PACE

Così lo ha definito il signor Leoluca Orlando (quello che a suo tempo aveva accusato il giudice Giovanni Falcone di tenere dei dossier nascosti nei cassetti. Poi Falcone è morto e Orlando no: chissà se vorrà dire qualcosa): “prigioniero politico” e uno che “rappresenta la volontà di pace in Medio Oriente” nel concedergli la cittadinanza onoraria di Palermo (e meno male che i miei antenati siculi erano di Catania: anche se sono lontani di secoli, la cosa mi inquieterebbe ugualmente, se fossero stati palermitani). Ma ricordiamo le sue parole esatte: “È con grande onore che accogliamo Marwan Barghouti tra i cittadini palermitani – ha detto Orlando -. Prigioniero politico da dodici anni (proprio oggi è l’anniversario del suo arresto), Barghouti rappresenta la volontà di pace in Medio Oriente, e anche chi non condivide questo nostro atto in futuro ricorderà come anche gesti piccoli come quello di oggi saranno serviti per ridare pace a quella terra” (la Repubblica, 15 aprile 2014). Non si preoccupi, signor sindaco, ce ne ricorderemo sicuramente. Ricorderemo come, grazie a Lei, la patria della mafia assassina abbia onorato il capo del terrorismo assassino (qui, insieme ad altre notizie e considerazioni importanti, qualche ragguaglio sulle opere per la pace del campione della volontà di pace), uniti in una ideale – ma forse anche operativa? – fratellanza. Ricorderemo come abbia vergognosamente insultato i prigionieri politici (blogger in Iran, dissidenti in Cina, giornalisti in Turchia) accostando loro un terrorista assassino dalle mani grondanti di sangue. Ricorderemo come abbia chiamato il terrorismo col nome di pace. Ricorderemo tutto questo, ne stia sicuro. Così come ricorderemo la sua adesione alla campagna per rimettere questo assassino in condizione di tornare a uccidere civili innocenti, unendosi a esseri immondi nutriti unicamente di odio quali Luisa Morgantini, Egidia Beretta, Moni Ovadia, Gino Strada. Ricorderemo tutto, stia tranquillo.

barbara

SAN CARLOS DE BARILOCHE

Nella prima parte del power point potete ammirare alcune immagini del paradiso che si è scelto come luogo d’esilio l’uomo che condannava gli altri all’inferno.
Rio_Negro_Argentina
Poi se avete tanto stomaco, ma proprio tanto tanto tanto, andate a leggervi questa intervista che lui ha chiesto di pubblicare dopo la sua morte, intendendola come “testamento umano (sic!) e politico” (grazie a lui per la segnalazione).

barbara

PROPONGO UNA RACCOLTA DI FIRME

E se non basta, anche uno sciopero della fame contro il disumano trattamento di un povero prigioniero.

Breivik protesta in cella: «Caffè sempre freddo»

OSLO – In una lettera di 27 pagine indirizzata alla direzione del carcere, Anders Behring Breivik si è lamentato per le condizioni «disumane» della sua detenzione: caffè servito freddo in un thermos, poco burro da spalmare sul pane, censura della corrispondenza. «Dubito fortemente che esista un luogo di detenzione peggiore in Norvegia», denuncia l’estremista di destra che nel luglio del 2011 uccise 77 persone a Oslo e sull’isola di Utoya, in maggioranza adolescenti, inseguiti e freddati da distanza ravvicinata.
Il giornale norvegese Verdens Gang ha rivelato il contenuto della lettera, che la direzione della prigione non ha voluto commentare. Breivik, 33 anni, è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Ila, vicino a Oslo, dov’è sottoposto a un regime di isolamento quasi totale in seguito alla condanna a 21 anni. La cella in cui è rinchiuso, si lamenta Breivik, non ha alcun tipo di arredo, né panorama; le manette, che gli vengono messe ai polsi per ogni spostamento, «sono vissute come una ferita mentale» e «provocano con la loro frizione dolorose abrasioni ai polsi».
L’estremista si lamenta tra l’altro delle ripetute perquisizioni dei tre ambienti della sua cella e di quelle corporali, che lo costringono a svestirsi completamente, e protesta perché non ha disposizione il telecomando per cambiare i canali della televisione. L’autenticità dei contenuti della lettera è stata confermata dall’avvocato di Breivik, Tord Jordet.  ©RIPRODUZIONE RISERVATA (qui)

Capite la tragedia? Costretto a vivere in TRE ambienti, peggio di un pollo in una stia! Altro che Asinara, altro che Guantanamo, altro che Siberia! Questa sì che è perversione, crudeltà mentale, barbarie allo stato puro. E gli misurano pure il burro, come se non bastasse: davvero, la mente si rifiuta di capire. Dico sul serio, ragazzi, qui bisogna fare qualcosa.

(E della meravigliosa riscossa israeliana no, per ora non parlo. In compenso vi spedisco a leggere questo e questo).

barbara

E ORA

E ora che si sa la verità. Che è chiaro che dietro a quel casco nero e a quella motocicletta maledetta si nascondeva un ennesimo musulmano, la moralità del mondo mediatico si svegli. Si scuota dal proprio torpore, paura, ansia politically correct, di dare contro apertamente alla cultura, alla ricerca spasmodica della morte, dell’islam. Non è un mondo intero da condannare, da denunciare. È un mondo educativo da scoperchiare. Una civiltà che educa i propri figli all’amore per la morte degli infedeli, alla ricerca assoluta del male altrui, alla sete di sangue, al paradiso attraverso l’uccisione degli infedeli. Trovino il coraggio quei giornali, quei giornalisti, che hanno urlato a caratteri cubitali il sospetto neonazista per la strage di Tolosa, di diffondere  la verità. Che dietro all’ennesima strage sta l’ennesimo musulmano. Che analizzando statisticamente gli attentati nel mondo e i loro fautori e mandanti, la matrice comune ha sempre lo stesso nome. Estremismo islamico. Non sono cellule impazzite, sono persone imbottite. Di ideali contrari alla vita, alla democrazia, alla tolleranza. Colme di tritolo, di razzi, di mitragliatrici, fornite da chi vuole uccidere l’Occidente e i suoi valori. Il mondo mediatico ha di fronte a sé un’unica via di scampo. Ritornare allo scopo primario di ogni giornalista, raccontando la verità assoluta, senza schermi, parafrasi e finte tolleranze. Speriamo in un articolo in prima pagina, centrale, con tanto di foto e di didascalie ben chiare. Che racconti chi è, da chi è indottrinato e finanziato l’assassino di tre bambini e innocenti e di un padre la cui unica gravissima colpa è l’essere ebrei. Senza titoli giustificativi (voleva vendicare i bambini palestinesi uccisi. Ma sanno i giornalisti cosa succede in Palestina e Israele prima di dare per veritiera la campagna mediatica palestinese diretta da Hamas movimento terroristico al comando?) Speriamo fermamente in una verità pulita da fronzoli ingannatori (che definiscono il terrorista un salafita, una cellula impazzita). O sarà la fine della  libertà di parola e di stampa. Imbrigliata nella paura di parlare e denunciare assassini sparsi in tutto il mondo pronti a scagliarsi contro tutto ciò in cui una volta in Europa, in Italia,  si credeva davvero. 
Gheula Canarutto Nemni

Sicuramente tutti i giornali pubblicheranno al più presto questa lettera, ma in attesa dei tempi tecnici per la messa in stampa, intanto provvedo io.

E questa è la faccia dell’assassino.

barbara