DI GUERRA E DI PACE

In attesa della possibile-probabile-temuta-sperata-terrorizzante-salvifica guerra in Medio Oriente, ho ripescato questa vecchia cosa che forse – forse – potrebbe fornire uno spunto di riflessione.

Pensiero mattutino
Data:    Friday, September 20, 2002 11:23 AM

Di solito non scrivo mail “di massa”. E la politica mi interessa poco. Poi sono anche molto ignorante.
Ma sentire le parole di Bush, e vedere nei suoi occhi la violenza. Percepire che la Pace non è più una possibilità ricercata ma quasi un lusso da signorine e vedere la faccia sorridente del nostro premier, cioè, volenti o nolenti, di noi tutti italiani, lì di fianco a sottolineare il suo consenso…
E poi penso a me, che faccio? Sto forse nutrendo, inconsciamente, lo stesso Leviatano? Sono forse i miei pensieri, le mie parole, a portarmi distrattamente là dove la violenza si compie? Come vedo il mio prossimo? C’è ancora possibilità di pace, dentro di me? E come la incarno nei miei gesti quotidiani?
Il mio silenzio è un marchio a fuoco. Posso veramente non ritenermi responsabile di ciò che accade là fuori?
Grazie dei 2 minuti di attenzione.
Stefano B

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Caro Stefano,
ritengo sempre utile riflettere, specialmente di primo mattino, quando si è più freschi, riposati, calmi.
La riflessione si chiama così perché consiste di una serie approfondita di ragionamenti e pensieri elaborati e rielaborati, dunque è bene riflettere proprio quando le capacità intellettive sono al massimo delle potenzialità.
Quando si parla di guerra si parla inevitabilmente di morti, tragedie, sofferenze immediate e “a lunga cessione”: l’Europa è ancora ben giovane per aver dimenticato gli orrori di ben due guerre (e mezza) del secolo passato. Una riflessione sulla guerra dunque dovrebbe impegnare più di un solo mattino. Perché la guerra non è uno scherzo, ma il male in assoluto che come Umanità dobbiamo cercare di impedire ad ogni costo.
Nel caso specifico dell’Iraq guidato dalla dittatura di Saddam Hussein occorre ricordare -durante la riflessione- ciò che accadde il 7 Giugno 1981 a Tammuz, vicino Baghdad: con un’azione di “legittima difesa preventiva” l’aviazione militare israeliana bombardò e distrusse il reattore nucleare di Osiraq.
Quella data segna un importante stop al programma iracheno volto alla costruzione della bomba atomica. Quella fu un’azione di guerra o, se si preferisce, una “illegittima azione di pirateria internazionale”, ma a seguito di quell’azione il dittatore Saddam Hussein non possedeva più la capacità tecnologica per dotarsi di armamenti nucleari. È da ricordare che il 1981 fu un anno terribile per il Medio Oriente: la guerra civile in Libano, gli attacchi militari dal Libano contro Israele, la guerra Iran-Iraq, l’attentato al presidente egiziano Anwar El Sadat… Era insomma in corso l’inferno o giù di lì e TUTTO poteva accadere. Dopo il 7 Giugno però da quel “tutto” si poteva togliere -almeno per un lungo periodo di tempo- la capacità di un conflitto atomico in Medio Oriente.
Ricordando questo antefatto si deve tener conto di un altro episodio, un’altra pagina buia per l’Umanità: il bombardamento con armi chimiche sulla popolazione civile irachena di etnia curda nel nord dell’Iraq da parte della aviazione militare di Saddam Hussein nel 1988. Più di 5000 -cinquemila- morti, uomini, donne, vecchi, bambini, uccisi dal gas nervino. Ciò che rende più amara quella pagina buia dell’Umanità è che l’Umanità era stata avvertita dallo Stato di Israele circa la minaccia crescente del rais di Baghdad, ma l’Umanità rispose che era troppo furba per cadere nella trappola del Primo Ministro israeliano Shamir di “deviare l’attenzione” del mondo dall’Intifada in corso nei Territori palestinesi occupati.
Le immagini dei Curdi che giacevano a terra dopo aver sofferto indicibilmente catturarono l’attenzione di pochi media nel mondo, attenzione che era spasmodicamente rivolta solo e soltanto alla Intifada palestinese. Allora un Palestinese ferito contava molto più di cinquemila Curdi sterminati col gas. Era il 1988 e Saddam stava lentamente preparandosi ad attaccare il Kuwait e l’Arabia Saudita. Questi piani militari erano stati desunti da informazioni dei servizi segreti israeliani e per mesi ed anni Israele tentò invano di attirare l’attenzione sulla minaccia crescente, minaccia che puntualmente si attuò il 2 Agosto 1990 con l’invasione del Kuwait che dette inizio alla Guerra del Golfo (che tanti erroneamente fanno cominciare solo nel Gennaio 1991 quando una forza multinazionale avallata dall’ONU iniziò le operazioni militari di reazione per liberare il Kuwait). Le azioni di guerra cessarono con l’avvenuta liberazione dello stato arabo (non era Saddam l’obiettivo e dunque Saddam fu lasciato al suo posto: se fosse stato detronizzato si sarebbe trattato di un’azione illegittima di pirateria internazionale). L’inizio e la fine della guerra sono dunque collegate all’invasione e alla liberazione dello Stato del Kuwait.
Le Nazioni Unite, allo scopo di evitare il riarmo dell’Iraq e per garantire le minoranze etniche, istituirono delle sanzioni commerciali e stabilirono due zone semi-autonome a sud e a Nord del paese (dove vivono le minoranze sciite e curde, spietatamente perseguitate come ricordato prima) vietandone il sorvolo da parte dei Jet militari iracheni (sono le famose “no-fly zone).
Venne inoltre deciso l’invio di ispettori ONU per verificare la presenza e conseguentemente la distruzione di armi convenzionali e di distruzione di massa.
Gli ispettori non hanno mai avuto il permesso di ispezionare moltissimi siti “sospetti” e dopo essere stati espulsi una prima volta sono stati riammessi ma ancora senza poter svolgere realmente il proprio lavoro. Essi poi sono stati definitivamente riespulsi nel 1998. Quattro anni fa.
Come Israele lanciava l’allarme nel 1981, 1988 e 1989 e 1990 così sempre Israele (che la trentina di missili Scud iracheni su Tel Aviv ricordano aver ben ragione di temere per la propria sicurezza nonché per la propria sopravvivenza) ha lanciato più volte un più accorato -e come al solito inascoltato- allarme Iraq.
Stavolta la minaccia è di tipo nucleare.
Ma a questo punto occorre allungare la riflessione col ricordo dell’11 Settembre 2001: un giorno che insegna all’Umanità che la barbarie esiste e si può scatenare OVUNQUE. Un giorno che sottolinea come i pazzi che vogliono distruggere il mondo esistono e -soprattutto- agiscono davvero.
Dopo l’11 Settembre è stato immediatamente chiaro che la nuova minaccia alla sicurezza mondiale non poteva essere sottovalutata e che gli allarmi da Israele dovevano essere presi nella necessaria considerazione.
Il problema di un Iraq che sarebbe stato in possesso della bomba atomica entro il 2003 (notizia nota da almeno 12 anni) non poteva più essere trascurato.
A questo punto tralascerei “la violenza negli occhi di Bush” (anche perché il meraviglioso sguardo sorridente di Saddam Hussein mi ricorda quanto sia poco determinante l’espressione del volto) e mi riferirei al concetto espresso da un capo di stato e di governo che ha atteso con pazienza prima di colpire il centro di comando di Al Qaeda in Afghanistan e che ha avuto sangue freddo e conservato la calma per tranquillizzare la propria nazione così tragicamente e storicamente colpita.
Il concetto è questo: “non possiamo permetterci il rischio di aspettare di essere colpiti con armi di distruzione di massa”.
Ho molto semplificato ma il punto centrale è proprio questo. Non penso sia un “lusso per signorine” ricercare la pace, non lo penso perché la storia me lo ha insegnato, non lo penso perché i racconti dei nonni e della mamma me lo hanno insegnato, mi hanno insegnato cosa voglia dire la parola “guerra” e quanto di tragedia essa porti con sé. Però penso che nel 1938 durante i Patti di Monaco le democrazie occidentali abbiano commesso un grave, orrendo, fatale errore nel sottovalutare la potenza e la volontà di distruzione, conquista e sterminio della Germania nazista e mi domando quanti milioni di morti si sarebbero potuti evitare dichiarando SUBITO guerra a Hitler e dimostrando in tempo la forza del Diritto e della Democrazia a chi proprio il Diritto e la Democrazia voleva sconfiggere (A PROPOSITO DI GUERRA).
Nel 1945 la Germania nazista e il Giappone erano molto vicini alla costruzione dell’arma atomica. Questo significa che se il mondo avesse aspettato ancora pochi anni -se non addirittura mesi- prima di opporsi alla volontà di guerra delle dittature, già sessant’anni fa avremmo avuto un conflitto nucleare.
Un conflitto nucleare che sarebbe stato scatenato per primo da chi per primo nella storia ha scatenato i conflitti:
Hitler nel 1939
Saddam Hussein nel 1990
Milosevich nel 1992 e nel 1999.
Conflitti che non sono stati fermati dalla volontà popolare (come potrebbe accadere per gli stati democratici) perché stati democratici quelli non erano. Quei conflitti sono stati fermati soltanto da ciò che in ultima istanza poteva e può fermare una guerra. Non il trattato internazionale meglio conosciuto come “Patti di Monaco” ha fermato -come si erano illuse le democrazie occidentali ed i pacifisti- Hitler, ma gli sbarchi angloamericani in Sicilia, Anzio, Costa Azzurra e Normandia, le avanzate sovietiche in Finlandia, Polonia, Ungheria e Balcani…
Milioni di vivi hanno aspettato invano la liberazione, milioni di morti sono stati necessari per liberarci.
Dopo esser stati ciechi di fronte al terrorismo suicida in Israele -credendo si trattasse di un fenomeno isolato e circoscritto, credendo nella spontaneità di quei “sacrifici” e soprattutto credendo che essi fossero solo il frutto della “disperazione” senza invece approfondire il fenomeno come invano Israele chiede da tempo- in molti hanno visto l’11 Settembre cosa davvero significa “terrorismo suicida” e che cosa può comportare tale nuova strategia militare,  … vincente su Israele, vincente sugli Stati Uniti d’America, in altre parole, VINCENTE punto e basta.
Se è vero che la storia deve servire da lezione per non commettere in futuro gli errori passati allora devo cambiare il concetto del presidente Bush (“non possiamo permetterci il rischio di aspettare di essere colpiti con armi di distruzione di massa”) in una domanda:
Possiamo permetterci il rischio di aspettare di essere colpiti con armi di distruzione di massa?
Possiamo rischiare -ancora nella storia- altri milioni di morti?
È una domanda che mi faccio senza avere il magnifico sorriso sul volto.
Al mio più energico NO, NO ALLA GUERRA NUCLEARE DI SADDAM HUSSEIN, no alla distruzione atomica di Tel Aviv, Londra o Francoforte, non posso avere il magnifico sorriso sul volto, ma la mia più ferma determinazione per evitare la catastrofe.
Che può esser interpretata come “violenza negli occhi”.
Milioni di persone avrebbero voluto quell’espressione sul volto di Chamberlain a Monaco di Baviera nel 1938.
Fermare Bush e Blair. Ma Saddam chi lo ferma? Gli ispettori che arriveranno non potendo ispezionare enormi capannoni denominati “palazzi presidenziali” e “dunque non ispezionabili”?
Possiamo davvero aspettare quel giorno in cui da Baghdad arriverà la dichiarazione “abbiamo l’arma atomica” (condito magari da un bel “Grazie per avercelo permesso”)?
Possiamo davvero attendere un lampo accecante da Tel Aviv, Londra, Francoforte, Milano o New York senza fare niente?
Saddam Hussein sa come rimanere al potere e sa anche che dopo quell’annuncio al mondo ci resterà per sempre. Da quel momento però il mondo intero vivrà con la bomba atomica di Damocle.
Saddam ha fatto cadere tante spade: sui Curdi, su Israele, sul proprio popolo. Possiamo davvero rischiare un’altra spada stavolta accecante?
Rivolgendo l’attenzione ai famosi sporchi interessi, alla famosa frase della “guerra per il petrolio” (come se l’invasione irachena del kuwait non fosse volta proprio ad impossessarsi dell’oro nero kuwaitiano), Saddam ha ultimamente riammassato truppe militari vicino al confine col Kuwait ed inoltre non ha mai smesso di rivendicare la “proprietà” del Kuwait.
Davvero possiamo rischiare che un feroce dittatore -che fa a pezzi il poeta di corte perché non ne aveva gradito la poesia quel giovedì mattina- possa di nuovo impossessarsi con una guerra del Kuwait e continuare impunemente in Arabia Saudita arrivando così a poter ricattare il mondo con un’altra arma -ben più temibile- il controllo pressoché totale del petrolio?
L’arma atomica in mano irachena mi fa scrivere quella frase “continuare impunemente in Arabia Saudita”: quale paese al mondo infatti si esporrebbe a una rappresaglia nucleare se Saddam Hussein volesse “solo” conquistare qualche milione di chilometri quadrati di deserto?
Immaginiamoci per un istante -uno solo per carità!- la potenza di un Hitler con l’arma atomica ed il controllo mondiale sul petrolio.
Ma non occorre molto sforzo di immaginazione: fermandoci soltanto alla minaccia atomica potremmo ricordare le impunite (perché impunibili, pena la rappresaglia nucleare) invasioni sovietiche dell’Ungheria nel 1956, della Cecoslovacchia nel 1968 e dell’Afghanistan nel 1979, o che dire della Cina -altra potenza nucleare- che si può permettere il lusso (da signorine?) di schiacciare con i carri armati migliaia di studenti “colpevoli” di protestare in piazza Tien-an-men… Addirittura sotto gli occhi delle telecamere.
La stessa cosa pensavano di fare Saddam Hussein nel ’90 e Milosevich nel ’92, ma per questi ultimi due casi fortunatamente (anche se lentamente) il mondo ha potuto opporsi. Per fortuna non avevano armi di distruzione di massa. Quanto al petrolio, ci ha pensato Saddam a quello kuwaitiano perduto: ordinando in ritirata l’incendio dei pozzi petroliferi che ha oscurato il cielo per mesi. Ma chissà se di questo hanno qualche notizia o si ricordano più coloro che volgono lo sguardo (lo volgono?) sulla storia irachena.
Spero non ci sia la guerra, spero non ci sia la necessità della guerra. Ma c’è sempre quella domanda…
Possiamo permetterci il rischio di aspettare di essere colpiti con armi di distruzione di massa? Possiamo permetterci di aspettare in silenzio senza fare qualcosa per evitare il peggio, l’irreparabile?
Uso volentieri le Tue parole:
“Il mio silenzio è un marchio a fuoco. Posso veramente non ritenermi responsabile di ciò che accade là fuori?”
La riflessione va fatta di mattina e non di sera perché altrimenti si rischia di trascorrere una lunga notte insonne.
Questa mia è stata una riflessione più lunga di due minuti e me ne scuso, ma quando si parla di guerra è bene riflettere più a lungo di soli due minuti. Ti ringrazio per avermi dato la possibilità di riflettere ancora: quando si parla di guerra nulla deve essere dato per scontato, nemmeno che il passato non ritorni.
Al riguardo ho sentito un brivido l’altro giorno, al primo anniversario degli attacchi terroristici a New York e Washington: qualcuno ha detto “MAI PIÙ”…
Lo avevano detto anche per Auschwitz, poi sono stati sterminati civili con il gas in Iraq, sono comparsi campi di concentramento in Bosnia, si è saputo di cadaveri di kossovari fatti sparire nelle fonderie della Serbia…
Si dice “MAI PIÙ” ma intanto non si fa niente perché non riaccada.
Non mi resta che congedarmi con il saluto più adatto, un saluto che è una profonda speranza,
SHALOM!
(Pace)
Federico

“Quando si parla di guerra nulla deve essere dato per scontato, nemmeno che il passato non ritorni”
E non aggiungo commenti.

barbara

Una risposta

  1. Patetico tentativo di giustificare due guerre scellerate. La prima contro l’Afghanistan ritenuto centrale mondiale del terrore, in realtà Paese contadino tecnologicamento fermo all’era pre-industriale. Inutile dire che nei commando dell’11\9 non c’era neanche un afghano ma erano quasi tutti sauditi (come osama, guarda un po’). I grandi strateghi avevano deciso che l’Afgh andava attaccato, e così il decerebrato che sedeva alla Casa Bianca. oggi quel Paese è leader mondiale della produzione di oppio e terroristi (questa volta veri)
    L’Iraq è, se possibile, un caso ancora più ridicolo. Attaccato con un puro prestesto, oggi è una colonia dell’Iran + o- esplicitamente.
    Non c’è bisogno di essere terzomondisti o pacifisti. Anche volendo seguire le vicende con spirito machiavellico e alla luce della realpolitik, l’immagine di Colin Powell con le provette piene di polverina letale farlocca (forse la coca di cui faceva uso!) sono forse il punto + basso toccato dagli usa nella loro storia centenaria. Il mondo intero ha riso e da quel momento gli usa hanno perso definiti vamente il loro ruolo di super potenza mondiale. E hanno consegnato 2 Paesi ai nemici del cosiddetto occidente.

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    • Vero, non c’è alcun bisogno di essere terzomondisti per dire quello che dici tu: basta avere una sufficiente quantità di prosciutto da posarsi delicatamente sugli occhi. E guardarsi accuratamente dal cercare di capire quello che si legge.

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  2. Complimenti! E’ riuscita in 3 righe a non dire assolutamente nulla. Che argomentazioni! Che grande esperta di geopolitica! Vuole forse negare che l’Iraq è un vassallo di Teheran? O che in Afgh quello di Karzai è un governo fantoccio che controlla a malapena Kabul e zone limitrofe? Che il Paese è il maggior produttore di eroina al mondo? Che appena la Nato se ne andrà tornerà in mano ai talebani ma questa volta, a differenza di prima che erano mal sopportati, avranno il pieno sostegno della popolazione che ha visto quanto siamo bravi noi “occidentali”? Vuole negare che questa guerra è servita solo alla Unocal (si informi se non sa cos’è) di Rumsfeld e soci e alle industrie pesanti? Lo sa che Karzai è socio in affari di Bush e Condoleeza Rice? Scommetto che non lo sapeva! Potrei continuare all’infinito……. Vuole negare che le provette di Powell erano false e in Iraq non c’erano armi di distr massa? Vuole negare che le guerre sono costate uno sproposito e sono state una disfatta? Vuole negare che gli USA hanno perso tutto il prestigio residuo che avevano e che oggi Cina e Russia possono ridere in faccia alla grande potenza? Vuole negare che oggi gli Usa sono costretti a venire a patti con il “nemico” (vedi il caso Iran). Neghi tutto questo se ne è capace, invece di attaccare l’interlocutore in modo puerile.

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