LA MOGLIE AFGHANA

Ad attirarmi, lo confesso, è stato il titolo, e sono contenta che mi abbia attirata perché è un libro che merita di essere letto; sta però di fatto che è un titolo quanto mai fuorviante: per sapere di che cosa tratta il libro bisogna guardare il titolo originale, Opium Nation. Di questo si occupa la giornalista autrice del libro: del suo ritorno in Afghanistan dopo la fuga, all’età di nove anni, dal terrore dei talebani, alla ricerca delle proprie radici; e del suo lavoro, come giornalista, di indagine a 360° – a volte anche rischiando la vita – sul mondo della droga: i coltivatori, gli acquirenti, i grandi trafficanti, i trasportatori, gli spacciatori, le raffinerie che trasformano l’oppio in eroina, i poliziotti e i politici corrotti, i poliziotti onesti che sacrificano la propria vita con la drammatica consapevolezza che il loro sacrificio sarà inutile, i tossicomani, relitti umani senza più speranza di riscatto. E si confronta anche, col passare del tempo e l’acquisizione di sempre nuove conoscenze, col maturare e mutare della sua consapevolezza nei confronti della droga nazionale, degli aspetti morali di tutta la questione: quando era bambina c’era il simpatico Jawal, amico della sua onestissima famiglia, mercante di oppio: un lavoro come un altro. Con l’arrivo dei talebani le cose cambiano: le coltivazioni di oppio vengono fortemente incoraggiate, per acquistare armi col ricavato dell’oppio; di conseguenza aumentano in misura esponenziale i traffici, la corruzione, la violenza e prima o poi, inevitabile, arriva anche la tossicodipendenza, sempre più diffusa fra i giovani disperati. Quindi, questo è chiaro, la droga è male. Epperò… Succede che va a intervistare la contadina disperata perché le hanno sradicato tutta la produzione del suo campo, e oltretutto non all’inizio della stagione, bensì al momento del raccolto, dopo mesi e mesi di lavoro. Quei papaveri sono la sua unica fonte di reddito, spiega, con quelli riesce a far mangiare i figli tutti i giorni, e al figlio più grande ha comprato una macchina, così adesso può fare il tassista e guadagnare onestamente di che mantenere la propria famiglia. Altri modi per guadagnare, altri lavori, non ce ne sono: o l’oppio  la fame per tutti. E allora non si è più così sicuri che sia moralmente raccomandabile sradicare qualunque coltivazione senza prima trovare, per questa gente al livello più basso della scala sociale, qualche fonte di reddito alternativa. E che chi, fra un campo di oppio e la fame per sé e per i propri figli, sceglie l’oppio, sia moralmente condannabile.
Poi sì, c’è anche lei, la moglie afghana, che però rientra a pieno titolo nella tematica in questione: si tratta infatti di una “moglie dell’oppio”, venduta dal padre, come migliaia di altre ragazzine e bambine, all’età di dieci anni per saldare un debito relativo al traffico di oppio. E tutto sommato anche relativamente fortunata rispetto a tante altre dato che lo sposo, di trentaquattro anni più vecchio di lei, ha la pazienza di attendere tre anni prima di portarsela a casa e consumare il matrimonio, oltre alla leggera attenuante di essere stato ingannato dal padre: “Mi aveva detto che la ragazza aveva vent’anni. Mi andava bene prenderla anche a scatola chiusa. Ma se avessi saputo che era così giovane l’avrei data a mio figlio. Abbiamo fatto il nikah con Touraj a Helmand, e adesso è troppo tardi per darla a mio figlio”.

Alcuni dei nomi sono stati cambiati, per ragioni di sicurezza, ma le vicende narrate sono tutte reali, le persone incontrate sono tutte reali, le esperienze vissute sono tutte reali. E molte delle cose che leggiamo qui, nei giornali non le abbiamo mai trovate.

Fariba Nawa, La moglie afghana, Newton Compton
la moglie afghana
barbara

  1. Sarò controcorrente…
    “Altri modi per guadagnare, altri lavori, non ce ne sono: o l’oppio la fame per tutti. E allora non si è più così sicuri che sia moralmente raccomandabile sradicare qualunque coltivazione senza prima trovare, per questa gente al livello più basso della scala sociale, qualche fonte di reddito alternativa. E che chi, fra un campo di oppio e la fame per sé e per i propri figli, sceglie l’oppio, sia moralmente condannabile.” sostituiamo la parola “oppio” con “Valsella Meccanotecnica”. Vediamo se suona altrettanto commovente…

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    • L’Italia non è l’Afghanistan. L’Italia non è reduce da dieci anni di occupazione militare sovietica. L’Italia non è reduce da dieci anni di guerra civile. L’Italia non è reduce da anni di dominio talebano. L’Italia non ha milioni di vedove che non hanno più un uomo che guadagna e non possono uscire di casa se non accompagnate da un parente maschio e non possono lavorare in un ambiente in cui ci siano uomini. L’Italia non ha migliaia di “signori delle mine” che fanno il bello e il cattivo tempo nel governo e nella polizia. L’Italia non ha un’economia annientata da decenni di disastri.
      Devo continure?

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      • L’Italia non è l’Afghanistan. (…). etc. Quindi coscienza a posto anche se il frutto di queste “coltivazioni” (potrebbero coltivare altro, beninteso, solo che mi sa che “rende” un po’ di meno) significa morte in altra parte del mondo..
        Buono a sapersi..
        Sono d’accordo con te su tante cose, ma su questa proprio no..
        Non andrò a comperare un tale libro che, a giudicare dall’introduzione, suona come la giustificazione a tante “mine antiuomo al rallentatore”. Perchè la droga da oppio (l’eroina) alla fine, questo è.
        Mi rifiuto di pensare e di credere che la cosiddetta “coscienza” (la capacità di interrogarsi sulle proprie azioni e di porvi un limite) ce l’abbiano solo gli individui di cultura europea e il resto dell’umanità sia invece giustificata a vario titolo.

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        • 1. Dove le hai lette le giustificazioni?
          2. potrebbero coltivare altro, beninteso, solo che mi sa che “rende” un po’ di meno: prova a mantenere una famiglia con mezzo ettaro di grano o di pomodori, poi mi vieni a raccontare.
          3. Dove avrei parlato di “cultura”, europea o di qualunque altro genere?

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    • Io direi che l’oppio(con tutti i suoi derivati) non è paragonabile a una mina anti-uomo, per rendere il paragone accettabile sostituirei ““Valsella Meccanotecnica”, con un qualsiasi lavoro collegato all’industria/commercio del tabacco!

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      • Beh no: il tabacco fa male e crea dipendenza, ma non ci sono lavorazioni del tabacco che provochino alterazioni dello stato di coscienza. Aggiungerei anche che con una particolare lavorazione a partire dall’oppio – l’eroina – con un’overdose vai all’altro mondo; con un’overdose di tabacco, lavorato in qualunque modo, al massimo ti viene la tosse o il mal di testa. Io ne fumavo 60-70 al giorno, a volte anche 80 e più, e non mi venivano neanche quelli.

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        • Certo, il mio è un paragone un po’ azzardato…diciamo però che sia il tabacco che gli oppioidi sono sostanze che possono dare molta dipendenza, e possono essere parecchio nocive per la salute. Quindi, come il coltivatore di oppio in Afghanistan campa grazie a un’attività che direttamente e indirettamente danneggia molte persone, anche chi lavora nell’industria del tabacco si guadagna da vivere con qualcosa che fa ammalare e morire prematuramente moltissime persone!

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  2. Rispondo qui (se mi è concesso..) .
    1). “Altri modi per guadagnare, altri lavori, non ce ne sono: o l’oppio la fame per tutti. E allora non si è più così sicuri che sia moralmente raccomandabile sradicare qualunque coltivazione senza prima trovare, per questa gente al livello più basso della scala sociale, qualche fonte di reddito alternativa. E che chi, fra un campo di oppio e la fame per sé e per i propri figli, sceglie l’oppio, sia moralmente condannabile.” cos’è se non una giustificazione?
    2). “prova a mantenere una famiglia con mezzo ettaro di grano o di pomodori, poi mi vieni a raccontare.” è l’equivalente del “prova a mantenere una famiglia con 1000€ al mese ” in Italia. Alla Valsella pagavano molto bene..
    3). infatti l’accusa non è a te, se di accusa si può parlare. E’ un chiaro sottinteso che si può estrapolare dalla prima frase, dove, per come è riportata, non sono così sicuro che l’autrice avrebbe le stesse parole per una famiglia italiana sul lastrico perchè qualcuno ha chiuso la fabbrica dove il capofamiglia lavorava, specie se la fabbrica si fosse chiamata Valsella.

    Che per me vale l’equazione “oppio” = “mina antiuomo al rallentatore”, “coltivatore di oppio” = “lavoratore consapevole Valsella”. Anzi, a pensarci bene, visto che l’eroina danneggia pesantemente anche i “prossimi” del drogato forse “oppio” > “mina antiuomo al rallentatore”.
    Anyway: ingiustificabili entrambi.

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    • 1) Tu insisti a vederci una giustificazione, io continuo a vederci tutt’altro.
      2) 1000 euro al mese paragonati a mezzo ettaro di grano?! Non diciamo eresie per favore!
      3a) Fino a quarant’anni fa, l’oppio stava all’Afghanistan come il vino all’Italia e le foglie di coca da masticare ai Paesi andini. Qualcuno ne fumava troppo e diventava dipendente, esattamente come qualcuno beve troppo e diventa alcolizzato: ti verrebbe in mente per questo di sradicare le vigne? A stravolgere tutto è ciò che è avvenuto con l’invasione sovietica prima (vendiamo oppio al nemico e lo rendiamo meno capace di combattere, quindi bisogna produrne di più: à la guerre comme à la guerre), poi coi signori della guerra e infine coi talebani; se succedesse qualche cosa di analogo da noi con l’alcool pensi che nella coscienza delle persone l’idea che il vino sia un male assoluto entrerebbe da un giorno all’altro?
      3b) Quelli che lavorano alla Valsella sono andati a scuola, hanno come minimo la terza media, vedono la televisione, parlano coi colleghi e coi vicini di casa, sanno che le cose che fabbricano sono finalizzate a uccidere; il contadino afghano è analfabeta, spesso non ha neppure l’elettricità in casa, figuriamoci la televisione, vive in un villaggio di mezzo centinaio di persone, tutte analfabete, tutto quello che sa dell’oppio è che con una pipata gli passa il mal di testa, il mal di denti, e si attenua perfino il dolore del braccio fratturato: davvero puoi stabilire paralleli di consapevolezza?

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      • Concordo con le varie risposte! Esaustive.
        Lo sbaglio…quando si parla di certe culture è indispensabile pensare così.. come
        fanno in quelle realtà e non come se lo si fà in realtà uguali..o meno alla nostra.
        Nei nostri paesi..piu’ o meno si arriva a decisioni, accordi finali in clima democratico..In certe…tante impossibile.
        …Campo molto vasto..Comunque non dobbiamo vedere la realtà da come dovrebbe essere…ma come è. Ci sono un’ infinità di fattori con regole molto diverse dalle nostre..con storia e culture. Sperando..che all’ orizzonte si cominci a
        veder nascere un’ abbozzo di democrazia.
        Basti pensare…che in tante realtà le donne..valgono poco piu’ di niente.

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      • Abuso un’ultima volta della tua pazienza…
        1). Sarò malizioso, ma in quella frase c’è tutta una giustificazione e comprensione possibile.
        2). 1000€ in italia con moglie e 2 figli a carico + affitto, bollette e tutto ciò che segue, vuol dire la fame. Alla Valsella pagavano bene, roba che un operaio si sognava..roba da levare i pensieri per gli anni a venire.
        3a). Non so se fosse proprio così… mia moglie russa parlava dell’Afganistan come di un paese normale, tipo Kazakstan, Turkmenistan e varie altre repubbliche satelliti. Dove la droga era illegale e perseguita: ergo si sapeva cosa si faceva coltivando oppio. Il salto indietro è stato fatto dopo.. Quindi un po’ di istruzione l’avevano anche, che, per inciso, non è indispensabile per avere consapevolezza delle proprie azioni.
        3a1). A la guerre… esatto: vedi che allora la Valsella diventa accettabile o addirittura auspicabile? Non si sa mai.. nel frattempo è anche un buon affare.
        3a2). Se succedesse da noi (ed è successa anni fa) il primo pensiero sarebbe quello di mangiare, quindi di coltivare grano. Oppio o mariuana, non credo proprio. E il vino non mi sembra paragonabile…
        3b). Quelli della Valsella erano operai che alla terza media forse erano arrivati per caso.. sapevano leggere e scrivere quanto bastava, come il contadino afgano che comunque il corano lo sa leggere. E forse, tranne pochi, non avrebbero voluto neanche chiuderla, esattamente come i coltivatori di oppio non vogliono rinunciare al guadagno. Legittimo. Infatti io contesto unicamente il doppiopesismo nel valutare le situazioni attribuendo agli uni consapevolezze che ad altri vengono negate. La base del razzismo. Contesto il fatto che all’operaio Valsella venisse rinfacciato un menefreghismo che sembra giustificato al contadino Afgano. Il quale si sarà domandato a cosa serviva tutta quella roba che produceva e che gli fa guadagnare molto di più del campo di grano.

        Anyway, possiamo traslare il discorso nel Medio Oriente: giustificheresti non credo, ma comprenderesti le motivazioni di un accoltellatore palestinese con le “attenuanti” sociali e culturali? D’altronde, pur di mangiare si può coltivare oppio, fabbricare mine o accoltellare dietro compenso. Il principio non cambia.

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        • Ah, dimenticavo: in Afghanistan i sovietici erano gli invasori e gli afghani gli invasi; in medio oriente così come in tutto il nord Africa gli arabi hanno invaso e occupato quelle terre e le hanno arabizzate e islamizzate a suon di massacri, deportazioni, stupri etnici e conversioni forzate. Quindi, se proprio ci tieni a fare parallelismi, i cosiddetti palestinesi sono l’esatto equivalente dei sovietici. Vedi un po’ tu. E ora andate in pace, la messa è finita.

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  3. la straultimissima…
    Non ho letto il libro e non lo leggerò, stante le premesse. Non ho bisogno di leggere il Mein Kampf per capire cosa ci sia scritto; a volte basta un bigino, a volte la presentazione, a volte semplicemente il titolo. Il che non vuol dire che “ho capito tutto”. Semplicemente mi sono fatto un’idea dalle premesse esposte. Ne ho dedotto un sottinteso abbastanza ipocrita imho.
    Per la questione russi-afgani, la parola “invasione” è un retaggio “occidentale” dei tempi. In realtà è successo un po’ quello che è stato tra USA e Sud Vietnam. Najibullah era un politico moderno ed i sovietici erano intervenuti a supporto dell’esercito contro i mujaidin fondamentalisti (sostenuti dagli USA, ma erano altri tempi). i mujaidin erano un po’ come i viet-kong, solo che erano mossi da ideologia islamica e non marxista.
    A posteriori possiamo dire: brutta gente. Allora erano visti come liberatori dal pericolo comunista. Pericolo reale, mica virtuale. Me è storia, oramai.
    Esattamente come la tua osservazione scritta sul blog di Giovanni (che condivido in pieno .. non ho mai capito perchè un paese vincitore dovrebbe comportarsi come se fosse sconfitto..)

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