ALMENO UN PICCOLO RICORDO MI SEMBRA DOVEROSO

(e la cronaca aspetterà per qualche ora: di sicuro non cadrà il mondo per questo)

E qui ne prendiamo due in un colpo solo

E naturalmente, assolutamente immancabile

Ah, la voluttà di quel “Tutti”, sogno segreto di ognuno, in qualche momento della vita.

barbara

ANCORA UN RICORDO DI TINA ANSELMI

Perché ci sono persone troppo grandi per starci tutte intere in un post solo, e quindi adesso ne metto un secondo. E non sarà l’ultimo.

In ascolto – Bella ciao

Il paese piange la scomparsa di Tina Anselmi, una donna dalla biografia straordinaria che amava raccontare le proprie esperienze inserendole nel contesto della normalità. Quando decide di combattere il nazifascismo e di entrare nella brigata Cesare Battisti ha solo 17 anni. Lascia la casa e la famiglia e diventa Gabriella, staffetta partigiana. Ma questo è solo l’inizio di una lunga serie di scelte coraggiose e Tina, con ironia, intelligenza e modi semplici e schietti, dedicherà la sua vita all’impegno politico e alla ricerca della giustizia. Molto è stato scritto su di lei in questi giorni e non intendo ripercorrere in dettaglio le tappe della sua carriera o le sue conquiste, soprattutto perché questa è una rubrica che si occupa di musica. Vorrei dunque ricordare Tina Anselmi con una canzone, molto particolare, che riassume in sé due aspetti importanti della sua vita e racconta due contesti storici e sociali distinti. La canzone è “Bella Ciao delle Mondine”. Su Bella Ciao si è studiato e scritto molto e proprio quest’anno è uscito il testo interessante di Carlo Pestelli, che analizza i diversi strati di formazione del brano, in cui si intrecciano suggestioni russe con le note di un’antica melodia francese, quelle di un motivo klezmer registrato agli inizi del ‘900. Enrico Strobino l’ha definita una canzone gomitolo in cui si riuniscono molti fili. Credo che Bella Ciao sia significativa per ricordare Tina Anselmi, perché a ragione o a torto nell’immaginario collettivo resta pur sempre il simbolo musicale della Resistenza partigiana e le sue note rendono omaggio a quella sua prima scelta che le segnò la vita in modo indelebile. Nella versione che ascoltiamo oggi però, non ci sono l’invasore, il fiore del partigiano o il passaggio delle genti, ma la denuncia da parte di una categoria di lavoratrici, le mondine, che ci riportano idealmente alle tante battaglie condotte da Tina Anselmi per la creazione di una consapevolezza nelle donne e la conquista delle pari opportunità. Infine questa canzone ha per certi versi l’aspetto di un monito, perché se contestualizzata ci porta a ripensare a due momenti fondamentali della nostra storia, due momenti mai chiusi definitivamente e ci fa tornare in mente le parole pacate di Tina di qualche anno fa: “Dico sempre alle mie nipoti: attente, fate la guardia, perché le conquiste non sono mai definitive”.
Maria Teresa Milano
(Moked, 3 novembre 2016)

(E sarà anche una merdaccia, come ha detto qualcuno, o semplicemente una “onesta cantante di balera prima di conoscere Strehler”, come ha generosamente concesso qualcun altro, ma di voce e doti interpretative come quelle di Milva, io in giro non ne vedo mica tante)

barbara

A VOLTE CAPITA

Di sentirsi così (o di avere una gran voglia di esserlo…)

 

Jenny dei pirati

Questo è il testo della canzone che ha ispirato Dogville,
cantata da Polly ne L’Opera da Tre Soldi di Bertold Brecht e Kurt Weil.

Lor signori vedono: oggi sciacquo i bicchieri
e per tutti rifaccio il letto
E se mi danno un penny io ringrazio fra i denti
e son piena di cenci in un albergo di cenci
e loro non sanno chi sono

Ma una certa sera si udrà un vociare giù dal porto
e: che sono queste grida? si dirà
E io sorriderò in mezzo ai miei bicchieri
e diranno: perché ride? perché?
E una nave a otto vele
e cinquanta cannoni
alla fonda starà.

Mi dicono: va’, piccola, risciacqua i tuoi bicchieri
e qualcuno mi allunga un penny
E il penny viene preso e qualche letto vien rifatto
(ma nessuno potrà più dormirci quella notte)
e ancora di me non sanno niente

Perché quella sera ci sarà un parapiglia giù al porto
e: che cos’è questo subbuglio? si dirà
E io sorriderò dietro la mia finestra
e diranno: perché ride così?
E la nave a otto vele dai cinquanta cannoni
spara sulla città!

Oh, allora smetterete di ridere, signori,
perché tutto intorno a voi cadrà,
la città sarà spianata, le muraglie crolleranno,
solo un infimo alberguccio sarà immune da ogni danno
e diranno: ma lì, chi ci sta?

E tutta quella notte ci sarà un vociare lì d’intorno
e: perché l’albergo è salvo? si dirà
E al mattino mi vedranno sulla soglia
e diranno: guarda, c’era lei!
E la nave a otto vele
e cinquanta cannoni
il pavese alzerà.

E a mezzogiorno in cento discenderanno a riva,
li vedrete avanzare nell’ombra,
e prenderanno tutti, una porta dopo l’altra
e li incateneranno e me li porteranno
e diranno: chi dobbiamo ammazzare?
E a metà di quel giorno sarà silenzio al porto
quando chiedono: chi muore, adesso?
E allora la mia voce dirà: tutti!

(È passato quasi mezzo secolo da quando l’ho sentita per la prima volta: una folgorazione. Ah, la voluttà di quel “tutti”!)

barbara