IL PROF MI HA PREMIATA DI NUOVO

Che sarebbe lui.

Le regole sono: ringraziare il donatore: grazie, giovane collega!

Pubblicare il logo del premio. Eccolo
rosa
Rispondere alle dieci domande:

1 – Come è cambiata la tua vita con il blog? – “Cambiata la vita” mi sembra un po’ esagerato.

2 – Descriviti con un solo aggettivo – No, impossibile, me ne servono almeno quattrocento

3 – Quale stato d’animo vi rappresenta meglio? – Ma gli stati d’animo cambiano continuamente!

4 – Trovate più seducente l’intelligenza o l’attrazione fisica? – Entrambe (poi l’attrazione fisica è una cosa che succede, mica si può decidere)

5 – Il vostro motto è – Non sono al mondo per farmi scassare i marroni

6 – Quanti libri leggi in un anno? – Boh, non li conto mai, forse un centinaio

7 – Un difetto/pregio su di te – Quando mi ci metto vado fino in fondo. Il che può farmi diventare discretamente stronza. Ma è un difetto che non mi disturba minimamente: al contrario, mi procura vette di godimento che potrei definire sublimi, soprattutto quando gli imbecilli e le code di paglia si incazzano.

8 – Musica/strumento preferito? – Violino

9 – Puoi dire la città dove abiti?  – Sì, volendo potrei

L’amicizia “virtuale” – L’amicizia è amicizia e basta. Magari in certi momenti manca un abbraccio stretto, ma per il resto non vedo molta differenza

10 – Quanto trovi stupido/carino questi piccoli attenzioni, come un pensiero Award? – Decisamente carino

10/ – Credi nella magia? {non rispondere solo sì o no, motiva la tua risposta} – No {dai, siamo seri, come si fa a “motivare” una cosa del genere?}

Sì, lo so che non sono dieci, ma così era e così l’ho riprodotto. Poi ci sarebbe ancora da nominare altri dieci blog come destinatari del premio, ma il prof mi perdonerà se passo la mano.

barbara

E PUOI CAMBIARCI I PERSONAGGI MA

quanta politica ci puoi trovar

Pregò Rostov di raccontare in che modo e dove fosse rimasto ferito. Era una cosa, questa, che a Rostov faceva piacere: e incominciò senz’altro a raccontarla, nel corso del racconto animandosi via via sempre più. Raccontò loro il suo fatto d’armi di Schöngraben in quel modo, per l’appunto, in cui di solito raccontano le battaglie coloro che vi hanno partecipato, cioè nel modo in cui avrebbero voluto che si fossero svolte, nel modo in cui ne hanno sentito parlare da altri raccontatori, nel modo che serve a rendere più bello il racconto: ma nient’affatto nel modo, in cui si sono svolte in realtà. Rostov era un giovane veritiero: a nessun patto egli avrebbe, calcolatamente, detto il contrario della verità. Aveva iniziato il suo racconto con l’intenzione di esporre tutto come precisamente era andato: ma insensibilmente, involontariamente, e inevitabilmente, era passato a dire il contrario della verità. Se egli, infatti, avesse raccontato la verità ad ascoltatori come questi, che, com’era accaduto a lui stesso, avevano già udito moltissime volte racconti di attacchi, e s’erano formato un concetto ben definito di quel che è un attacco, e s’aspettavano appunto un racconto di quel tipo lì, una delle due: o essi non gli avrebbero creduto, o, peggio ancora, avrebbero pensato che avesse colpa lui, Rostov, se non gli era accaduto ciò che di solito accade ai raccontatori di cariche di cavalleria. Non poteva mica raccontar loro così semplicemente che, tutti insieme, s’erano avviati di trotto, che lui era caduto da cavallo, s’era slogato il braccio e, con quante forze aveva, era fuggito da quel francese verso il folto. Inoltre, per raccontare tutto com’era stato, avrebbe dovuto fare uno sforzo su se stesso, in modo da dire soltanto ciò che era stato. Raccontare la verità è molto difficile: e i giovani di rado ne sono capaci. Costoro s’aspettavano di sentirgli raccontare come bruciasse tutto in una vampa d’entusiasmo; come fuori di sé, a guisa di ciclone, si fosse avventato su un carré; come fosse penetrato là frammezzo, sciabolando a destra e a sinistra; come la sciabola assaporasse le carni, e lui cadesse in deliquio, e altre cose di questo genere. E lui raccontò loro tutte queste cose. (Guerra e pace, Libro primo, Parte terza, capitolo VII)

barbara