LA GRAN PUTTANATA DELL’EMERGENZA CLIMATICA, PARTE QUARTA

Questo è un articolo rigorosamente tecnico, ma mi sembra che possa essere sostanzialmente seguito anche dai non addetti ai lavori, visto che io non lo sono e ci sono riuscita.
NOTA: la lettera che precede “in”, “out” eccetera non è una L bensì una I maiuscola che sta per intensità.

Effetto serra, tutti gli errori dell’Ipcc

Affinché vi sia equilibrio termico è necessario che l’intensità Iin della radiazione solare in ingresso nella Terra uguagli l’intensità Iout della radiazione da essa in uscita nello spazio: Iin= out . Della radiazione solare che giunge all’orbita terrestre, Isole , una parte – proporzionale ad un coefficiente, a, che si chiama coefficiente di albedo – viene riflessa, e una parte viene assorbita. Quest’ultima risulta essere Iin = (1 — a)Isole ∕4. In definitiva:

Iout = (1 — a)Isole ∕4

che, come si vede, dipende da due parametri: l’irradianza solare, sole , e l’albedo, a . L’effetto serra è quindi un numero, G , ed è dato dalla differenza tra la radiazione emessa dalla superficie della Terra e la parte di questa radiazione che attraversa l’atmosfera e va oltre nello spazio. Siccome la radiazione emessa dalla superficie della Terra è proporzionale [costante di proporzionalità σ = 5.67 x 10-8 watt/(secondi ∙ kelvin)] alla quarta potenza della sua temperatura (legge di Stefan-Boltzmann), allora l’effetto serra è

     G = σT4 − (1 − a)Isole ∕4    (1)

[NOTA aggiunta dall’autore nei commenti: “Nelle unità della costante di Stefan-Boltzmann c’è un refuso: K (kelvin) deve essere elevato alla potenza 4. Un attento lettore (Mario T.) me l’ha segnalato e lo ringrazio.”]

un’equazione sufficientemente generale da applicarsi a qualunque pianeta, luna o asteroide.
Per la Terra, i valori delle quantità dette sono: T = 289, a = 0.3, Isole = 1370 W∕m2, cosicché

G = 160 W∕m2

è l’effetto serra naturale, di cui 30 W∕m2 sono attribuiti alla presenza naturale della CO2. Questo effetto serra naturale fa sì che la Terra è più calda di 33 gradi: una Terra senza atmosfera sarebbe 33 gradi più fredda.
Dall’equazione (1), la variazione in effetto serra è

ΔG = 4σT3 ΔT + IsoleΔa/4  (2)

dove,  come s’usa di solito, la variazione di una quantità è stata indicata premettendo al suo simbolo la lettera greca delta maiuscola. Per chi non è familiare con la matematica accetti sulla fiducia il passaggio dalla (1) alla (2), ove si è assunto ΔIsole = 0, perché secondo l’Ipcc il valore dell’intensità della radiazione solare sull’orbita terrestre è costante. 

Inserendo i valori σ = 5.67 x 10-8W∕(s ∙ K), T  = 289 K e Isole = 1370 W∕m2, la relazione (2) diventa

  ΔG = 5.67ΔT  + 342Δa   (3)

Ora:

Secondo l’Ipcc, la variazione di effetto serra dovuto ad un raddoppio della concentrazione atmosferica della CO2 vale

ΔG = 3.7 W∕m2

Si noti che questo è un aumento del 2.3% rispetto all’effetto serra naturale. Orbene, posto che l’effetto serra naturale (G = 160 W∕m2) comporta un aumento della temperatura di 33 gradi, se l’effetto serra diventa G + 3.7 = 163.7 W∕m2, quale sarà la corrispondente variazione di temperatura?

2) Secondo l’Ipcc la corrispondente variazione di temperatura è un aumento di 3 gradi:

ΔT = 3K

3) Inoltre, sempre secondo l’Ipcc – e secondo tutti i modelli climatici –  un aumento della concentrazione atmosferica di CO2 comporta un AUMENTO dell’albedo, cioè  Δa > 0.

Ma con ΔG = 3.7  e ΔT = 3  la relazione (3) diventa (in W/m2)

3.7 = 16.4 + 342Δa (4)

che può essere soddisfatta solo se Δa = – 0.037 , cioè la variazione di albedo è negativa. Ma come detto, secondo l’Ipcc – e secondo tutti i modelli climatici – un aumento della concentrazione atmosferica di CO2 comporta un aumento dell’albedo, cioè comporta un Δa  positivo, ma in questo caso la (4) non verrebbe in nessun caso soddisfatta. Detto diversamente:

Sembra che all’Ipcc abbiano seri problemi con la fisica elementare!

Per cercare di mettere le cose a posto, all’Ipcc si sono inventati i cosiddetti meccanismi di feedack positivi. Dicono quelli dell’Ipcc: più CO2 significa più riscaldamento, ma più riscaldamento significa 1) più CO2 emessa dagli oceani, cioè più riscaldamento; 2) maggiore evaporazione d’acqua, cioè più riscaldamento (l’acqua è il principale gas-serra); 3) maggiore scioglimento dei ghiacci, cioè minore radiazione solare riflessa nello spazio, cioè più riscaldamento; 4) scioglimento del permafrost con immissione in atmosfera di metano, cioè riscaldamento (il metano è un altro gas serra).  E più riscaldamento significa: etc., etc.
Si noti che qui a innescare la reazione a valanga non è la CO2 in sé, ma il riscaldamento. Cioè, qualunque riscaldamento dovrebbe causare questa presunta reazione a valanga. Ma la cosa, come detto, è un’invenzione, perché è contraddetta dai fatti: i fatti sono che nell’ultimo mezzo milione d’anni la temperatura del pianeta ha oscillato con variazioni dell’ordine di 10 gradi attorno a temperature dell’ordine di 300 kelvin, cioè la temperatura ha oscillato con variazioni di appena il 3% intorno al suo valore medio; ma quando ci sono stati riscaldamenti naturali il pianeta ha reagito, di tutta evidenza, con feedback negativi e non con feedback positivi, altrimenti sarebbe entrato in ebollizione. Per usare le parole di Greta: non è andata in fiamme la nostra casa nel passato, e non andrà in fiamme nel futuro.
Franco Battaglia, 12 gennaio 2023, qui.

Aggiungo una citazione carina:

Giorgio Bianchi

Cuoci la pasta sul fornello, hai la macchina diesel, non consumi insetti, non hai la bandiera ucraina sul profilo… ti ammali, muori.

E un’altra dal libro di Antonio Polito “Riprendiamoci i nostri figli”:

i «negazionisti». Potremmo chiamare così coloro che […] in genere negano qualsiasi emergenza, perfino le ondate di caldo estive.

Cioè, avete capito? Se in estate capitano delle ondate di caldo, siamo di fronte a un’emergenza, un’emergenza talmente emergenziale che merita di essere accompagnata da un “perfino”: serve aggiungere altro?

barbara

UN PAIO DI COSE CHE NON CAPISCO

Perché io, a differenza di quelli che sanno esattamente quanti sono i morti e quanti i mezzi distrutti e quanti e quali gli edifici lesionati e perfino, in misura millimetrica, che cosa passa in ogni momento nella testa di Putin e che cosa vuole e perché lo vuole e come lo vuole e che cosa sogna la notte e che mano usa per farsi le seghe, per non parlare dei sublimi pensieri dell’eroe Zelensky, io, dicevo, alcune cose poco chiare le ho. Per esempio: una cosa su cui siamo sicuramente tutti d’accordo è che gli ucraini odiano i russi, per un miliardo di buone ragioni, e i russi odiano gli ucraini per quattro miliardi di buone ragioni. Ora, la cosa che non capisco è: perché gli ucraini vogliono a tutti i costi tenersi stretti quei russi che odiano e che li odiano? Perché mezzo mondo sta contribuendo, a prezzo del proprio pesantissimo impoverimento, a far sì che questi russi siano obbligati a restare attaccati agli ucraini che odiano e che li odiano? Non è curioso? Non è curiosa questa cosa? Un po’ meno curiosa però diventa se si prendono in considerazione alcuni elementi che emergono da un interessante articolo di tre anni e mezzo fa che ho trovato in rete. Articolo da prendere con le molle per certi aspetti relativi al “cosa ci sta dietro” più profondo (nuovo ordine mondiale, massoneria eccetera), ma con molti riscontri in merito al “cosa ci sta dietro” più vicino, e soprattutto con parecchi dati di fatto inconfutabili, alcuni dei quali inoppugnabilmente dimostrati da indagini successive. Secondo questo articolo, l’Ucraina non desidera affatto tenersi i russi: desidera tenersi la terra. SENZA i russi. Perché quel territorio è notevolmente ricco di gas: quello sul quale Biden junior, con l’appoggio politico del padre, sta facendo i suoi affari miliardari, e per i quali la presenza della popolazione russofona rappresenta un intralcio. Qui l’articolo.

Un’altra cosa che non capisco sono le persone che leggono sul giornale che è successo A B C e riferiscono tutti convinti: “È successo A B e C!”. Cioè, le fonti di informazione di una parte sono state oscurate (“perché mentono”), rimane unicamente la controparte, e quella la riportiamo pari pari con la certezza che quella è la verità: roba da ritardati analfabeti ubriachi. Prendiamo per esempio questa notizia:

Una donna ucraina è stata stuprata e uccisa davanti ai figli dai soldati russi. E i figli, anzi, le figlie, come la seppelliscono? Con la bandiera russa, ovvio! Un’altra cosa spettacolare avviene quando gli ucraini bombardano il Donbass

e i giornali raccontano che a bombardare sono stati i russi. Cioè, raccontano che i russi bombarderebbero la propria gente in una zona che è già in mano loro, e ancora una volta non posso fare a meno di chiedermi: ma come fa la gente a bersi simili puttanate? Sembrerebbe impossibile, eppure ci crede. Un’altra cosa fenomenale, dedicata a quelli che credono di essere informati perché leggono i giornali e guardano la televisione, è la caduta di Mariupol. Sì, Mariupol è caduta, ma i mass media evitano accuratamente di farlo sapere. E ancora una volta i russi issano la propria bandiera là dove prima regnavano i nazisti, e i vecchi liberati piangono e ringraziano

Un’altra cosa che mi pone degli interrogativi è questa (ho eliminato la prima parte, una frase di 153 parole con 22 coordinate e subordinate, in grado di bloccare la digestione).

Pasticcio a Trieste: cosa succede alla nave dell’oligarca

Il megayacht dell’oligarca russo Melnichenko, una specie di veliero-monstre da 143 metri per dodicimila tonnellate, ora ormeggiato all’Arsenale San Marco della città e sottoposto a sequestro a causa del congelamento dei beni dei cittadini russi, non può essere spostato. “E quindi?”, direte voi, “con tutti i problemi che ci sono dobbiamo ora preoccuparci del natante dell’oligarca?”.
Purtroppo sì, ed ecco perché. Il bacino dell’Arsenale dovrà essere liberato entro il 10 aprile dato che Fincantieri lo dovrà utilizzare per completare i lavori di una nave da crociera in via di consegna. Ogni giorno di ritardo sulla data prevista comporta una penale di 600mila euro.
Tuttavia, il bacino non può essere liberato perché, appunto, ospita il mega yacht che, da dopo il sequestro, è passato sotto la responsabilità dell’Agenzia del Demanio. Dunque, lo Stato italiano. Per poterlo spostare bisognerebbe accendere una polizza nuova, dal momento che quella che assicurava il veliero spaziale è venuta meno con l’applicazione delle sanzioni UE contro la Russia. La polizza deve coprire un bene del valore di oltre mezzo miliardo di euro, più annessi e connessi (cioè principalmente i dodici uomini d’equipaggio, ma quattro si sarebbero intanto volatilizzati).
Il costo dell’abnorme polizza sarebbe dunque di competenza dello Stato, in attesa che quest’ultimo possa rivalersi su Melnichenko (posto che lo possa fare in punta di diritto, aggiungiamo, cosa che è tutto meno che scontata). Il Prefetto di Trieste – riporta l’articolo – ha interpellato il Ministero dell’Economia, il quale dovrebbe acquisire il parere del Comitato di sicurezza finanziaria, prima di avviare la stipula della polizza. Il parere del Comitato dipende inoltre dall’inventario del bene e di tutto ciò che esso contiene. Operazione che non è iniziata. L’Agenzia del Demanio, nel frattempo, non si pronuncia.
Lo yacht, inoltre, dev’essere conservato in perfetto stato, in vista della sua futura restituzione. Per la sua manutenzione si è dovuto procedere allo smontaggio di un albero. Ma il cantiere navale francese costruttore dell’albero ha dichiarato che non lo rimetterà al suo posto senza una polizza assicurativa in essere.
Pur ammettendo che alla fine lo si possa spostare, pare che i moli commerciali del porto triestino non siano adatti a ospitare il mega-yacht perché non sufficientemente attrezzati affinché la chiglia dell’imbarcazione, realizzata con costosissime vernici speciali, non si rovini. Semmai ciò dovesse accadere, i costi delle riparazioni sarebbero ovviamente a carico del Demanio. A questo scopo è stata allertata la Capitaneria di Porto, che dovrà anche reperire dei grossi parabordi per proteggere lo scafo.
In sintesi: c’è da spostare rapidamente un maga-yacht sotto sequestro per far posto a una nave da crociera da terminare (altrimenti penali salate, e Fincantieri è pubblica). Ma il mega-yacht non si può spostare perché è sotto sequestro. Perciò dapprima serve che si pronuncino Ministero, Comitato sicurezza, Agenzia del Demanio affinché lo Stato italiano, cioè i contribuenti, si accolli il costo della nuova assicurazione.
Roberto Cardazzi, 29 marzo 2022, qui.

E poi:

Maria Teresa Leone

Per i 35 dipendenti di Aeroflot Italia è cominciato il procedimento di licenziamento e da febbraio, causa il blocco del conto corrente dell’azienda, non ricevono lo stipendio.
Le sanzioni contro la Russia!!

Qui la cosa che non capisco è: ma qualcuno ha mai visto un governo coglione a questo punto? Chi invece coglione di sicuro non è, è l’odiatissimo Putin, come emerge da questo articolo, che vale la pena di leggere con attenzione.

Ucraina, sicurezza, storia: cosa diceva Putin nel 2021

Nel luglio 2021 Putin scrisse un articolo che letto oggi suona come un ultimatum

Se si vogliono capire le cose, bisogna guardarle col massimo distacco possibile. Se si vuol capire non solo il perché di questa assurda guerra, ma anche come interromperla, è necessario che si comprendano le ragioni anche dell’aggressore. Il che non significa necessariamente essere con costui simpatetici né, men che meno, ritenere quelle ragioni legittime. Però, assumere la posizione – per esempio l’ho ascoltata da Emma Bonino – secondo cui: «Non importa tutti gli errori che l’Occidente e l’Ucraina possano aver commesso contro la Russia, il fatto è che ora Putin è un aggressore e ha torto», mi sembra poco fruttuoso. Soprattutto ai fini della conclusione della guerra, che sarebbe la cosa più importante.

Il disegno di Putin
Nel luglio 2021 Vladimir Putin scrisse un lungo articolo – “Sull’Unità Storica di Russi e Ucraini” – che, letto da noi inesperti col senno di poi, suona come una sorta di mano tesa/ultimatum. Forse gli esperti avrebbero dovuto saperlo leggere già allora e non ignorarlo. In quell’articolo Putin comincia col mettere innanzitutto in prospettiva storica l’Ucraina. Ci va da molto lontano ma, per i nostri scopi, basta sapere, prima della sua adesione all’Unione Sovietica (1922), la consistenza dell’Ucraina.

(Sopra: in rosso l’Ucraina prima del 1922, al momento della sua adesione all’Urss. I territori che la circondano le sono stati annessi durante il periodo sovietico. Sciolta l’Urss, le Repubbliche dell’Unione – sostiene Putin – dovrebbero mantenere gli stessi confini che avevano quando vi fecero ingresso)
Era, questa, una sorta di piccola Svizzera nel cuore dell’attuale Ucraina (colorata in rosso nella cartina in figura). Questa regione confina – è di fatto circondata – da altre quattro che seguiamo in senso orario da nord a est a sud. E precisamente: a nord v’è la Piccola Russia, una parte della quale fu conquistata da Caterina la Grande di Russia (1729-1796) e un’altra parte (comprendente Kiev) era stata comprata, ancora prima (1667), dallo Zar di Russia di allora. A est v’è il Donbass che al 1922 faceva parte della Russia. La regione a sud era stata conquistata, sempre dagli Zar di Russia, all’Impero Ottomano. Quando, nel 1922, l’Ucraina si unì all’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, Lenin fece “dono” di queste quattro regioni alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Successivamente, nel 1954, Nikita Krushev “donò” anche la Crimea.
Ora, secondo Putin, una volta che l’Urss s’è sciolta, i Paesi membri avrebbero dovuto avere gli stessi confini che avevano prima che vi entrassero. La cosa suona ragionevole; comunque nell’articolo di Putin sembra essere una rivendicazione più di principio che sentita, tanto più che son passati trent’anni.

Crimea e altre rivendicazioni
Meno di principio è la rivendicazione della Crimea perché, sostiene Putin, quella “donazione” di Krushev era illegittima già nel 1954, tanto che il Parlamento russo, nel 1992, cioè ai tempi di Boris Yeltsin, quasi all’unanimità volle riaprire quella questione di legittimità. A quanto sembra, quell’atto di Krushev avrebbe dovuto essere corroborato da una consultazione referendaria, che mai si tenne.Bisogna attendere il 2014 per assistere ad un referendum, ove oltre il 90% dei residenti votò per l’annessione della Crimea alla Federazione Russa. Secondo il governo centrale ucraino il referendum non doveva neanche tenersi ma, al di là delle questioni di legittimità, rimangono i fatti della volontà popolare, da un lato, e della illegittima donazione di Krushev nel 1954, dall’altro. Sembra quanto meno malaccorto che la comunità internazionale abbia reagito con sanzioni alla Russia anziché considerare la cosa come un caso diplomatico da risolvere a tavolino.Un’altra rivendicazione di Putin nel suo articolo è la sicurezza della Russia. Secondo Putin l’Ucraina stava perseguendo una politica che, più che ostile egli vedeva addirittura bellicosa nei confronti della Russia. A leggere oggi l’articolo di allora, sembra che il primo obiettivo di questa aggressione fosse di neutralizzare la struttura militare dell’Ucraina, a dire di Putin offensiva verso la Russia. Che l’Ucraina avesse una solida struttura militare sembra provato dalla resistenza che sta opponendo. Difficile dare un giudizio di fondatezza ai timori di Putin, ma chi dice di voler vivere in pace col proprio vicino deve anche dar conto a questi del perché e contro chi ci si sta armando.

Le responsabilità dell’Occidente
L’impressione è che tutte le azioni dell’Occidente siano state mirate alla provocazione del conflitto. A cominciare da Hillary Clinton che, in campagna elettorale per le presidenziali americane, non esitava a paragonare Putin a Hitler. Chi ci sta guadagnando? Certamente non l’Ucraina. E neanche l’Europa, che ne sta soffrendo e continuerà a soffrirne. Non la Russia, che avrà pagato il suo prezzo per ridurre inoffensivo il fronte ucraino.Di tutte, la cosa che dovrebbe preoccupare di più, e che mi sembra sia sottovalutata, è che Putin possa usare anche solo un petardo nucleare. C’è da confidare nel suo sangue freddo, che sembra avere. Non confiderei, invece, sulla saggezza dei politici occidentali, che hanno dimostrato, tutti, senza eccezione alcuna, di essere dei dilettanti, con tanto wishful thinking e pochissimo thinking. Dalle loro dichiarazioni non sembra abbiano capito Putin quando a chi gli faceva osservare che l’uso dell’atomica avrebbe potuto significare la distruzione del pianeta, lo zar rispose che «alla Russia non interessa un pianeta senza la Russia». Che qualcuno spieghi a Joe Biden, a Boris Johnson, a Ursula von der Layen e a Mario Draghi queste parole di Putin.
Franco Battaglia, 31 marzo 2022, qui.

E ritengo valga la pena di leggere queste frasi dell’ambasciatore italiano in Ucraina.

“Ho la sensazione che qualcuno voglia combattere la Russia fino all’ultimo ucraino o, addirittura, fino all’ultimo europeo”, dice Carnelos. Un allarme già lanciato da Toni Capuozzo e da altri, subito però additati come “putinisti”. Occhio però a non tirare troppo la corda: “Zelensky – conclude l’ambasciatore – sta, forse inconsapevolmente, dirigendosi verso un autodistruttivo punto di non ritorno”. (Qui)

Tornando a Putin, qualche informazione e considerazione utile qui. Nel frattempo il suo avvertimento è arrivato a scadenza: dato che tutta la valuta estera in possesso alla Russia è stata congelata, e parimenti sarebbe congelata tutta la valuta che dovesse entrare in futuro, dal primo aprile o paghiamo in rubli o chiude i rubinetti del gas (invito a leggere questo meraviglioso e lucidissimo discorso). E l’Europa, che da anni lo sta ricattando con le sanzioni per strangolare la Russia, ha la faccia da culo di gridare al ricatto. E come se non bastasse, ora la NATO ha pensato bene di andare a provocare la Russia anche in Georgia: visto che in Ucraina ancora non sono riusciti a far saltare i nervi a Putin, ora provano ad allargare il campo d’azione. Come già detto, tutta la mia speranza per la salvezza del mondo la ripongo nei nervi saldi di Putin.

Concludo con un frammento della settima sinfonia suonato da Shostakovich nel 1941.

barbara

PENSIERI E PAROLE

(perché voi di un campo di grano non ne sapete niente, e allora ve lo racconto io).
E cominciamo con l’ennesimo scandalo a corte.

“Boicottiamo la regina Elisabetta, è razzista”

Così la fondatrice di Black Lives Matter, Opal Tometi. Si occupasse di schiave nigeriane, anziché di far inginocchiare la regina 95enne che sta lì da quando Hitler bombardava Londra [e lei difendeva la civiltà dalla barbarie nazista facendo la camionista per l’esercito, a 18 anni]

La fondatrice di Black Lives Matter chiede il boicottaggio della famiglia reale dopo le accuse di razzismo alla casa reale da parte di Meghan Markle, che sostiene Black Lives Matter. La scrittrice e attivista Opal Tometi ha esortato a rivoltarsi e a cancellare la monarchia inglese perché non sosterrebbe le persone di colore.
Nessuna meraviglia. I fondatori di Black Lives Matter hanno ammesso di essere degli ideologi marxisti. Vi spiccano ex membri dei Weather Underground, un gruppo terroristico della sinistra radicale che, negli anni Sessanta, tentò di scatenare una rivoluzione comunista negli Stati Uniti. Black Lives Matter afferma di voler abolire la famiglia, la polizia, le prigioni, l’“eteronormatività” e il capitalismo. Per loro, i Windsor sono solo un altro simbolo del “suprematismo bianco”.
Tometi, nata in America da genitori nigeriani, dice di essersi ispirata per Black Lives Matter dalla storia della sua famiglia. Per servire davvero la causa della dignità, dell’antirazzismo e difendere le persone di colore potrebbe tornare a guardare a quel che accade in questi giorni in Nigeria, dove migliaia di donne e bambine vengono rapite. Sarebbe una causa ben più nobile e urgente della mascalzonata contro una regina che sta per compiere 95 anni e che sta lì da quando Hitler bombardava Londra, teneva discorsi alla radio e serviva come ausiliaria nell’esercito inglese, l’unico che tenne testa al nazismo fra le tante monarchie e paesi europei.
In alternativa, che ne diciamo di boicottare noi Black Lives Matter?
Giulio Meotti, qui.

Certo che se un’attricetta arrivista (il suo primo marito era un produttore) incontra un nazistoide,

non è molto facile che ne esca qualcosa di buono. Però guardate come piange poverina, incurante del trucco che si scioglie e cola giù da tutte le parti!

E a proposito di Black Lives Matter

Lorenzo Capellini Mion

Tampa, FLA

L’agente Jesse Madsen, che nella sua vita dedicata alla Nazione ha prestato servizio nel Corpo dei Marines, decorato in combattimento, e nella Guardia Nazionale della Florida oltre che in altre tre unità di polizia prima di raggiungere il dipartimento di polizia di Tampa, martedì mattina è morto gettandosi intenzionalmente sulla traiettoria di un veicolo fuori controllo, alla cui guida c’era un ragazzo alterato da droghe, per proteggere l’incolumità di altri automobilisti.
Nella sua onorata carriera Madsen aveva già vinto sette premi per aver salvato vite di persone di ogni etnia e colore.
Per me il giornale unico si guadagnerà un minimo di credibilità solo quando, oltre ad inginocchiarsi per dei criminali, si occuperà anche di storie come quelle dell’agente Jesse Madsen che lascia una moglie e tre figli, di 16, 12 e 10 anni.
Ora e per sempre: Blue Lives Matter

Ma queste cose è difficile che facciano notizia. Un po’ come per i palestinesi: se non sei terrorista e se non ti ammazza un israeliano vali meno di zero, e nessun giornale ti dedicherà mezza riga. A proposito: se a causa delle criminali politiche del nostro governo vi ritrovate con l’attività chiusa, zero entrate e una famiglia, oltre a voi stessi, da mantenere, e siete disperati e non sapete dove sbattere la testa, vi posso dare un buon suggerimento: andate in Israele e fate fuori un po’ di ebrei. E se avete tanti figli da mantenere, cercate di ammazzarne tanti:

Restando in America, vi ricordate quel detto secondo cui “Tu sai cento parole, il padrone ne sa mille: per questo il padrone è lui”? Ebbene sì, sapere tante parole è straordinariamente utile in politica:

E sempre a proposito di parole

Passiamo ora al nuovo proibizionismo.

Roma. Il clima è quello in cui il più celebre fumettista americano, Theodor Geisel, “Dr. Seuss”, scomparso nel 1991 e che ha venduto 650 milioni di copie di libri per l’infanzia, fra cui “Il Grinch”, è diventato infrequentabile. Sei libri del Dr. Seuss non verranno più stampati a causa di “immagini razziste” e sono stati ritirati dalle scuole della Virginia, dal portale di vendite eBay e dalla Chicago Public Library. Appena sei anni fa, Michelle Obama aveva portato uno dei libri del Dr. Seuss alla Casa Bianca, “The cat in the hat”. Oggi l”`Iliade”, “Le avventure di Huckleberry Finn”, “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee e “Uomini e topi” di John Steinbeck vengono ritirati da molte scuole, mentre “Tintin in Congo” di Hergé, scrive il New York Times, “è diventato praticamente introvabile negli Stati Uniti”. Allo stesso modo i libri di Richard Scarry, il prolifico autore e illustratore di libri per bambini che ha venduto 160 milioni di copie, sono stati “rivisti” per riflettere l’uguaglianza di genere. Così un orso poliziotto è diventato un orso femmina e una gatta che spinge un passeggino è diventata un gatto. Nel 2018 e nel 2019, la Toronto Public Library ha ricevuto numerose richieste di rimozione di libri. Come “Good Dog Carl and the Baby Elephant”, perché in esso “i bambini piccoli vengono lasciati incustoditi in uno zoo e interagiscono con animali selvatici, concetti obsoleti”. Volevano che il libro fosse rimosso dalla collezione dei bambini e che la biblioteca “distruggesse tutte le copie”. Racconta il National Post che “Peter Pan è stato rimosso dalla Toronto Public Library”. Il libro di J. M. Barrie è stato collocato in una sala speciale di lettura di titoli controversi, accusato di contenere “molti stereotipi grotteschi, scene di appropriazione culturale e dialoghi offensivi”. In Unione Sovietica avevano le “spezkhran”, i fondi speciali delle biblioteche. Libri con il timbro “per uso di servizio”. Lo slogan era: “Meglio vigilare troppo che poco”. Alla biblioteca di Leningrado, ogni libro aveva una, due o tre stellette a seconda del “rischio” che rappresentava. C’erano i romanzi di Balzac, George Sand, Emile Zola e Ibsen, perché “quasi tutti i personaggi dei suoi drammi danno vita a una dura protesta contro la struttura sociale”. Qualche giorno fa, sul New York Times, Pierre Nora, che in Francia ha diretto il Débat, ha attaccato così la cancel culture: “Alcuni di noi sono abbastanza vecchi da avere echi in testa di Goebbels che disse: `Quando sento la parola `cultura’, metto mano alla pistola”.
Giulio Meotti, qui.

E contro il proibizionismo ci resta un’unica difesa: il contrabbando:

E veniamo alla peste, che più che i polmoni dei pazienti sembrerebbe devastare i cervelli di chi governa e decide.

Stefano Burbi

Mi ha appena telefonato un mio amico fraterno che mi ha raccontato un episodio molto sintomatico dei tempi bizzarri che stiamo vivendo.
Ieri, a Verona, si è recato in un albergo dove alloggiava un suo amico per incontrarlo nella hall: è entrato, munito di mascherina ormai di ordinanza, si è sottoposto al rito della misurazione della febbre, superando brillantemente il test. Poi ha trovato ad attenderlo l’amico: i due si sono salutati e stavano per accomodarsi sul divano della sala per poter parlare, quando l’addetta alla reception, sia pure con modi cortesi, li ha invitati ad uscire dall’edificio, in quanto le disposizioni anticovid per la zona arancione, impedivano che un ospite si trattenesse all’interno dell’hotel con una persona proveniente dall’esterno.
I due, sorpresi, si sono dovuti adeguare, ma prima di andarsene, il mio amico ha chiesto: “Ma se io prendessi adesso una stanza in questo hotel, potrei restare? Non ci sarebbe più pericolo di Covid?’”
La ragazza, visibilmente imbarazzata, ha annuito.
Dal bizzarro mondo dell’anno uno d. C. (dopo Covid) è tutto.
E scommetto che ci sarà qualcuno che troverà queste regole perfino sensate…
Stefano Burbi

Certo, perché la prudenza non è mai troppa e la cosa migliore da fare è obbedire

anzi, come dice il motto, “Usi obbedir tacendo e tacendo morir”.

Purtroppo però, se il virus devasta il cervello dei governanti ed “esperti”, le scelte di questi ultimi devastano la vita, la salute e la psiche dei sudditi sani:

Boom di risse tra giovani a Parigi: il lockdown porta il disagio anche nei quartieri chic

L’esplosione della violenza tra i più giovani è legata, secondo molti esperti, all’effetto combinato delle restrizioni e del quasi azzeramento della vita sociale sotto pandemia. In Francia il coprifuoco è in vigore da ormai cinque mesi, situazione inedita dalla fine della seconda guerra mondiale. Appello del governo per trovare soluzioni

Soluzioni? Usare aeroplani militari per irrorare le città con sedativi nebulizzati, o smetterla con i lockdown. (qui)

Se poi guardiamo in questo grafico l’andamento della mortalità in cinque Paesi, di cui quattro con segregazione e uno no…

qui

E non si venga a parlare di diversa densità di popolazione: Stoccolma ha una densità maggiore di quella di Milano!

Ma forse la colpa in realtà non è del governo, bensì

Concludo con due note positive: una è che se alle prossime elezioni (2022, 2032, 2042, quello che sarà, ma insomma prima o poi dovranno pure arrivare, no?) voteremo tutti in massa Giorgia Meloni, succederà una cosa bellissima

L’altra è che il giudice di Berlino ha nominato un suo rappresentante a Reggio Emilia

Coronavirus, escono di casa con l’autocertificazione falsa. Il giudice: “Non è reato. Il Dpcm è illegittimo”

Il Tribunale di Reggio Emilia: un atto amministrativo non può limitare la libertà personale di movimento, è contrario alla Costituzione un obbligo generalizzato a restare nella propria abitazione. (qui)

E per finire, naturalmente

barbara

LAUDATO SI’ MI’ SIGNORE PER SORA NOSTRA SANTA ECOLOGIA

che rende il nostro mondo il più bello che ci sia.

L’ideologia verde ha fatto aumentare la Co2

Prima ancora che il governo si formasse avevo bollato «delusione» quello, allora in fieri, guidato da Draghi, qualunque esso sarebbe stato. Una impertinente voce fuori dal coro concorde di alte speranze levato da sinistra, da destra, dall’alto e dal basso, fondate sul solo fatto che Draghi fosse migliore di Conte. Ben poco merito: chiunque, anche uno spaventapasseri, sarebbe stato migliore di Conte! Ora che il governo s’è formato, sono spiacente di dover confermare quella valutazione. Dirò di più (ma in realtà lo avevo ipotizzato prima): il problema del governo Draghi è Draghi medesimo, che si sta rivelando, appunto, debole di carattere. Vediamo perché.

Draghi, carattere debole

Innanzitutto perché ha riconfermato Di Maio agli Esteri e Speranza alla Salute. Trovo impossibile anche solo ipotizzare che sia stata una precisa volontà di Draghi. Di Maio – non va dimenticato – è quello che pubblicamente collocava Matera nelle Puglie, faceva bagnare le coste russe dal Mar Mediterraneo, si dispiaceva per il Venezuela oppresso dalla dittatura di Pinochet, e apostrofava il nome del premier cinese col nome del tennis da tavolo. Quanto a Speranza, dico solo che era il 2 febbraio 2020 quando, ospite in tv di Fabio Fazio, rassicurava gli italiani che il virus cinese non avrebbe scalfito l’Italia: il 2 marzo i morti erano già 52, e oggi sono quasi 100 mila.
Allora, se il più sprovveduto degli uomini cui fosse stato dato l’incarico di formare un nuovo governo avrebbe innanzitutto licenziato per direttissima quei due incapaci, perché Draghi, che sprovveduto non è, ha mantenuto proprio loro? Perché è un debole di carattere. Qualcuno deve avergli fatto notare che cambiare quei due significava bollarli di incapacità; sarebbe stata, sì, la verità, ma anche una macchia dalla quale il precedente governo bisognava lasciare non toccato. E v’è una sola persona in tutta l’Italia che ha il movente per non imbarazzare il precedente governo: quello che lo aveva fortemente voluto. Ecco perché Draghi conferma vieppiù il mio primitivo giudizio: un uomo disposto a sopportare un’ingerenza così inopportuna, appare un uomo debole di carattere.

Ministero ideologico e Gretino

Un’ulteriore conferma di questa debolezza è l’istituzione del Ministero per la Transizione Ecologica. Tutti i commentatori hanno presentato Draghi come l’uomo che, pur ponendo la questione ambientale al centro dell’azione di governo, sicuramente sarebbe stato scevro dalle ideologie e dai massimalismi dei Gretini. Nessuno però ha notato che il nome stesso del nuovo ministero è pregno di ideologia precostituita. La parola chiave è transizione.
Volendo cristianamente interpretare nel miglior modo possibile le azioni del prossimo, la presenza di quella parola presuppone che il compito del ministero sarebbe traghettare da una fase in cui lo sviluppo industriale non sarebbe attento alla questione ecologica ad una nella quale questa questione è posta al centro delle attività produttive. Si badi, qui non si tratta di punire chi ha a bella posta inquinato (per la cosa bastano i carabinieri, non un nuovo ministero). Qui si tratta di ripensare in modo diverso l’approvvigionamento energetico: cambiato quello, si ha la sospirata transizione. Non parlo giusto per parlare: il progetto mondiale, europeo, di Mattarella, è lo stesso progetto dei Gretini, e cioè azzerare le emissioni di Co2 e fantasticare di governare il clima.

Co2, il fallimento dei Verdi

A meno che non si faccia esattamente come Greta strilla di fare (con l’ecatombe che ne seguirebbe, ma pazienza), azzerare le emissioni di Co2 è pura ideologia. Basti pensare che nel 1978, quando nacquero i Verdi che, col loro Sole-che-Ride, vagheggiavano e promettevano un mondo senza nucleare e senza Co2, il contributo energetico da petrolio+carbone+gas+nucleare era l’87%. Quarant’anni dopo, e dopo che i partiti Verdi sono stati al governo di vari governi e, comunque, dopo l’affermazione dell’ambientalismo quasi come una nuova religione, nel 2018 quel contributo era ancora dell’86%. E, quanto alle emissioni di Co2 – che vari protocolli d’intesa internazionali sottoscritti dai responsabili di oltre il 60% delle emissioni mondiali vorrebbero ridurre – esse, che entro l’anno scorso avrebbero dovuto ridursi del 6% almeno rispetto a quelle del 1990, in realtà sono aumentate del 60%. Si veda la figura.

Allora, di tutta evidenza, i fatti sono una cosa, i desideri un’altra. Quando si insiste sui secondi contro ogni evidenza dai primi, quella si chiama ideologia precostituita. Che è quella di Draghi. Il quale, essendo una persona colta, non può ignorare i numeri detti sopra e l’impossibilità oggettiva di anche solo pallidamente avvicinarsi all’obiettivo fantasticato. Anche se tutto – dico tutto – il denaro del Recovery Fund (circa 200 miliardi) fosse speso per ridurre le emissioni di Co2, queste non si ridurranno per più dello 0.03%.
Abbiamo già fatto questa esperienza: negli ultimi 10 anni abbiamo già impegnato quella cifra per installare 20 gw fotovoltaici; che producono poco più di 2 gw elettrici, che sono meno del 7% dei nostri consumi elettrici. I quali contribuiscono per 1/3 alle nostre emissioni di Co2. Cosicché i 200 miliardi degli italiani spesi negli ultimi 10 anni nel solo fotovoltaico avrebbero ridotto le emissioni italiane di Co2, a essere generosi, del 3%. E quelle mondiali dello 0.03%, visto che le emissioni italiane sono l’1% delle mondiali.
Ho detto avrebbero, al condizionale. Perché la verità è che l’Italia, con la progressiva deindustrializzazione, il ricollocamento Oltralpe e Oltreoceano di attività produttive che aveva in patria, l’aumento d’acquisto di beni di consumo prodotti da altri (dalle auto agli elettrodomestici ai computer), non ha ridotto le emissioni – come cianciano alcuni sedicenti professori del Politecnico di Milano e che al Politecnico non hanno neanche una sedia dove sedersi – ma le ha aumentate: solo che emette nei cieli di Berlino o di Pechino anziché in quelli di Roma.

Per concludere, rinnovo la mia valutazione: Draghi è un uomo di governo troppo debole. Potrebbe essere perdonato se i suoi capitomboli fossero giustificati dall’obiettivo di allocarsi al Quirinale, per aspirare al quale avrebbe bisogno dei favori di questo parlamento. Così fosse, tutto tornerebbe. Devo dire che l’uomo farebbe la sua figura, lassù. E con lui anche noi italiani. Ma per questo ci vuol poco: con quel che passa il convento…
Franco Battaglia, 17 febbraio 2021, qui.

Quando nacque la figlia del re, tutte le fate furono invitate alla grande festa che si teneva a corte. Tutte, tranne una, della quale il re malauguratamente si dimenticò. Giunse dunque la fata dimenticata, che il rancore e la rabbia avevano trasformato in strega malefica, giunse nel bel mezzo dei festeggiamenti e gridò: “Per questo torto che mi avete fatto sarete tutti puniti! Nel giorno in cui la principessa compirà diciotto anni sorgerà la più micidiale arma di distruzione di massa che mai mente umana abbia potuto immaginare: l’ecologia. Quest’arma soggiogherà le menti deboli e taciterà quelle forti, e vi distruggerà”. Ciò detto se ne andò, lasciando al mondo annichilito la più perfida maledizione che mai avesse colpito l’umanità.
E adesso state a sentire questa:

Silvio Puzzolu

Giuseppe Amico
cit: M.N.

Nelle ore passate il Texas ha sperimentato blackout a causa delle cosiddette energie pulite. Una intensa ondata di freddo ha infatti causato un picco nella domanda di energia per i riscaldamenti.
Allo stesso tempo il sistema di produzione di energia eolica era compromesso per il blocco delle turbine delle pale eoliche, fermate per evitare danni causati dal vento fortissimo e dal ghiaccio. Su 25 GW di eolico installati, oltre 12 erano compromessi.
Per far fronte alla domanda si è dovuto usare i generatori a gas ma ovviamente gli operatori che gestiscono la rete sono stati colti impreparati visto che non erano previste scorte di gas sufficienti a generare sufficiente potenza di backup.
Il risultato è stato quello di generare lunghi blackout in tutto lo stato, alcuni programmati per proteggere la stabilità di rete, altri dovuti al fatto che la domanda troppo alta ha fatto saltare alcuni generatori. Il tutto mentre si registrano temperature più basse di quelle dell’Alaska. Nel frattempo il prezzo dell’energia è aumentato del 3500%.
Blackout d’estate in California in mezzo ad un’ondata di caldo, blackout d’inverno in Texas in mezzo ad un’ondata di freddo.
Questo è il vero volto della cosiddetta rivoluzione verde, la nuova crociata dei pianificatori socialisti che nonostante non siano in grado di pianificare una economia pensano di poter basare l’economia di un paese industrializzato sul vento.
L’Europa si spinge sempre più verso il baratro delle rinnovabili. Il bello è che delocalizza ogni porcheria in Cina – produzione e smaltimento – praticamente mette la polvere sotto il tappeto con ovviamente il beneplacito di Pechino.
Negli anni 70, Ayn Rand aveva previsto tutto nel libro “The New Left: The Anti-Industrial Revolution”. Venti e passa anni fa, nei sui editoriali su “Le Scienze”, Tullio Regge ci aveva avvertito sui rischi legati a questi sistemi di generazione di energia promulgati da una massa di dementi.
Almeno i comunisti sovietici pensavano di fornire energia a basso costo a tutti tramite il nucleare. I nostri dovrebbero essere arrestati.

E se fossi in voi andrei a leggere anche questo. Certo che avere messo l’Italia in mano a un gretino dopo averla lasciata per un tempo infinito in mano a un idiota la dice davvero lunga sul figlio di Bernardo.

barbara

SMONTIAMO UN PO’ DI MITI E LEGGENDE, PARTE SECONDA

Siamo fighissimi siamo bravissimi (pronti prontissimi fortunatissimi per verità) il mondo ci ammira il mondo ci invidia il mondo ci imita a tutto spiano (sole che sorgi libero e giocondo tu non vedrai nessuna cosa al mondo maggior di conte, maggior d’arcuri).

Il Worldometers.info ha aggiornato a ieri l’unico dato incontrovertibile su COVID-19 “morti per milione di abitanti” che spazza via le bufale di questi mesi. “Siamo i migliori al mondo” dicevano quelli al governo mentre i migliori di noi sapevano che sotto il Lebole ministeriale non c’era nulla. Purtroppo, i numeri non mentono, siamo undicesimi dei peggiori su 218 Paesi. Primo il Perù (1036), quindi il Belgio (962), poi Spagna (758), Brasile (744), Bolivia (742), Cile (732), Equador (711), Usa (703), Mexico (698), UK (672), Italia (627), e la reproba (lockdown esente) socialdemocratica Svezia (586). Seguono altri 206 Paesi. A bocce ferme occorrerà, mettere in parallelo a questi, i dati economici causati dal “Virus”: perdita PIL, indebitamento, etc. E allora ne vedremo delle belle. (qui)

E un commentatore annota:

condivido, anzi, faccio notare che diversi paesi davanti in classifica entrano nell’estate che, probabilmente come da noi, coinciderà con un affievolimento del covid, quindi quei paesi rallenteranno la conta dei morti e noi possiamo puntare ad entrare agilmente in top ten, forse pure top five!!

Aggiungiamo che il 6% della popolazione brasiliana vive nelle favelas: quale sarà l’incremento portato al numero dei morti dalle condizioni di vita di questi ammucchiamenti di baracche affollatissime, normalmente privi di fognature e di acqua potabile? Considerando poi che non solo da loro entra l’estate, ma da noi in più rimane il governo, direi che, anche senza favelas, sicuramente riusciremo a fare ulteriori progressi nella rincorsa alla maglia nera.
A proposito della Svezia, che non ha mai chiuso e quindi ha conservato sostanzialmente stabile l’economia, si noti, in questo grafico che indica i morti per milione di abitanti, che non sta avendo la cosiddetta seconda ondata: per la serie

La reclusione (lockdown per quelli studiati) è dolorosa ma serve

E anche questo, grazie all’amico “myollnir”, medico ospedaliero:

Sono stati resi noti i dati della mortalità generale in USA quest’anno. Trecentomila in più dell’anno scorso, stesso periodo. E parliamo solo di sei mesi. Di questi, 200mila per Covid, e sappiamo che, se va bene, quelli veri sono 150mila. Cioè:TUTTO IL RESTO ha ucciso almeno quanto il virus! Non solo: i morti in più sono in massima parte nella fascia 25-44 anni, quella quasi esente da mortalità virale: quindi forse i 300 mila morti in più sono da ascrivere quasi per intero al lockdown, mentre la maggior parte dei deceduti anziani sarebbero morti lo stesso. Dati ufficiali, del CDC. È quello che qui ci siamo detti spesso.
Ed a proposito: qui in Piemonte, dalla settimana prossima si chiude di nuovo tutto. Se sei malato, ma non di Covid, cazzi tuoi.
https://www.usnews.com/news/national-news/articles/2020-10-20/cdc-report-finds-nearly-300-000-excess-deaths-during-coronavirus-pandemic-with-jump-in-adults-aged-25-44

E lo conferma anche il dottor Giorgio Palù

Così come pure il dottor Alberto Zangrillo

A proposito invece del Brasile, da noi (cioè dai sinistri, mica da tutti noi esseri umani!) sonoramente sbeffeggiato per via di Bolsonaro che ha la spudoratezza di non essere sinistro e come se non bastasse perfino filo israeliano, guardate un po’ come ci serve di barba e capelli!

(Piccola nota personale. Non ho studiato il portoghese; se lo sento parlato da un portoghese riesco a cogliere qualche sporadica parola qua e là, parlato da un brasiliano capisco buona parte e riesco sostanzialmente a seguire un discorso, parlato da un abitante delle ex colonie africane non mi sfugge una parola)

L’emergenza covid è un dato di fatto dimostrato dalla crescita esponenziale dei “casi”; chi lo nega è un infame negazionista (e fascista salvinista (hahaha! Word mi aveva corretto in calvinista!!) sovranista populista eccetera)

Sappiamo bene che il virus non è scomparso e fa le sue vittime. Ma siamo entro la fisiologia di un male che indubbiamente c’è. Ma non è né il solo e neanche più tanto importante. Osserva il bravo Miatello: le vittime da infarto e malattie cardiovascolari sono oggi più che dieci volte superiori.  (qui)

Ed è dimostrato da tutta la gente che arriva al pronto soccorso in condizioni gravissime

Una considerazione sull’amatissima parola “casi”. Se uno legge “due casi di morbillo a Udine”, che cosa capisce? Che a Udine ci sono due persone malate di morbillo, giusto? Se io facessi il test per il morbillo risulterei positiva, perché l’ho avuto, come la maggior parte delle persone della mia generazione; fra i più giovani invece, risulterebbero positivi quasi tutti, perché sono stati vaccinati. Ebbene, a qualcuno potrebbe venire in mente di dire che in Italia ci sono 48 milioni di casi di morbillo? A qualcuno è mai venuto in mente di farlo? Alla neurodeliri lo porterebbero, uno che avesse un’idea del genere. Però per il covid i positivi si chiamano “casi”, anche se sono sani come un pesce, anche se non hanno mai fatto un colpo di tosse, anche se non sono minimamente contagiosi. CASI, a evocare lo spettro di terapie intensive affollate, pazienti intubati, morti portati a cremare altrove perché non si riusciva più a seppellirli: ecco, siete andati a ballare, siete andati a divertirvi e adesso per colpa vostra abbiamo i CASI, abbiamo i CASI che aumentano, stiamo tornando lì, per colpa vostra, all’orrore che credevamo, grazie ai sacrifici di noi cittadini virtuosi, di esserci lasciati alle spalle. E ANDATE AFFANCULO TUTTI QUANTI, VOI E I VOSTRI CASI.

Concludo con una visione consigliata a tutti quei cittadini ligi al dovere che aggrediscono, anche fisicamente (per l’occasione si può anche mandare al diavolo la pericolosità della vicinanza fisica) chiunque venga sorpreso con la mascherina abbassata se non addirittura, diocenescampieliberi, assente. E a tutti quei solerti cittadini che chiamano la polizia per avvertire che c’è uno che sta correndo nel parco. A tutti quei cittadini coscienziosi che quando dal balcone vedono una faccia sconosciuta si prodigano in interrogatori degni del KGB per verificare se non sia uno di un altro quartiere che abbia illegalmente sconfinato: BUON DIVERTIMENTO.

Post scriptum fuori tema. Io non sono mai riuscita a trovare Sean Connery affascinante, né da giovane né da maturo. Niente, zero, ormoni in coma profondo e apprezzamento estetico decisamente modesto. Come attore non so come sia perché non ho mai visto film suoi, quindi in quel campo non ho niente da dire, ma come uomo insomma proprio no.

barbara

FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE, PARTE SETTIMA E QUASI ULTIMA

Di chi è davvero la colpa dei 35 mila morti?

1. Nessuna buona azione rimane impunita. 2. Il metodo scientifico non è il solo strumento di conoscenza, però è il più potente. 3. La più grande invenzione della medicina non è la vaccinazione contro i virus, né gli antibiotici contro i batteri, né la tecnica dei trapianti, ma il metodo in doppio cieco, che altro non è che l’applicazione del metodo scientifico per decidere la bontà di una qualche pratica medica. Per esempio, se si desidera sapere se un farmaco funziona contro una malattia, si somministra il farmaco a un gruppo di malati e un placebo ad un secondo gruppo di malati, in modo che né il medico né il paziente (doppio cieco, appunto) sa chi riceve il farmaco e chi il placebo, e si vede cosa succede. Il collegamento fra queste tre affermazioni è presto detto.

Il 4 giugno, ospite di Bianca Berlinguer, l’On. Pierluigi Bersani affermava: «Se avessero governato loro [cioè il centro destra, NdR), non sarebbero bastati i cimiteri.» Un giorno di fine agosto, credo a una qualche festa dell’Unità, l’On. Nicola Zingaretti avrebbe affermato: «Noi non siamo il Paese di Bolsonaro, che ha fatto le fosse comuni nelle spiagge». Naturalmente la frase di Bersani vale tanto quanto ogni valutazione di fatti storici che cominciasse con un “se”, cioè vale nulla. Quanto a quella di Zingaretti, la verità è che a oggi, per milione d’abitanti, il Brasile ha pianto meno morti dell’Italia: Zingaretti se ne faccia una ragione. I due mammasantissima del Pd non devono essere così cretini da ignorare entrambe le cose e allora il vero messaggio che essi vorrebbero veicolare con le loro affermazioni è: «le misure del governo Pd-5s per fronteggiare la pandemia hanno salvato decine di migliaia, se non centinaia di migliaia, di vite umane». Attenzione: non semplicemente “migliaia”, perché i morti finora sono quasi 36 mila, e qualche semplice migliaio non farebbe la differenza.

Allora perché i due Cric&Croc non l’hanno detto chiaramente: «Con le misure adottate, il governo Pd-5s ha salvato decine di migliaia di vite». I cretini – che non sono pochi – ci avrebbero creduto. Ma i nostri cretini non sono e, anche se non sprizzano certo intelligenza, di furbizia ne hanno da vendere, a cominciare dalla consapevolezza della pletora di cretini tra i loro elettori, in crescita esponenziale se si aggiungono anche gli estimatori di Conte.

I due sanno benissimo che l’attuale governo, lungi dal salvare alcuno, ha la responsabilità morale dei quasi 36 mila morti reali, che pesano sulla coscienza di Conte [“coscienza” di “Conte” non è un ossimoro?] e di Speranza come macigni. E che le cose siano così sta scritto sui dati. Naturalmente mi rapporto a quelli ufficiali, i soli degni di essere considerati. Riporto cifre tonde, le uniche necessarie per valutazioni di stima. Non vogliamo, non possiamo, non dobbiamo dimenticare che alla fine di gennaio, ospite da Fabio Fazio, Speranza assicurava che l’Italia non era a rischio e che il lockdown adottato allora dalla Cina era dettato dalle multinazionali.

Cominciamo col dire che nel mondo vi sono stati 25 milioni di casi, il 4% dei quali (1 milione) sono morti. In Italia vi sono stati 273 mila casi con 36 mila morti, cioè il 13% dei casi: non è un buon inizio per il governo Conte II. Ma continuiamo. Dopo il Belgio che ha pianto 850 morti per milione d’abitanti, i Paesi europei che hanno avuto più decessi per milione d’abitanti sono stati, nell’ordine, Spagna, Regno Unito, Italia, Svezia (tutti con circa 600 morti per milione d’abitanti) e Francia (con 500 morti per milione d’abitanti). Affermare che le misure del governo italiano abbiano salvato qualcuno è un colossale azzardo, già così.

Ma v’è ben più di così. Tra i Paesi citati v’è un intruso: la Svezia. A differenza di tutti gli altri, che hanno adottato misure simili a quelle italiane, cioè lockdown indiscriminato e totale, in Svezia non v’è stato alcun lockdown e, a parte chiusura delle scuole superiori e suggerimenti di distanziamento, la vita s’è svolta normalmente. La politica è stata: ognuno sia poliziotto di sé stesso. Hanno fatto male, non perché avrebbero dovuto fare quel che abbiamo fatto noi e gli altri Paesi citati, ma perché avrebbero dovuto fare quel che neanche noi abbiamo fatto, ma altri hanno fatto, come vedremo.

In buona sostanza è come se, tra Svezia da un lato e gli altri Paesi citati dall’altro, si fosse fatto un esperimento del tipo di quelli del metodo in doppio cieco: una coorte – Spagna, Regno Unito, Italia, Francia – ha avuto la cura (lockdown indiscriminato e totale); l’altra coorte – la Svezia – ha avuto il placebo (cioè niente). L’evoluzione virale è stata la stessa nelle due coorti: tutti hanno avuto il loro primo caso positivo tra l’ultima settimana di febbraio e la prima di marzo, la curva dei decessi è, per tutti, la classica curva a campana con un massimo tra l’ultima settimana di marzo e la prima d’aprile e, per tutti, i decessi giornalieri sono ora ridotti a poche unità. Siccome entrambe le coorti hanno registrato 600 morti per milione d’abitanti, è evidente che la presunta cura non ha funzionato.

Ma cosa non ha funzionato? Per saperlo, basta notare che molti Paesi asiatici ne sono usciti, in proporzione, quasi indenni. La Sud Corea, per esempio, all’8 di marzo aveva circa 7000 casi, tanti quanti ne aveva, quel giorno, l’Italia. Ma a oggi la Sud Corea piange 300 morti, l’Italia 35 mila! Come mai? Primo perché la Sud Corea (e altri Paesi asiatici) chiudevano alla Cina già dall’8 febbraio, giorno in cui i politici del Pd lanciavano su Twitter l’hashtag #ioabbracciouncinese. Poi perché la Sud Corea effettuava 20 mila tamponi al giorno mentre il governo italiano aveva sospeso i tamponi alla fine di marzo. Infine, perché la Sud Corea ha effettuato il tracciamento dei contatti in modo capillare, con un lockdown mirato agli infetti e ai loro contatti, e non indiscriminato e totale.

La Sud Corea ha agito rapidamente sui due fronti (isolamento e tracciamento), il governo italiano (e gli altri citati, compresi Brasile e Stati Uniti) brancolava nel buio, temporeggiando, sostanzialmente chiudendo le porte della stalla dopo la fuga delle vacche.

In definitiva, la verità è che per somma inettitudine è stato il governo Pd-5s ad aver fatto morire, abbandonati e soli, migliaia di italiani, onorevoli del Pd. I politici del centrodestra sono stati sufficientemente signori e cortesi da evitare di farglielo notare. Ma, come detto all’inizio, nessuna buona azione resta impunita, e ora gli tocca sentirsi accusati di colpe che non hanno, e proprio da chi ne porta il fardello.

Franco Battaglia, 5 settembre 2020, qui.

Io lo sto dicendo da mesi, ma dato che io sono solo una pincapallina che sa fare due più due mentre lui è uno scienziato, ve lo faccio dire anche da lui. E poi ancora i soliti giochini coi numeri (6 settembre su La Repubblica)

Nuovo calo oggi del numero di casi positivi di coronavirus in Italia: sono 1.297 contro i 1695 di ieri, quindi meno 398. Il totale di casi dall’inizio dell’epidemia è ora di 277.634. Nelle ultime 24 ore si sono registrati 7 decessi (ieri erano stati 16). Il totale delle vittime sale così a 35.541. Ma si registra anche un consistente calo di tamponi effettuati: sono stati 76.856, più di 30mila in meno di ieri.

Si sottolinea con forza che il calo dei positivi – che, non mi stancherò mai di ripeterlo, non sono persone che in questo giorno sono diventate positive mentre prima non lo erano, bensì persone che in un qualche momento (un giorno prima, una settimana prima, due mesi prima…) sono diventate positive e oggi, che sono state controllate, la cosa è emersa – è dovuto unicamente al consistente calo dei tamponi effettuati, ma se si va a fare il calcolo si trova che l’altro ieri i positivi erano stati l’1,58% dei controllati e ieri l’1,68%, ossia sono aumentati dell’0,1%. E si mette in una incisiva tra parentesi il fatto che i morti sono stati meno della metà; variazione che di per sé, con numeri così bassi, non ha alcun significato, ma quando avviene il contrario l’aumento viene messo nella massima evidenza.

Quelli che continuano a essere terrorizzati da questo fantasma che si aggira per l’Europa e per il mondo tutto, e non fanno un passo senza la loro brava mascherina ben incollata alla faccia, convinti che i virus danzino leggiadramente nell’aria come tante lanterne cinesi (HAHAHAHAHA, cinesi! 😀 ), comunque, si rassicurino: adesso ci sono gli alpaca che provvedono.

E infine godiamoci questo spettacolare signor Giuseppe Conte, che riesce a dare i numeri come nessun altro era ancora riuscito

La cosa più spettacolare in questo spettacolare numero da circo è il tizio che corregge “trentacinque”, lui ripete “Centotrentacinque centotrentaquattro centotrentacinque” e il tizio fa sì sì con la testina, come quei cagnolini che una volta qualcuno metteva sul lunotto posteriore dell’auto.

barbara

QUALCHE DOMANDA

Domanda N° 1

Quando, esattamente, ha cominciato a circolare il virus a Wuhan? E quando, esattamente, è arrivato in Italia?

Perché, come è arrivato con questi ragazzi alla fine di ottobre, che cosa ci impedisce di pensare che possa essere arrivato anche prima della metà del mese con qualche imprenditore, o con qualcuno delle centinaia di migliaia di cinesi residenti in Italia, che periodicamente vanno a visitare le famiglie?

Domanda N° 2

Quando ci decideremo a dichiarare l’utero in affitto, ossia la compravendita di bambini al mercato degli schiavi, crimine contro l’umanità? Crimine che è sempre tale, anche in tempi “normali”, ma che in tempo di pandemia assume tinte ancora più orripilanti: succede infatti che in un albergo di Kiev si trovano parcheggiati decine di neonati
neonati
commissionati da ricchi negrieri pratici in compravendite di carne umana, che ora a causa del blocco determinato dalla pandemia non possono andare a ritirare i loro pacchetti di carne. Che cosa ne sarà di questi bambini? Nessuno lo sa. (qui maggiori dettagli)

Domanda N° 3

Davvero per evitare di morire di covid a decine di migliaia (e se non fosse una tragedia, qui ci sarebbe da fare una grassa risata) era necessaria la riduzione in schiavitù di sessanta milioni di cittadini e l’instaurazione di uno stato di polizia con sospensione della Costituzione ed esautoramento del Parlamento?

La leggenda metropolitana del lockdown

Una mia regola aurea è che tutto è possibile eccetto ciò che è logicamente impossibile. Una legge della logica è quella della contro-inversa: se A implica B, allora non-B implica non-A. Mancanza di lockdown implica che si hanno più morti? Allora, a parità di condizioni iniziali, avere meno morti implica che s’è fatto il lockdown. Il caso vuole che al giorno 8 marzo le condizioni iniziali di Italia e di Sud Corea fossero le stesse: entrambi i Paesi registravano 7300 infetti. Orbene, al 4 di maggio l’Italia ne registra 212 mila e piange 29 mila morti, la Sud Corea registra 11 mila infetti e piange 250 morti. Ma in Sud Corea non c’è stato il lockdown che abbiamo fatto noi. Per la regola della contro-inversa, non avessimo fatto il lockdown, non avremmo avuto né più casi né più morti.
Massimamente grazie a mezzi di comunicazione che ricordano quelli cinesi, serpeggia una leggenda metropolitana: è vero che le misure del governo hanno dato un colpo mortale all’economia, ma almeno ci hanno salvato la vita e protetto la salute. Se fosse così, dovremmo essere felici, che quando c’è la salute c’è tutto. Ma non è così. È, quella, appunto, una leggenda metropolitana. Di questo è necessario esserne consapevoli, noi e il governo: noi perché si impari a non dare la fiducia agli incompetenti incapaci, e il governo – qualunque governo ­– perché non commetta gli stessi errori. Alcuni dei quali sono imperdonabili.
Condizione necessaria affinché, in assenza di vaccini, siano efficaci misure di contenimento di un virus pandemico, è la velocità e determinazione nell’implementare le misure stesse. Qualunque fosse stata la strategia scelta, il fattore cruciale era la velocità d’azione. Il primo caso diagnosticato d’infezione avvenne l’8 di dicembre in Cina. Il 4 febbraio, quando avevano 15 casi e zero decessi, i sudcoreani chiudevano il Paese agli arrivi dalla Cina. Lo stesso 4 febbraio il sindaco di Firenze, con velleitario pidiota antirazzismo, lanciava l’hashtag #abbracciauncinese (nessun magistrato l’ha toccato, naturalmente, ma questa è un’altra storia).
In perfetta sintonia col pidiota, Conte attendeva il 9 marzo, quando gli infetti registrati erano già 10 mila e 600 i decessi, per attuare il lockdown. Brillante per incapacità, s’è adagiato sul parere dei cosiddetti esperti. I quali – lo sa anche un boy-scout – sono il modo più sicuro per rovinarsi (i cavalli il più veloce e le donne il più piacevole). Una qualunque Giulia Grillo avrebbe saputo discernere i contraddittori pareri di teste d’uovo rivelatesi incapaci di riconoscere la natura pandemica del virus. Cosa non impossibile, visto che i loro colleghi cinesi, sudcoreani, giapponesi, vietnamiti, l’avevano subito capito.
Conte regna su di noi, ma la confusione regna nella testa di Conte. Ci sarebbe da chiedergli perché, se ha chiuso quando c’erano 10 mila infetti attivi, sta aprendo ora che gli infetti attivi sono 100 mila. C’è una logica in questa pazzia? Direi di sì: anche lui sa che chiuderci come ci siamo chiusi non è servito, e men che meno serve oggi.
Né servirà in futuro, ove mai questo virus dovesse rinvigorirsi, come gli esperti paventano. Naturalmente non gli sarebbe salutare ammetterlo, ma si spera che per allora sappia almeno predisporre tutto quanto serve per prendersi cura di chi si ammala. Ma la vedo difficile: altra mia regola aurea è dare a tutti una seconda possibilità, mai una terza.
Franco Battaglia, 5 maggio 2020, qui.

Domanda N° 4

Ma veramente la Russia, quella che, in linea con le graziose abitudini putiniane di far sparire i giornalisti scomodi, si esibisce in intimidazioni in perfetto stile mafioso contro i nostri giornalisti non asserviti, veramente ci è stata d’aiuto?

Finisce lo show di Putin

Roma. Sono cominciate ieri le operazioni di rimpatrio dei militari russi arrivati in Italia il 22 marzo per l’operazione “Dalla Russia con amore”. Dalla base logistica dentro all’aeroporto di Orio al Serio in Lombardia questa volta si sono diretti verso l’aeroporto di Verona-Villafranca, dove un primo gruppo si è già imbarcato su due grandi aerei da trasporto Ilyushin-76, e non più verso l’aeroporto di Pratica di Mare, nel Lazio, dove erano atterrati quarantasette giorni fa. Orio al Serio dista centodieci chilometri dall’aeroporto di Verona e seicentoquaranta chilometri da Pratica di Mare, e questo suggerisce che ci sia stata la volontà di spettacolarizzare il loro arrivo. L’atterraggio dei primi Ilyushin-76 avvenne alla presenza del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, con una diretta cominciata prima a “Domenica In” in collegamento con Mara Venier e poi proseguita su facebook. Pratica di Mare è una base militare simbolica, è il luogo dove nel maggio 2002 l’allora premier Silvio Berlusconi ricevette il presidente americano George W. Bush e il presidente russo Vladimir Putin per la firma di un trattato di collaborazione tra Nato e Russia che allora fece parlare di “fine della Guerra fredda”. Inoltre da Roma è senz’altro più comoda da raggiungere di Verona o di qualsiasi altro aeroporto del nord, per chi ha partecipato alla coreografia dell’arrivo. La parte più pesante del carico arrivato a marzo su quindici aerei cargo è rappresentata dai mezzi militari dei russi e il costo dello spostamento tra la Russia e l’Italia, andata e ritorno, sarebbe tra il mezzo milione e i due milioni di euro secondo le stime di esperti sentiti dal Foglio. Questo costo sarebbe stato sostenuto dall’Italia e c’è da usare il condizionale perché il governo non ha mai chiarito la questione. I mezzi fatti arrivare dai russi sugli aerei cargo non erano speciali e sono in dotazione anche all’esercito italiano, che infatti nello stesso periodo si è occupato di sanificazione un po’ in tutto il paese, da Verona al Piemonte e da Bergamo alla Sicilia. La Difesa russa ha dichiarato due giorni fa di avere sanificato 114 edifici per un totale di un milione e centomila metri quadri. Un’operazione meritoria ma anche a scadenza molto breve, perché la sanificazione per essere efficace dev’essere ripetuta nel tempo soprattutto in una regione come la Lombardia che ancora produce centinaia di nuovi contagiati al giorno e quindi non si capisce molto il senso strategico di tutta la manovra militare. Inoltre se si vanno a vedere i prezzi fatti dalle imprese private di sanificazione in questo periodo si realizza che è possibile sanificare quello stesso numero di metri quadri per circa trecentomila euro – e volendo anche a prezzi inferiori. E quindi – a meno che non siano chiariti alcuni punti della vicenda – l’impressione che si sia trattato di una costosa (per noi) operazione di propaganda da parte della Russia per sfruttare un periodo di crisi del paese è forte. La televisione russa ha trasmesso con gusto le immagini di chi in Italia toglieva la bandiera dell’Unione europea (dalla quale in questi giorni attendiamo miliardi di prestiti a condizioni incredibilmente favorevoli) per sostituirla con quella russa. I partiti di opposizione spesso chiedono chiarimenti al governo per molto meno, ma in questo caso non lo faranno perché sono ancora più filorussi. Se Mosca ha lanciato un’iniziativa metà di soccorso e metà di propaganda politica sul nostro territorio è perché in politica estera siamo un paese con idee molto confuse. Questo filo diretto del governo italiano con Putin non si sa chi dovesse impressionare alla fine, ma di sicuro non i paesi con cui vorremmo un rapporto più funzionale in Europa e di sicuro non gli Stati Uniti. Nel frattempo i Cinque stelle, partito di maggioranza dentro al governo, un giorno si vantano di avere una relazione speciale con la Cina “da giocare contro l’Unione europea” e un giorno assicurano di essere fedeli all’atlantismo.

Daniele Raineri, 9 maggio 2020, Il Foglio

Domanda N° 5

Ho trovato in rete questa immagine,
probabilità
e mi chiedo:

a) Da quando in qua abbiamo l’abitudine di starnutire direttamente sulla faccia di chi ci sta di fronte, a cinquanta centimetri di distanza?

b) Come sono state stabilite quelle percentuali? Hanno preso 400 positivi e 400 negativi, li hanno messi uno di fronte all’altro a gruppi di cento a mezzo metro di distanza, hanno fatto starnutire i positivi direttamente sulla faccia dei dirimpettai e alla fine hanno contato quanti negativi erano diventati positivi? (Ah no, devono essere il doppio, se no con quel “,5” mi sa che ce la vediamo brutta, anzi, se la vede brutta lui). Ma davvero pretendono di convincerci a usare le mascherine con simili cagate? E oltretutto senza una parola sul tipo di mascherina.

Per ora mi fermo, ma di domande da fare ce ne sarebbero fino a domani.

barbara

PARAFRASANDO UN VECCHIO DETTO

Quando stupidità e ignoranza montano in scranno…

Quante gretinate a Davos

Ho voluto ascoltare il discorso pronunciato da Greta a Davos. Di mio non l’avrei fatto: Greta non è così importante da meritare queste attenzioni. Dovrebbe invece essere protetta da chi ha il dovere di farlo e invece la usa. Però, mi son detto, vista la messe di personaggi importanti che pendono dalle sue labbra, vista la farsa collettiva cui ci tocca assistere, perché non sentire che ha da dire ‘sta bimba?
Orpo… ha ragione, ha pienamente ragione Greta! Di colpo mi sto rendendo conto di essere l’unico al mondo che sta ascoltando Greta. Tutti i suoi stimatori, quelli che dicono che siamo sulla soglia di una catastrofe ambientale, stanno ignorando la piccola. Eccetto io, che però verso la bimba ho sentimenti di pietà. Quanto a stima, mi devo ricredere: la logica di Greta è stringente. Perché se (un colossale “se”) siamo in emergenza climatica e al soglio di una catastrofe planetaria per colpa della CO2, allora bisogna fare esattamente quel che a Davos Greta ha detto di fare. Ecco, dunque, cos’ha detto.

«Non vi stiamo dicendo di affidarci a tecnologie che oggi neanche esistono e che la scienza dice che forse mai esisteranno. Non vi stiamo dicendo di continuare a parlare di “zero emissioni nette” o di “neutralità carbonica”, continuare a imbrogliare e giocare coi numeri. Non vi stiamo dicendo di far finta di azzerare le vostre emissioni semplicemente pagando qualcun altro per piantare alberi in Africa, mentre allo stesso tempo in Amazzonia le foreste stanno sparendo ad una velocità infinitamente maggiore».
«Siamo chiari, una volta per tutte. Non è di una economia “a basso” valore di carbonio che abbiamo bisogno. Non dobbiamo “diminuire” le nostre emissioni. Le nostre emissioni devono in-ter-rom-per-si. Dobbiamo dimenticarci delle “nette” zero emissioni: noi abbiamo bisogno di reali zero emissioni. Perché obiettivi di nette zero emissioni, per giunta distanti nel tempo, non significheranno nulla. Qualunque vostro progetto che non include tagli radicali di emissioni a cominciare da oggi, è completamente insufficiente. A noi non ce ne può importar di meno della vostre politiche. Perché, nel caso non ve ne foste accorti, il mondo sta già bruciando. E allora noi chiediamo che sia immediatamente interrotta ogni azione di estrazione ed esplorazione di combustibili fossili, nonché ogni sussidio e investimento su essi. E ciò deve accadere non entro il 2050, il 2030 o perfino il 2021: noi vogliamo che tutto ciò sia fatto ora».
La piccola Greta ha pienamente ragione. Se (un colossale “se”) stiamo bruciando, se (altro colossale “se”) è assolutamente vitale che si rimanga entro gli 1.5 gradi dalle temperature pre-industriali [siccome un grado ce lo siamo già giocato, allora dovremmo evitare che le temperature aumentino di mezzo grado], e se (terzo colossale “se”) è la nostra CO2 ciò che fa aumentare le temperature, allora dobbiamo assolutamente interrompere le nostre emissioni da oggi. Non dal 2050 o dal 2030, e neanche dal 2021: da oggi.
Domattina, quando alle 6 vi svegliate, statevene a letto: inutile alzarsi, che la luce non s’accende e, se il tempo è bello, dovete attendere le 9. Non tentate di farvi un caffè: niente gas. Né provate a bere un bicchiere di latte freddo: potrebbe esser andato a male, perché il vostro frigo è spento da diverse ore. Digiuni andrete al lavoro a piedi. Quale lavoro? Ma per campi, a raccogliere qualche radice da masticare e a industriarvi (si fa per dire) a coltivare qualcosa di cui poi vi nutrirete. Tutti insieme dovremo riorganizzare le nostre vite e viverle come i nostri antenati di decine di generazioni fa. Niente gas, carbone, benzina o petrolio. E non dal 2050 o 2030, e neanche dal 2021: da oggi. Parola di Greta.

Franco Battaglia, 25 gennaio 2020, qui.

E, a margine della conferenza di Davos, giusto per non farci mancare niente

Le fake news contro Trump a Davos

Trump parla a Davos criticando l’allarmismo apocalittico di certi ambientalisti e vantando il clima economico positivo creato dalla sua amministrazione. Il giorno dopo, la BBC pubblica il fact checking al discorso di Trump. Forse è il caso di darci un’occhiata. Credo si capiscano due cose: a quale livello di faziosità siano arrivati i media mainstream nel nome della loro crociata anti-populista e come il fact checking, come era ovvio fin dall’inizio, sia spesso un’etichetta retorica per dare una parvenza di obiettività alle proprie opinioni.
Cominciamo con il primo punto analizzato dal fact checker. Il Presidente dichiara che “gli Stati Uniti sono tra i paesi con la miglior qualità dell’acqua e dell’aria”. Il fact checker conferma che sì, la qualità dell’aria negli Stati Uniti è considerata la 10ma al mondo. Idem per l’acqua. Ma solo dopo aver sottolineato e premesso che l’amministrazione Trump avrebbe allentato le leggi per la protezione dell’ambiente. È già questo fa un po’ cadere le braccia. L’affermazione di Trump è vera o no? Se è vera, come ammette lo stesso fact checker, perché intorbidire il tutto alludendo al fatto che sì, la qualità dell’aria sarà anche buona ma Trump non è un ambientalista?
Trump ha poi affermato che gli Stati Uniti sono nel mezzo di un boom economico e di aver creato sette milioni di posti di lavoro, il tutto ciò mentre gli “esperti avevano previsto decenni di bassa crescita e difficoltà economiche”. Il fact checker parte quindi a testa bassa con l’obiettivo evidente di smentire la narrativa del Presidente. La crescita del prodotto interno è stata tra il 2% e il 3% annuo con Trump. Attenzione però, avverte il fact checker, con Clinton aveva raggiunto il 4%. E una volta, sotto Obama, c’era stato un quadrimestre dove si era raggiunto il 5,5%. “Un picco mai toccato da Trump”, conclude, soddisfatto, il fact checker, dimenticando convenientemente di far notare tutti i quadrimestri dell’Obamanomics in cui l’economia ha fatto un bel -1% o peggio.
Per quanto riguarda i posti di lavoro, viene sottolineato che “Obama ne aveva aggiunti 7,8 milioni e che la crescita dell’occupazione negli Usa continua ininterrotta da 110 mesi. Trump quindi sta solo “continuando un trend”. Anche qui un’altra conveniente dimenticanza. Obama ha cominciato il suo mandato con la crisi subprime del 2008, la più grave crisi finanziaria dopo il crack del 1929 con la disoccupazione schizzata al 10%. Partendo da questo abisso, anche solo per semplice inerzia, l’economia non poteva che guadagnare posizioni anno dopo anno, con la disoccupazione scesa al 6%. Ma come come si può capire dalla legge dei rendimenti decrescenti, passare dal 10% al 6% di disoccupati (in 8 anni) è una cosa, scendere dal 6% al 3,5%, messo a segno da Trump, è obiettivamente un risultato eccezionale.
L’amministrazione Trump vanta il minor livello di disoccupazione negli ultimi 50 anni e l’incremento di posti di lavoro è ancora più rilevante nei riguardi dei non laureati (cioè della working class) e delle minorities, neri e ispanici (che “soffrirebbero terribilmente sotto Trump”, secondo alcuni giornalisti italiani). Tutti questi fatti non vengono menzionati nell’analisi fattuale del fact checker. In quanto all’ultima affermazione sulle previsioni negative degli esperti di economia, il fact checker ammette candidamente di “non sapere bene a quali esperti” si riferisca il presidente.
Viene il dubbio che sia vissuto in una grotta negli ultimi dieci anni. Perché, veramente, non è poi così difficile ricordare tutti i discorsi sulla “stagnazione secolare” e tutti i vari economisti illuminati, come Krugman o Stiglitz, pontificare su una nuova normalità, dove globalizzazione e l’automazione avrebbero prodotto bassi tassi di crescita e alta disoccupazione in tutte le economie avanzate. La crescita economia sotto Obama era stata decente, non certo travolgente, ma questo era il massimo di cui aspettarsi dopo la crisi del 2008.
Dopo la vittoria di Trump, questi stessi esperti avevano poi subito vaticinato il disastro economico e una borsa che non si sarebbe ripresa “mai più” (Krugman). Ora ci parlano invece di “continuazione del trend”. Ci fermiamo qui. C’è da chiedersi se i media mainstream sarebbero stati ugualmente critici e solerti se il Presidente in carica si fosse chiamato Hillary Clinton. Il giorno dopo, a Davos, ha parlato Greta Thunberg. Dalla BBC, guarda caso, nessun fact checking sul discorso dell’amabile Greta.

Stefano Varanelli, qui.

Non mi sembra ci sia molto da aggiungere. Sempre più vanno in scena stupidità, ignoranza, arroganza nel primo caso (con l’aggiunga di sfruttamento e abuso di minore a scopo di lucro e circonvenzione di incapace) e malafede ideologica nel secondo. E i “grandi della Terra”, come ha ricordato qualcuno, hanno calorosamente applaudito “la piccola Greta”, dopodiché sono risaliti sui loro jet privati e sono tornati alle loro confortevoli case.

barbara

QUEI FAMOSI 11MILA SCIENZIATI GRETINI

Sorpresa sorpresa!

Gli 11 mila scienziati gretini non esistono

di Franco Battaglia

Lo scorso 5 novembre La Repubblica dava la seguente notizia: «Allarme di 11.000 scienziati: è emergenza climatica». Orpo, mi son detto, bene o male sono scienziato anche io: com’è che non mi sono accorto di codesta emergenza? Ah, già: non sono climatologo. Ma andiamo più a fondo su questa notizia. A quanto pare vi sarebbe una “Alleanza degli Scienziati del Mondo” (bum!) che avrebbe lanciato il preoccupante proclama firmato dalle 11 mila teste d’uovo. Ma se s’indaga cosa caspita sia codesta Alleanza, si scopre ch’essa altro non è che… un blog da una pagina appena: https://scientistswarning.forestry.oregonstate.edu/

Avete capito bene. Se uno qualunque di noi attiva un blog, lo chiama, che so, “Unione degli uomini più intelligenti del pianeta”, e poi invita i visitatori del blog a sottoscrivere una frase a caso tipo, che so, «Dio non esiste!» e raccoglie 11 mila click, dovremmo attenderci che il giorno dopo quei fenomeni di Repubblica non mancheranno di titolare: «Undicimila tra gli uomini più intelligenti del pianeta garantiscono: Dio non esiste». Ora, voi direte: ma dài… Magari quelli che hanno sottoscritto dell’emergenza climatica sono veramente 11 mila climatologi. L’elenco dei firmatari è disponibile in rete: sono per la precisione 11.258 firme con qualifica e istituzione di provenienza. Ho voluto verificare (sopportatemi, ma sono affetto dalla sindrome di San Tommaso).

1) Ingenuamente col cerca-parole ho cominciato cercando la parola “climatologist”. Solo 5 (cinque!) si dichiarano tali. Tra essi l’italiano Luca Mercalli, ma se lo è giudicate voi. Luca è uno che in Italia ha provato, prima, a studiare Agraria, senza riuscirci. Poi ha conseguito un Master in Geografia in Francia. Un po’ pochino per fregiarsi climatologo: dovrebbe aver studiato, come minimo, Geologia; e per capirci veramente di clima aver studiato Fisica (Fuidodinamica, Fisica dell’Atmosfera, etc., tutte cose che richiedono formidabili basi di matematica, che un povero Geografo ignora). Comunque sia, solo 5 su 11.258 si dichiarano climatologi.

2) Allora ho esteso la ricerca alla sequenza di lettere “climat”, in modo da beccare tutte le firme che avessero qualcosa a che fare col clima, perché magari qualcuno si fosse dichiarato “climate scientist” o appartenesse a qualche dipartimento di “climatology”. Per esempio, se uno si fosse dichiarato «bidello al dipartimento di climatologia», allora sarebbe nell’elenco. Il cerca-parole mi ha segnalato solo 180 firme che avrebbero qualcosa a che fare col clima: 180 e non 11.258.

3) Per curiosità, quanti sono gli italiani firmatari? – mi son chiesto. Presto fatto: cerchi la parola “Italy”, e conti 259 firmatari. Quanti hanno a che fare col clima? Compreso il già detto Luca Mercalli, ci sono solo 2 altre firme: tali Michele Carducci, professore di Diritto Costituzionale Comparato all’università di Lecce, e Claudia Wieners, dottore in Economia al S. Anna di Pisa. Ma che ci azzeccano col clima – vi chiederete. Rammentate? Avevo cercato la sequenza di lettere “climat”: infatti il prof. Carducci si qualifica “Professor of Constitutional Comparative Law and Climate Law” e la giovane Claudia si qualifica “Postdoc in Climate Economics”. Uno giurista, l’altra economista.

4) Controllo a caso le qualifiche di una ventina di firmatari: allo scopo prendo, per la k-esima lettera dell’alfabeto, il k-esimo firmatario (cioè il primo dei cognomi che cominciano con A, il secondo dei cognomi che cominciano con B, …, il 26mo cognome che comincia con Z). Ci trovo biologi, astronomi, ornitologi, ecologi, economisti, psicologi, ortodontisti, veterinari, maestri, scienziati dei materiali, botanici, idrologi, filosofi, archeologi, biomedici, studenti (e anche un geologo e un fisico).  E se prendiamo i primi dieci italiani della lista? Abbiamo uno psicologo, un veterinario, quattro ecologi, uno studente, un professore di medicina interna, un ittiologo (e anche un geologo).

Tutte rispettabilissime persone ma, di tutta evidenza, quasi nessuno di quegli 11.258 ha alcuna qualifica per affermare che si vive, oggi, in una qualche emergenza climatica. Per farlo, bisogna 1) essere climatologi e 2) aver dimostrato l’affermazione. Non bisogna invece essere climatologi per sostenere che i climatologi che si sono convinti che si vive in emergenza climatica non hanno dimostrato quella loro affermazione: basta verificare che la loro congettura, messa alla prova dei fatti, non supera quella prova. Di quella congettura se ne solo innamorati: un sentimento non concesso dal metodo scientifico. (qui)

Poi fra i commenti c’è quello di un lettore che dichiara, e documenta, che

“tra gli 11mila c’è anche Mickey Mouse, leggere per credere”.

Ossia, per farla breve, prima si inventa l’emergenza climatica, poi, per documentarla, si inventano gli scienziati che la confermano. Tipo il marito che per giustificare il rientro alle due di notte spiega che un pirata della strada ha travolto un ragazzo in motorino e lui ha chiamato i soccorsi e poi ha aspettato l’ambulanza insieme a lui e poi siccome il ragazzo era giovane e spaventato è salito sull’ambulanza insieme a lui e poi dall’ospedale ha dovuto chiamare un taxi per farsi riportare là dove aveva lasciato la macchina. Poi si scopre che non c’è stato nessun pirata, nessun incidente, nessun ragazzo in motorino, e lì, forse, qualche dubbio sull’onestà e sulla sincerità di tuo marito comincia a venirti.

barbara

VENEZIA ALLAGATA ECCETERA

Comincio con la cosa più spassosa, ossia questo spettacolare video

da cui emerge chiaramente che se il consiglio comunale avesse approvato mezz’ora prima le ineffabili pentastellute proposte, mai e poi mai sarebbe potuto accadere che mezz’ora dopo arrivasse l’acqua alta perché le pentastellute proposte sono come le pastiglie della pubblicità che nel momento preciso in cui sono lì tra la lingua e il palato e si accingono a scivolare verso la faringe, il mal di testa/pancia/schiena/denti/calli/emorroidi ti è già passato e tu sei lì che sorridi a novantasette denti, che mia nonna ogni volta diceva ma chissà perché non fanno la stessa cosa quando fanno la pubblicità dei purganti, ma questa è un’altra storia. E passiamo alle cose serie, come questa:

Angelo Michele Imbriani

Il disastro provocato da questo finto e stolto pseudoambientalismo gretino è evidente proprio di fronte ai fenomeni naturali di questi giorni, l’acqua alta a Venezia e ora l’esondazione di fiumi in Toscana. Invece di invocare una corretta manutenzione del territorio si incolpa il “cambiamento climatico”. Che è un modo per non fare nulla o per fare cose che non servono a prevenire questi disastri o a limitarne le conseguenze, ma arricchiscono solo l’ecobusiness.

E soprattutto questa, da parte di un addetto ai lavori

Maltempo, le sparate di gretini e grillini

Ogni santo novembre che Dio manda in Terra, il Paese si lamenta, e piange, per frane, smottamenti, allagamenti e alluvioni. I danni a cose e persone non si fanno mancare, né vengono risparmiati i casi fatali. Siccome, come detto, la cosa si ripete puntualmente ogni anno, non si possono tacere le responsabilità morali di quei danni, feriti e morti. Con periodo più lungo si hanno casi di acqua insopportabilmente alta a Venezia. Che hanno gli stessi responsabili morali.

La prima responsabilità morale l’hanno i climatologi. Quelli che continuano a dire che il maltempo, causa diretta dei disastri, è causato dal clima che cambia, a sua volta causato dall’uso che fa l’umanità dei combustibili fossili, un uso che va ridotto, condizione necessaria per governare il clima e, dicono, calmare il maltempo ed evitare i disastri. E come si fa a ridurre l’uso dei combustibili fossili? Con la green economy, ci assicurano questi non-scienziati, cioè installando impianti eolici e fotovoltaici.

I secondi ad avere la responsabilità morale dei detti disastri sono coloro che hanno promosso e incentivato codeste installazioni, allo scopo, appunto, di far cessare il maltempo: i governanti che nel 2007 consentirono che per gli anni a venire fossero garantite centinaia di miliardi riversati nelle tasche degli operatori della green economy, e i governanti di oggi – Conte, Di Maio, Zingaretti e Renzi – nel cui programma hanno, al primo punto, questa economia farlocca.

Tanto per cominciare, l’acqua alta a Venezia non è causata, come ha recentemente dichiarato tale Roberto Giachetti, collaboratore di Matteo Renzi, dal cambiamento climatico. Ma, molto più semplicemente dalla circostanza, che accade eccezionalmente, che si ha quando la corrente dei venti che soffiano su quell’enorme “canale” che è il mare Adriatico, abbia una componente preferenziale proprio lungo l’ideale asse del detto “canale”, favorendo così una spinta concertata delle acque proprio sulla costa di Venezia, la quale, essendo costruita “nel mare”, subisce le conseguenze dell’evento. Una rappresentazione che sembra la fotografia di Venezia di qualche giorno fa è un pregevole quadro di Vincenzo Chilone. Che però è del 1825, onorevole Giacchetti: studi di più.

La responsabilità morale del governo del 2007 fu l’aver stornato centinaia di miliardi di denaro pubblico incentivando eolico e fotovoltaico, col dichiarato scopo di governare il maltempo. Miliardi che avrebbero dovuto essere elargiti per pulire i corsi d’acqua ove necessario e, ove opportuno, costruire casse d’espansione o allargare gli argini. Insomma, far lavorare geologi e ingegneri idraulici per mettere in sicurezza un territorio che giace, morto, nella totale incuria, da decenni.

Perché, vi chiederete, ho chiamato non-scienziati i climatologi che sostengono l’origine antropica del clima che cambia? Perché il metodo scientifico prevede che chi asserisce qualcosa deve accettare di buon grado che qualcuno provi a falsificare quelle asserzioni. Ma quelli si sono organizzati per zittire chiunque tenti di falsificarli. Per esempio, hanno così reagito i climatologi che, senza alcun merito, fan parte dell’Accademia dei Lincei, in questo modo ponendo se stessi al di fuori della scienza. Peccato per l’Accademia che, dimostratasi incapace di cacciare le mele marce, ha perso faccia e reputazione.

In ogni caso, il Paese frana, e quegli “esperti”, per evitare la frana, ripetono a litania che si installino parchi fotovoltaici e parchi eolici. Cosa che i Giachetti e i Di Maio di turno, di Italia Viva o del M5s, Gretini e Grillini, ripetono a pappagallo.

Franco Battaglia (qui)

Naturalmente concordo su tutto.

barbara