E PRIMA ANCORA CHE INIZI LA CAMPAGNA ELETTORALE

si è già schierato il plotone d’esecuzione.

Camere sciolte ed è già “lotta continua”, stavolta contro Giorgia Meloni

La solita campagna del Pd: o comandiamo noi, o siete tutti fasci. E intanto una transizione energetica che non risolverà niente ma impoverirà tutti

Settembre tornerà, con le elezioni: il più amato, stimato, illustre degli italiani, dagli influencer ai clochard (quando c’era lui Roma non annaspava nella monnezza, quando c’era lui non si moriva di Covid o di vaccino, quando c’era lui il caldo era meno caldo) ha gettato la spugna, era stressato, non gli davano pieni poteri.

Riecco l’emergenza democratica

Pronto, il blocco dei giornali sedicenti progressisti, Repubblica, La Stampa, è partito, per incarico dell’editore di riferimento, il Pd, mandando in avanscoperta le scartine, quelli che nessuno legge e, in caso, solo per ridergli dietro. Ma il grosso, come l’intendenza napoleonica, seguirà, oh se seguirà.
Ce ne sarà, certamente, anche per Salvini; torneranno a sbandierare agendine rosse per alludere ai “crimini” di Berlusconi; ma il fuoco di fila stavolta è tutto per Giorgia Meloni. Passeranno al setaccio, hanno già cominciato, tutti i suoi amministratori, li accuseranno delle peggiori nefandezze; quanto a lei, diranno che è la responsabile della strage di Bologna, del terrorismo neofascista, di Portella della Ginestra, della caduta dell’Impero Romano.
Lo sappiamo, Enrico Letta, che continua la gloriosa tradizione postcomunista degli omarini sulla poltrona di segretario, lo ha promesso: lotta dura, nessuna pietà, mai un attimo di tregua. È la “emergenza democratica”, che sarebbe: o comandiamo noi, o siete tutti fasci.
Torneranno le patenti di legittimità per la “ducetta” (ovviamente rifiutate); faranno il tampone ad ogni sua dichiarazione; andranno a ripescare le gite al liceo; taroccheranno le foto con lei col braccio alzato, magari perché stava cogliendo una mela dall’albero. La attaccheranno sul fisico, sullo stile, sulla voce, sulla figlia, sulle amicizie, sullo smalto alle unghie se mai lo mette. Sarà un sabba, un carosello infernale, una overdose di violenza.
Le femministe torneranno in servizio permanente effettivo, la accuseranno in quanto cattolica e non abortista. La disprezzeranno in quanto inferiore, non-donna. Più che sdoganarlo, renderanno l’odio obbligatorio. Tutta roba che conosciamo bene, almeno dall’avvento del Cavaliere Nero, tutta roba stucchevole, marcia, infame, ma sempre utile.

Ossessione Meloni anche a destra

Con una differenza. Meloni non è amata neanche a destra e lo sa. La temono, qua e là la detestano, l’idea di vederla per ipotesi a Palazzo Chigi crea più stranguglioni forse a destra che a sinistra: la presunta alleata è l’ossessione, l’incubi. Meglio i transfighi raggrumati sotto il trasformista Di Maio. E se questi scappati di casa e dal partito sono gli stessi che appena ieri volevano appendere a testa in giù l’intero sistema politico, a cominciare da Berlusconi per finire col Pd, che problema c’è?
In politica è sempre un altro momento, come dice la Taverna, una che se ne intende. Tutto, ma non la Meloni a trionfare alle elezioni, a rivendicare una leadership di governo. Così è la politica, si suol dire. Sarà, ma non è un bello spettacolo. Non lo è mai. E si ripete puntuale.

In arrivo il lockdown climatico?

C’è poi un’altro segreto, di Pulcinella ma scabroso, e il velo l’ha strappato, finalmente, il presidente di Nomisma, Tabarelli: prepariamoci a privazioni mai viste, tra due mesi chiudere tutto, scuole, uffici pubblici, fabbriche, insomma un nuovo lockdown con tanto di gendarmi che vengono a bussarti alla porta di casa per vedere quanto riscaldamento ti concedi. Tutto come un anno fa, come due anni fa.
E, ancora una volta, la ragione è molto semplice: non c’è energia, non ci son soldi (i fondi del Pnrr sono come la fabbrica di san Pietro), c’è una transizione energetica che non risolverà niente ma impoverirà tutti, ma alla quale non possiamo né vogliamo opporci, non ci sono prospettive, e c’è pure la paura, malcelata, di attentati affidati dal “liberatore” Putin al pullulare di cellule, cecene, mediorientali, islamiste, maghrebine, disseminate per l’Europa e per l’Italia; e queste non solo illazioni, ma preoccupazioni. Degli apparati di sicurezza, in primis.

La fuga di Draghi

Per questo volevano, dal Colle in giù, la resilienza del più amato: se la veda lui. Il beneamato però s’è sfilato, per giunta in un modo che molti non hanno capito: avventato, rancoroso, apparentemente fuori controllo. Ma forse l’Illustrissimo sapeva benissimo cosa faceva, e cosa si prepara per il Paese.
Non la cornucopia dei fondi europei, che sono come la fabbrica di San Pietro e costano più di quanto convengano, sicuramente le conseguenze, devastanti, di 30 mesi persi, 18 dei quali sotto Draghi, uno del quale, al di là della propaganda di regime, si fatica a trovare l’ombra di qualsiasi incisività.
Draghi ha tirato a campare, andreottianamente, col pretesto del Covid: il discorso mattutino al Senato, l’ultimo, è stato quasi demenziale: se tutto restava da fare, perché non è stato fatto niente? E cosa avrebbe dovuto indurre a pensare che questa volta sarebbe stato diverso?
La politica dovrebbe essere il regno della logica, ma sempre più fa rima con onirica e vale l’aforisma di Frank Zappa: “la politica è il ramo intrattenimento dell’industria”. Su una cosa non sussistono dubbi: sulla lotta continua contro Giorgia Meloni, sulla gogna perenne, sul fatto che i colpi bassi non si conteranno. E non è affatto detto che dagli alleati, assai presunti, le verrà l’aiuto sperato. Lei questo lo sa, sta già cercando di ricucire. Vaste programme, comunque.
Max Del Papa, qui.

Quindi siamo preparati: non la lasceranno vincere, e se dovesse comunque vincere, non la lasceranno governare. Ancora un po’ di cose qui e qui.
E poi c’è “Pagine ebraiche”, che sarebbe – che una volta era – l’organo ufficiale dell’Unione delle Comunità Ebraiche e poi un bel giorno, improvvisamente, è diventato la cassa di risonanza della propaganda, spesso becera fino alla volgarità, anti Trump, con occasionali ma non infrequenti puntate anti Orban, per riciclarsi poi come organo ufficiale dell’eroe Zelenzky con trombe e tamburi, e condanne e anatemi contro il Satana-Putin. E ora che inizia la campagna elettorale non può non lanciarsi col consueto ardore nella battaglia suonando mazzate contro il piccolo, anzi la piccola, Satana di casa nostra. Riporto il delirio odierno con qualche commento.

La destra e l’eredità fascista

Il rischio di una deriva sovranista che possa nuocere al Paese continua ad agitare la campagna elettorale [la LEGGENDA del cosiddetto rischio di una cosiddetta deriva sovranista FABBRICATA dalle sinistre agita la campagna elettorale: non è la stessa cosa. A parte questo, il primo articolo della nostra Costituzione ci informa che “la sovranità appartiene al popolo”: al popolo italiano, non all’Unione Europea, non alla NATO, NON a Biden e neppure a Draghi: che cosa c’è dunque che non va nel cosiddetto sovranismo?]. “Il futuro è l’Italia. Ed è tetro”, la sintesi del New York Times in un articolo su cui si discute ormai da giorni [ma pensassero un po’ al futuro degli Stati Uniti in mano alla famigerata banda dei quattro che li sta portando verso il baratro, invece di ficcare il loro nasaccio zozzo in casa degli altri!]. Tra le preoccupazioni esplicitate il fatto che a prendere il controllo della destra siano oggi figure “che si considerano esplicitamente eredi della tradizione fascista”. [Esplicitamente? Fra i dirigenti? Qualche esempio concreto, qualche nome invece delle solite ciance a vanvera da tiro il sasso e nascondo la mano? Stiamo forse giocando allo schiaffo del soldato?]
“Vecchia storia questa del ‘pericolo nero alle porte’, smentita dai fatti. Noi siamo europeisti, atlantisti e vicini a Israele, pur rivendicando un ruolo più centrale per Roma e dichiarando di voler essere alleati affidabili delle forze occidentali, ma mai servi” la reazione stizzita [si noti l’aggettivo: non infastidita, risentita, seccata, no: stizzita. Tipo zitella isterica] di Fabio Rampelli, uno dei fedelissimi di Giorgia Meloni, in una intervista con Repubblica. Rampelli sostiene che “la generazione che ha fondato Fratelli d’Italia” abbia scavato [“abbia”, congiuntivo: il modo della possibilità, della presa di distanza, del tu lo dici ma se sia vero io non ho la minima idea] “un solco invalicabile tra la destra e l’estremismo, compresa ogni forma di nostalgismo”. Anche Ignazio La Russa (Corriere) accusa: contro FdI, a suo dire, vi sarebbe [sarebbe”… non che ci sia davvero, figuriamoci] “un antifascismo strumentale”. La scrittrice Michela Marzano, sulla Stampa, attacca l’orizzonte valoriale della destra: “Se il nostro Paese si fonda sui valori costituzionali della dignità, dell’uguaglianza, della libertà e del lavoro, è a questi valori che ci si dovrebbe sempre richiamare per smetterla di umiliare le persone e costruire davvero, come scrive il filosofo ebreo Avishai Margalit, una società decente” [Questa invece non la posso commentare perché non ho la minima idea di che cosa esattamente stia parlando. E meno male che è una scrittrice]. Destra italiana che, si riporta in un’altra analisi [quale? Di chi? Pubblicata dove?], “ha sempre corteggiato” un leader autocrate come Orban [e figuriamoci se poteva mancare l’orco Orban! Quella di Orban per questa gente è un’ossessione peggio di quella per l’eroina per un eroinomane in crisi d’astinenza e senza soldi. Se Orban muore a questi tocca suicidarsi perché non hanno più una sola ragione per vivere]. È concreta quindi la possibilità che, con una vittoria di quello schieramento, l’Italia finisca di nuovo “sul fronte anti-Ue”. [Ma magari ci finisse, magari cazzo! Ma cos’è questa UE, un dogma intoccabile? Una divinità? Un filo elettrico scoperto che se lo tocchi muori?]
Altri opinionisti parlano di Meloni e della sua classe dirigente. Per Ernesto Galli della Loggia (Corriere) “considerare fascisti lei e il suo partito, pronti cioè a usare la violenza contro la sinistra e decisi a limitare le nostre libertà, appare alquanto inverosimile” [anche perché la violenza continuiamo a vederla usata dalla sinistra contro la destra, ma questo fa brutto dirlo, anzi fa brutto perfino dar segno di essersene accorti]. La pensa allo stesso modo Pierluigi Battista, intervistato dal Giornale. Il giornalista invita comunque la Meloni a prendere una posizione più netta. “Il tanto bistrattato Fini – ricorda – andò ad Auschwitz, alle Fosse Ardeatine, allo Yad Vashem” [Gianfranco Fini era il delfino di Giorgio Almirante, mussoliniano tutto d’un pezzo e mai pentito, che ha iniziato la carriera di giornalista in un giornale fascista, successivamente segretario di redazione della rivista “La difesa della razza”, autore di articoli antisemiti, aderente alla Repubblica di Salò, fondatore, dopo la guerra, del partito dichiaratamente neofascista “Movimento sociale”. Giorgia Meloni no: da che cosa dovrebbe prendere le distanze, lei? Che cosa dovrebbe dimostrare, lei? Sarebbe più credibile, o più affidabile, o più simpatica se facesse anche lei la sceneggiata di andare ad Auschwitz con telecamere al seguito a portata di faccetta (non più nera) contrita? Tra l’altro lei, per inciso, a differenza di quell’altro, non ha mai dichiarato che “Mussolini è stato il più grande statista del secolo”: e dunque, di che cosa stiamo parlando?]. Per Claudio Cerasa, direttore del Foglio, “il sogno di vedere una destra capace di trasformare il suo rapporto con Draghi in un’occasione per allontanare il suo istinto populista è un sogno tramontato” [Anche questa, come quella della scrittrice, ho qualche difficoltà a commentarla: rapporto con Draghi in che senso? Quale rapporto dal momento che il suo è stato, l’unico, se non sbaglio, partito a non entrare nel governo? Trasformarlo in che senso? Istinto populista a giudizio di chi? Sogno di chi? Coltivato a che titolo? Boh]. Contro le preoccupazioni riportate dal Nyt e da altri organi di informazione insorgono tutti i giornali di destra. “Torna la caccia al fascismo immaginario”, titola La Verità. Questo invece Il Tempo: “La sinistra agita lo spettro fascismo”. [Si tenga presente: i giornali di destra, mica roba seria]. Qui.

In conclusione: contro la Meloni non abbiamo in mano niente ma facciamo lo stesso questo articolo del cazzo gridando al lupo al lupo: non ho bisogno di ricordarvi come va a finire la favola, vero?
Questa testata, nata sinistra, aveva tuttavia agli esordi alcune ottime penne non allineate. Che oggi non ci sono più, ed è diventato un giornalaccio illeggibile.

Quanto a me, nonostante sia lontana anni luce dall’ideale anarchico, quando guardo a tutti gli ultimi governi mi viene, almeno per un momento, da pensare che quasi quasi

(che poi, a parte le considerazioni politiche, a sentirla così non vi fa venire i brividi?)

E per non perdere il vizio, regaliamoci un po’ di fuoco con questa magnifica artista

barbara