UN PO’ DI ATTUALITÀ

Iniziamo con un salto in Israele, dove in tre giorni i palestinesi hanno lanciato più di 1100 missili (quanto costa un missile?). Qui possiamo vedere un lancio di pochi secondi, giusto per avere un’idea; le esplosioni che si vedono in cielo sono gli incontri fra i missili e l’iron dome che li neutralizza.

Questo invece è uno delle centinaia di missili difettosi che ricadono entro il territorio di Gaza

e che in questo caso ha fatto un bordello di morti fra cui sei bambini, di cui naturalmente la responsabilità viene addebitata a Israele.

Passiamo all’Ucraina, di cui Amnesty International ha documentato vari crimini di guerra fra cui l’uso di scudi umani, cosa inaudita e vergognosa (il documento di AI, intendo, naturalmente), che ha provocato le dimissioni per protesta della direttrice della sede ucraina, giustamente, dato che il compito di AI è notoriamente quello di vedere ciò che è corretto vedere, non ciò che succede.
Nel frattempo i bombardamenti nazisti continuano a martellare il Donbass e a seminare morte, e a bombardare perfino i funerali

E ora hanno cominciato a disseminare i centri delle città, soprattutto su prati e giardini, i famigerati “petali”, piccolissime mine giocattolo

troppo poco potenti per uccidere, ma sufficientemente potenti da provocare, soprattutto nei bambini, mutilazioni, cecità o altre lesioni invalidanti. Pappagalli verdi li chiamavano in Afghanistan: a chi ha un po’ di anni sulle spalle sicuramente il nome risveglierà qualche ricordo.

A quelli che amano i paragoni voglio poi mostrare questo video: l’aviazione israeliana aveva organizzato un’operazione per distruggere un deposito di armi della jihad islamica. Sennonché all’ultimo momento

Bisogna comunque dire che anche i russofoni del Donbass sono estremamente educati e corretti: trovate due grosse mine e appurato che erano mine ucraine, non hanno esitato un momento a restituirle:

E veniamo all’Italia. A Pisa un giovane barbiere marocchino immigrato da sette anni, sposato e con due bambini piccoli è stato accoltellato a morte sulla porta del suo negozio. Ho passato in rassegna sei testate senza trovare il minimo accenno in merito all’aggressore, nonostante questo si fosse costituito e quindi la sua identità – e la sua nazionalità – fosse già nota. Potevano sussistere dubbi? Alla fine sono dovuta capitare su una pubblicazione in inglese per poter leggere

Halim Hamza, the 32-year-old barber, originally from Morocco, killed in front of his shop on the afternoon of Sunday 7 August by a Tunisian

Scommettiamo che per questo immigrato non caucasico nessuno si straccerà le vesti?

E sempre restando in italia:

EMERGENZA IDRICA O EMERGENZA DEMOCRATICA?

Ve lo riferisco con riluttanza, sgomento. Non avrei neanche voglia di scriverlo, questo post. Ma devo farlo.
Questa mattina mi sono attaccato al telefono per avere delucidazioni sull’ordinanza che vieta, tra l’altro, di innaffiare orti e giardini a Firenze fino al 30 settembre (vedi mio post di ieri “Declinazioni provinciali…”).
L’impiegato della Direzione Ambiente che mi ha risposto mi ha detto che non sapeva niente e mi ha dato il diretto di un dirigente. Quello, appena ha capito che volevo parlare dell’ordinanza 157, mi ha stoppato e mi ha dato il numero della persona che ha scritto il documento (non farò il nome, perché lo scopo di questo posto non è fare gogne mediatiche: giornalisti eventualmente interessati ad approfondire, contattatemi in privato).
L’ho chiamata, mi ha risposto, abbiamo avuto una lunga e cordiale conversazione. Io non ho fatto polemiche: non volevo affermare le mie ragioni, volevo capire le sue, e per questo volevo che si sentisse a suo agio, che si sentisse compresa.
Le ho chiesto prima di tutto se l’ordinanza avesse delle omissioni, dei sottintesi, delle deroghe non espresse. Risposta: quello che c’è scritto è.
Le ho chiesto se quindi avrei dovuto lasciare seccare le mie piante di pomodori. Risposta: sì, a meno di ingegnarsi (attingere acqua a una fonte, ricavarla da un pozzo…).
Le ho chiesto del prato. Risposta: anche quello, da far seccare.
Le ho chiesto se, oltre ai pomodori e al prato, dovrei lasciar morire anche gli alberi e le piante che si trovano nel mio giardino. Risposta: eh, bisogna ingegnarsi.
Le ho chiesto se il Comune di Firenze è cosciente che questa ordinanza condanna alla distruzione migliaia e migliaia di piante e alberi nel territorio comunale; le ho chiesto a che genere di idea “green” corrisponda questa strategia. Risposta: sì, certo, ne siamo coscienti, ma qualcosa bisogna sacrificare. È meglio sacrificare i suoi pomodori che un’attività produttiva, no?
Le ho chiesto se dunque la mia famiglia deve davvero rinunciare alle quattro piante di pomodori che soddisfano interamente il nostro fabbisogno fino a ottobre. Risposta: Sì, è meglio che lei perda i suoi pomodori, tanto può comprarli al supermercato, piuttosto che togliere l’acqua a un autolavaggio, che poi entra in ballo un discorso di occupazione, di sindacati…
Le ho chiesto se il territorio di Firenze sta vivendo davvero una crisi idrica così drammatica da preferire la distruzione del verde, degli alberi, delle piante. Risposta: In realtà no, l’invaso di Bilancino è ancora pieno per l’80% [più o meno come l’anno scorso, e l’anno prima, e l’anno prima ancora in questo periodo – nota mia]; ma ci sono state pressioni: l’autorità idrica ha mandato la richiesta di fare ordinanze contro lo spreco dell’acqua il 3 giugno; molti sindaci le hanno fatte subito; noi siamo gli ultimi, abbiamo rimandato, ma alle riunioni era tutto un dire “perché noi l’abbiamo fatta e Firenze non fa l’ordinanza?”, alla fine abbiamo dovuto farla anche noi.
Le ho chiesto se la distruzione del verde riguarderà anche i produttori. Risposta: no, le attività produttive non possono essere toccate, neanche l’autolavaggio, per l’appunto. L’ordinanza riguarda solo le utenze domestiche.
Le ho chiesto del verde pubblico. Risposta: eh, anche noi abbiamo dovuto decidere. Ci siamo messi intorno a un tavolo e abbiamo fatto una lista: questo prato lo salviamo, quest’altro lo lasciamo seccare. Pensando anche agli investimenti fatti: se un prato era stato piantato qualche mese prima non si poteva far seccare.
Facciamo tanti investimenti per il verde…
Le ho chiesto se aveva presente la differenza tra far seccare un prato o un’aiuola, che poi ripianti i semi e dopo tre settimane sono uguali, e far morire un albero vecchio di dieci, venti, trent’anni, con tutte le sue relazioni complesse con l’ecosistema. Risposta: Eh, bisogna che uno si ingegni.
Le ho chiesto se queste decisioni non siano in contraddizione con la norma che impedisce di abbattere un albero che si trovi nel proprio giardino senza un apposito permesso e senza che sia prevista la sua sostituzione. Risposta elusiva.
Le ho chiesto se per caso l’ordinanza sia stata fatta con la convinzione che tanto verrà ignorata da moltissime persone e non farà grossi danni. Risposta: Le norme vanno rispettate; ma poi basta vedere quanti cartelli di divieto di sosta ci sono, e quante macchine parcheggiate…
Le ho chiesto come potrei ignorare questa norma se avessi un vicino litigioso e incattivito nei miei confronti, che non vede l’ora di avere un pretesto per mettermi nei guai e che chiamerebbe immediatamente la municipale vedendomi con la sistola in mano. Risposta: be’, sì, del resto le norme sono fatte per essere rispettate, non per essere eluse.
Ho chiesto se quindi il Comune sia cosciente del fatto che con questa ordinanza – salvo ribellione in massa – trasformerà la città di Firenze in un deserto nel giro di tre mesi, con relativo aumento della temperatura, distruzione dell’ecosistema, della catena alimentare, della biodiversità. Risposta: Sì, ma anche se in questo momento noi non siamo in emergenza, qualcosa bisogna pur fare.
La conversazione è stata davvero pacata e piacevole. Nessuna provocazione, polemica o protesta da parte mia. Non volevo prendermela con la dottoressa XY: volevo capire. Volevo ascoltare la voce dell’ultimo anello della catena che rappresenta la follia al potere. E in questo sono stato accontentato: era una persona normale.
Normali e perbene sono le persone che negli ultimi due anni e mezzo hanno varato, votato, apprezzato, rispettato – senza mai osare fare un rilievo critico – i provvedimenti che stanno alla base di questa deriva irrazionale, dispotica, punitiva e totalitaria, ormai talmente diffusa nella mentalità comune da essere diventata invisibile, completamente disciolta, e quindi inarginabile e incommentabile. Infatti sono andato in internet e non ho trovato un solo articolo o commento critico su questa norma (che si ritrova quasi identica in molti Comuni dal Nord al Sud della Penisola). Neanche uno. Davvero non avevate capito che i “noi consentiamo / noi non consentiamo” avrebbero portato dritto a questo? Adesso è dura tornare indietro. E non so neanche quanti vorrebbero farlo.
Io penso agli orti che in questo momento si stanno seccando. Agli animali, che, di conseguenza, stanno morendo. Penso agli alberi decennali che stanno morendo. Penso all’invaso di Bilancino che oggi contiene 60 milioni di metri cubi d’acqua, pronti per essere utilizzati. Penso a quanta acqua serve per produrre un chilo di carne o un hamburger. A quanta viene divorata dal digitale (guardare un film in streaming costa 400 litri d’acqua, ci diceva nel 2016 l’Imperial College – io ne uso 40 al giorno per irrigare i miei 30 metri di orto-giardino). Penso alle mie piante, che danno da mangiare a me e ai miei figli, che in questo momento “dovrebbero” stare morendo.
Penso che adesso è abbastanza fresco per uscire e dare una bella annaffiata.
Anche le tartarughe ne saranno contente, e anche il discreto popolo degli insetti. L’alveare, incastonato nel buco tra le pietre del muro davanti alla casa, brulica di api. E pensare che stiamo solo a un chilometro da Porta Romana.
E mi chiedo infine: c’è un avvocato, un giurista, un magistrato, disposto a dire che, semplicemente, questa follia non si può fare, perché una follia del genere – a livello giuridico e politico – ha la stessa legittimità, giustificazione e plausibilità di altre follie ancora più criminali?
Carlo Cuppini

E io questa cosa qui la metterei dritta dritta nei crimini contro l’umanità.

Meglio una bella Carmen infuocata, vero?

barbara

VITA QUOTIDIANA SOTTO I MISSILI

La sera ritorno dal lavoro; cena con la famiglia; mettiamo a letto le bimbe e poi all’improvviso un suono che mi riporta indietro nel tempo. Allarme rosso, zeva adom in ebraico, svegliamo le bimbe e ci dirigiamo con calma verso il rifugio. Ora siamo fortunati, una volta non lo avevamo neanche il rifugio a casa, abbiamo passato almeno un anno a fare conoscenza con i vicini al suono delle sirene. Inoltre qui è la prima volta che si sentono le sirene, dove eravamo succedeva qualche volta all’anno, in altre zone è la quotidianità ormai da anni. Una volta sono andato a Sderot, ho visto un deposito con i resti dei razzi, ce n’erano di tutti i tipi, soprattutto Qassam e Grad. E poi su ognuno una sorta di firma, una dedica dal gruppo terroristico che lo ha inviato. Si potrebbe fare un trattato sul messaggio in bottiglia affidato ai razzi, per noi da questa parte però è solo tanta paura accompagnata dalle sirene e dall’esplosione. Iron Dome, il miracolo tecnologico che ci protegge da questa minaccia, non è in grado di offrire una protezione totale, né di toglierci di dosso la paura che da un momento all’altro possano raggiungerci i detriti del razzo abbattuto in cielo. Una sorta di roulette russa. Ultimamente ho vissuto tre situazioni davvero spiacevoli in cui suona la sirena e non hai un vero riparo, in particolare ieri ero in macchina in mezzo al nulla, la sirena non ha suonato, i razzi mi sono stati annunciati dalla radio che in questi giorni è costantemente accesa sulle notizie. La radio annunciava razzi in tutte le città dell’area in cui mi trovavo: Bet Yehoshua, Even Yehuda, Kfar Sava, Rosh Ha’Ain, Petah Tikva, Bene Berak, Ramat Gan. Tutte le macchine intorno a me si erano fermate, così mi sono fermato anch’io. Non avevamo potuto cercare nemmeno riparo, non c’era nulla intorno, poi il botto e un tuffo al cuore. Due signori fuori dalle vetture puntavano il dito in alto, seguendo la direzione ho visto due nuvolette di fumo. L’Iron Dome ha fatto il miracolo, almeno un razzo abbattuto sul cielo di Petah Tikva, ho aspettato qualche minuto pregando che non ci fossero i detriti in arrivo, come ho già visto tante volte al telegiornale e poi la vita riprende, come ogni giorno, come se nulla fosse successo. Il problema è che dentro qualche cosa accade: l’incertezza, la preoccupazione per la famiglia, subire l’odio di qualcuno che non mi conosce e che non ho mai visto in vita mia.
David Perlmutter, Kfar Saba

Visto che questa generazione non ha sperimentato il terrore del suono degli stivali delle SS in arrivo, quelle anime generose hanno deciso di riempirgli la lacuna facendogli sperimentare il terrore del suono dei missili in arrivo. Ma la generazione delle pecore al macello non c’è più: adesso c’è Israele, e c’è Iron Dome, e ci sono i Merkava e gli F16. Se proprio proprio dovesse mettersi al peggio, c’è Dimona. Nel frattempo, dopo ogni missile, “la vita riprende, come ogni giorno, come se nulla fosse successo”.
(Poi adesso sono iniziate le operazioni di terra: adesso gli si fa il culo sul serio)

barbara

MA GUARDATE COSA COMBINA L’AVIAZIONE ISRAELIANA!

Grazie a un’amica, leggo sul Corriere della Sera online: “L’aviazione israeliana ha lanciato oltre 800 razzi da Gaza su Israele in cinque giorni: più di 160 al giorno.” Ora, che il desiderio della stampa anche moderatamente terzomondista (e purtroppo di molti amici di sinistra) sia di addossare sempre su Israele la responsabilità dei mali del mondo è da tempo assodato. Che meno si nominano i terroristi di Hamas e i loro supporter e più si evidenzia l’esclusiva prepotenza israeliana è altrettanto evidente. Ma che a contrastarsi sulla scena del conflitto ci siano, da una parte e dall’altra, israeliani contro israeliani può apparire anche ai più prevenuti e smaliziati una verità poco plausibile. Anche gli errori e i refusi fanno parte della retorica della propaganda. E comunque, in situazioni come la presente emerge dall’animo e dalle menti anche della crème intellettuale tutta quella schiuma biancastra che darebbe anni di lavoro ad allievi di Freud sul rapporto più o meno inconscio fra antisemitismo e antiisraelianismo. Ciò che mette in movimento il sangue, anche a un illuso che volesse tentare di continuare a vedere le cose a colori e non in tutto bianco e tutto nero, è la ricerca del controbilanciamento che tenta il giornalista quando, a un telegiornale nazionale, commenta l’avvio di una campagna di propaganda palestinese in lingua ebraica, ma si sente in dovere di precisare incidentalmente: “propaganda di cui peraltro gli israeliani sono maestri”, senza aggiungere alcuna specifica che dia il senso di una frase enigmatica quanto bislacca. Non so se questo sia antisemitismo, come direbbe qualche amico, ma certamente è strabismo politico, stile retorico disonesto, prevenzione antiisraeliana che non fa onore a chi avrebbe il dovere di informare, prima che di commentare con opinioni che strumentalizzano, oltre che l’innocenza del linguaggio, l’ingenuità dell’uditorio.
Dario Calimani, anglista (15 luglio 2014)

E dunque dopo il centro per disabili colpito con due donne uccise che miracolosamente si trasforma in un orfanotrofio bombardato con tre bambini uccisi, e tante analoghe storielle amene, adesso abbiamo anche l’aviazione israeliana che si autobombarda. Aspettiamo i progressi alla prossima puntata. Nel frattempo guardate questo:

 

P.S.: Per tutti quelli che continuano a sparare, inorriditi, le cifre delle centinaia di morti palestinesi – in gran parte civili, si raccomanda di precisarlo! – contro le unità di quelli israeliani, a riprova del fatto che gli israeliani sarebbero i cattivi aggressori e i palestinesi le povere vittime innocenti:
a) le cifre dei morti palestinesi sono tutte di fonte palestinese, sulla cui attendibilità potremmo scrivere interi romanzi (vi ricordate i 3000 morti di Jenin con fosse comuni ecc. ecc., poi diventati i 500 morti di Jenin, alla fine risultati 52, di cui 42 combattenti e 10 civili, la maggior parte usati dai terroristi come scudi umani?)
b) i terroristi non hanno uniforme, quindi vengono tutti fatti rientrare nella categoria dei civili. Ma non lo sono
c) in base alle Convenzioni di Ginevra e dell’Aja, abitazioni civili, scuole, ospedali ecc. usati per scopi militari (nel caso in questione come depositi di armi ed esplosivi e come basi da cui lanciare missili su Israele: tutto ampiamente documentato) diventano legittimi obiettivi militari, e la responsabilità per eventuali morti ricade interamente su chi ne ha fatto un uso illegittimo
d) è noto l’uso, da parte di Hamas, dei civili come scudi umani. Vi è stato un caso, nei giorni scorsi, in cui gli abitanti di un immobile erano usciti dopo l’avviso da parte di Israele che quell’immobile stava per essere colpito, e fatti poi frettolosamente rientrare dai loro capi dopo che il missile israeliano era già partito e non era più possibile fermarlo o deviarlo
e) un discreto numero di morti palestinesi sono causati da razzi palestinesi che ricadono all’interno di Gaza
f) i morti israeliani sono relativamente pochi perché gli israeliani non mandano i propri civili sui tetti a prendere i missili in testa, bensì nei bunker a ripararsi. E hanno Iron Dome che provvede a distruggere in volo i missili diretti verso zone abitate, e nella maggior parte dei casi ci riesce
g) c’è stato un tempo in cui ci si lamentava che Hitler ne aveva ammazzati troppo pochi; adesso ci si lamenta che ne muoiono troppo pochi: la bestia è sempre la stessa, viva e vegeta, altro che sepolta tra le ceneri di Auschwitz!

barbara

ISRAELE SI DIFENDE ANCHE COSÌ

Portare il terrorismo alla bancarotta, un’intercettazione dopo l’altra

Akiva Hamilton, 24 novembre 2012, Jerusalem Post


 C’è un’esplosione di amore e di apprezzamento in Israele per quello straordinario strumento tecnologico chiamato Iron Dome che ha salvato tante vite nel sud e nel centro di Israele.
Malgrado questo è stato poco analizzato il vero significato strategico dell’Iron Dome.
L’Iron Dome ha cambiato le regole del gioco in modo tale che non solo consegna l’attuale modello di terrorismo di Hamas e degli Hezbollah al cassonetto dell’immondizia, ma stravolge completamente le dottrine militari di tutti i nemici di Israele.
Prima di esaminare in dettaglio questo cambiamento strategico fondamentale, è necessario occuparsi di un certo numero di importanti fraintendimenti che oscurano questa realtà.
Prima di tutto l’Iron Dome non è più soltanto un sistema difensivo contro missili a corto raggio. La quinta batteria, messa in campo l’ultimo sabato dello scontro, possiede un sistema radar significativamente migliorato (da parte di Elta, un comprimario poco conosciuto della storia dell’Iron Dome) e miglioramenti software che trasformano questo sistema in un sistema di difesa antimissile a corto e medio raggio.
Mentre si descrive Iron Dome come in grado di colpire missili che abbiano un raggio d’azione di 70 km, secondo l’esercito israeliano questo nuovo miglioramento permette di intercettare missili con raggio fino a 200 km. Con questo, il sistema è già in grado di assumersi gran parte delle intercettazioni che il prossimo sistema israeliano antimissile a medio raggio David Sling dovrebbe realizzare.
In secondo luogo non è vero che gli intercettori dell’Iron Dome costino 40.000 o $ 50.000 l’uno. Come in ogni tipo di sistema di alta tecnologia la maggior parte dei costi sono costi di sviluppo e di messa a punto della produzione. Questi costi fissi sono distribuiti sul numero di pezzi stimati che si produrranno e così si giunge al prezzo. Però, se il numero di pezzi da produrre aumenta sostanzialmente rispetto alla stima iniziale, il costo scende in proporzione.
Il reale costo marginale di produzione di un intercettore è basso e riflette i costi degli delle materie prime: metallo, propellente, esplosivi, componenti elettronici usati nella sua fabbricazione e il lavoro richiesto per far funzionare la linea produzione. Se l’esercito ordinerà un numero di intercettori 10 volte più grande di quanto stimato originariamente il costo scenderà intorno $ 5000; se ne ordinerà 100 volte di più il costo potrebbe raggiungere o avvicinarsi al costo marginale di meno di $ 1000.
In terzo luogo il costo reale di missili e dei razzi che l’Iron Dome deve intercettare è stato molto sottostimato da molti commentatori. I missili Grad possono pure costare in Iran soltanto $ 1000 al pezzo, ma questo non è il costo di un missile consegnato ad Hamas a Gaza.
La linea logistica di consegna dall’Iran a Gaza è estremamente contorta e costosa, una linea che comporta enormi perdite per le azioni dell’esercito israeliano che bombarda i convogli e le fabbriche nel Sudan, e per l’intercettazione da parte delle marine militari occidentali. Grosse tangenti devono essere pagate ad ogni passaggio di mano lungo il cammino, in particolare ai beduini del Sinai e ai soldati egiziani di Rafah che dovrebbero fermare il contrabbando. Le perdite continuano poi quando il missile Grad raggiunge Gaza, con l’esercito israeliano che distrugge sistematicamente i depositi di missili.
Così 1000 missili Grad che costano all’acquisto in Iran 1 milione di dollari possono divenire meno di 300 pezzi che costano ulteriori 2 milioni per “spese di consegna”. Così un missile Grad da $ 1000 in Iran, diventa un missile Grad da $ 10.000 a Gaza.
Quarto: Iron Dome è fondamentalmente un sistema di computer altamente avanzato con un ciclo rapidissimo di miglioramento. Finora l’Iron Dome si sviluppa come l’iPhone attraverso continui upgrades di software e hardware e conseguenti incrementi delle prestazioni.
Non solo in futuro continuerà ad essere così, ma in effetti il fenomeno accelererà secondo la legge di Moore e la legge di Ray Kurzweil sui ritorni accelerati che stabilisce che le prestazioni di un sistema di computer crescono esponenzialmente nel tempo.
Con ogni upgrade la percentuale di intercettazioni migliorerà e il raggio di azione dei missili che possono essere intercettati migliorerà ancora di più. Per questo dobbiamo aspettarci che l’Iron Dome raggiungerà un tasso di intercettazione del 95% o anche più alto nel prossimo anno o due e continuerà a migliorare man mano che la velocità e la potenza di elaborazione dei computer che compongono il suo cervello ed i suoi occhi (radar) cresceranno.
La conseguenza pratica di tutto ciò è il rapporto tra i missili sparati e il numero di israeliani uccisi, salito da 50-75 (Libano e Gaza prima dell’Iron Dome) a 300 nel 2011 (75% di intercettazioni) a 500 nel 2012 (90% intercettazioni) malgrado il fatto che Hamas usi missili più letali.
La conseguenza strategica è che l’attuale strategia del terrore di Hamas ed Hezbollah, basata su missili, è stata resa sia inefficace tecnicamente che insostenibile economicamente. Ritengo che attualmente l’uccisione di un singolo israeliano costi ad Hamas (e quindi al suo sostenitore iraniano) circa 5 milioni di dollari (500 missili a $ 10.000 l’uno). Quando l’Iron Dome raggiungerà un tasso di intercettazione del 95% questo numero raddoppierà e ad un tasso del 97,5% raddoppierà ancora a 20 milioni di dollari.
Contrariamente ad alcune opinioni, i terroristi non potranno portare Israele al punto di rottura sparando milioni di missili, perché il costo reale di loro missili eccede il costo marginale dell’intercettore israeliano. Inoltre, molti missili non vanno assegno e l’Iron Dome semplicemente li ignora (a costo zero). In effetti questa strategia porterà l’Iran ad un punto di rottura molto più velocemente di quanto non sia stata portata l’Unione Sovietica alla stessa situazione dalle “guerre stellari” e dalla difesa missilistica del presidente Reagan.
Questo è devastante non soltanto per la strategia del terrore di Hamas e degli Hezbollah, ma anche per le dottrine militari dei nemici di Israele come l’Iran e la Siria, che hanno investito pesantemente in missili e razzi per compensare la loro debolezza in campo aereonautico.
L’Iron Dome è già efficiente al 90% contro molti dei missili a medio raggio siriani mentre il sistema di difesa missilistico israeliano Arrow 2 è ugualmente efficace contro i missili iraniani a lungo raggio. Le ulteriori componenti dell’ombrello difensivo antimissile multistrato israeliano, David Sling e Arrow 3, diverranno operativi nel 2013/14 e seguiranno lo stesso percorso di miglioramenti tecnologici dell’Iron Dome. Come risultato l’arsenale missilistico dei nemici continuerà a declinare in efficacia a tassi esponenziali mentre il tasso di intercettazione del sistema missilistico israeliano migliorerà.
Iran, Siria e i loro satelliti terroristici stanno combattendo una battaglia persa con il progresso tecnologico a ritmo esponenziale in un campo nel quale Israele è il leader mondiale.
L’Iron Dome quindi cambia le regole del gioco ed annuncia la fine dei razzi e dei missili usati da coloro che sono meno avanzati tecnologicamente. In un certo senso, proprio come l’organizzazione nella quale io lavoro combatte il terrorismo con  richieste legali ai terroristi di risarcimento danni, una dopo l’altra, così l’Iron Dome avanza costantemente, intercettazione per intercettazione.


Akiva Hamilton lavora come avvocato per Shurat haDin, organizzazione per i diritti civili e leader mondiale nella lotta al terrorismo attraverso citazioni per danni in giudizi civili.
(Traduzione di David Pacifici)

Dedicato soprattutto a chi è convinto che siccome gli israeliani muoiono meno dei palestinesi (ach, questi ebrei dalla dura cervice che non ne vogliono sapere di lasciarsi macellare…), ciò dimostra che i palestinesi sono buoni e gli israeliani sono cattivi  (quelle famose risposte sproporzionate, you know).

Preghiera per i soldati d’Israele

barbara