INDIGNAZIONE TELECOMANDATA

Andrea Viel

Lui è Filippo Limini.

Aveva 25 anni. E’ morto una ventina di giorni fa a Bastia Umbra. Una rissa in discoteca finita male. Per il suo omicidio sono stati arrestati tre ragazzi di origine albanese.
Dov’è la prima pagina di Repubblica per Filippo? Dove sono le decine di cronisti che hanno invaso Colleferro? Dov’è il post di Giuseppe Conte? Dov’è Floris che chiede a Gassman in prima serata “che Italia emerge dall’omicidio di Colleferro?”. Dove sono i trattati di sociologia emersi in questi giorni?
Per quale squadra tifava Filippo? Che sogni aveva? Che lavoro faceva? E i suoi aguzzini? Praticavano le arti marziali? Erano dei “truzzi”? Guardavano Gomorra? Spacciavano? Sono la rappresentazione del “vuoto” della nostra epoca? Erano dei prepotenti? Erano dei fasci?
Ora l’avete capito che anche voi siete vittime di una strumentalizzazione? Di un sistema mediatico che decide cosa conta e cosa no, quali narrazioni sono funzionali e quali no?
Guardate bene questo volto.
E la prossima volta riflettete sulla vera natura della vostra indignazione a comando.

Già: per il criminale George Floyd ci si inginocchia, si lavano piedi, si devastano intere città; migliaia d’altri altrettanto brutalmente assassinati, magari innocenti o almeno meno criminali di lui, vengono totalmente ignorati. Soprattutto se bianchi. Soprattuttissimo se uccisi da poliziotti neri. Per non parlare dei poliziotti, sia neri che bianchi, assassinati da criminali sia neri che bianchi, di cui sembra addirittura vietato parlare. Anche per farsi ammazzare, se non hai il colore giusto sei fottuto.

barbara