PER RISTABILIRE LA REALTÀ STORICA

Contro tutte le mistificazioni.

Ad ogni Natale, bisogna ricordare le stesse cose. Pazienza. Ricominciamo.

1) Gesù non era migrante. Giuseppe e Maria si recano a Betlemme, paese originario di Giuseppe, per il censimento e riparano in una grotta perché non trovano posto in “albergo”. Peraltro, questo è il racconto della nascita teologica di Gesù (i Vangeli non sono né biografie, né narrazioni storiche, ma appartengono a uno specifico e diverso genere letterario): Gesù teologicamente nasce a Betlemme, perché Betlemme è la città di Davide ed è la città dove, secondo i profeti, sarebbe sorto il Messia, il Cristo. Riguardo, invece, alla nascita storica di Gesù, con ogni probabilità essa avvenne a Nazareth e non a Betlemme: l’impero romano aveva una certa efficienza burocratica ed è del tutto implausibile che le autorità costringessero intere famiglie a mettersi in viaggio, nelle difficili condizioni dell’epoca, per andare a farsi censire nel luogo natale e non in quello di residenza.
2) Se poi con l’espressione “migrante” si vuol fare riferimento non alla nascita, ma alla “fuga in Egitto” conseguente alla strage dei neonati ordinata da Erode, ebbene, in quel caso Gesù e i suoi furono veri profughi, in fuga da una terribile persecuzione, e non certo finti rifugiati e tantomeno migranti economici. E inoltre, scampato il pericolo, tornarono in patria, “dettaglio” che viene sempre taciuto!
3) Gesù non era povero. Il padre, Giuseppe, era carpentiere, apparteneva al ceto medio di allora. Nella famiglia di Maria, sappiamo che vi era un rappresentante della elite sacerdotale, come Zaccaria, marito di Elisabetta e padre di Giovanni il Battista. Se avessero trovato posto in albergo, avrebbero passato lì la notte e non nella grotta. Naturalmente, la nascita nella grotta e al freddo ha un significato teologico, ma è quello dell’abbassamento e dello “svuotamento” (kenosis) del Figlio di Dio, non certo della “povertà” in senso materiale e secondo la misura umana.
4) Ovviamente, Gesù non era arabo e palestinese, ma ebreo. Il nome Palestina, per designare la regione geografica, non esisteva ancora, in quanto fu imposto dai Romani dopo la distruzione del Tempio, quando Gesù era già morto da decenni e peraltro alludeva ai vecchi nemici di Israele, i Filistei, che non erano certo arabi. Arabi in Giudea e Galilea ce ne erano ben pochi, al tempo, ed erano per lo più nomadi, che commerciavano. Gli arabi, guarda un po’, stavano in Arabia e non in Israele! La Giudea, la Galilea e la Samaria furono occupate dagli Arabi, invasori, solo sei secoli dopo. All’epoca non c’era ancora l’ONU e non furono fatte risoluzioni che invitavano gli arabi ad abbandonare i territori occupati!
Ci vediamo l’anno prossimo!
Angelo Imbriani


Aggiungo questo

Non ci si può credere! E’ veramente ossessionato! Anche nell’omelia di questo Natale il comiziante peronista obamiano invece di parlare di Gesù Cristo, parla dei migranti. Solo e sempre politica! Gli hanno ordinato di martellare su questo punto e lui da cinque anni bombarda quotidianamente.
Oltretutto colpisce l’ignoranza. Qualcuno gli spieghi che Giuseppe stava portando la sua famiglia non in un paese straniero per motivi economici, ma nel suo stesso paese per il censimento, perché lui era originario di Betlemme. Quindi era a casa sua. E il versetto “non c’era posto per loro” si riferisce al fatto che nel caravanserraglio dove erano tutti non c’era un luogo appartato per partorire. Come si può distruggere così l’annuncio del Natale con un banale comizietto populista?
Antonio Socci

E concludo con un’aggiunta mia: Shalosh Regalim, Tre Pellegrinaggi. Nelle tre ricorrenze religiose di Pesach (Pasqua), Shavuot (Festa delle Settimane, o Pentecoste) e Sukkot (Festa delle Capanne), tutti gli ebrei di Giudea dovevano recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme, che era attrezzata per accoglierli tutti. Ora, come si vede in questa mappa,
viaggio
la strada da Nazareth a Betlemme passa per Gerusalemme: ammesso che qualcuno potesse essere così folle da mettersi in un viaggio del genere a dorso d’asino con una donna a fine gravidanza (considerando oltretutto che i censimenti duravano molto a lungo, ossia non avevano una precisa data specifica in cui espletarlo), dato che i segni del parto ormai imminente non potevano mancare, non sarebbe stato logico che invece di andare a partorire in una stalla a Betlemme (stalla: con quattro pareti e un soffitto, non una grotta aperta ai quattro venti),  si fermassero a Gerusalemme, otto chilometri prima, in cui un alloggio lo avrebbero sicuramente trovato?
Che poi, dei quattro vangeli, solo quello di Luca parla della nascita, dicendo sobriamente “E avvenne che, mentre si trovavano là [a Betlemme], si compirono per lei i giorni del parto, e mise al mondo il figlio suo primogenito, e poi lo fasciò, e lo adagiava in una greppia, perché non c’era per loro un posto nell’albergo”: tutta l’odissea del drammatico pellegrinaggio dei due poveri viandanti di albergo in albergo, e tutti che gli dicevano no non abbiamo posto, e lei sempre più stremata dalle doglie via via più ravvicinate, e lui sempre più disperato per questo bambino che stava ormai per nascere e non c’era posto in cui farlo nascere eccetera eccetera, non è che una patetica leggenda poverista che niente ha a che fare con le Scritture su cui si basa la fede cristiana. Casomai qualcuno dovesse passare dalle parti di Roma, lo dica al signor Ciccio.

barbara

ISRAELE NOVE (8)

Laassùùù nellee montaagneeee (1)

Ci siamo innalzati ed elevati (no, non sono sinonimi) molto, in questo viaggio.
Del monte Sodoma, con relativi annessi e connessi su cui per il momento non intendo ritornare, ho già parlato.

Poi siamo stati sul Monte delle Tentazioni, sopra Gerico. Dopo la salita in funivia fino alla base – che uno magari, come a Masada, dice ah che bello che c’è la funivia e ci si risparmia la faticata, e invece no, sceso dall’ovetto ti aspetta, perfida come una cognata, maligna come una suocera, implacabile come una zitella affamata, la più micidiale salita che mente umana possa immaginare e quando sei finalmente arrivato ti arriva, come una schioppettata in mezzo agli occhi, il pensiero che poi devi tornare indietro, e tornando indietro, dopo un numero infinito di rampe, a ogni rampa che finisci dici finalmente ci siamo e poi invece no, ce n’è ancora una e poi ancora una e poi ancora una e poi… Quando è finalmente davvero finita avevo il cuore che mi scoppiava, ma proprio scoppiava davvero, riuscivo a stento a respirare e non riuscivo a recuperare il ritmo, senza contare il famigerato crampo al polpaccio di cui ho già parlato. Vabbè, insomma si arriva, e il posto è quello in cui Gesù si è ritirato quaranta giorni a digiunare e Satana è andato a tentarlo offrendogli tutto quello che stava intorno in cambio dell’adorazione. E vi si possono acquistare – cioè no, non acquistare: si prendono e si lascia un’offerta – frammenti della roccia su cui Gesù si è seduto durante la sua permanenza lassù, vale a dire che è stata toccata dal santo deretano e quindi a sua volta resa sacra (un po’ come il Santo Sepolcro in cui un’infinità di persone, ma soprattutto donne – donne di ogni età, vecchiette col fazzoletto nero stretto sotto il mento e quasi accasciate sulla pietra tombale, floride matrone ripiegate sulla propria pancia, giovani fanciulle in microgonna a pecorina con le chiappe al vento – versano dell’olio sulla pietra in modo da renderlo sacro e poi strofinano degli oggetti sull’olio in modo da rendere sacri anche quelli); reliquie rigorosamente autentiche, che quindi valgono senz’altro la micidiale salita. Poi, volendo, ci sarebbe anche la vista.
sopra Gerico 1
sopra Gerico 2

Del monte Meron non c’è praticamente niente da raccontare: c’è solo da dire che è la montagna più alta della Galilea, e da qui si gode una splendida vista su tutta la Galilea centrale
Meron 1-c1
Meron 2
Meron 3-c2
Meron 4-c3
Meron 5
Meron 6
Meron 7
con tanto di tavola che indica i luoghi che si stanno vedendo.
Meron 8-c4

Sul monte Carmelo, sopra Haifa, non siamo saliti, ma anche dai suoi piedi si può ammirare lo splendido panorama della città di Haifa, del suo porto e del Tempio Bahai.
Haifa 1
Haifa 2
Haifa 3
Oltre che dell’immancabile Titti, naturalmente.
Haifa 4
NOTA: per questo post, così come per quello che seguirà con la seconda parte, mi sono avvalsa dell’aiuto di Carla – che ha fornito anche alcune foto – per riordinare alcuni ricordi che avevo un po’ confusi.

barbara