UN PO’ DI COSE SPARSE

L’ordine in cui le pubblico è quasi sempre quello in cui le ho trovate in rete, quindi senza alcun ordine logico.. Prima di iniziare la carrellata dell’attualità propongo, per chi ha tempo e voglia, due mie esperienze di viaggio presso il confine di Gaza (uno e due) per dare un’idea delle posizioni. E ora proseguo con le cose che ho raccattato in giro.

Deborah Fait

Copiato adesso da Clara Banon Kirschner.
Per radio adesso parlavano di un bambino di 8 anni ed una bambina di 6 ..nascosti in un armadio per 13 ore. In cucina giacevano morti i genitori e la sorellina in fasce.

Due bambini nascosti in un armadio: ricorda niente?
E per esempio anche

E magari mettiamoci anche questi “prigionieri di guerra”

E non a caso

Nota per chi non fosse troppo addentro in questo genere di cose: quello che hanno in mano e che si accingono a lanciare, è un aquilone con attaccato un ordigno incendiario da lanciare, da presso il confine, in territorio israeliano per distruggere boschi e campi coltivati.

E visto che siamo in tema di confronti, dopo i bambini vediamo ora due vecchie: una vecchia ebrea

e una vecchia palestinese di Gaza

E poi lui

אוליאל מאיר

Il nostro ragazzo
Il più riuscito, il più bello, il più divertente, il più eroe
Hai lottato fino all’ultimo minuto per salvare 30 dei tuoi amici, hai portato i tuoi amici nelle forze di sicurezza e sei andato a combattere, hai ucciso dei terroristi. Grazie a te tutti vivono.
Guy Shami, un eroe è nato e ucciso a Kibbutz Reim 2003-2023

E a proposito di morti, un aggiornamento dei dati (risalente comunque a parecchie ore fa)

Emanuel Segre Amar

I morti ufficialmente sono saluti a 700 (ma saliranno ancora di molto) ed i feriti a 2156.
Senza considerare i rapiti e i dispersi.

E poi

Emanuel Segre Amar

Trovata la carta d’identità di un terrorista: aveva il permesso di lavoro in Israele.
Mi auguro che nessuno entri mai più in Israele da Gaza se nato prima del 7 ottobre 2023

Secondo me neanche nato dopo: quelli nati dopo hanno pur sempre genitori, che li crescono e li “educano”, nati prima del 7 ottobre 2023. Qualcuno insiste a dire che non sono tutti terroristi, ma quelli che per strada gridavano Allahu akhbar sputando sul cadavere della donna seminuda assassinata, non erano combattenti, erano cittadini comuni. Andrebbe ricordato a coloro che continuano a strepitare sulla distinzione fra combattenti e civili.

E naturalmente fra chi strepita non poteva mancare quella cloaca a cielo aperto di Amnesty International, la cui prima missione, da sempre, sembra essere quella di combattere contro Israele, poi magari, se resta tempo, anche contro le ingiustizie e le violazioni dei diritti umani nel mondo.

Emanuel Segre Amar

Ecco che i nostri storici nemici iniziano già a combattere Israele ed i suoi diritti:
Amnesty International ha emesso questo comunicato vergognoso (per non dir di peggio):
Amnesty International ha sollecitato le forze armate israeliane e i gruppi armati palestinesi a compiere ogni sforzo per proteggere le vite dei civili.
“Siamo profondamente preoccupati per il numero di civili uccisi a Gaza (GIÀ, I PRIMI NELL’ORDINE, VERO?), in Israele e nei Territori palestinesi occupati e chiediamo a tutte le parti coinvolte di rispettare i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario ed evitare ulteriori bagni di sangue”, ha dichiarato Agnés Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
“Attaccare volutamente civili e portare a termine attacchi sproporzionati (SOLITA FRASE USATA CONTRO ISRAELE) e indiscriminati che uccidono o feriscono civili sono crimini di guerra. Israele ne ha commessi a ripetizione (E DAI), impunemente, nelle precedenti guerre contro Gaza [e guai al mondo a parlare delle guerre di Gaza contro Israele]. I gruppi armati palestinesi devono smetterla di prendere di mira, come già fatto in passato e ancora di più oggi, la popolazione civile israeliana e porre fine all’uso di armi indiscriminate (SICURAMENTE HAMAS LA SMETTERÀ): queste azioni, a loro volta, costituiscono crimini di guerra”, ha aggiunto Callamard.
La rappresaglia [ma quanto piace, alle merde naziste, chiamare rappresaglie le risposte israeliane agli attacchi terroristici, in modo da poterli apparentare ai nazisti] di Israele contro Gaza ha causato, secondo il ministero della Salute palestinese, almeno 232 morti e quasi 1700 feriti (CHE PENA CHE MI FANNO). Gli organi d’informazione e il ministero della Salute israeliani hanno riferito di almeno 250 morti e oltre 1500 feriti a causa degli attacchi dei gruppi armati palestinesi (SONO OVVIAMENTE CITATI IN SECONDA FILA).
Le forze armate israeliane hanno informato la stampa che civili israeliani (minorenni inclusi) e soldati sono stati catturati e presi in ostaggio dai gruppi armati palestinesi: si tratta di azioni proibite dal diritto internazionale umanitario, che possono costituire crimini di guerra. Tutti i civili presi in ostaggio devono essere rimessi in libertà immediatamente. Tutti, in ogni caso, devono essere trattati con umanità e ricevere cure mediche (HAMAS UBBIDIRÀ).
Le cause profonde di questi ripetuti cicli di violenza devono essere affrontate con urgenza. Ciò significa rispettare il diritto internazionale e porre fine all’illegale blocco israeliano nei confronti di Gaza, in vigore da 16 anni, e a ogni altro aspetto del sistema israeliano di apartheid vigente contro tutta la popolazione palestinese (SOLITA MANFRINA; LA COLPA È DI ISRAELE).
Il governo israeliano deve cessare di incitare alla violenza e di alimentare tensioni nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme occupata, soprattutto nei siti religiosi (E DAI).
Amnesty International ha sollecitato la comunità internazionale a intervenire urgentemente per proteggere le popolazioni civili e impedire ulteriori loro sofferenze (VEDO GIà GLI UOMINI, TIPO UNIFIL, CORRERE PER SOCCORRERE I CIVILI NASCONDENDOSI NEI RIFUGI AL PRIMO ALLARME).
MA PER FAVORE, A.I.

Poi, a proposito di sproporzione:

08/10/23, ore 19

Israele, il bilancio sale a 700 morti e 2.100 feriti
Non si ferma il tragico conto delle vittime in Israele. Secondo l’ultima nota diffusa, i decessi sono 700 e i feriti oltre 2.1000. La maggior parte sono Civili.
“Hamas è stato più barbaro e più brutale dell’Isis”, ha detto il generale Daniel Hagari. “Lasciatemi essere chiaro: Israele risponderà con determinazione e forza a questi crimini di guerra immotivati”
Sul lato palestinese invece si contano 413 decessi.

Col piccolo dettaglio che i morti palestinesi sono nella stragrande maggioranza terroristi combattenti.

E ora una voce direttamente dalla carneficina

Durante l’assalto, Lanternari e la sua famiglia hanno fatto ricorso alla camera anti-razzo della propria abitazione, rifugio utilizzato da molti israeliani per ripararsi dagli attacchi [grave imprecisione, dettata da ignoranza, del giornalista: nella zona intorno a Gaza tutte le case devono avere obbligatoriamente una stanza bunker]. Ha riferito di aver osservato circa quindici miliziani avvicinarsi alla sua casa, obbligandolo a chiudere ogni possibile accesso. “Abbiamo visto una quindicina di miliziani dalla mia finestra venire verso la nostra casa e venire a sparare, abbiamo chiuso tutto”.
Nonostante il terrore, a Quarta Repubblica ieri sera ha raccontato con una certa lucidità gli eventi, descrivendo come i miliziani, armati di Kalashnikov e vestiti di verde, si trovassero proprio di fronte alla sua abitazione. Le grida in arabo e il suono delle pallottole che colpivano i muri della sua abitazione costituivano lo sfondo sonoro di quella terribile giornata. Eppure, alla fine, è stato proprio una camera di sicurezza dotata di finestra in piombo anti-missile a salvare la vita di Lanternari e della sua famiglia. “C’è una finestra, fatta con lastre di piombo ed antimissile. Hanno provato ad aprirla da fuori e non ci sono riusciti. Ma lì ho avuto paura.”
Una volta terminato l’assalto, la devastazione era ovunque. “Siamo usciti e abbiamo trovato la casa distrutta: hanno preso le mie due auto, ma non mi interessa. L’importante è la nostra vita.” Conclude Lanternari, attualmente insieme a molti residenti del suo kibbutz radunati nei bunker antimissile. (Qui)

Per questi altri invece serve il “C’era una volta”: c’era una volta una bella famiglia di cinque persone

(io ci sono stata a Nir Oz. E chissà che sorte sarà toccata a quel contadino).

E c’era anche, fra tutte quelle centinaia di persone, questa ragazza

e non si possono non ricordare le parole di Mordechay Horowitz

«Gli arabi amano i loro massacri caldi e ben conditi…e se un giorno riusciranno a “realizzarsi”, noi ebrei rimpiangeremo le buone camere a gas pulite e sterili dei tedeschi….».

Mentre loro, come dopo ogni mattanza di ebrei, festeggiano con la consueta distribuzione di dolci

Ancora un paio di notizie

Maria Teresa Leone

Cittadini americani e britannici, fra i morti e gli ostaggi in Israele.

Si deciderà finalmente qualcuno a muoversi, a capire che in gioco non c’è “solo” Israele?

Ilda Sangalli Riedmiller

Sono stati trovati 240 corpi di giovani che partecipavano ad una festa all’aperto TUTTI UCCISI DA HAMAS

E una considerazione

Onan il Barbaro
8 Ottobre 2023, 12:03
La Russia attacca l’Ucraina ed è colpa della Russia.
Hamas attacca Israele ed è colpa di Israele.

E sul fatto che la colpa sia di Israele (violazione delle risoluzioni Onu e della fantomatica “legge internazionale”, assassinio a sangue freddo di bambini e neonati, assedio di Gaza, apartheid e tutte quelle cose lì, you know) sembrano concordare una consistente parte dei frequentatori dei social, oltre che una buona fetta di politici, perché se camminando per strada ti casca un testa un vaso di gerani, ci puoi giurare che è colpa dei famigerati ebrei. E quindi, per la nota proprietà transitiva dei vasi comunicanti a corrente alternata secondo il principio di Archimede e nel rispetto del teorema di Pitagora, di Israele.

Concludo con questo straordinario video, per dare un segno di speranza, e per ricordare due persone meravigliose che non ci sono più

barbara

NON È FRANCESCA

Inizierò questo post con qualche nota personale.
Da quando è iniziata la guerra, sulla quale fin dal primo giorno ho preso una posizione molto netta, parecchi dei miei lettori si sono riposizionati – non tutti allo stesso modo. Qualcuno “non mi riconosce” (il motivo è molto semplice: non mi conosceva, anche se credeva di sì). Qualcuno non mi capisce, mi critica, e occasionalmente me lo dice, educatamente (le mie risposte lo sono state un po’ meno, oggettivamente, e me ne scuso. A proposito, se sei interessato a conoscermi, qui di fianco c’è un indirizzo email). E poi c’è chi, a causa della posizione che ho preso e del tipo di documenti che pubblico, ha smesso di leggermi. Ovviamente il fatto di perdere un lettore è l’ultima cosa al mondo a preoccuparmi, la qualità mi interessa molto più della quantità. Quello che non solo mi preoccupa, ma proprio mi fa paura, è la quantità di gente che si rifiuta di affrontare qualunque cosa che contrasti con la vulgata: vedo il rifiuto totale della discussione, del confronto, il rifiuto totale di qualunque microscopica divergenza dall’unico pensiero consentito; vedo gente che banna a dozzine per volta dai propri profili coloro che osano scrivere commenti scomodi perché “non voglio dover leggere idiozie”; vedo giornalisti che fanno quello che dovrebbe essere l’unico compito di un giornalista, ossia porsi e porre domande, indagare, mettere in discussione qualunque verità preconfezionata, li vedo, dicevo, derisi, sbeffeggiati, insultati, cacciati dai programmi che li ospitavano e dalle università in cui insegnano, intimati a riconsegnare premi ricevuti per la loro attività di indagine e ricerca della verità come inviati di guerra, inviti a metterli a tacere (come Mussolini per Matteotti?), chiudere loro la bocca, silenziarli. E ho visto amicizie pluridecennali chiuse con un lapidario “non posso continuare a dialogare con te”. Nessun argomento ha diritto di cittadinanza al di fuori di quelli conformi al Verbo stabilito, perché quello, e solo quello è LA Verità. E c’è stato chi è addirittura arrivato all’infamia di tirare fuori il termine negazionismo (giuro, mi viene freddo a scriverlo) nei confronti di chi sottolinea le palesi incoerenze e contraddizioni.  Qualcuno ha citato Katyn, per dire che i russi sono stati capaci di commettere una tale mostruosa strage attribuendone poi la paternità ai tedeschi, e quindi perché non dovremmo credere che adesso abbiano fatto quella di Bucha? Ecco, Katyn mi sembra un ottimo esempio: uno dei belligeranti ha perpetrato un orribile eccidio e poi ne ha attribuito la responsabilità al nemico, e dato che quel nemico era l’invasore, il colpevole, il cattivo per definizione, la menzogna è stata creduta. Le successive indagini, effettuate prima dall’accusato, poi da fonti indipendenti, hanno poi dimostrato che l’attribuzione dell’eccidio era falsa. Adesso abbiamo dei morti civili sulle strade di una città ucraina, e una delle due parti in causa ne incolpa l’altra. E nonostante i numerosissimi elementi che contrastano con la versione ufficiale, nonostante l’illogicità della cosa, nonostante sia nota e ben documentata l’efferata spietatezza dei nazisti ucraini, nonostante la prudenza che l’esperienza dovrebbe suggerire, tutti ci credono. Ci credono perché si rifiutano di prendere in considerazione le prove contrastanti, o addirittura di leggere i documenti in questione, per non rischiare che i fatti si scontrino con l’ideologia e la verità precostituita. E a me questa gente fa paura. Questa gente è quella che il Duce ha sempre ragione, il Führer ha sempre ragione, il compagno Stalin ha sempre ragione, gli ebrei sono la causa di tutti i nostri mali, lo ha detto lui, i kulaki sono la causa di tutti i nostri mali, lo ha detto lui, i russi sono un pericolo per l’Ucraina e per l’Europa e per il mondo intero, dobbiamo strangolarli economicamente e armare i loro nemici perché Russia delenda est, e se dissenti, anche solo in minima parte, sei un nemico del popolo, da cancellare, da spazzare via. Indegno di esistere. E chissà se questa brava gente – parecchi di loro ebrei, parecchi di loro, anche fra i non ebrei, filoisraeliani – si rende conto che questo è lo stesso, identico giochetto che dal ’67 in poi viene fatto con Israele (a proposito: è iniziato il mese sacro di Ramadan ed è partita la solita mattanza in Israele: ve ne siete accorti? Questa invece è la lotta contro l’apartheid israeliana nei campus americani

Forte, no?). In realtà è tutto sotto gli occhi di tutti, ma siccome abbiamo deciso che non è Francesca, bisogna per forza che sia Filippa Maria. E tuttavia ci sono quelle famose riprese satellitari, che smentiscono irrefutabilmente la vulgata antirussa, ma tranquilli, non è Francesca. E ci sono le foto col bracciale bianco – quei “collaborazionisti” dai quali i miliziani ucraini, appena rientrati, si sono precipitati a ripulire la città

e sui quali Capuozzo, sì, il solito rompiscatole di Capuozzo, si pone qualche domanda, ma non preoccupatevi, non può essere Francesca. E poi c’è questo organo ucraino in cui si lamenta che i russi hanno lasciato mine dappertutto, ma nessun cenno di morti, ma è escluso che possa essere Francesca. E c’è anche questa splendida registrazione, in cui uno dei due interlocutori è incazzato nero perché non è stata messa sulla strada neanche una donna, il che toglie parecchia credibilità alla narrazione del massacro di civili da parte dei russi e l’altro gli assicura che non succederà più – cioè che la prossima volta che insceneranno una strage russa lavoreranno con più attenzione – ma non agitatevi, non è Francesca, garantito. E ci sono quelle foto (un’immagine vale più di mille parole, lo sappiamo, e quindi le guardiamo, le foto, tutte, con molta molta attenzione) coi morti per strada e la gente che ci passeggia in mezzo, con aria del tutto indifferente, come se non ci fossero,

che addirittura ci cammina sopra senza neppure accorgersene, proprio come se non ci fossero,

ma voi dormite i vostri sonni sereni: è chiaro che non può essere Francesca. Ed è anche sempre più chiaro chi e perché ha tutto l’interesse a fomentare la narrazione dei crimini di guerra russi e io, davvero, non capisco come qualcuno abbia potuto inventarsi che fosse Francesca. Poi adesso è arrivato un missile a Kramatorsk,

lanciato naturalmente dai russi, che ha provocato una trentina di morti e un centinaio di feriti Si tratta di un Tochka U, di fabbricazione russa ma non più usato in Russia da tre anni e attualmente in dotazione unicamente all’esercito ucraino. Nella foto sottostante si può vedere un esemplare di questo tipo di missile, i rottami del missile atterrato a Kramatorsk e un missile Iskander, quello usato dai russi.

Inoltre il missile è arrivato da sud-ovest, zona attualmente sotto controllo ucraino, ma Francesca a Kramatorsk non ci è neppure andata, figuriamoci.
E arrivati a questo punto, direi che vale la pena di ascoltare anche un po’ di gente che le guerre le ha conosciute da vicino.

Giancarlo Vitali Ambrogio

Come ormai mi capita di dire spesso non ho più parole per descrivere gli orrori di questa guerra scellerata e non ho più parole per descrivere, anticipandolo, il burrone dentro cui ci sta spingendo Biden con la complicità dei governi europei e di una “stampa” senza più misura nell’accompagnarli per mano, ubbidiente e compatta: non più diplomazia, pressione politica, accordo di pace ma, guerra permanente e ucraini sacrificabili sognando la distruzione della Federazione russa e di conseguenza un’equa ridistribuzione delle enormi riserve di materie prime strategiche presenti nel sottosuolo dello “Zar”.
Mi chiedo se gli ucraini ne siano coscienti.
Malauguratamente per ora i risultati sono questi:
– morte, distruzione, sofferenze e dolore senza una fine prevedibile per il popolo ucraino e presto per quello russo;
– seri rischi che la guerra possa estendersi all’Europa o alla meglio che possa trasferire pur a distanza i suoi pesantissimi, inevitabili effetti sociali ed economici;
– aver “spinto” forse definitivamente la Cina e la Russia ad abbracciarsi in una alleanza che lascia prevedere il risorgere della guerra fredda di recente memoria, anzi freddissima, perché questa volta non sarà più fra occidente e Russia ma fra occidente e oriente, con tutte le terribili conseguenze che comporterà.
Complimenti alla Politica d’occidente!
Si poteva fare meglio?
Leggete sotto cosa racconta il Wall Street Journal
P.S. consigliato a chi è interessato a vedere tutta la storia al di la di Putin boia: oggi il Fatto Quotidiano riporta quello che definisce lo scoop di febbraio del Wall Street Journal. La ricostruzione dei fatti ricorda che cinque giorni prima dell’invasione russa, il cancelliere tedesco propose all’Ucraina un accordo con la Russia che sarebbe stato siglato da Biden e Putin in persona, nel quale Kiev si impegnava a dichiararsi neutrale rinunciando alla Nato: Kiev, cioè Zelens’kyi, non accettò sostenendo “di non credere che Putin avrebbe tenuto fede a un accordo di quel tipo” e perché ” la maggioranza degli ucraini vuole la Nato”
Di nuovo, non ho parole!

LETTERA DI 10 EX CORRISPONDENTI DI GUERRA CONTRO LA PROPAGANDA DEI NOSTRI MEDIA

“Ecco perché sull’Ucraina il giornalismo sbaglia. E spinge i lettori verso la corsa al riarmo”: lo sfogo degli ex inviati in una lettera aperta. “Basta con buoni e cattivi, in guerra i dubbi sono preziosi”
Undici storici corrispondenti di grandi media lanciano l’allarme sui rischi della narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto: “Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin”. L’ex inviato del Corriere Massimo Alberizzi: “Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni”. Toni Capuozzo (ex TG5): “Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori. Trattare così il tema vuol dire non conoscere cos’è la guerra”.
“Osservando le televisioni e leggendo i giornali che parlano della guerra in Ucraina ci siamo resi conto che qualcosa non funziona, che qualcosa si sta muovendo piuttosto male”. Inizia così l’appello pubblico di undici storici inviati di guerra di grandi media nazionali (Corriere, Rai, Ansa, Tg5, Repubblica, Panorama, Sole 24 Ore), che lanciano l’allarme sui rischi di una narrazione schierata e iper-semplicistica del conflitto nel giornalismo italiano (qui il testo integrale sul quotidiano online Africa ExPress). “Noi la guerra l’abbiamo vista davvero e dal di dentro: siamo stati sotto le bombe, alcuni dei nostri colleghi e amici sono caduti”, esordiscono Massimo Alberizzi, Remigio Benni, Toni Capuozzo, Renzo Cianfanelli, Cristiano Laruffa, Alberto Negri, Giovanni Porzio, Amedeo Ricucci, Claudia Svampa, Vanna Vannuccini e Angela Virdò. “Proprio per questo – spiegano – non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina, il primo di vasta portata dell’era web avanzata. Siamo inondati di notizie, ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi“, notano i firmatari. “Viene accreditato soltanto un pensiero dominante e chi non la pensa in quel modo viene bollato come amico di Putin e quindi, in qualche modo, di essere corresponsabile dei massacri in Ucraina. Ma non è così. Dobbiamo renderci conto che la guerra muove interessi inconfessabili che si evita di rivelare al grande pubblico. La propaganda ha una sola vittima: il giornalismo”.
“L’opinione pubblica spinta verso la corsa al riarmo” – Gli inviati, come ormai d’obbligo, premettono ciò che è persino superfluo: “Qui nessuno sostiene che Vladimir Putin sia un agnellino mansueto. Lui è quello che ha scatenato la guerra e invaso brutalmente l’Ucraina. Lui è quello che ha lanciato missili provocando dolore e morte. Certo. Ma dobbiamo chiederci: è l’unico responsabile? Noi siamo solidali con l’Ucraina e il suo popolo, ma ci domandino perché e come è nata questa guerra. Non possiamo liquidare frettolosamente le motivazioni con una supposta pazzia di Putin“. Mentre, notano, “manca nella maggior parte dei media (soprattutto nei più grandi e diffusi) un’analisi profonda su quello che sta succedendo e, soprattutto, sul perché è successo”. Quegli stessi media che “ci continuano a proporre storie struggenti di dolore e morte che colpiscono in profondità l’opinione pubblica e la preparano a una pericolosissima corsa al riarmo. Per quel che riguarda l’Italia, a un aumento delle spese militari fino a raggiungere il due per cento del Pil. Un investimento di tale portata in costi militari comporterà inevitabilmente una contrazione delle spese destinate al welfare della popolazione. L’emergenza guerra – concludono – sembra ci abbia fatto accantonare i principi della tolleranza che dovrebbero informare le società liberaldemocratiche come le nostre”.
Alberizzi: “Non è più informazione, è propaganda” – Parole di assoluto buonsenso, che tuttavia nel clima attuale rischiano fortemente di essere considerate estremiste. “Dato che la penso così, in giro mi danno dell’amico di Putin”, dice al fattoquotidiano.it Massimo Alberizzi, per oltre vent’anni corrispondente del Corriere dall’Africa. “Ma a me non frega nulla di Putin: sono preoccupato da giornalista, perché questa guerra sta distruggendo il giornalismo. Nel 1993 raccontai la battaglia del pastificio di Mogadiscio, in cui tre militari italiani in missione furono uccisi dalle milizie somale: il giorno dopo sono andato a parlare con quei miliziani e mi sono fatto spiegare perché, cosa volevano ottenere. E il Corriere ha pubblicato quell’intervista. Oggi sarebbe impossibile“. La narrazione del conflitto sui media italiani, sostiene si fonda su “informazioni a senso unico fornite da fonti considerate “autorevoli” a prescindere. L’esempio più lampante è l’attacco russo al teatro di Mariupol, in cui la narrazione non verificata di una carneficina ha colpito allo stomaco l’opinione pubblica e indirizzandola verso un sostegno acritico al riarmo. Questa non è più informazione, è propaganda. I fatti sono sommersi da un coro di opinioni e nemmeno chi si informa leggendo più quotidiani al giorno riesce a capirci qualcosa”.
Negri: “Fare spettacolo interessa di più che informare” – “Questa guerra è l’occasione per molti giovani giornalisti di farsi conoscere, e alcuni di loro producono materiali davvero straordinari“, premette invece Alberto Negri, trentennale corrispondente del Sole da Medio Oriente, Africa, Asia e Balcani. “Poi ci sono i commentatori seduti sul sofà, che sentenziano su tutto lo scibile umano e non aiutano a capire nulla, ma confondono solo le acque. Quelli mi fanno un po’ pena. D’altronde la maggior parte dei media è molto più interessata a fare spettacolo che a informare”. La vede così anche Toni Capuozzo, iconico volto del Tg5, già vicedirettore e inviato di guerra – tra l’altro – in Somalia, ex Jugoslavia e Afghanistan: “L’influenza della politica da talk show è stata nefasta”, dice al fattoquotidiano.it. “I talk seguono una logica binaria: o sì o no. Le zone grigie, i dubbi, le sfumature annoiano. Nel raccontare le guerre questa logica è deleteria. Se ci facciamo la domanda banale e brutale “chi ha ragione?”, la risposta è semplice: Putin è l’aggressore, l’Ucraina aggredita. Ma una volta data questa risposta inevitabile servirebbe discutere come si è arrivati fin qui: lì verrebbero fuori altre mille questioni molto meno nette, su cui occorrerebbe esercitare l’intelligenza”.
Capuozzo: “In guerra i dubbi sono preziosi” – “Sembra che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi o disertori”, argomenta Capuozzo. “Invece è proprio in queste circostanze che i dubbi sono preziosi e l’unanimismo pericolosissimo. Credo che questo modo di trattare il tema derivi innanzitutto dalla non conoscenza di cos’è la guerra: la guerra schizza fango dappertutto e nessuno resta innocente, se non i bambini. E ogni guerra è in sè un crimine, come dimostrano la Bosnia, l’Iraq e l’Afghanistan, rassegne di crimini compiute da tutte le parti”. Certo, ci sono le esigenze mediatiche: “È ovvio che non si può fare un telegiornale soltanto con domande senza risposta. Però c’è un minimo sindacale di onestà dovuta agli spettatori: sapere che in guerra tutti fanno propaganda dalla propria parte, e metterlo in chiaro. In situazioni del genere è difficilissimo attenersi ai fatti, perché i fatti non sono quasi mai univoci. Così ad avere la meglio sono simpatie e interpretazioni ideologiche”. Una tendenza che annulla tutte le sfumature anche nel dibattito politico: “La mia sensazione è che una classe dirigente che sente di avere i mesi contati abbia colto l’occasione di scattare sull’attenti nell’ora fatale, tentando di nascondere la propria inadeguatezza. Sentire la parola “eroismo” in bocca a Draghi è straniante, non c’entra niente con il personaggio”, dice. “Siamo diventati tutti tifosi di una parte o dell’altra, mentre dovremmo essere solo tifosi della pace”.

Quindi è chiaro: è assolutamente escluso che possa essere Francesca.

barbara