ISRAELE NOVE (8)

Laassùùù nellee montaagneeee (1)

Ci siamo innalzati ed elevati (no, non sono sinonimi) molto, in questo viaggio.
Del monte Sodoma, con relativi annessi e connessi su cui per il momento non intendo ritornare, ho già parlato.

Poi siamo stati sul Monte delle Tentazioni, sopra Gerico. Dopo la salita in funivia fino alla base – che uno magari, come a Masada, dice ah che bello che c’è la funivia e ci si risparmia la faticata, e invece no, sceso dall’ovetto ti aspetta, perfida come una cognata, maligna come una suocera, implacabile come una zitella affamata, la più micidiale salita che mente umana possa immaginare e quando sei finalmente arrivato ti arriva, come una schioppettata in mezzo agli occhi, il pensiero che poi devi tornare indietro, e tornando indietro, dopo un numero infinito di rampe, a ogni rampa che finisci dici finalmente ci siamo e poi invece no, ce n’è ancora una e poi ancora una e poi ancora una e poi… Quando è finalmente davvero finita avevo il cuore che mi scoppiava, ma proprio scoppiava davvero, riuscivo a stento a respirare e non riuscivo a recuperare il ritmo, senza contare il famigerato crampo al polpaccio di cui ho già parlato. Vabbè, insomma si arriva, e il posto è quello in cui Gesù si è ritirato quaranta giorni a digiunare e Satana è andato a tentarlo offrendogli tutto quello che stava intorno in cambio dell’adorazione. E vi si possono acquistare – cioè no, non acquistare: si prendono e si lascia un’offerta – frammenti della roccia su cui Gesù si è seduto durante la sua permanenza lassù, vale a dire che è stata toccata dal santo deretano e quindi a sua volta resa sacra (un po’ come il Santo Sepolcro in cui un’infinità di persone, ma soprattutto donne – donne di ogni età, vecchiette col fazzoletto nero stretto sotto il mento e quasi accasciate sulla pietra tombale, floride matrone ripiegate sulla propria pancia, giovani fanciulle in microgonna a pecorina con le chiappe al vento – versano dell’olio sulla pietra in modo da renderlo sacro e poi strofinano degli oggetti sull’olio in modo da rendere sacri anche quelli); reliquie rigorosamente autentiche, che quindi valgono senz’altro la micidiale salita. Poi, volendo, ci sarebbe anche la vista.
sopra Gerico 1
sopra Gerico 2

Del monte Meron non c’è praticamente niente da raccontare: c’è solo da dire che è la montagna più alta della Galilea, e da qui si gode una splendida vista su tutta la Galilea centrale
Meron 1-c1
Meron 2
Meron 3-c2
Meron 4-c3
Meron 5
Meron 6
Meron 7
con tanto di tavola che indica i luoghi che si stanno vedendo.
Meron 8-c4

Sul monte Carmelo, sopra Haifa, non siamo saliti, ma anche dai suoi piedi si può ammirare lo splendido panorama della città di Haifa, del suo porto e del Tempio Bahai.
Haifa 1
Haifa 2
Haifa 3
Oltre che dell’immancabile Titti, naturalmente.
Haifa 4
NOTA: per questo post, così come per quello che seguirà con la seconda parte, mi sono avvalsa dell’aiuto di Carla – che ha fornito anche alcune foto – per riordinare alcuni ricordi che avevo un po’ confusi.

barbara

GIUSTIZIA PER UN GIUSTO, FINALMENTE

Il Dreyfus portoghese

di Kevin Zdiara • mercoledì 24 ottobre, 2012

Nel 1894, il capitano ebreo Alfred Dreyfus fu ingiustamente condannato per tradimento da parte di un tribunale militare francese antisemita. Occorsero 10 anni prima che l’ingiustizia fosse corretta. Il mondo ricorda Dreyfus. Ma bisognerebbe ricordare anche l’ufficiale ebreo Artur Carlos de Barros Basto, ingiustamente condannato da un tribunale militare portoghese anti-semita nel 1937. Per correggere l’ingiustizia subita da Barros Basto ci è voluto molto di più. Il governo portoghese ha revocato la condanna solo quest’anno.
         
Barros Basto nacque in una famiglia cristiana nel 1887. Quando aveva nove anni, suo nonno gli disse che la famiglia apparteneva ai cosiddetti “cristãos novos,” ebrei costretti a convertirsi al cristianesimo nel 15° secolo, ma che segretamente continuavano a praticare il giudaismo. Barros Basto crebbe a Porto, nel nord del Portogallo, dove frequentò l’accademia militare. Da giovane combatté nella rivoluzione che portò all’istituzione della prima Repubblica del Portogallo nel 1910; fu il primo a sollevare la bandiera della nuova repubblica nella piazza della città di Porto. Durante la prima guerra mondiale prestò servizio come tenente, comandante del Corpo portoghese, e ricevette la Croce di Guerra al valore militare.
Quando tornò dalla guerra, il suo interesse per le sue radici ebraiche aumentò e cominciò a studiare da solo l’ebraismo e la lingua ebraica. Non c’era comunità ebraica a Porto, e la piccola comunità ebraica di Lisbona lo rifiutò come estraneo. Dovette recarsi in Marocco per sottoporsi a sua conversione formale rituale all’ebraismo. Tornato a Lisbona dopo la conversione, tuttavia, fu accettato, e sposò Lea Azancot, figlia di un ricco membro della comunità.
Nel 1921 Barros Basto tornò con la moglie a Porto, dove iniziò a lavorare instancabilmente per costruire una comunità ebraica. Nel 1923 registrò ufficialmente la comunità ebraica di Porto. Fondò la rivista ebraica Há-Lapid, che pubblicò dal 1927 al 1958. Nel 1929 fondò la Yeshiva Rosh Pinna di Porto e la sinagoga Mekor Haim. Cinquecento anni dopo che l’Inquisizione portoghese aveva distrutto la vita ebraica a Porto, Barros Basto quasi da solo vi ricostruì una piccola comunità ebraica.
Barros Basto costruì Mekor Haim convincendo il Barone Edmond de Rothshild di Francia ad acquistare i terreni per la sinagoga e la ricca famiglia sefardita Kadoorie, di Hong Kong, a finanziare la costruzione.

Tra gli ospiti all’inaugurazione della sinagoga il 6 gennaio 1938 c’erano i rappresentanti delle comunità ebraiche di Londra e Berlino e Israël Levy, rabbino capo di Francia. Levy, nel suo discorso, osservò che Barros Basto era “riuscito a creare un slancio di simpatia ed entusiasmo in tutti i paesi della diaspora.” Nell’anno in cui le sinagoghe tedesche furono vandalizzate e distrutte nella Notte dei Cristalli, un nuovo luogo di culto ebraico apriva le sue porte in Portogallo.
Barros Basto considerava una delle sue missioni più importanti quella di riportare al giudaismo i “cristãos novos” dalle aree rurali del Portogallo. Ma la sua preoccupazione per gli ebrei e la vita ebraica non è mai stata limitata al solo Portogallo. Un aspetto che è stato spesso trascurato sono stati i suoi sforzi per salvare gli ebrei provenienti da tutta l’Europa alla fine degli anni Trenta e nei primi anni Quaranta. Era, come lo chiamava lo studioso tedesco Michael Studemund-Halévy, l’ “apostolo dei rifugiati” e personalmente coinvolto nel salvataggio di centinaia di profughi dalla Germania, Austria, Francia, Polonia e molti altri paesi.
Tra la fine del 1920 e i primi anni 1930 aveva creato una rete di contatti a livello europeo. Barros Basto iniziò a corrispondere con i leader delle comunità sefardite in tutta Europa. Uno fu Paul Goodman del Comitato dei marrani di Londra; ad Amburgo contattò la nota famiglia sefardita Cassuto, che nel 1933 fuggì a Porto. Barros Basto era particolarmente preoccupato per la sorte degli ebrei tedeschi, e il suo successo nella rinascita della vita ebraica a Porto suscitò interesse tra molti leader ebrei tedeschi. Oltre ad Alfred Klee, vice presidente della comunità ebraica di Berlino, c’era il direttore dell’Istituto israelita di Berlino, Ismar Elbogen, entrambi assidui visitatori a Porto. Barros Basto fu anche in stretto contatto con la comunità della famosa “Sinagoga occidentale” a Francoforte e con i membri della comunità ebraica di Stoccarda.
Così quando l’antisemitismo in Germania divenne più violento e più potente, questi contatti aiutarono decine di ebrei tedeschi a fuggire al porto sicuro di Porto. E il capo della comunità ebraica di Porto Barros Basto, oltre a provvedere all’integrazione dei profughi nella comunità ebraica sefardita di Porto, assicurò posizioni di rilievo all’interno della comunità e contribuì anche ad affittare lo spazio per una sinagoga askenazita a Porto. Durante la seconda guerra mondiale fu Barros Basto a stabilire un capitolo locale del Joint Distribution Committee a Porto per organizzare il sostegno umanitario alle migliaia di profughi ebrei alloggiati a Porto e in piccoli villaggi nelle vicinanze.
Ma tutte queste attività suscitarono i sospetti delle autorità portoghesi. Nel 1933 António Salazar aveva instaurato una dittatura corporativista, strettamente legata alla Chiesa cattolica. Le critiche di Barros Basto all’Inquisizione portoghese, il suo supporto dei principi liberali, il suo attivismo ebraico e la sua attività di massone, ne fecero il bersaglio della PVDE, la polizia segreta portoghese. Già nel 1935 le autorità portoghesi si servirono di un’accusa di presunte molestie sessuali nei confronti di alcuni studenti della yeshiva per chiudere immediatamente la yeshiva.
Poi, nel 1937 fu processato davanti a un tribunale militare e il 12 giugno riconosciuto colpevole di aver commesso “atti immorali”. L’accusa principale era che aveva compiuto circoncisioni sui suoi studenti della yeshiva, e quindi non aveva la “capacità morale” di servire nell’esercito portoghese. Questo fu sufficiente per condannare Barros Basto e spogliarlo dei suoi gradi militari. Perse la sua pensione, l’assistenza sanitaria, non gli fu permesso di indossare l’uniforme, fu ostracizzato e dovette dimettersi dal suo incarico nella comunità ebraica che aveva contribuito a costruire.
Mentre il suo processo ricorda molto quello dell’ufficiale francese Alfred Dreyfus, condannato in Francia a causa di antisemitismo nel 1894, c’era anche una differenza fondamentale. Nel caso di Barros Basto non ci fu un Émile Zola, a difendere pubblicamente l’accusato, e non vi fu alcun segno pubblico di solidarietà con Barros Basto. Al contrario, la condanna scosse profondamente la piccola comunità ebraica portoghese, e portò all’emigrazione e un costante declino.
Fino alla sua morte nel 1961 Barros Basto provò in tutti i modi ad essere reintegrato nell’esercito ma non vi riuscì e morì amareggiato. Anche dopo la caduta della dittatura, nel 1974, la famiglia di Barros Basto non riuscì ad ottenere un nuovo processo. Ma la figlia e la nipote di Barros Basto non si sono arrese, e alla fine nel febbraio 2012 una commissione parlamentare ha adottato all’unanimità una relazione che ha riconosciuto lo sfondo antisemita  della sentenza e ha chiesto una riabilitazione di Barros Basto. Successivamente, alla fine del mese di luglio, il Parlamento portoghese ha seguito il consiglio e ha ufficialmente reintegrato Barros Basto nell’esercito.
Questo, finalmente, ha corretto un errore storico e, anche se troppo tardi, restituisce la dignità e l’onore di un uomo che dovrebbe essere ricordato come un vero tsaddik.

Kevin Zdiara è uno scrittore freelance, collaboratore frequente del blog tedesco “L’Asse del Bene“, e uno studente di dottorato in filosofia alla Max Weber Centro Studi culturali e sociali a Erfurt, Germania. (qui, traduzione mia)

Correggere gli errori è indubbiamente molto più lento e faticoso che commetterli. È tuttavia di qualche conforto poter constatare che, almeno qualche volta, tali correzioni avvengono.

barbara