ANCORA UN PO’ DI SIMONE SOMEKH

Perché merita davvero di essere conosciuto un po’ di più. Inizio con un video che dovrebbe essere tragico per la colossale ignoranza che evidenzia, ma lui – con notevoli doti di attore, oltre a tutto il resto – riesce a renderlo spassoso.

Qui lo vediamo e ascoltiamo in una recensione di un libro che non ho ancora letto ma che, avendone letto altre recensioni molto positive, leggerò sicuramente. Aggiungo: parole sante quelle sulle frasi. Già da qualche anno è invalsa la moda – non saprei come altro chiamarla – dei testi costituiti da soggetto verbo complemento punto, soggetto verbo complemento punto. Io non riesco a leggerli, alla seconda, massimo terza frase sono costretta a fermarmi. Magari il contenuto potrebbe anche essere interessante, ma la forma mi impedisce di raggiungerlo.

Col terzo, infine, ci mostra un pezzetto del suo mondo.

Se poi il personaggio vi incuriosisce e volete saperne di più, andate sul suo canale youtube e potrete sbizzarrirvi.

barbara

GRANDANGOLO

Ho conosciuto virtualmente Simone Somekh alcuni anni fa. Era un ragazzino di liceo, ma il genio si vedeva già tutto. Aveva un blog molto bello, e molto variegato, con riflessioni, racconti, foto delle sue variopinte creazioni culinarie (ed è stato lì che ho scoperto il suo unico ma gigantesco difetto: non gli piace l’aglio!), e scriveva articoli per varie testate: scriveva di musica, di moda, di attualità e tanto altro ancora. Poi quattro anni fa ho avuto il piacere di incontrarlo anche di persona, a Gerusalemme: all’epoca viveva a Tel Aviv dove studiava, scriveva articoli, lavorava in una radio. È stato un incontro molto bello, con un ragazzo intelligente, aperto, profondo, e dolcissimo. Adesso, a ventun anni, vive a New York, lavora, scrive articoli soprattutto in inglese, e ha pubblicato il suo primo romanzo; non l’ho ancora letto, ma sapendo come scrive sono sicura che varrà la pena di leggerlo. È una storia – credo in parte autobiografica – di crescita, di ribellione all’ambiente dell’ortodossia ebraica in cui è nato e cresciuto, di ricerca dei propri valori e delle proprie regole. Credo siano emblematiche queste parole che il protagonista rivolge alla madre:

Vi siete preoccupati così tanto di far combaciare tutti i pezzi che avete perso di vista quelli più importanti. Volevate una comunità e vi siete lasciati scappare la famiglia. Volevate Dio e vi siete dimenticati degli uomini. A volte penso che abbiate guardato alla realtà attraverso un grandangolo: pur di allargare gli orizzonti, avete permesso che la vista degli oggetti in primo piano venisse deformata.

E questo è lui, Simone, che ve lo racconta:

Adesso corro a prendermelo su Amazon, e guai a voi se non mi imitate.

Simone Somekh, Grandangolo, Giuntina

barbara

MOLTO FORTE, INCREDIBILMENTE VICINO

Quando ho letto il suo primo libro, Ogni cosa è illuminata, non ho gridato al capolavoro. Libro indubbiamente pregevole, soprattutto per l’esilarante inglese maccheronico della guida-interprete, che traduce letteralmente, parola per parola, dall’ucraino (e magistralmente reso dal traduttore italiano Massimo Bocchiola), come il “ogni cosa è illuminata, che dà il titolo al libro, e che significa semplicemente “tutto chiaro”. Carino, simpatico, ma niente di eccezionale, a mio avviso. Quest’altro invece sì che lo è, eccezionale (e verrebbe da pensare che abbia anche preso qualche lezione dalla moglie), in questa storia che ruota intorno all’11 settembre e a una chiave. E poi anche al telefono. O meglio, a un telefono, ossia a quel telefono, per la precisione. E il bambino che batte sistematicamente tutta New York in cerca di un indizio e forse anche di un perdono. E la mamma che sembra che non c’entri ma poi invece forse sì che c’entra. E lettere, tante tante lettere, e fogli bianchi, e Dresda e Hiroshima e i campi di sterminio e il sesto distretto e un figlio che doveva nascere e non è nato e un figlio che non doveva nascere ed è nato e il nonno che non c’è ma invece c’è e la nonna che forse vede male ma forse no e la bara vuota e l’autista delle pompe funebri e il cimitero di notte… E tutto per via di un vaso azzurro che cade e va in pezzi. Sembrerebbe scritto da un uomo vissuto mille anni e passato attraverso la guerra e la fine della guerra e la gioia e il dolore e la speranza e la disperazione e l’amore e la fine dell’amore e la vita e la morte e la parola e il silenzio. Sapere che tutto questo è stato prodotto da un ragazzino di neanche trent’anni ha davvero del miracoloso.

Jonathan Safran Foer, Molto forte incredibilmente vicino, Guanda
molto forte
barbara

AMBUCYCLES

Da Gerusalemme a New York.

È così che vanno le cose: c’è chi si inventa di avere subito torti e ingiustizie e usa tali presunti torti e ingiustizie come scusa per seminare morte, e c’è chi subisce aggressioni vere, si ingegna a escogitare modi per limitare il più possibile i danni e poi offre le proprie invenzioni agli altri, per seminare vita.

barbara