DI TUNISIA (E ALTRO), DI DONNE E DI MEMORIA CORTA

“Giordania, via la norma salva-stupratori”

AMINA Filali non avrebbe mai potuto immaginare sarebbe stata all’origine di una rivoluzione [e stendiamo un velo pietoso sulla banalità di questo attacco]. Era il 2012 e lei aveva solo 16 anni quando decise di togliersi la vita in Marocco inghiottendo veleno per topi. All’origine del suo gesto una doppia ferita: era stata stuprata e quando aveva denunciato il suo aguzzino si era sentita rispondere dal giudice che avrebbe fatto meglio a sposarlo. In questa maniera lei si sarebbe risparmiata nuove umiliazioni e lui il carcere. Dopo la morte di Amina, in Marocco partì un movimento di protesta che nel giro di due anni portò alla cancellazione della legge che prevedeva che uno stupratore potesse evitare il carcere sposando la sua vittima. La vicenda di Amina è tornata di attualità in queste settimane: in nome suo e di migliaia di altre vittime sconosciute, uno dopo l’altro infatti i parlamenti del mondo arabo stanno cancellando leggi simili a quella marocchina. L’ultimo voto in ordine di tempo è arrivato ieri da Amman: la Camera bassa del Parlamento ha emendato l’articolo 308 del Codice penale che dagli anni ’60 garantiva l’impunità agli stupratori che sposassero le loro vittime. Per eliminare definitivamente la legge occorre ora un secondo voto, ma gli analisti si aspettano che la norma, che conta sull’appoggio di governo e monarchia, passi senza troppi problemi. Un iter simile dovrebbe partire a breve anche in Libano, il più aperto e progressista dei Paesi della regione, dove tuttavia la “legge salva-stupratori” è ancora in vigore. Proprio dal Libano qualche settimana fa era iniziata una clamorosa protesta decine di abiti da sposa strappati e macchiati di rosso erano stati appesi sulla Corniche, il famoso lungomare di Beirut: al loro fianco cartelloni pubblicitari in arabo, inglese e francese recitavano uno slogan subito diventato virale: “Un abito bianco non copre uno stupro”. [Ci sono in realtà un errore cronologico e uno di contenuto: una manifestazione di ragazze che indossano abiti da sposa insanguinati
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risale al dicembre 2016, mentre l’installazione degli abiti impiccati dell’artista Mireille Honein è dello scorso aprile, e macchiati di sangue sono solo gli abiti indossati, non quelli impiccati,

come possiamo vedere in questo video dall’effetto veramente impressionante]
«Tutte queste iniziative dimostrano che anche se le cosiddette Primavere arabe non hanno avuto l’esito che tutti noi avremmo desiderato, il movimento per i diritti civili nel mondo arabo è vivo e forte», commenta da Tunisi Lina Ben Mhenni, una delle più note attiviste del Paese. L’opinione di Ben Mhenni è importante anche perché proprio la Tunisia ha approvato nei giorni scorsi una legge sulla tutela delle donne definita “storica” dai giornali di tutto il mondo. La nuova norma stabilisce pene durissime per i responsabili di violenza contro le donne e prevede l’istituzione di campagne di prevenzione senza paragoni nella regione. «Il 2011 ci ha insegnato a parlare e a lottare per i nostri diritti: questo non è stato cancellato dall’esito negativo delle rivolte arabe. E anche i Paesi che non sono stati coinvolti dalle rivoluzione, come la Giordania, hanno capito che devono ascoltare le richieste se non vogliono fronteggiare la rabbia della gente», conclude Ben Mhenni.

Francesca Caferri, La Repubblica, 2 agosto 2017

Memoria corta, ho scritto nel titolo. Perché a partire dal 1957, anno in cui Habib Bourguiba, liquidata la monarchia, fu nominato presidente della repubblica, grazie a lui e alle sue riforme le donne tunisine divennero le più libere del mondo arabo, libere quanto quelle di qualunque Paese europeo: la poligamia era stata abolita, il ripudio con cui il marito poteva liquidare la moglie senza alcuna formalità burocratica, sostituito con il divorzio, che poteva essere richiesto anche dalla donna; addirittura fu emanata una legge che stabiliva che in caso di divorzio, qualunque ne fosse la causa, la casa sarebbe rimasta alla donna. Legge palesemente ingiusta, ma che in un Paese arabo-islamico aveva un suo perché: prima di maltrattare la moglie, prima di umiliarla, prima di trascurarla sessualmente, un marito ci doveva pensare mille volte, sapendo che cosa rischiava di perdere; una legge a scopo educativo, diciamo. Aggiungo, anche se estraneo a questo contesto, che la Tunisia di Bourguiba ridimensionò fortemente il potere dei capi religiosi, laicizzando sia la scuola che la magistratura, e normalizzò i rapporti con Israele vent’anni prima dell’Egitto. Purtroppo la vecchiaia di Bourguiba, nominato ad un certo punto presidente a vita, non fu benedetta dalla lucidità, e l’ultima parte della sua vita vide un drammatico arresto della modernizzazione e l’inizio di una pesante corruzione e di una progressiva involuzione in tutti i campi. Tuttavia, per tornare al tema iniziale,  io pensavo: donne cresciute così per due generazioni, chi mai riuscirebbe a farle tornare indietro senza scatenare il finimondo? Mi sbagliavo. Mi sbagliavo clamorosamente: quel tempo è stato cancellato al punto tale, da essere persino scomparso dalla memoria; cancellato al punto tale da far ritenere un meraviglioso, rivoluzionario progresso qualcosa che non è altro che un modesto recupero di ciò che mezzo secolo fa era realtà quotidiana per qualunque donna tunisina. Cancellato al punto tale da affermare un’assurdità come questa: «[…] anche se le cosiddette Primavere arabe non hanno avuto l’esito che tutti noi avremmo desiderato, il movimento per i diritti civili nel mondo arabo è vivo e forte», quando la verità, chiara per chiunque abbia vissuto il prima e il durante e il dopo, è che le cosiddette Primavere arabe, fortemente volute e sostenute dal signor Barack Hussein Obama, dichiaratamente di religione islamica, hanno annientato decenni di conquiste faticosamente conseguite, provocando un disastro sociale, politico, morale e anche economico, di cui non si vede la fine. Quando vi sono stata, a metà degli anni Ottanta, le donne, almeno nelle città, vestivano all’occidentale, e queste
Moufida_Bourguiba      Wassila_Bourguiba_1962
sono le due mogli (successive, non contemporanee) di Bourguiba; oggi le vediamo così,
Tunisian women
e queste sono le rivoluzionarie, quelle che protestano e fanno le battaglie. Poi le solite anime belle ci vengono a dire che dobbiamo avere pazienza, perché loro progrediscono più lentamente di noi.

barbara