che non sta rimuovendo desideri proibiti nei suoi confronti, sa che quell’altro uomo le fa schifo, sa che tutto quello che emerge nelle sedute quotidiane è unicamente la fantasia malata del dottore, la sua insana perversione, e si rifiuta di lasciarsi portare come una pecora al macello: la vittima sacrificale rifiuta di essere sacrificata, si ribella al carnefice e lo abbandona, per sempre. E Freud scriverà il suo Dora come cronaca di un fallimento. Perché una vittima che sfugge alla scure del boia, per il boia è indubbiamente un fallimento.

Questo libro è stato scritto dalla pronipote di Ida: raccogliendo testimonianze, documenti e ricordi ricostruisce la sua vita fin dall’infanzia, la tormentata vita familiare, i problemi fisici che la assillano, il bellissimo rapporto con il fratello e, fuori di casa, la Vienna della belle époque, la guerra, il fratello Otto capo della socialdemocrazia austriaca, i disordini del ’34, l’avvento del nazismo, l’annessione alla Germania, i crescenti problemi per gli ebrei, la fuga in America… È un libro che merita di essere letto, perché è bellissimo, perché rende finalmente giustizia a una donna trattata da isterica – e passata alla storia come tale grazie al libro a lei dedicato dallo psicopatico – a causa di presunte pulsioni sessuali represse  (il mantra, da Freud in poi, del più becero maschilismo misogino), e perché ci rende un interessante spaccato di un’epoca intensa e travagliata.

Katharina Adler, Ida, Sellerio
Ida
barbara

SAI COSA MI SEMBRANO?

Quelli che al risultato del referendum inglese stanno reagendo in maniera isterica.
Quelli che profetizzano (augurano?) sfracelli economici e sociali.
Quelli che fanno del sarcasmo su immaturità/ignoranza/vecchiaia/dabbenaggine/allocchitudine dei votanti.
Quelli che lanciano insulti come pallottole – sperando che il nemico venga colpito al cuore.
Quelli che si sono fatti cogliere da furibondi attacchi di ulcera e ci stanno sputando addosso tutto l’acido in eccesso.
Quelli. Sai cosa mi sembrano? Mi sembrano quei bambini ancora nella fase del pensiero magico con cui gli adulti accettano di giocare a carte ma poi non li lasciano vincere e allora buttano via rabbiosamente le carte e gridano isterici “con te non gioco più”. Identici.

Aggiungo che un parlamento europeo che dedica una standing ovation all’organizzatore e finanziatore della strage alle Olimpiadi di Monaco, dittatore corrotto, diffusore di odio e mandante di terrorismo, merita di essere fatto affogare in un letamaio. Già solo per questo.

Poi c’è tutto il resto, per il quale dubito che basterebbero tutti i letamai del pianeta. E visto che sei arrivato fin qui vai a leggere anche questo. E se non hai tempo o voglia di leggerlo tutto, ti metto io qui il passo a mio avviso più importante:

E però dicono di restare attaccati all’ideale europeo che è buono, e magari, come Saviano, si rifanno all’ideale di Spinelli e del suo manifesto di Ventotene. Be’, vi invito a leggerlo (lo trovate qui http://novara.anpi.it/attivita/2015/manifesto%20di%20ventotene.pdf ). se non avete pazienza, vi suggerisco di leggere solo l’ultima parte. Vi troverete frasi come questa: “[Il partito rivoluzionario europeo] attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto, non da una preventiva consacrazione da parte della ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato e attorno ad esso la nuova democrazia.” Insomma, l’europeismo nasce stalinista e totalitario, con la pretesa di “dirigere le masse”, che è rimasta agli euro-burocrati di oggi, privi di rappresentanza democratica e totalmente autoreferenziali. Nasce esplicitamente contro i popoli e le culture nazionali, giudicate reazionarie e fascisteggianti. L’unione europea si fonda su un’ideologia di disprezzo per i concreti cittadini europei e le loro culture, su un ennesimo utopismo della rifondazione per via politica dell’uomo nuovo, che nel caso europeo recente porta a un tacito ma effettivo tentativo di rimescolamento demografico per depotenziare le culture tradizionali.

Già: chissà se tutti i soloni che nominano Spinelli a ogni piè sospinto, hanno mai avuto l’idea di leggerlo.

barbara