CINISMO SENZA FINE

Lettera scritta il 13 novembre, giorno della morte di Indi, dal giudice Peel, quello che ha ordinato di staccare la spina alla piccola, in risposta al console italiano Corradini, il giudice tutelare di Indi da parte italiana, che quattro giorni prima gli aveva richiesto cedergli la giurisdizione sul caso ai sensi dell’articolo 9 della Convenzione dell’Aja del 1996.

“Caro signor Corradini, grazie per la sua lettera del 9 novembre in cui, in base all’articolo 9 della Convenzione dell’Aja del 1996, richiede di essere autorizzato a esercitare la giurisdizione allo scopo di fare i passi necessari per trasferire Indi Gregory in Italia. Avrà certamente sentito che molto tristemente Indi Gregory è morta domenica notte, prime ore di lunedì. Il mio pensiero va alla sua famiglia. Date le circostanze, presumo che lei non desideri procedere con la sua richiesta di cui all’articolo 9. In attesa di sue notizie, cordiali saluti”. (Qui)

Cazzo, mai che capiti uno di hamas a tiro quando ce ne sarebbe bisogno

barbara

AMBÈ DAI, DOPOTUTTO È UN BRAVO RAGAZZO

Sofia Castelli, il piano criminale dell’ex fidanzato: si è nascosto in casa e ha aspettato che lei si addormentasse

Cologno Monzese, l’omicidio in corso Roma. La Procura pronta a contestare la premeditazione. Zakaria Atqaoui pensava di trovare un altro uomo nell’appartamento. Sparito il cellulare del giovane italomarocchino

Milano, 30 luglio 2023 –  Le indagini sull’omicidio di Sofia Castelli, coordinate dalla pm della Procura di Monza Emma Gambardella, sembrano andare verso una molto probabile contestazione della premeditazione. Con due aspetti cardine, in questa direzione: la questione del mazzo di chiavi di casa sottratto nella giornata precedente al delitto, da parte dell’ex compagno Zakaria Atqaoui, e per il fatto che non ci sarebbe stato alcun litigio prima della scarica di fendenti, tanto che l’amica in casa non ha sentito nulla di quanto accaduto.
Il 23enne, accecato da gelosia e estremo desiderio di possesso, ma all’apparenza freddo e lucido, era certo di coglierla in flagrante con un altro uomo. Tanto che si è appostato dentro l’abitazione di corso Roma a Cologno Monzese, pronto a tutto. Nonostante Sofia sia arrivata con una amica, dopo la serata in discoteca, avrebbe atteso che si addormentassero, per concludere drammaticamente il suo piano criminale [e dunque, visto che NON c’era un altro uomo ma lui l’ha ammazzata lo stesso, la gelosia non ha niente a che fare col delitto ma unicamente la volontà di punire la donna che si era permessa di lasciarlo, quindi per favore piantatela di scrivere fregnacce].
L’autopsia che si terrà in questi giorni sarà utile, integrando le informazioni a disposizione in questo momento, per capire se Sofia possa aver avuto una reazione e modo di difendersi. Dai primi riscontri parrebbe di no: come raccontato dallo stesso killer, l’ha uccisa durante il sonno e la ragazza avrebbe avuto modo solo di lievi sussulti, prima di morire.
Restano da sciogliere i dubbi anche sull’arma del delitto: un coltello, è chiaro, ma rimane da accertare se lo abbia preso nella cucina di Sofia, come ha dichiarato inizialmente, o se lo avesse portato con sé (non è ancora escluso).
E’ caccia anche al cellulare del giovane di origine marocchina. Sparito nel nulla. Quello di Sofia è stato invece sequestrato e sarà analizzato in questi giorni: tabulati telefonici, foto, messaggi, alla ricerca di ulteriori dettagli su una storia, l’ennesima, nata nel segno dell’amore e affogata nel sangue di una ragazza innocente.
Gli inquirenti stanno ricostruendo le ore fra il rientro della giovane studentessa e l’arrivo del killer reo confesso nella caserma dei vigili. L’avvocato: “Da lui piena collaborazione” [vedi che è vero che in fondo è un bravo ragazzo. Avrebbe potuto dire “Mi te disi propi un bel nient! Hai capito, faccia de merda?” E invece no, collabora, lui. Collabora addirittura PIENAMENTE, roba da non credere].

[…] “Un giovane ragazzo molto provato”, è come il suo avvocato di fiducia, Marie Louise Mozzarini, ha descritto Atqaoui [povero caro, speriamo che non lo mettano in galera, con tutto quello che ha già passato. Io, anzi, quasi quasi non gli darei neanche i domiciliari, non sia mai che si avvilisca e mi vada in depressione] che, ha precisato, “ha risposto alle domande del magistrato [No! Addirittura?!] ed è stato molto collaborativo” [praticamente un angelo. Un santo. Da piantargli un albero nel Giardino dei Giusti]. La convalida del fermo è attesa per domani, lunedì 31 luglio. (Qui)

Che poi, oltre a tutto il resto, d’accordo che Lombroso non è di moda, ma uno con una faccia così

Ti metti con uno con una faccia così? Lo guardi in faccia e dici ok, mi metto insieme con questo qui? Ma glieli hai guardati gli occhi? A me viene un brivido lungo la schiena già a guardarli in fotografia, gli guardi gli occhi e gli vedi il coltello in mano. E in più arabo. E in più anche musulmano. Io davvero non so.

barbara

PACE

Così lo ha definito il signor Leoluca Orlando (quello che a suo tempo aveva accusato il giudice Giovanni Falcone di tenere dei dossier nascosti nei cassetti. Poi Falcone è morto e Orlando no: chissà se vorrà dire qualcosa): “prigioniero politico” e uno che “rappresenta la volontà di pace in Medio Oriente” nel concedergli la cittadinanza onoraria di Palermo (e meno male che i miei antenati siculi erano di Catania: anche se sono lontani di secoli, la cosa mi inquieterebbe ugualmente, se fossero stati palermitani). Ma ricordiamo le sue parole esatte: “È con grande onore che accogliamo Marwan Barghouti tra i cittadini palermitani – ha detto Orlando -. Prigioniero politico da dodici anni (proprio oggi è l’anniversario del suo arresto), Barghouti rappresenta la volontà di pace in Medio Oriente, e anche chi non condivide questo nostro atto in futuro ricorderà come anche gesti piccoli come quello di oggi saranno serviti per ridare pace a quella terra” (la Repubblica, 15 aprile 2014). Non si preoccupi, signor sindaco, ce ne ricorderemo sicuramente. Ricorderemo come, grazie a Lei, la patria della mafia assassina abbia onorato il capo del terrorismo assassino (qui, insieme ad altre notizie e considerazioni importanti, qualche ragguaglio sulle opere per la pace del campione della volontà di pace), uniti in una ideale – ma forse anche operativa? – fratellanza. Ricorderemo come abbia vergognosamente insultato i prigionieri politici (blogger in Iran, dissidenti in Cina, giornalisti in Turchia) accostando loro un terrorista assassino dalle mani grondanti di sangue. Ricorderemo come abbia chiamato il terrorismo col nome di pace. Ricorderemo tutto questo, ne stia sicuro. Così come ricorderemo la sua adesione alla campagna per rimettere questo assassino in condizione di tornare a uccidere civili innocenti, unendosi a esseri immondi nutriti unicamente di odio quali Luisa Morgantini, Egidia Beretta, Moni Ovadia, Gino Strada. Ricorderemo tutto, stia tranquillo.

barbara

SAN CARLOS DE BARILOCHE

Nella prima parte del power point potete ammirare alcune immagini del paradiso che si è scelto come luogo d’esilio l’uomo che condannava gli altri all’inferno.
Rio_Negro_Argentina
Poi se avete tanto stomaco, ma proprio tanto tanto tanto, andate a leggervi questa intervista che lui ha chiesto di pubblicare dopo la sua morte, intendendola come “testamento umano (sic!) e politico” (grazie a lui per la segnalazione).

barbara

PROPONGO UNA RACCOLTA DI FIRME

E se non basta, anche uno sciopero della fame contro il disumano trattamento di un povero prigioniero.

Breivik protesta in cella: «Caffè sempre freddo»

OSLO – In una lettera di 27 pagine indirizzata alla direzione del carcere, Anders Behring Breivik si è lamentato per le condizioni «disumane» della sua detenzione: caffè servito freddo in un thermos, poco burro da spalmare sul pane, censura della corrispondenza. «Dubito fortemente che esista un luogo di detenzione peggiore in Norvegia», denuncia l’estremista di destra che nel luglio del 2011 uccise 77 persone a Oslo e sull’isola di Utoya, in maggioranza adolescenti, inseguiti e freddati da distanza ravvicinata.
Il giornale norvegese Verdens Gang ha rivelato il contenuto della lettera, che la direzione della prigione non ha voluto commentare. Breivik, 33 anni, è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Ila, vicino a Oslo, dov’è sottoposto a un regime di isolamento quasi totale in seguito alla condanna a 21 anni. La cella in cui è rinchiuso, si lamenta Breivik, non ha alcun tipo di arredo, né panorama; le manette, che gli vengono messe ai polsi per ogni spostamento, «sono vissute come una ferita mentale» e «provocano con la loro frizione dolorose abrasioni ai polsi».
L’estremista si lamenta tra l’altro delle ripetute perquisizioni dei tre ambienti della sua cella e di quelle corporali, che lo costringono a svestirsi completamente, e protesta perché non ha disposizione il telecomando per cambiare i canali della televisione. L’autenticità dei contenuti della lettera è stata confermata dall’avvocato di Breivik, Tord Jordet.  ©RIPRODUZIONE RISERVATA (qui)

Capite la tragedia? Costretto a vivere in TRE ambienti, peggio di un pollo in una stia! Altro che Asinara, altro che Guantanamo, altro che Siberia! Questa sì che è perversione, crudeltà mentale, barbarie allo stato puro. E gli misurano pure il burro, come se non bastasse: davvero, la mente si rifiuta di capire. Dico sul serio, ragazzi, qui bisogna fare qualcosa.

(E della meravigliosa riscossa israeliana no, per ora non parlo. In compenso vi spedisco a leggere questo e questo).

barbara

E ORA

E ora che si sa la verità. Che è chiaro che dietro a quel casco nero e a quella motocicletta maledetta si nascondeva un ennesimo musulmano, la moralità del mondo mediatico si svegli. Si scuota dal proprio torpore, paura, ansia politically correct, di dare contro apertamente alla cultura, alla ricerca spasmodica della morte, dell’islam. Non è un mondo intero da condannare, da denunciare. È un mondo educativo da scoperchiare. Una civiltà che educa i propri figli all’amore per la morte degli infedeli, alla ricerca assoluta del male altrui, alla sete di sangue, al paradiso attraverso l’uccisione degli infedeli. Trovino il coraggio quei giornali, quei giornalisti, che hanno urlato a caratteri cubitali il sospetto neonazista per la strage di Tolosa, di diffondere  la verità. Che dietro all’ennesima strage sta l’ennesimo musulmano. Che analizzando statisticamente gli attentati nel mondo e i loro fautori e mandanti, la matrice comune ha sempre lo stesso nome. Estremismo islamico. Non sono cellule impazzite, sono persone imbottite. Di ideali contrari alla vita, alla democrazia, alla tolleranza. Colme di tritolo, di razzi, di mitragliatrici, fornite da chi vuole uccidere l’Occidente e i suoi valori. Il mondo mediatico ha di fronte a sé un’unica via di scampo. Ritornare allo scopo primario di ogni giornalista, raccontando la verità assoluta, senza schermi, parafrasi e finte tolleranze. Speriamo in un articolo in prima pagina, centrale, con tanto di foto e di didascalie ben chiare. Che racconti chi è, da chi è indottrinato e finanziato l’assassino di tre bambini e innocenti e di un padre la cui unica gravissima colpa è l’essere ebrei. Senza titoli giustificativi (voleva vendicare i bambini palestinesi uccisi. Ma sanno i giornalisti cosa succede in Palestina e Israele prima di dare per veritiera la campagna mediatica palestinese diretta da Hamas movimento terroristico al comando?) Speriamo fermamente in una verità pulita da fronzoli ingannatori (che definiscono il terrorista un salafita, una cellula impazzita). O sarà la fine della  libertà di parola e di stampa. Imbrigliata nella paura di parlare e denunciare assassini sparsi in tutto il mondo pronti a scagliarsi contro tutto ciò in cui una volta in Europa, in Italia,  si credeva davvero. 
Gheula Canarutto Nemni

Sicuramente tutti i giornali pubblicheranno al più presto questa lettera, ma in attesa dei tempi tecnici per la messa in stampa, intanto provvedo io.

E questa è la faccia dell’assassino.

barbara