MARCHETTE FIRMATE

Ecco la grande risposta dell’ Occidente allo hijab, il velo usato più comunemente dalle donne islamiche: la Nike ne produrrà uno, ovviamente iper-tecnico e traspirante, pronto a invadere i mercati del Medio Oriente. La Nike vuole diventarne il principale distributore e sta già aprendo dei punti vendita nei Paesi arabi, e già lo senti il progressista relativista: che c’ è di male? Molte donne musulmane lo scelgono consapevolmente ed esiste un’ azienda che incontra le loro esigenze anziché lasciarlo alla mediocre produzione locale, il mercato è un regolatore implacabile, occupa degli spazi e basta. E poi: non è che il mercato, da noi, vende i tanga o i bikini perché è favorevole all’ emancipazione. Giusto. A parte un dettaglio: nessuno, da noi, ti obbliga a metterti un tanga o un bikini, nessuno ti prende a frustate se non lo indossi, come avviene in molti Paesi islamici se non rispetti, pure, una serie di regole che vedono la donna inferiore per legge.
Ma è il mercato, capito: presto la Nike potrebbe allora produrre delle fruste in carbonio ultraleggero, Gucci potrebbe occuparsi del burka, Prada dello chador, il vero marmo di Carrara potrebbe suggellare le più prestigiose lapidazioni, acciaio svizzero o giapponese renderebbe più rapide e precise le decapitazioni. Battute fuori luogo? Per niente, visto che il mercato – occidentale e italiano – già provvede a dotare gli estremisti della madre di tutte le importazioni dall’ Occidente: le armi.

di Filippo Facci (qui)
@FilippoFacci1
nike
Di marchette, ossia cose fatte non per passione ma unicamente per soldi, ne facciamo tutti. Precisando però che ci sono marchette oneste e marchette disoneste. Questa è una marchetta disonesta.

barbara

Una risposta

  1. Ho letto della bibliotecaria alla quale è stato impedito di entrare a lavoro con il velo in testa.
    Pensare che a me obbligano a tenerlo sul lavoro un copricapo, dannazione! La bibliotecaria dovrebbe lavorare in una cucina ed il problema sarebbe risolto.

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  2. Gli atei (in linea di massima sono atei) non è vero che odiano le religioni. Odiano solo cristianesimo, ebraismo, e, con l’arrivo delle religioni orientali, anche il buddhismo. Ma la religione nazista islam a loro piace.

    A parte questo, la Nike è una marca occidentale. I muslims affermano sempre di odiare l’occidente, ma poi comprano dagli occidentali. Ipocriti senza neppure accorgersene.

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      • Perchè loro non sono in grado di produrre niente (non lo dico io, lo ha detto proprio uno dei loro imam – in islamia si lavora in media poco meno di mezz’ora al giorno, e i lavoratori mancano di professionalità – cerca il video su MEMRI). Allora hanno bisogno degli strumenti del nemico. E dopo di noi toccherà a Cina e Giappone.

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        • Meno di mezz’ora al giorno? Ehm… Io in Paesi islamici ci sono stata e ci ho anche vissuto, e ho sempre visto negozi lavorare a tempo pieno, officine lavorare a tempo pieno, mercati lavorare a tempo pieno, banche lavorare a tempo pieno, uffici postali lavorare a tempo pieno, persone di servizio lavorare a tempo pieno, personale degli alberghi lavorare a tempo pieno, tassisti lavorare a tempo pieno…

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  3. Ricordiamo che la Nike è la stessa azienda che fino a non molti anni fa faceva cucire i palloni da calcio a bambini pakistani e indonesiani di 10anni o poco più, e che ancora oggi è accusata di sfruttare in condizioni di quasi-schiavismo gli operai in Indonesia e varie fabbriche nel sud est asiatico.
    Che etica può avere un’azienda simile?
    Motivo in più per boicottare i loro prodotti!

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    • Esatto. E ogni volta che qualcuno denuncia lo scandalo dei bambini sfruttati (anche meno di dieci anni, a quanto ne so), fanno grandi proclami, non lo sapevamo, sono i concessionari locali che se ne occupano, non possiamo vedere e sapere tutto, controlleremo, provvederemo, e poi, passato il clamore, torna tutto come prima.

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      • Si, il problema è che anche molte aziende concorrenti si comportano in maniera simile, e quando si vanno ad acquistare merci prodilotte in paesi in cui non esiste una vera e propria tutela dei lavoratori, non si sa mai come sono stati trattati gli operai. La cosa migliore, quando possibile, è preferire prodotti fatti in Italia, in Europa o in altri Paesi in cui ci sono buone leggi a tutela dei lavoratori(anche se imperfette) e vengono fatte rispettare!

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        • Normalmente anch’io preferisco roba di qui. Poi ci sono i negozi del cosiddetto “equo e solidale” con prezzi che per permetterteli devi fare una rapina in banca, e chissà chi mai li incasserà.

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        • “Poi ci sono i negozi del cosiddetto “equo e solidale” con prezzi che per permetterteli devi fare una rapina in banca”

          Mica sempre, ad esempio al supermercato si trovano tavolette di cioccolato col marchio “fair trade” che costano poco (1,50 euro a tavoletta o meno). Idem per caffè, tè, zucchero. Si trovano a prezzi quasi uguali a prodotti equivalenti del mercato “non equo”.
          Ma ho grossi dubbi che tra i raccoglitori di cacao per aziende “fairtrade” e quelli per aziende “unfair”, ci sia una differenza tangibile!

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        • Ma ho grossi dubbi che tra i raccoglitori di cacao per aziende “fairtrade” e quelli per aziende “unfair”, ci sia una differenza tangibile!
          Appunto. Un po’ come per i prodotti marcati come biologici: chi ti garantisce che non si tratti solo di un’etichetta appiccicata su? Il prezzo comunque è di poco superiore ai prodotti esteri unfair, ma doppi o tripli rispetto agli analoghi prodotti italiani.

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        • ” Il prezzo comunque è di poco superiore ai prodotti esteri unfair, ma doppi o tripli rispetto agli analoghi prodotti italiani.”

          Vero, il prezzo simile vale solo per il cioccolato e forse anche caffè e tè, ma se non ricordo male il riso fairtrade dalla Thailandia costava almeno il 40-50% in più(se non addirittura il doppio) rispetto a un normale riso italiano senza tanti fronzoli(NON BIO, NON integrale,, ecc…)

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        • Ok, però non bisogna estremizzare il concetto, pure nei paesi economicamente meno sviluppati ci saranno tante persone che lavorano in condizioni abbastanza dignitose, senza esser schiavizzate. Un boicottaggio generalizzato di tutte le merci prodotte nel “secondo mondo” sarebbe ingiusto, e condannerebbe molte persone a una maggiore povertà!

          Piuttosto bisognerebbe mettere un freno alla delocalizzazione di quelle aziende che dal “primo mondo” spostano la produzione in Paesi poveri, solo per un costo del lavoro più basso e per pagare meno tasse. Bisognerebbe dire a queste aziende “o tratti i lavoratori dei Paesi poveri alle stesse condizioni contrattuali dei Paesi ricchi in cui vuoi vendere il tuo prodotto, oppure per vendere nel mercato europeo o americano devi pagare tasse altissime!”

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        • @Andrea. Primo: se in un posto dove si fa la fame io apro una fabbrica e c’è una fila lunga dieci chilometri per farsi assumere, se ti prendo tu lavori come ti dico io, quanto ti dico io, al prezzo che stabilisco io. E tu accetti, perché l’alternativa è la fame. Secondo: tu NON puoi dire alle aziende come devono trattare i loro operai perché non sono loro a trattarli, bensì i loro rappresentanti in loco. E tu non puoi passare tutto il tuo tempo a correre in giro per il mondo a controllare cosa fanno, chi assumono, come li trattano, quanto li pagano, perché se tutto il tuo tempo lo spendi così non te ne resta più per fare i tuoi affari e fallisci, e allora chiudi tutte le tue aziende, sia quelle in patria che quelle fuori.

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  4. Nelle due vie dove ho gli affacci di casa..vi sono 2 tatuatori…uno con tanto lavoro..
    Sono…così felici..mentre guardano i lavori” in via di aciugatura..” e sono già proiettati al
    prossimo.
    E..penso..” ma sono tutti scritti..( vanno di moda..le scritte..)…inchiostrati..”. Ma!
    Ma come fanno..A me viene a noia..talvolta qualcosa da indossare che prima mi piaceva..
    Figuriamoci un tatuaggio..
    Prima..era una prerogativa dei galeotti..anche marinai..
    E..quei numeri..” che titolo..devo dare..il primo pezzi di merda! Ma è troppo..buono!”

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  5. In tema di equosolidale, oggi ho trovato a casa di mia madre un sacchettino piccolo piccolo di mandorle equosolidali dalla palestina a 4 euro e 50 cent, praticamente 30 euro al kg. STICAZZI!!!
    L’ho provate, ed erano pure poco saporite, come le mandorle californiane che costano meno di 10 euro al kg. Le mandorle di Avola o alcune varietà pugliesi sono 10 volte più buone, e costano circa 15-20 euro al kg, quasi la metà delle equosolidali palestinesi!
    Che fregatura!

    Comunque mia madre non l’ha comprate per motivi politici, non si interessa di questioni palestinesi, l’ha prese distrattamente quando è andata a fare la spesa al mercato

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      • Vero, però se non ricordo male la confezione piccola di mandorle pugliesi alla Coop costa sui 22-23euro al kg(sempre troppo, sicuramente le stesse identiche mandorle comprate in sacchi più grandi costeranno il 50% in meno )
        I 30 euro al kg delle mandorle equosolodali palestinesi è un prezzo da record!

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      • Poi facendo una ricerca per curiosità ho scoperto che quelle mandorle non sono nemmeno coltivate in territori controllati dall’autorità palestinese, o nelle terre contese, ma vengono da Iksal, un villaggio Arabo situato pienamente in Israele.

        Quindi l’etichettatura “Mandorle sgusciate dalla Palestina” è pure un po’ fraudolenta(a meno di non considerare ancora validi i confini pre-1948)

        http://www.sindyanna.com/products/food-herbs/almonds/

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        • Macché esperto. me ricordo i prezzi delle mandorle perché ogni tanto le compro(sono ghiotto di paste di mandorle), sulle noci non ti so dire nulla perché non l’ho mai comprate, non mi piacciono.

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        • Come te lo spieghi che i datteri israeliani li trovi nei supermercati solo durante le feste di Natale. Spariscono con la Befana. Quelli tunisini, striminziti e rinsecchiti, invece ci sono tutto l’anno. Costano meno, ma non c’è confronto…

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        • Anche se la domanda è rivolta, credo, ad Andrea, rispondo anch’io: i datteri israeliani io qui non li trovo mai. Li ho mangiati recentemente perché c’era la fiera con prodotti da tutto il mondo (e finalmente ho assaggiato la farinata ligure, alla modica somma di 30 euro al chilo, mentre da un’altra parte, mi ha raccontato la ragazza che mi fa le pulizie, c’erano dei maialini cotti allo spiedo e per una fettina da un etto chiedevano 15 euro!) I datteri tunisini, e da venete ci capiamo, li chiamerei schiti.

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        • Sì, schiti de gaina… Quelli israeliani grossi, teneri e dolcissimi ci sono solo sotto le feste e ne approfitto sempre anche se di una decina spendo quasi 4 euro.

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      • io… nei miracoli… ci credo… Ma è da troppo tempo che sto aspettando… la pazienza è esaurita… e bisogna che ‘sto giudice a Berlino si svegli… LA LISTA è TANTA, anche dentro i confini!!! Speriamo… E non mi si accusi di malvagità; si tratta solo di giustizia distributiva! E, immodestamente, credo di averne anche diritto…

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