DI DANNEGGIAMENTI E DI SANZIONI

E di altro ancora.

Federico Capnist

Non sarò breve e me ne scuso, ma il momento credo richieda lucidità e spirito critico, non facile emotività. Motivo per cui affronterò un argomento quasi filosofico – ossia di come, per un paradosso e per una logica ingannevole e malvagia, con la scusa del Covid stiamo perpetrando il male credendo di agire nel nome del bene. Come cioè questa cura tremenda che stiamo adottando, faccia ben più danni della malattia.
Non paghi di aver chiuso il paese già una volta (senza criteri e in un modo indegno di uno stato civile, giustificato da un’emergenza sanitaria che tale era solo in una ristretta parte d’Italia), ora abbiamo ripreso a limitare la vita della fascia attiva e produttiva della popolazione, rendendola di fatto un incubo, eliminando ogni svago, applicando regole impossibili, protocolli contorti e chiusure sempre più stringenti al fine di salvare gli anziani e le fasce deboli della popolazione. Almeno così ci giustificano la necessità delle misure. Bel gesto; facile, orbo e ipocrita, ma bello.
È questa la soluzione migliore? Davvero per cercare di limitare il propagarsi di un virus oggi tutt’altro che letale, non troviamo altro modo che chiudere il Paese distruggendo l’economia, azzerando i consumi, riducendo intere categorie alla fame, aumentando i disoccupati, derogando le più basilari libertà civili, creando un clima di terrore e imponendo divieti ridicoli e imposti con la forza come mai s’era visto prima? A giudicare da come se la passano gli imprenditori di settori come moda, spettacolo, ristorazione, vita notturna, turismo, sport eccetera eccetera – e soprattutto tutte le persone che in questi ambiti ci lavorano o sono ad esso collegate [fornitori, trasportatori, tecnici manutentori, commercialisti] – il risultato è devastante e destinato solo a peggiorare. E con che scusa?
C’è il Covid. Ok, ma la gente che lavora e che manda avanti il Paese, che consuma maggiormente e fa girare l’economia, che paga le tasse con cui poi gli ospedali funzionano, non è anziana, ma in gran parte sotto i 70 anni di età. E i numeri ci dicono, in modo inequivocabile, che questa fascia di popolazione il Covid lo supera senza sintomi o come fosse un raffreddore o un’influenza. Fastidioso, magari, ma non molto diverso da tante altre malattie.
C’è il Covid. Ok, ma la gente che lavora e che manda avanti il Paese, che consuma maggiormente e fa girare l’economia, che paga le tasse con cui poi gli ospedali funzionano, non è anziana, ma in gran parte sotto i 70 anni di età. E i numeri ci dicono, in modo inequivocabile, che questa fascia di popolazione il Covid lo supera senza sintomi o come fosse un raffreddore o un’influenza. Fastidioso, magari, ma non molto diverso da tante altre malattie.
Appurato questo dato fondamentale, è mai possibile che non riusciamo ad invertire questa isteria collettiva, questo ragionamento folle che sta distruggendo il nostro modo di vivere, e riprendiamo a comportarci in modo più razionale come facciamo abitualmente? Perché, cioè, non facciamo tutto il possibile per mettere seriamente al riparo le fasce più deboli e lasciamo che la vita scorra normalmente (o ancora con qualche piccola limitazione) per giovani e adulti, sopportando come inevitabile il fatto che quella che oggi è una brutta influenza, nella grandissima parte dei casi curabile, si porti via delle persone più anziane e più deboli?
Discorso cinico e senza cuore? Sembra, ma in realtà è quello che facciamo ogni anno, prima che arrivasse il Covid. Con il quale abbiamo abdicato alla ragione e rimosso il fatto che la gente muore, purtroppo, con o senza coronavirus e anche a causa di malattie per le quali abbiamo le cure. Quante volte abbiamo convissuto, nel totale silenzio e menefreghismo mediatico, con influenze così gravi da non contare neanche il numero di contagi, costringere milioni di italiani a letto in casa, decine di migliaia in ospedale e con migliaia di morti? A memoria, sempre. Quando l’anno è buono il conto si assesta a circa 10.000 decessi l’anno, per le varie malattie respiratorie. Ma dipende dagli anni, perché poi succede che talvolta, come nel 2015 o nel 2017, come riportato nell’articolo qui sotto, le influenze siano più violente e di morti ne facciano molti, molti di più; quasi come quelli che sta facendo il Covid.
E chi è che muore generalmente per l’influenza, sia quando è “normale” sia quando è più virulenta? Forse i più giovani? Forse le persone senza gravi patologie? O magari quelle più atletiche e sportive? No, ovviamente. Ci sarà purtroppo qualche caso sporadico anche tra queste categorie (come ora con il Covid), ma ovviamente a rimetterci sono sempre le fasce più deboli. Esattamente come ora, e per le quali abitualmente non ci stracciamo troppo i vestiti e di certo non fermiamo il Paese. Andiamo avanti sopportando sì un grave danno, ma in modo pragmatico lo accettiamo rinunciando ad un danno, ben più grande, derivante da possibili chiusure.
Oggi non più. Quale ragionamento contorto ci sta portando a voler salvare una ristretta cerchia di persone, e così facendo a distruggere la vita ad una fetta molto più grande e che con il suo lavoro garantisce il benessere ed il sostentamento dell’Italia? [compreso quello degli ospedali, che da sette mesi e mezzo non curano praticamente più nessun’altra patologia, provocando un’autentica ecatombe, con cifre che il covid se le sogna, condannati a morte da un governo assassino]
Può sembrare indelicato parlare di migliaia di morti così, apparentemente alla leggera, però visto che ci basiamo sui numeri bisogna farlo. Soprattutto perché in gioco ci sono stabilità e benessere economico dell’Italia, oltre che la salute mentale di tantissime persone a cui i danni derivanti da questo clima di terrore stanno creando contraccolpi psicologici devastanti e chissà quante malattie frutto del vivere mesi sotto scacco della paura. E certo non ultimo, pensiamo alle migliaia di malati di tumore o altre gravi patologie che hanno visto slittare a chissà quando operazioni, visite e cure, magari importantissime, tutto a causa del Covid che sembra diventato essere peggio di tutti i malanni del mondo messi insieme.
Per 30.000 morti abbiamo fermato l’Italia, instaurato uno stato di polizia e messo norme “ad minchiam” su ogni aspetto della nostra vita mentre per 10/15/20000 o più morti non abbiamo mai fatto niente di niente? Qual è il discrimine, qual è la soglia di decessi che trasforma il pratico menefreghismo in cieco e irrazionale panico di stato? I morti di Covid sono forse morti di serie A? E ci si limita, nel confronto, solo ai numeri derivanti da malattie “simili”, respiratorie, senza nemmeno menzionare tutte le altre che superano di gran lunga ogni peggior prospettiva legata al coronavirus e per le quali accettiamo di andare avanti come niente fosse, senza limitazione alcuna alla vita quotidiana. Giustamente, aggiungo. Altrimenti potremmo trasformare la nostra vita e dedicarla esclusivamente alle tragedie e al conto dei morti; rinunciando a vivere per sopravvivere [o per morire di qualcos’altro].
Certo, negli ultimi giorni abbiamo assistito ad una crescita di morti, ricoveri e terapie intensive, ma non proporzionali alla crescita dei contagi. E i numeri restano comunque lontanissimi dal quadro di marzo e aprile scorsi; quando letteralmente non si sapeva come curare la malattia e si commettevano errori oggi impensabili. Due fattori chiave per poter guardare con ottimismo ai mesi a venire e per non dover paragonare lo scenario attuale con quello di qualche mese fa.
Uno scenario attuale che è sicuramente serio, degno di attenzione e di tutti gli sforzi del sistema sanitario; ma gestibile. E noi vogliamo fermare il mondo ancora una volta? Perché siamo ostaggi di numeri letti in maniera irrazionale e che ci tengono in ostaggio anche se non sono minimamente preoccupanti per la tenuta del sistema ospedaliero? E fino a quando? Fino al 2022 quando avremo un vaccino sicuro e affidabile? Davvero vogliamo ascoltare la brigata dei novelli Savonarola – i vari Galli e Crisanti, che impartiscono lezioni su come vivere e tifano un nuovo lockdown moralizzatore che distrugga il Paese una volta per tutte e stronchi questa insopportabile voglia di vivere e di lavorare della gente? Vogliamo dare ascolto a questi personaggi che vorrebbero chiudere tutto per salvare qualche vita? Così lontani anni luce dai problemi e i desideri delle persone reali, delle persone che trovandosi al bivio, conti alla mano, preferirebbero ovviamente andare avanti rischiando di contrarre una malattia da cui al 99% e più si guarisce, piuttosto che smettere di vivere e arrivare a morire di fame in un clima di depressione e tristezza? La fine che farà l’Italia se continueremo a tenere in vigore, e peggio ancora inasprire, queste regole folli e liberticide. Degne di una vera e propria dittatura sanitaria.
Siamo arrivati al paradosso che preferiamo fermare il mondo pur di evitare di riempire gli ospedali, che pur nascono per guarire i malati e, quando serve, per essere riempiti. E che oggi, nonostante l’incessante terrorismo mediatico, sono per la gran parte vuoti e in ogni caso lontanissimi da qualsiasi situazione di pressione. [E in effetti…]

Qui

E che, per dovere di cronaca, tali erano anche a marzo e aprile in gran parte d’Italia, nonostante ci dicessero che erano tutti al collasso.
Spero che qualcuno batta un colpo e ci riporti alla vita normale. Che deve riprendere il prima possibile, per il bene di tutti. Ma guardando a destra e a sinistra, e alla psicosi imperante, sono convinto che non accadrà molto presto.

Ora, se leggiamo qui, troviamo che

Il danneggiamento aggravato è punito molto severamente: il Codice penale all’articolo 635 prevede la reclusione da 6 mesi a 3 anni

E per chi distrugge la salute (è stato accertato – anche se basterebbe il solo buon senso – che la reclusione e la mancanza di rapporti sociali fanno ammalare. E ignorare tutte le patologie gravi, dal tumore all’infarto all’ictus al diabete, per coccolarne una sola, quella utile a mantenere il potere, fa morire e infatti ne sono morti e ne stanno morendo a valanghe, nella totale indifferenza del governo e dei suoi servi sciocchi) e l’economia di un’intera nazione quanti secoli di carcere si dovrebbero prevedere? E visto che è stato decretato lo stato di emergenza, paragonabile a una legge marziale con pieni poteri per chi comanda, per il reato di alto tradimento non dovrebbe essere prevista la corte marziale e la fucilazione alla schiena?

E volete sentire il più delirante dei deliri covideschi? Leggete un po’ qua.

Medico positivo al Covid salva una vita. A processo per aver violato la quarantena

Emanuele Boffi 16 ottobre 2020, qui.

Aosta. Era l’unico che poteva operare una donna affetta da aneurisma, ma, positivo, era a casa. Dovrà pagare 5 mila euro. Intervista al legale

«È una vicenda sconcertante», dice a tempi.it l’avvocato Corrado Bellora, «soprattutto se si tiene conto che la signora è viva». Aprile, Aosta, è una domenica pomeriggio e siamo nel pieno dell’emergenza coronavirus. All’ospedale Parini i medici si trovano di fronte a un’emergenza: devono operare una donna di 60 anni alle prese con un aneurisma all’arteria splenica. La signora non può essere trasferita altrove e il medico che dovrebbe operarla, il chirurgo Gianluca Iob, è a casa in quarantena. Luca Cavoretto, responsabile del 118, fa presente la situazione al direttore sanitario dell’Usl, Pier Eugenio Nebiolo, che con una email provvede a risolvere la situazione. Manda un’autoambulanza a casa del dottor Iob, lo porta in ospedale dove opera la donna, lo fa riportare a casa.

«L’unico in grado di fare l’intervento»

L’altro giorno il pm Francesco Pizzato ha chiesto un decreto penale di condanna di 5 mila euro per Iob, Cavoretto e Nebiolo. L’accusa è di aver violato l’ordinanza di isolamento domiciliare. Nebiolo ha rilasciato diverse dichiarazioni alla stampa in cui sottolinea il fatto che Iob fosse «l’unico in grado di eseguire quell’intervento» e che in quei giorni in cui si trovava in quarantena era «debolmente positivo e asintomatico. Ho dato il permesso di toglierlo dalla quarantena, avvisando le autorità. E anche se fosse stato positivo al 100 per cento avrei fatto altrettanto. L’équipe che ha operato con lui era consapevole».

«Bisognerebbe ringraziarli»

Bellora, ripercorrendo le tappe della vicenda con tempi.it, commenta: «Il decreto penale non è ancora stato emesso e dunque non ho ancora avuto accesso agli atti, ma pare tutto molto paradossale. La signora doveva subire un intervento molto complesso, mi dicono che, dal 1950 a oggi, è stato eseguito solo 78 volte. Iob era la persona adatta e, come ha detto Nebiolo, l’unico in grado. Il trasporto da casa sua all’ospedale è avvenuto in assoluta sicurezza e l’operazione si è svolta in una sala chirurgica “a pressione negativa”, cioè preparata per evitare il riciclo esterno dell’aria». Bellora presenterà opposizione al decreto: «Questi dottori hanno fatto solo il loro dovere. L’unica cosa che bisognerebbe fare è ringraziarli».

E quando qualcuno ha denunciato la vergognosa incompetenza per non parlare del fancazzismo del governo, l’infame cretina ridacchiò.

E meno male che almeno qualche prete poco bergogliente alza la voce.

E poi prenditi ancora cinque minuti per andare a leggere qui: imperativo categorico.

barbara

Una risposta

  1. Aosta ha un piccolo ospedale, che però ha una delle migliori chirurgie vascolari d’Italia ( sono forti anche con l’ortopedia).
    Io penso che il pm sia denunciabile, forse da un’associazione di malati, per interruzione di pubblico servizio, e per attentato alla salute pubblica. È chiaro che la farebbe franca, ma bisogna cominciare a ribellarsi.

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    • Se la situazione è quella descritta sopra sono più che d’accordo.
      Certo, logica vorrebbe che un giudice degno di questo nome si rifiuti anche di procedere e faccia una bella lavata di capo al denunciante. Ma logica vorrebbe che un pm abbia abbastanza intelligenza e buon senso da evitare simili situazioni. E qui non mi pare che ce ne sia (e che nessuno cacci fuori la corbelleria dell’ “atto dovuto”).

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    • L’interruzione non c’è stata perché l’episodio è di aprile e la denuncia di adesso, ma andrebbe condannato al bando perpetuo da tutte le città del Regno per manifesto ritardo mentale, incapacità di intendere e di volere e cretinitudine perniciosa.

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